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9 luglio 2018 1 09 /07 /luglio /2018 17:07

Nell'epoca dei formidabili cambiamenti come l'attuale assistiamo a continue e repentine trasformazioni che hanno determinato una profonda mutazione delle divisioni tra le classi sociali così come eravamo abituati a concepirle in base a dei paradigmi che sono oramai trapassati. Nelle discipline antropologiche e in particolare in quelle demologiche la distinzione tra classi egemoni e classi subalterne in base alla fortunata e nota connotazione che gli diede  A.M. Cirese, è oggi del tutto fuori luogo quando si tratta di descrivere le attuali situazioni di differenze presenti nelle società moderne. Perché le vecchie categorie gramsciane trasposte nelle discipline demo-antropologiche non sono più attuali? Semplicemente perché non esistono più  quelle classi subalterne a cui rivolgevano le loro indagini A.M. Cirese e i suoi "allievi", oggi le differenze esistono ma i ceti popolari non esistono più. La trasformazione antropologica è evidente e già quella straordinaria figura di intellettuale profeta che fu Pier Paolo Pasolini aveva compreso in quale direzione stava andando la riconquista della nuova libertà, I ceti popolari liberati  dalla dipendenza nei confronti delle classi egemoni sono stati conquistati da un nuovo padrone: il consumo. Da classi subalterne a classi di consumatori, questa è la trasmutazione antropologica che contraddistingue vasti strati della popolazione ormai convertiti ad una cultura di massa senza radici, sempre più eguale (nel desiderare gli oggetti - totem di affermazione sociale). 

E le differenze sociali? Esistono come esistevano un secolo fa ma si tratta di differenze che in qualche modo sono alimentate dagli stessi soggetti passivi che vivono nella dipendenza del consumo e  che si trascinano  soggiogati dal nuovo totalitarismo (molto democratico) che solletica l'dea del libero accesso alle risorse per tutti.  In questa trappola molto democratica sono caduti i nuovi schiavi del XX secolo compresi quelli che vengono chiamati migranti che spesso pensano di trovare nelle "magnifiche sorti e progressive" delle società moderne la soluzione alla propria indigenza economica. Agli schiavi interni dipendenti dai consumi si aggiungono gli schiavi esterni, entrambi continuano ad alimentare le differenze che sono il segno più evidente di una perdita totale della propria autonomia. Ecco l'innesto emotivo che alimenta la cultura di massa, una cultura interclassista che non vuole ceti popolari classi di consumatori. Dalla zappa allo smartphone ecco in sintesi la trasformazione antropologica avvenuta negli ultimi cinquant'anni. Dal consumo di prodotti al consumo di diritti la strada percorsa è stata breve.

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Published by Caiomario - in Antropologia Culturale

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