La crisi che sta attanagliando tutto il mondo occidentale (la specifica è d'obbligo in quanto nei paesi del cosiddetto "Terzo mondo" la crisi è endemica) sta letteralmente gettando nel panico anche coloro i quali sono ipertutelati. Verrebbe da dire che questa crisi non è la prima come non è la prima volta che i cittadini se la prendano con lo Stato. Affermare che l'insofferenza nei confronti dello Stato è un fenomeno nuovo significa non conoscere la storia, tutti i fenomeni di ribellione e le rivoluzioni sono stati scatenati da crisi economiche. La pericolosità di tale fenomeno è solo però per chi ha qualcosa da perdere, mentre a chi ha già perso tutto, l'unica cosa che rimane è la disperazione e la rabbia.
In Italia per un lungo periodo di tempo si sono aperte nuove possibilità soprattutto nel lavoro non solo dipendente ma anche autonomo. Il proliferare, soprattutto negli anni Settanta, di piccole imprese nasceva dalla voglia di mettersi in proprio e di "diventare ricchi", molti piccoli imprenditori ce l'hanno fatta e le loro imprese si sono affermate nel mercato internazionale diventando delle aziende di grandi dimensioni, altre, invece, sono rimaste piccole e lo stesso imprenditore che le conduce continua a fare una vita non molto differente di quella dei suoi dipendenti.
Viene ripetuto da più parti che ilmondo delle piccole e medie imprese costituisce l'ossatura del sistema imprenditoriale italiano, ma paradossalmente tutte le forze politiche che si sono succedute negli ultimi vent'anni, hanno depresso quella che dovrebbe essere considerata una risorsa essenziale che produce ricchezza.
Purtroppo oggi molte piccole imprese sono messe in ginocchio da una pubblica amministrazione che tutto fagocita e che per prima non rispetta le leggi, basti pensare ai ritardi nei pagamenti che in Calabria superano di gran lunga i 900 giorni.
Tuttavia non possiamo essere d'accordo con chi sostiene che i controlli nelle aziende sarebbero vessatori, al contrario se gli ispettori del lavoro controllassero i luoghi di lavoro non solo ci sarebbe meno evasione contributiva e meno lavoro nero, ma sarebbero premiati quegli imprenditori onesti che rispettano le regole. La pubblica amministrazione è fatta da persone e spesso nelle piccole province dove tutti si conoscono i controlli non vengono effettuati perché ognuno ha il suo tornaconto.
Le imprese creano occupazione e reddito e devono essere tutelate, ma la vera tutela sta nel rispetto delle regole, il caso di Equitalia è esemplare: molte imprese sono letteralmente strangolate da metodi di riscossione discutibili e da sanzioni che rasentano l'usura, ma la colpa non è di Equitalia, bensì è del legislatore che ha concepito quelle regole (Tremonti è stato l'architetto di questa impalcatura mostruosa), Equitalia non fa altro che applicare la legge.
Colpire gli evasori è una priorità ed è anche un'ovvietà ribadirlo, ma servono strumenti agili che permettano allo Stato di continuare a riscuotere i tributi, se infatti le azioni coattive dello Stato diventano inutili perchè il credito diventa inesigibile il risultato può essere disastroso. Vi sono una miriade di piccoli artigiani che evadono sistematicamente il fisco e non subiscono controlli perché gli importi evasi sono "apparentemente" modesti, ma non emettere solo tre fatture al giorno da 30 euro significa evadere 90 euro in una sola giornata. La cifra diventa mostruosa quando questo "piccolo importo" viene moltiplicato per un numero consistente di contribuenti "infedeli", è qui che si annida l'evasione più insidiosa e pericolosa perchè viene sottovalutata in quanto ritenuta non meritevole di attenzione.
Questo è il motivo per cui è prioritario il controllo del territorio così come avviene in Germania o negli Stati Uniti, il recente blitz degli ispettori del fisco a Cortina (31.12.2011 per chi legge) ha dimostrato nei fatti che gli evasori esistono, nonostante molti "soliti noti" abbiano parlato a torto di "Stato di polizia", ma il legittimo bisogno di controllo da parte dello Stato non c'entra niente con la possibilità di fare impresa. Così come non esiste l'imprenditore antropologicamente evasore esistono imprenditori che fanno di tutto per non pagare le tasse, poi (è una realtà molto diffusa) ci sono molti dipendenti che non è vero che non evadono. La piaga del secondo lavoro esiste tra molte categorie che non rientrano tra i sospettati. Forse sarebbe bene che lo Stato ribaltasse l'ordine delle cose da fare e dedicasse del tempo anche a queste categorie che apparentemente evadono poco, quando però il poco è perseguito da tanti finisce coll'assumere proporzioni gigantesche.