Nel 1967 venne pubblicato uno scritto di Bronislaw Malinowki intitolato A Diary in the Strect Sense of the Term dove raccontò l'esperienza vissuta durante la sua permanenza nelle isole Tobriand. Si tratta di uno scritto dove questa esperienza appare in una prospettiva completamente diversa rispetto a quella che emerge nella celebre opera monografica intitolata Argonauti del Pacifico occidentale. In Diary in the Strect Sense of the Term Malinowki confessa tutto il suo disagio umano ed esistenziale vissuto e soprattutto ne esce un quadro di sostanziale rifiuto per il sistema di vita degli indigeni. In Diary esce fuori il vero Malinowki, l'uomo che soffre la solitudine e che ha seri problemi di comunicazione con i nativi che vede troppo lontani dal proprio modo di concepire la realtà. Come è noto, il metodo di Malinowki è stato preso a modello da generazioni di antropologi, modello che tra le altre cose presupponeva una perfetta identità con il punto di vista dell'osservato. Il mettersi dalla parte dei nativi era – secondo questa prospettiva - la conditio sine qua per poter svolgere un'indagine etnologica basata su criteri di imparzialità e di scientificita, come spiegare allora il successivo atteggiamento di Malinowki che, confessandosi, metteva in crisi questo modello? Tra i suoi allevi Diary venne accolto con sconcerto e creò un disorientamento che pose un problema non da poco: il Malinowki degli Argonauti del Pacifico occidentale raccontava la verità o fingeva di raccontarla?
La questione messa in questi termini non permette di trovare una soluzione, bisogna invece fare un cambio di prospettiva ammettendo che nessuna ricerca sul campo è neutra, ma rappresenta sempre il punto di vista dell'etnologo che in quel momento osserva la realtà. Pertanto in base a questo "punto fermo" possiamo dire che il Malinowki degli Argonauti del Pacifico occidentale è vero come autore quanto lo è quello di Diary ma con un distinguo che bisogna tenere presente: ogni scritto teorico presenta una certa carica di artificiosità dovuta proprio al momento di rielaborazione che in quanto tale manca di quella spontaneità che invece è propria di chi vive una condizione autentica in cui non ci sono barriere interpretative. Il lavoro di ricostruzione etnografica è sempre una narrazione che per quanto impersonale rappresenta il punto di vista soggettivo dell'autore. Raccontare le culture non è un lavoro neutro e volenti o nolenti implica sempre una assunzione critica di quanto viene osservato.