L'autore della Lettera a Diogneto del quale ignoriamo l'identità, espone delicatamente il paradosso della vita dei cristiani e a questo proposito scrive: « i cristiani sono individui che accettano le condizioni reali di vita (quindi partecipano a tutti i doveri dei cittadini e obbediscono alle leggi), d'altra parte si distinguono da tutti per la loro concezione di vita e per un diverso spirito che portano alla loro attività. I cristiani stanno nel mondo come l'anima sta nel corpo». Per l'autore quindi non si tratta di una pura contingenza ma di un momento transitorio con tutto ciò che questo stato comporta nei confronti delle cose mondane.
Tertulliano in un passo dell'Apologeticum, scritto intorno al 200 d.C. osserva che i cristiani stanno nei municipi e in altre istituzioni amministrative, sono presenti nella corte imperiale, nel Senato, nel Foro. Da questo documento emerge il fatto che i cristiani a partire dal sec. II ricoprono anche cariche pubbliche e vivono pienamente la vita pubblica, Tertulliano quindi respinge l'accusa di improduttività rivolta ai cittadini di fede cristiana, accusa che veniva lanciata da molti che rimproveravano i cristiani di essere una categoria di persone ostili allo Stato romano. Tertulliano controbattendo con puntualità a questa accusa, dichiara: «i cristiani coabitano nel mondo con gli altri, si servono del Foro, dei mercati, dei bagni, delle doti, dei laboratori, delle osterie e degli altri scampi. Navigano insieme agli altri, praticano insieme agli altri la milizia, praticano l'agricoltura, la mercatura, liberi con gli altri e tra gli altri ».
Se andiamo a vedere le lapidi dei cimiteri cristiani di quel periodo possiamo constatare che vi sono numerose epigrafi che testimoniano che i cristiani erano persone legate a determinate professioni e che ricoprivano un certo ruolo nella società. In molte di queste tombe, infatti, troviamo una sorta di contrassegno: vi sono tombe con il simbolo del pescivendolo, del fornaio, dell'auriga e di molti militari. Nei processi contro la pratica religiosa cristiana, i martiri più volte ribadivano la loro obbedienza alle leggi e la loro lealtà verso l'imperatore ed è in questo clima che nasce e si sviluppa la filosofia apologetica. Lo scopo principale dei principali autori era quello di chiarificare diversi aspetti del Cristianesimo tra cui anche quello dell'impegno nel temporale visto come un piano voluto da Dio per la sua gloria e come una via per guadagnarsi l'eternità. Molte di queste idee saranno poi riprese e sviluppate nel pensiero teologico medioevale e avranno un'importanza fondamentale per quanto riguarda l'elaborazione del giusto atteggiamento che i cristiani avrebbero dovuto mantenere verso lo Stato e l'autorità in genere. Negli eventi pubblici e in occasione delle funzioni religiose tutti dovevano professare il loro attaccamento alle divinità patrie, per un certo periodo lo Stato romano, infatti, si accontentò di un'adesione esterna al culto ufficiale non preoccupandosi di quello che davvero pensavano i cristiani nell'intimo della loro coscienza, questo è il motivo per cui di fatto lo Stato romano (almeno a partire da un certo momento) lasciò ai cristiani piena libertà di culto; possiamo quindi parlare di libertà di coscienza nell'Impero romano, ma non di libertà di adesione pubblica alla religione romana. Nell'Impero romano coesistevano molte etnie ma anche vi erano innumerevoli culti religiosi che venivano tollerati rispetto al culto ufficiale che però tutti dovevano professare pubblicamente, ma accanto a questo ognuno era libero di aggiungerne un altro secondo la propria libertà personale.