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"Lo strano caso del dottor Jekyll e del signor Hyde" di Robert L. Stevenson è stato scarnificato e analizzato in tutte le sue molteplici sfaccetature e probabilmente c'è poco da aggiungere alle centinaia di migliaia di pagine che trattano l'argomento, eppure, nonostante siano passati più di un 125 anni dalla sua pubblicazione continua ad affascinare nuove schiere di lettori.
La sua riproposizione, pertanto, è sempre attualissima perché non è mai cessata la lotta tra il Bene e il Male, le edizioni che si sono succedute nel corso del tempo sono innumerevoli e ciò che conta è il racconto , anzi -a nostro parere- un'eccessiva mediazione esplicativa rischia di togliere qualsiasi interesse nel lettore moderno o in quello giovanissimo che non ha ancora affrontato la lettura del testo.
Va da sé che il capolavoro di Robert L. Stevenson non poteva contare poi su numerose riduzioni cinematografiche e televisive a cui vanno aggiunte le innumerevoli rappresentazioni teatrali che ne hanno decretato la fama al punto che anche nel linguaggio comune si suole dire: "È come Dr Jekyll e Mister Hyde".
Una lettura intellettualmente onesta, non prigioniera dei luoghi comuni che accompagnano la pletora di riassuntini sul romanzo commissionato dall'editore Longman dovrebbe non cadere nell'eccesso di perdere di vista le finalità dell'operato dell'autore. Dette finalità possono essere molteplici tra le quali non va messa in secondo ordine l'esigenza di andare incontro alle richieste di un pubblico che del genere orrifico faceva richiesta così come oggi il pubblico odierno richiede altri generi più consoni alla mutata sensibilità culturale dei nostri tempi.
LA RIFLESSIONE OLTRE LA LETTURA
L'opera di Robert L. Stevenson ha suscitato vivaci dibattiti (la cui conoscenza devo dire che mi ha appassionato quanto la lettura del libro). Da una parte il pregio di diversi contributi si sono concentrati sullo scontro mai finito tra Bene e Male. Dall'altra sono frequenti i dibattiti sulla complessità della mente umana capace di commettere orrendi delitti che sconvolgono ma attraggono l'opinione pubblica.
Ci domandiamo pertanto che relazione ci possa essere tra la richiesta (furbissima) dell'editore Longman di dare al pubblico ciò che esso chiedeva e il proliferare delle odierne trasmissioni che parlano dei tanti mister Hyde che sembrano spuntare come i funghi dietro a degli (apparentemente) "innocui" Dr Jekill?
La faccenda non è di secondaria importanza in quanto i punti di contatto tra il costrutto narrativo del romanzo e le cronache che ammorbano le nostre coscienze sono moltissimi. Sorge allora il problema delle motivazioni che stanno alla radice di questo spirito morboso che fa rimanere attaccati allo schermo televisivo tranquilli spettatori che si appassionano a conoscere i dettagli degli orrori commessi dai novelli seguaci di Jekill (e Hyde)?
Ma procediamo con ordine seguendo la pista della trasformazione di Hyde nel dottor Jekill: il raccapriccio e il disgusto si sa hanno sempre attratto l'uomo che nella sua natura è capace di fare del male, ma Robert L. Stevenson nel suo sapiente porre favola e intreccio fino a che punto era consapevole che avrebbe causato un senso di raccapriccio attrattivo. Sembra una contraddizione in termini, ma non lo è affatto: il signor Hyde è descritto come un uomo ripugnante, torvo e arrogante esattamente come molti serial killer che portano su di loro tutta la negatività del mondo, insomma dei mostri incapaci di avere un barlume di umanità, dall'altra parte il dottor Jekill nel suo proposito razionale di andare oltre i limiti del'etica suscita molti dubbi sul ruolo della scienza come dottrina-verità.
Per quanto si possa essere partecipativi nella lettura del romanzo, non ci sentiamo tuttavia prossimi a nessuna delle due figure, tuttavia siamo ben consapevoli del fatto che vi è una parte della coscienza superiore dell'uomo che assimila degli elementi del Male al punto da diventarne vittima.
Il dottor Jekill non sa esattamente a quali esiti porteranno le sue ricerche ma non le sospende, anzi le trasformazioni a cui va incontro non sono altro che un affermarsi del Male sull'uomo che non è più in grado di controllarne gli effetti nefasti.
Pensate ad esempio alla lunga serie di omicidi commessi dagli aderenti alla comunità raccolta intorno a Charles Manson e alla vasta rete di abusi perpetrata su persone inermi da parte di gruppi di satanisti clandestini e (ammettiamolo senza riserve) insospettabili; ecco allora che Jekill ed Hyde dalle pagine della letteratura escono fuori per concretizzarsi in figure spaventose come quelle del "mostro di Firenze" orrifico come quei "compagni di merende" che ne condividevano le nefandezze.
Liquidare come criminali qualsiasi omicidio come un esempio di perversione sarebbe superficiale e del resto non tutto il folklore legato alla malavita è riconducibile al doppio che alligna nell'uomo, ma rimangono molti interrogativi su come una società possa generare dei mostri terribili e ripugnanti.
La grandezza di Robert L. Stevenson sta nell'aver capito e illustrato in modo efficace la doppiezza dell'animo umano capace di grandi gesti nobili ma anche delle peggiori nefandezze, di quella banalità del male di parlava Hanna Arendt e che non dipende dalle forme di governo o dalle ideologie ma che è da sempre presente nell'uomo come suo elemento costitutivo.
La moralistica società vittoriana in cui aveva vissuto Robert L. Stevenson era diversissima dalla nostra che delle libertà dei costumi ha fatto un credo eppure lì operò terribilmente Jack lo squartatore come da noi il "Mostro di Firenze". Meditiamo su questo aspetto!
Di sezionatori di corpi, mangiatori di cuori e fegati, di seppellitori in fondo ai pozzi e di mostri scioglitori di bambini, adulti e donne nell'acido le nostre cronache giornalistiche sono piene e al di là della versione caricaturale spesso data dai media (che su questi fatti campano e alzano l'audience) bisognerebbe spostare l'attenzione sugli effetti devastanti e potenziati che il nostro modello culturale esercita sulle menti più deboli, siamo davvero convinti che si tratta solo di questioni che interessano gli inquirenti e le aule dei tribunali?
L'UOMO E IL SUO DOPPIO
Concludiamo riportando un passo significativo del romanzo che esemplifica quanto finora esposto, è Jekill che parla:
"L'uomo non è veramente uno, ma veracemente due, perché le mie conoscenze non sono giunte oltre. Altri seguiranno, altri porteranno avanti queste ricerche, e non è da escludere che l'uomo in ultima analisi, possa rivelarsi una mera associazione di soggetti diversi, incongrui e indipendenti".
La copertina del libro edito dalla casa editrice Rusconi