Si discute molto sulla "contemporaneità" di un autore, in questo senso trovare delle corrispondenze può essere agevole soprattutto quando ci si sofferma sull'aspetto del contenuto, ma anche per ciò che concerne il linguaggio.
Eppure nell'epoca dei formidabili cambiamenti come può essere l'attuale niente è più "precario" del lilnguaggio parlato, questo fatto è così vero che i dizionari della lingua italiana vengono aggiornati ogni anno, mentre in passato le nuove parole venivano inserite dopo un periodo (più o meno lungo) e solo dopo essere state metabolizzate al livello di senso comune.
Leggendo Palazzeschi si ha immediatamente l'impressione di come il linguaggio nel giro di un secolo sia così profondamente cambiato al punto che moltissime parole appaiono del tutto inadeguate ad esprimere pensieri, cose ed azioni. Ad esempio, Palazzeschi usa i termini del suo tempo quali "giovinotto", "corbellerie", ma anche numerosi neologismi come "balletta" giocando con il suono al punto che ogni parola diventa espressione di un determinato sentimento o stato d'animo.
Se le parole però hanno una vita limitata, i concetti e le idee ritornano con sorprendente ciclicità come dimostra questa bella ( e curiosa) opera giovanile intitolata "L'incendiario" scritta nel 1910, sono trascorsi 101 anni da quando questa operetta (raccolta di poesie) fu data alle stampe, ma il lettore troverà molte corrispondenza e soprattutto potrà gustarne il particolare punto di vista e attualizzarlo con il presente.
L'incendiario fa parte del periodo "futurista", quello delle origini che nel ribellismo giovanile dell'epoca trovava la sua espressione più autentica.
Palazzeschi nel 1909 venne invitato da Filippo Tommaso Marinetti ad aderire al futurismo ed è proprio in questo periodo che esce la raccolta di poesie "L'incendiario" è un gustosissimo romanzo (alternativo) intitolato "Il codice di Perelà", è un Palazzeschi molto diverso da quello più noto, per intenderci quello de "Le sorelle Materassi", tuttavia la "conversione" verso una scrittura più fruibile è solo apparente, in quanto Palazzeschi anche nel noto romanzo che ho citato, rivela la sua insofferenza verso la rigidità del perbenismo borghese.
Per chi ama il linguaggio e il neologismi, la lettura delle poesie contenute ne "L'incendiario" è un'autentico piacere, Palazzeschi come molti avanguardisti della poesia amava deformare le parole, giocare con il suono, questa caratteristica la troviamo, ad esempio, nella poesia intitolata "Lasciatemi divertire" (Canzonetta) che così attacca:
"Tri tri tri
fru fru fru
uhi uhi uhi
ihu ihu ihu
Il poeta si diverte,
pazzamente
smisuratamene.
Non lo state a insolentire,
lasciatelo divertire
poveretto,
queste piccole corbellerie
sono il suo diletto
Cucù rurù
rurù cucù
cuccuccurucù...."
Sorprendente, ma non più di tanto per chi conosce il modo di esprimersi degli avanguardisti, veri teppisti della parola pronti a provocare con il loro versi controcorrente.
È lo stesso Palazzeschi a dare una spiegazione di questo particolarissimo modo di scrivere (consapevolmente ricercato): "Cosa sono queste indecenze?/Queste strofe bisbetiche?/Licenze, licenze, licenze poetiche/ Sono la mia passione".
IL LINGUAGGIO DEI FUMETTI DEVE MOLTO ALLE INVENZIONI DI PALAZZESCHI
Le licenze poetiche sono la forma più sopraffina di deviazione dalle regole della lingua, ma sono anche il modo di andare contro le convenzioni condivise e convissute dal pubblico, Palazzeschi quindi, come altri poeti futuristi usa le parole storpiate per esprimere le sue sensazioni e le definisce in questo modo (sentite, sentite):"Sapete cosa sono? Sono robe avanzate, non sono grullerie, sono la.....spazzatura delle altre poesie".
Il poeta spazzino e avanguardista però è anche un antesignano della parola, pensate, ad esempio, al linguaggio espresso nelle "nuvolette" dei fumetti, parole che prese da sole, sembrano non avere alcun significato, ma nel contesto del racconto sono le uniche ad essere in grado di esprimere nel modo più compiuto sensazioni, idee, sentimenti.
Palazzeschi in questo si dimostra straordinariamente lucido ed è consapevole del fatto che queste parole "vogliono dire qualcosa", ma il poeta difende anche i suoi versi in nome del piacere che questi gli procurano.
Ecco allora che il gioco della parola si fa irriverente, scrive in modo volgare (nel senso di popolare) ed esprime i suoi versi allo stessa maniera del popolano che canta un'aria importante distorcendo il testo che non conosce ( ognuno di noi lo ha fatto e lo fa).
LA FUNZIONE DELLA POESIA COME PURO DIVERTIMENTO
Questo è lo spirito de "L'incendiario", il linguaggio diventa il mezzo per divertirsi, per trasgredire e si fa infantile, libero da qualsiasi convenzione, dissacratorio, incline alla ripicca, apparentemente privo di nessi, quasi che l'autore senta il desiderio di regredire a quella fase prerelazionale in cui tutto è concesso e perdonato e a tal proposito dice: "Certo è un azzardo un po' forte scrivere delle cose così, che ci son professori, oggidì a tutte le porte".
Gozzano scrisse una poesia intitolata "Lasciatemi sognare", (triste e crepuscolare), Palazzeschi rispose con la sua "Lasciatemi divertire", irridente sicuramente come lo è tutta la breve raccolta contenuta ne "L'incendiario".
Palazzeschi in una famosa poesia intitolata "Chi sono?" si autodefinì "il saltimbanco dell'anima mia", bellissima definizione che evidenzia tutto l'anticonformismo di Aldo Giurlani in arte Aldo Palazzeschi.
C'è tanta buona letteratura nelle nostre biblioteche, conviene andare dietro ai libri "più venduti" fatti a tavolino? Palazzeschi che era contro le convenzioni sociali avrebbe risposto per le rime in questo modo:
Bubububu
fufufufu
Friù!
Friuù!