Vogliamo consigliare a tutti coloro i quali sono alla ricerca di libri dimenticati un prezioso volumetto di Guido Gozzano, intitolato semplicemente "San Francesco d'Assisi".
Prima di tutto è necessario sgombrare il campo da qualasiasi equivoco, l'opera di Gozzano non rientra tra le cosiddette "opere religiose", ma può essere catalogata come una "prova di sceneggiatura" destinata al cinema nascente che nel 1916, come è noto, non solo era agli albori, ma non aveva quella che per noi è una caratteristica scontata: il sonoro.
La differenza che passa tra il cinema muto e quello sonoro non risiede nel fatto - come si potrebbe comunemente pensare - che in uno "si sente parlare e nell'altro no", ma nella grande enfasi che viene data all'espressività dei volti e dei gesti che devono comunicare, attraverso l'arte della recitazione, sensazioni e impressioni.
Approcciarsi a quest'opera che potrebbe essere catalogata come un'opera minore di Guido Gozzano, permette di conoscere come gli autori dell'epoca che si dedicavano alla scenggiatura, affrontavano il problema della recitazione; mentre infatti nel teatro le tecniche erano simili a quelli che attualmente vengono impiegate nella recitazione, nel cinema si doveva impostare la sceneggiatura in relazione alle caratteristiche del cinema dell'epoca.
Leggendo il volumetto si nota prima di tutto la precisione, quasi certosina, che Gozzano profuse nella ricostruzione della figura di San Francesco e dell'epoca a lui coeva, lo stesso Gozzano in alcune note rivelò che per preparare la sceneggiatura del San Francesco d'Assisi, si documentò girando molte biblioteche per procurarsi le opere di San Francesco in modo da dare non solo attualità alla sceneggiatura stessa, ma anche per fornire una ricostruzione aderente storicamente alla figura di Francesco, cercando di uscire fuori dall'agiografia di stampo religioso che rappresentava il "poverello" in modo talvolta banale.
Tale finalità, a mio parere, è perfettamente riuscita in quanto Gozzano, pur non essendo un religioso, realizzò una ricostruzione storica della figura di Francesco perfettamente aderente a quelle che erano le aspettative della sensibilità popolare delle maggior parte dei cattolici italiani.
Bisognerebbe infatti mettere l'accento proprio sull'italianità di un'opera che che probabilmente era indirizzata a un pubblico nostrano vista anche l'attenzione data ad altre figure di santi come Santa Chiara e Santa Caterina.
La figura di Francesco che appare disegnata da Gozzano è quella che sicuramente è più vicina alla realtà di un uomo che fu prima di tutto uno straordinario evangelizzatore che interpretò in maniera più autentica il messaggio del Cristo.
Rileggere la sceneggiatura ci permette di scoprire la figura del santo e del suo rapporto con il dolore che è poco comprensibile per noi anche se ci diciamo crisitiani. E' una corrente di pensiero, quella che della svalutazione del corpo che è tipicamente medievale, però è importante comprendere le ragioni della svalutazione del corpo per capire il significato delle stimmate e del dolore mai rifiutato che sembra addirittura quasi sempre invocato.
Probabilmente la scelta di Gozzano di trattare il soggetto di un copione così particolare come quello di San Francresco, nasceva da una sincera ammirazione nei suoi confronti e "forse" anche alcune sue scelte nella vita privata ( così come si apprende dalla sua breve ma intensa biografia) sono spiegabili anche in questa direzione.
Dal punto di vista letterario Guido Gozzano è sempre stato inquadrato tra i cosiddetti "autori crepuscolari" eppure oltre a questo aspetto che ritengo alquanto riduttivo, c'è un aspetto molto più profondo ed è quello del misticismo, una sorta di sacro furore che pervadeva l'esistenza di Gozzano esattamente come quella di Francesco.
Taluni critici parlano di "francescanesimo di Gozzano", se per francescanesimo intendiamo la sua vocazione a al rifiuto verso qualsiasi estriorità, senza dubbio possiamo accettare questa interpretazione.
Ecco allora che anche la "fiaba francescana" raccontata da Gozzano può essere inscritta in quel rifiuto dell'esteriorità che era prima di tutto un rifiuto verso d'Annunzio e verso il dannunzianesimo.
La vita di Gozzano, è bene ricordarlo, non fu affatto inimitabile come quella del Vate, anzi la sua breve vita fu contrassegnata dalla malattia ( non ci è dato sapere quanto fosse accettata) e da una prematura scomparsa ( anche per la vita media dell'epoca) a soli 27 anni.
Probabilmente l'ammirazione verso Francesco nasceva anche dalla contraddizione che era in lui presente: da una parte lo slancio e la passione ( leggete a questo proposito la "Cruna del mondo") e dall'altra parte una sorta di autocensura e autocontrollo che Gozzano esprimeva attraverso la scrittura; ma una cosa è certa come Francesco, Gozzano fu un irriducibile e non vi è contraddizione tra la vitalità dell'uno e dell'altro, anzi.
Un noto uomo politico italiano ha sostenuto pubblicamente in TV che il padre di San Francesco ha fatto più bene all'umanità di quanto non avesse fatto suo figlio che aveva (secondo lui) contribuito a diffondere la povertà e quindi a far stare male gli uomini. Non vorrei commentare la superficialità di tale affermazione nè tantomeno ricordare che l'aderenza ai valori autentici del cristianesimo significa anche rispetto della natura, parchi consumi e solidarietà.
Gozzano lo aveva capito...e con cura quasi maniacale preparò questo copione che può essere per il lettore più di una semplice curiosità da affrontare non con lo spirito di chi si trova davanti ad un reperto archeologico, ma con rinnovato interesse verso i veri valori del cristianesimo.
"Ed io non voglio più essere io!
Non più l'esteta gelido, il sofista,
ma vivere nel tuo borgo natio,
ma vivere alla piccola conquista
mercanteggiando placido, in oblio
come tuo padre, come il farmacista.....
Ed io non voglio più essere io!"
Guido Gozzano