Quando finì il secondo conflitto mondiale, molti di quegli uomini che vi presero parte e che si trovavano su fronti contrapposti, dovettero fare i conti con la realtà del dopoguerra; per molti di loro il reinserimento non fu un passaggio indolore e dovettero scontare un isolazionismo che in parte controbilanciò quella violenza distruttiva che costituiva quasi una caratteristica di tutti gli ex combattenti. La volontà di controllare le derive distruttive ormai inglobate a livello di inconscio non bastava al loro reinserimento nella vita civile, ma come si poteva risolvere la conflittualità senza ricorrere alla violenza? "La paga del sabato" di Beppe Fenoglio aiuta a capire come un mondo sbagliato possa avere condizionato pesantemente molte vite al punto che l'essersi impegnati per un mondo più giusto o per l'affermazione dei propri ideali non costituiva più un motivo sufficiente per accettare la pace e la convivenza civile.
La rappresentazione che Fenoglio diede della guerra partigiana ha fatto molto discutere, ancora oggi si rimprovera allo scrittore di Aba di aver voluto rappresentare istanze universali piuttosto che le istanze autentiche della Resistenza, è un'accusa ingenerosa.
Leggere "La paga del sabato" il libro che venne pubblicato postumo permette di capire la posizione di Fenoglio e di inquadrare in modo corretto la tensione esistenziale che caratterizzò un'opera come "Ventitré giorni all'alba" che può essere considerata a tutti gli effetti un antefatto de "La paga del sabato". Quali sono i punti di contatto tra i partigiani descritti nella prima opera e l'ex partigiano Ettore che dopo la guerra non riesce ad inserirsi nella vita civile? Intanto entrambi, pur in situazioni diverse, sono calati all'interno di realtà che si trovano a subire loro malgrado (la guerra e il dopoguerra) e poi ancora una volta lo sfondo di entrambe le vicende è costituito dalle Langhe.
Ettore non è però un eroe positivo fin dall'inizio, anzi i suoi comportamenti sono quelli che possono portare al crimine, all'annientamento e alla dissoluzione e sono forse anche una reazione ai tentavi di normalizzazione che portarono molti ex fascisti ad occupare posizioni di comando quasi come se il tempo della guerra si fosse congelato.
Ma c'è anche un altro elemento forse molto più spicciolo ma altrettanto determinate nella reazione di Ettore che non vuole reinserirsi nella vita normale con un lavoro ordinario, l'impossibilità ad accettare ruoli subordinati dopo aver assunto un ruolo di comando nelle brigate partigiane nel periodo della guerra.
A questo punto si entra nella visceralità più indecifrabile o se vogliamo nei sentimenti dell'individualismo e dell'orgoglio che spesso determinano scelte che, a prima vista, potrebbero sembrare irrazionali.
E' interessante notare che alle motivazioni individuali si uniscono quelle dell'ideologia politica, sotto questo punto di vista il protagonista de "La paga del sabato" è un personaggio atipico rispetto agli altri delineati da Fenoglio che non ha mai avuto una grande simpatia per gli eroi ideologici e politicizzati; nel caso di Ettore sembra che l'ideologia sia strumentale al raggiungimento dei propri obiettivi.
Anche il personaggio di Bianco risulta ambiguo nel momento in cui la fine della guerra lo restituisce alla vita ordinaria, probabilmente la demitizzazione del partigiano eroico che vive di espedienti ha contribuito nell'esprimere il giudizio polemico e pieno di astio che certa critica ha rivolto a Fenoglio, ma qui si passa al giudizio morale e non più letterario della sua opera.
E' meglio declinare su queste accuse che nascono dal desiderio di presentare la Resistenza come un'epopea mitica senza macchia, non fu così, luci ed ombre vi furono come in tutte le vicende che riguardano gli uomini. L'unico che ne comprese la portata fu Italo Calvino che lesse il romanzo e ne apprezzò l'impianto al punto che avrebbe affermato che gli sarebbe piaciuto esserne l'autore.
E se questo è stato il giudizio di Calvino sul romanzo, molti dovrebbero rivedere il giudizio nei confronti di Fenoglio.
La paga del sabato: racconto fuori dai miti ideologici del tempo