IMMANUEL KANT
Il principio della propria felicità opposto alla legge della moralità
Nella "Critica della Ragion Pratica" Kant affronta il tema della felicità partendo dal presupposto che si raggiunge l'opposto del "principio della moralità se si assumequale motivo determinante della volontà il principio della propria felicità".
La volontà che orienta l'individuo verso il conseguimento della propria felicità può essere in contrasto con la ragione che sta alla base del principio della moralità.
Kant esemplifica questo concetto con due esempi:
« Se un conoscente, che ti fosse caro, credesse di giustificarsi presso di te per avere testimoniato il falso, allegando in primo luogo il dovere secondo lui sacro della propria felicità, ed enumerasse poi i vantaggi che ne ha tratto, ponendo l'accento sulla prudenza con cui procede per essere sicuro, anche verso di te, col rivelarti il segreto solo per poterlo negare ad ogni momento; e se infine affermasse seriamente di avere ottemperato a un vero dovere d'uomo, tu o gli rideresti in faccia o ti ritrarresti con orrore, anche se non solleveresti la minima obiezione contro chi usasse questo metro d'azione dopo avere fondato i propri principi esclusivamente sul vantaggio personale». (1)
«...supponete che qualcuno vi raccomandi un tale come amministratore così fidato da potergli confidare ciecamente tutti i vostri interessi, e supponete inoltre che per ispirarvi fiducia ve lo presenti come uomo prudente, perfettamente conscio del proprio tornaconto, e come uomo di attività instancabile, pronto a trarre profittoda ogni occasione, e, allo scopo di fugare ogni sospetto di egoismo volgare, lo descriva come uomo di vita raffinata, desideroso non di accumulare denaro o piaceri volgari ma di accrescere il proprio sapere mediante conversazioni scelte e istruttive, generoso con gli indigenti, tale, però da non badare gran che ai mezzi (che traggono il loro valoreo disvalore esclusivamente dal fine) e disposto a servirsi del denaro e dei beni degli altri nè più nè meno come dei propri se sapesse di poterlo fare impunemente e di nascosto; in tal caso voi pensereste chi ve lo raccomanda o voglia burlarsi di voi o sia uscito di senno ». (2)
Vi è quindi un confine netto tra la moralità intesa come principio valido universalmente e il proprio tornaconto personale, sottolineando la scontatezza di tali osservazioni Kant insegna che il principio di felicità pur essendo in grado di fornire delle massime, queste possono valere come «leggi generali ma mai universali» nel senso di leggi che possano essere valide sempre e comunque. La legge morale ha un elemento oggettivo che deve valere « per chiunque ha ragione e volontà ».
Osservare l'obbligo di rispettare la legge morale è in potere di chiunque -osserva Kant- ma comandare a qualcuno di essere felice è un'assurdità logica, al massimo si possono mostrare le regole per conseguire la felicità, regole che ognuno deve sentirsi libero di osservare oppure no.
NOTE
(1) Immanuel Kant, Critica della Ragion Pratica, Torino, 1980 p.173.
(2) Ibidem, p.173
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