Libro Il piacere di G. D'Annunzio | LaFeltrinelli
Il Piacere è il primo dei tre Romanzi della Rosa di D'Annunzio, pubblicato nel 1889. La "rosa" allude alla voluttà, tema comune ed esplicito di tutti e tre i romanzi. Al centro del libro la figur...
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"Il piacere", pubblicato nel 1989, è il primo romanzo scritto da Gabriele D'Annunzio. Ed è proprio con esso che in Italia inizia la diffusione del cultura decadente. "Il piacere" fu scritto tra l'estate e l'autunno del 1888 e nel 1889 venne pubblicato dall'editore Treves che diventerà in seguito l'editore ufficiale di D'Annunzio.
L'IDENTIFICAZIONE DI ARTE E VITA, L'ARTE PER L'ARTE
Il protagonista assoluto del romanzo è Andrea Sperelli che rappresenta l'incarnazione più riuscita della figura dell'esteta quale lo concepì d'Annunzio, ma il valore assoluto che muove ogni azione di Andrea Sperelli è l'arte, "l'arte per l'arte" che è soprattutto stile di vita al punto che non è possibile distinguerla dalla vita vissuta.
In sintesi questo fu per tutta la sua esistenza il motivo dominante che mosse la visione estetica di Gabriele D'Annunzio; cosa comporta per Andrea Sperelli/D'Annunzio questa sovrapposizione dei due piani (vita ed arte)? L'identificazione di arte e vita costituì l'essenza più autentica del pensiero decadente del D'Annunzio che elaborò una visione estetica della vita in cui l'etica era subordinata all'estetica le cui uniche cose importanti erano la raffinatezza e la bellezza.
L'estetizzazione di una vita immaginifica portò lo stesso D'Annunzio a sviluppare una sensibilità unica che lo rese disponibile ad affrontare sempre nuove esperienze che potrebbero essere sintetizzate in queste frasi contenute nel Libro primo, capitolo II de "Il piacere":
"Bisogna conservare ad ogni costo intiera la libertà, fin nell'ebbrezza. La regola dell'uomo d'intelletto, eccola: - Habere, non haberi".
e ancora:
"Bisogna fare la propria vita, come si fa un'opera d'arte. Bisogna che la vita d'un uomo d'intelletto sia opera di lui. La superiorità vera è tutta qui".
La superiorità vera dell'uomo che si distingue dalla pletora degli individui comuni risiede quindi per D'Annunzio nell'esaltazione di quei valori aristocratici che nella raffinatezza e nella bellezza trovano la loro più autentica sublimazione.
LA LETTURA DE "IL PIACERE" OGGI
(L'inevitabile confronto) tra l'esteta Andrea Sperelli e il travet del telefonino: per ragioni evidenti è auspicabile che il lettore odierno legga "Il piacere" con la lente della sua contemporaneità e con la sensibilità della sua epoca; se così non facesse, la lettura di ogni racconto sarebbe semplicemente una sequenza di parole scritte che non hanno alcun aggancio con la realtà.
Leggere un romanzo, vedere un'opera d'arte, affrontare la lettura di un saggio sono tutte attività che non devono mai fare perdere il contatto con la realtà. Il lettore dei primi di fine Ottocento avrebbe letto "Il piacere" identificandosi con Andrea Sperelli, ne avrebbe ammirato le gesta, condiviso i pensieri e soprattutto avrebbe cercato di imitarne lo stile di vita. Oggi gli esteti non esistono più, perché gli amanti del lusso spesso non sono ricchi, sono semplicemente arricchiti privi di classe; il lusso democratico è cosa ben diversa dall'amore dell'arte per l'arte, è cosa diversissima dal fare della propria vita un'opera d'arte.
Chissà che cosa avrebbe pensato oggi Andrea Sperelli/D'Annunzio del tizio col telefonino avvezzo a far trillare la sua protesi nei luoghi più disparati, sicuramente lo avrebbe disprezzato e guardato con orrore e avrebbe pronunciato la seguente frase:
"Sotto il grigio diluvio democratico odierno, che molte belle cose e rare sommerge miseramente, va anche a poco a poco scomparendo quella special classe di antica nobiltà italica, in cui era tenuta viva di generazione una certa tradizione familiare d'eletta cultura, d'eleganza e di arte".
Non esiste godimento del lusso senza essersi nutriti profondamente dell'amore per l'arte - D'Annunzio dice che Sperelli è "impregnato di arte" e che ha "il culto passionato della bellezza"- ma è propria questa concezione estetica della vita portata alle sue estreme conseguenze che è anche la causa principale di un carattere contradditorio e di una condotta di vita corrotta.
Eppure nonostante questa contraddizione che fa di Sperelli un protagonista negativo incline all'inettitudine, la sua figura è ricca di fascino e non lascia indifferente anche il lettore odierno ; è infatti nell'ultimo capitolo del romanzo che il lettore riesce a cogliere appieno la portata del fallimento del protagonista.
Personalmente ritengo il capitolo finale la sezione più interessante dell'intero romanzo perché in quelle righe D'Annunzio esprime l'impossibilità di realizzare fino in fondo il progetto di vivere una vita da esteta.
La sconfitta della bellezza è la sconfitta del protagonista coincidono, l'irruzione della volgarità delle masse diventa soffocante al punto che il disprezzo nei confronti della pletora degradata gli causa un senso di nausea fino a fargli provare un senso di soffocamento.
In questo clima di profonda angoscia morale si avverte il senso di morte che avvolge casa Ferres che sembra essere diventata una sorta di tomba in cui tutto è fallito, dove gli stessi muri paiono esser stati profanati da "uomini impuri" dalle "fronti sudate".
Eccessivo? È D'Annunzio che pur non disdegnava le popolane e gli odori profani, ma un conto è quello che l'Immaginifico fece nella sua vita con divine e (moltissime) servette, un conto è invece la teorizzazione del pensiero dell'esteta.
PUZZE, SUDORE E URLI DEI CARRETTIERI, ALCUNE OSSERVAZIONI RIVOLTE ALLO SPIRITO DEL VATE
Però, però caro Vate lo so che i piedi, le facce e i gomiti dell'uomo che lavora non sono certo il massimo dell'estetismo, anzi le "puzze" non attirano per niente, allontanano, ma tu che amavi la bellezza e il mondo classico sapevi bene che Achille piè veloce, lo scaltro Odisseo e il valoroso Ettorre (con due erre, è corretto) quando combattevano urlavano come dei carrettieri, sudavano e puzzavano.
E i facchini che fumavano e cantavano mentre portavano via i mobili dalla casa di Sperelli erano uguali a tutti i facchini, uomini di fatica e operai di ogni epoca che lavorano e che sollevando pesi sudano e puzzano, ma che facciamo di costoro? Li eliminiamo perché emanano un odore sgradevole?
So che non era tua intenzione fare de "Il piacere" un ode al profumo, ma quei facchini che scaricavano i mobili, erano meglio di Andrea Sperelli e di tutti quelli come lui che non hanno voglia di rimboccarsi le maniche ma vogliono fare lavorare gli altri. E poi permettimi di farti osservare che la puzza di sudore io l'ho sentita emanare anche da persone che stanno sedute e non fanno fatica...è questione di acqua e sapone, non di censo o condizione sociale.
Hai scritto un capolavoro unico ma il tuo scritto eccellente è il trionfo dell'egoismo più sfrenato, del solipsismo più deleterio, della vacuità della vita e poi caro Gabriele consentimi di ricordarti che -proprio a te che sostenevi l'idea dell'arte per l'arte- Michelagnolo (Michelagnolo alla maniera dei fiorentini a lui coevi) quando batteva il marmo sudava e puzzava, ma da quella fatica immane è uscito fuori il David e grondava di sudore anche Donatello con quell'altro David....