IL CAPOLAVORO DI ELSA MORANTE
Quando "Menzogna e sortilegio" è stato pubblicato nel 1994 per le edizioni Einaudi, la Morante era un'autrice affermata e questo bellissimo romanzo andava in giro da quasi mezzo secolo, avendolo letto qualche anno fa ho dovuto riprenderlo anche perchè la sua lettura va metabolizzata per via di una trama densa che ben a ragione la Morante pensò di dividere in sei parti.
La storia è raccontata da una narratrice che è stata testimone di vicende vissute e tramandate e in particolare quelle avvenute prima della sua nascita.
Elisa dopo essere rimasta sola alla nascita in seguito alla morte improvvisa della madre adottiva, la prostituta Rosaria, fa una ricostruzione di tutti i fatti e accadimenti che riguardano la sua famiglia originaria della Sicilia; è una storia che ripercorre un tempo cronologico piuttosto lungo e che riguarda tre generazioni vissute tra l'Ottocento e i primi del Novecento.
Il titolo è anticipatore del tema dominante del romanzo che è il ricorso sistematico della menzogna da parte di una piccola borghesia che alla mistificazione unisce come tratto distintivo e caratteristico, la convenzione e la superstizione religiosa.
C'è molta Sicilia gattopardiana in questa bella storia della Morante in cui i personaggi avvezzi alla teatralità sembrano recitare delle parti, ma accanto alla menzogna troviamo il sortilegio, nel senso di un incantesimo che sembra incombere su fatti e circostanze intorno alle quali Elisa cerca di trovare un senso, un filo conduttore che possa almeno spiegare in parte un destino al quale neanche lei sembra essere sfuggita.
UN TEMA IN PARTE AUTOBIOGRAFICO
Il tema della madre persa o comunque di un genitore che non si è conosciuto è stato un tema comune alla narrativa della Morante che aveva un padre adottivo e un padre naturale, questo tema ritornerà anche nel romanzo "L 'isola di Arturo" del quale parleremo in un prossimo articolo; in "Menzogna e sortilegio"il rapporto figlia-madri è ancora più complesso e in particolare la narratrice-testimone Elisa, nonostante la professione di meretrice della madre, si sente attaccata a questa madre che lei definisce "la mia sola amica protettrice" e verso la quale dimostra riconoscenza per averla allevata dopo la morte dei genitori naturali.
LO STILE LETTERARIO DELLA MORANTE
Secondo taluni critici la Morante sarebbe una scrittrice tradizionale quasi a volere alludere ad una sorta di minorità rispetto, per esempio, anche allo stesso Moravia che si contraddistinse per originalità innovazione; eppure proprio questo suo essere aderente alla tradizione ottocentesca è a nostro parere il miglior pregio della Morante,spesso la sua scrittura rimanda all'immaginario descrittivo tipico della letteratura popolare ottocentesca come anche è ampio l'uso di termini desueti che rivelano una ricchezza conoscitiva della lingua italiana fuori dal comune.
Nella prima delle sei parti , Elisa quale voce narrante, racconta il suo trovarsi come una sepolta viva nella casa in cui viveva con la madre adottiva, analizziamo alcuni punti per avere un'idea dello stile della Morante che permette di fruire anche di espressioni antiquate che non possono che affascinare il lettore colto:
"La nuova luttuosa......", la notizia luttuosa , la Morante usa il termine nuova privilegiando il termine nel senso del significato etimologico, inteso come novitas, cosa nuova.
"Mirare..." è preferito al termine contemplare ed è usato nel senso di guardare con attenzione ma anche di ammirare.
Riportiamo questo passo:
"Guardo la gracile, nervosa persona infagottata nel solito abito rossigno (non mi curo di portare il lutto), le nere trecce torreggianti sul suo capo in una foggia antiquata e negligente, il suo volto patito, dalla pelle alquanto scura e gli occhi grandi e accesi, che paion sempre aspettare incanti e apparizioni............" (Da "Menzogna e sortilegio")
Bellissima la scelta dell'aggettivo "rossigno" al posto di rossiccio,"torreggiante" nel senso di qualcosa che sale come una guglia, come una torre, la pettinatura disordianta diventa "una foggia antiquata e negligente".
Il non facile esercizio mnemonico può però sostituire la chiarezza dello spirito delle aggettivazioni usate dalla Morante e questo spingerà il lettore ad arricchire il suo lessico che potrà comunque impiegare nel suo giusto senso.
La Morante ricorre anche a complesse similitudini che spingono il lettore a comprtendere, come ad esempio in questa espressione:
"Senza pretendere ad altro merito, incomincerò col dirvi che la mia madre adottiva, fu, dopo la mia madre vera, la persona da me più amata. Or il mio cuore potrebbe rassomigliarsi a quegli antichi Principati in cui per il popolo vigrva una diversa legge che per i Grandi: si che questi erano in certo modo inattaccabilinon soltanto dal castigo,ma addirittura dalla colpa. E quelle medesime azioni che agli umili eran delitto, eran lecite e giuste ad essi"
Il ricorso alla similutidine, lunga, densa e articolata è un altro dei tratti distintivi della Morante che riesce a creare dei rapporti tra i significati delle parole tali da suscitare l'attenzione da parte del lettore.
Rispetto ad un altro grande romanzo come la "Storia" , la Morante sembra privilegiare in "Menzogna e sortilegio" più la prospettiva interiore, il monologo sempre comunque provocato da eventi esterni per quanto avvenuti nel ristretto ambito familiare.
Un altro aspetto del romanzo che rivela una delle componenti della prosa della Morante è il narrare come favolare e questo soprattutto quando parla del sortilegio in cui emergono aspetti strani, meravigliosi e fantastici che finiscono con conferire all'intero racconto un'atmosfera irreale in cui ogni dimensione del reale viene oltrepassata evocando la l'inconscio dell'uomo e della sua realtà psicologica.
PS: Prima di leggere improbabili autori e autrici che scrivono storie dozzinali e il cui successo è pilotato per attirare i gonzi che cadono regolamente nella rete del tam tam editoriali..riscopriamo i nostri autori e le nostre autrici che hanno scritto bellissime pagine di letteratura.