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31 dicembre 2014 3 31 /12 /dicembre /2014 03:57


Ogni volta che mi capita di parlare di "Ulisse" di James Joyce, mi viene mente una felice espressione di Umberto Eco che ha parlato di "boschi narrativi" per indicare quelle letture intricate che però hanno la rara capacità di appassionare il lettore ma che possono anche  provocargli un senso di repulsione.
Ogni persona che affronta la lettura di un romanzo inizia un suo itinerario, poi il giudizio finale rientra nel gusto personale: un romanzo può essere gradevole e interessante oppure accessibile oppure ancora impegnativo al punto che il lettore deve sforzarsi continuamente per non fare scendere la sua attenzione rischiando di perdere il bandolo della matassa.
"Ulisse" di Joyce ha tutte le caratteristiche descritte, è interessante ma è impegnativo, quando si legge l'ultima parola dell'ultima pagina il lettore però si sentirà soddisfatto dell'impresa e avrà la consapevolezza di avere letto uno dei più grandi capolavori della letteratura del Novecento.
Anticipo pertanto il giudizio finale e ne consiglio la lettura, ma tu caro lettore devi essere consapevole sin dall'inizio che sarà un'impresa ardua, sarai all'altezza di questo romanzo tra i più difficili e complessi che siano mai stati scritti?


1000 PAGINE DOVE SI RACCONTA LA STORIA DI UN ULISSE BORGHESE

James Joyce prima di scrivere il suo Ulisse, decise di fare un'operazione alquanto ardita: riprese l'Odissea e utilizzò il tema dell'avventura, del ritorno, degli amori trasferendolo sul piano comunissimo della vita borghese. L'idea originale appare ancora oggi attuale e ci induce ad una riflessione: chi è oggi l'eroe? Chi può dirsi eroe?
Il novello Ulisse è Leopold Bloom, un agente pubblicitario di mezza età che conduce una vita normalissima e banale (già questo è a mio parere un fatto eroico); Bloom non ha viaggi da affrontare, non incontra ciclopi e maghe, né ninfe ma si trova invischiato in tutta una serie di incidenti che fanno parte della quotidianità. Gli incidenti narrati sono quelli della coscienza, i peggiori perché sono quelli che creano più tormento e Joyce è un maestro nello smontare e rimontare ogni particolare costringendo il lettore a seguire il racconto e a immedesimarsi nelle vicende e nei pensieri dei protagonisti.
Emblematico a tal proposito è l'episodio in cui viene descritto Bloom che si fa la barba, Joyce ha un modo di scrivere insolito pensate come descrive il numero civico 7 riferendosi alla casa dello stesso Bloom:

«Giunto agli scalini del quarto dei numeri dispari equidifferenti, numero 7 di Eccles street, egli inserì meccanicamente.....»

e ancora (riferendosi alla chiave che Bloom aveva dimenticato):

«era nella tasca corrispondente dei pantaloni che aveva indossato il giorno immediatamente precedente».
Gli esempi che si potrebbero fare sono innumerevoli, ma i due riportati sono sufficienti  per capire il modo di scrivere di Joyce che, quando si sofferma sui  particolari, lo fa per provocare il lettore e per rendergli indigesta la lettura. Quando poi Joyce usa espressioni dotte per descrivere cose comuni e per esprimere delle banalità si prende ancora gioco del lettore che se è preparato a questa particolarità finisce col divertirsi e condividerne "le regole" di un linguaggio che indulge nel tecnico.

IL MONOLOGO DI MOLLIE BLOOM E IL SUO FARNETICARE

Non possiamo estrarre delle parti del romanzo a discapito delle altre senza correre il rischio di fare una deprimente  riduzione, merita però fare un riferimento all'ultimo capitolo del romanzo in cui viene raccontato il monologo di Mollie Bloom, la moglie di Leopold. La donna si trova a letto, non riesce a prendere sonno e medita. Si tratta di una delle parti più note del romanzo dove Joyce "segna" tutto quello che passa per la mente di Mollie, il lettore si troverà a passare in rassegna tutta una serie di riferimenti a "briglia sciolta" spesso indecifrabili e che sembrano non avere alcuna apparenza logica, riferimenti che non possono essere conosciuti da chi li apprende ma che costituiscono il modo di procedere del pensiero dell'essere umano abituato a fare dei voli pindarici da un argomento ad un altro.
Chissà -si chiederà il lettore- cosa c'entra la braciola di maiale presa col tè con l ricordo di Gibilterra dove Mollie trascorse la sua gioventù. Apparentemente niente, ma è questo il modo di procedere del pensiero che è indecifrabile quando deve essere interpretato da un altro, ma se noi proviamo ad esplorare la nostra stessa mente ci rendiamo conto che siamo tormentati esattamente come lo è Mollie Bloom.


ULISSE DEL 2012 E.....PENELOPE

Chi è l'Ulisse del 2012? E' colui il quale deve affrontare la sua odissea quotidiana fatta di lavoro che non c'è, di stipendi dimezzati, di vessazioni e ricatti che lo costringono a rampollare da un'idea ad un'altra, di bollette sempre più difficili da pagare, di umiliazioni e di uno Stato che non c'è. E Penelope chi è? È la donna costretta ad abdicare ad ogni scelta decisa da altri, è una donna tormentata che tesse continuamente la sua tela ma il suo Ulisse non scaglierà mai l'arco per liberarla dai Proci che sono sempre lì ad insidiarla fin da quando era bambina, anzi lui stesso, spesso, rappresenta l'insidia più grande e inaspettata.

NOTA FINALE

Joyce riesce con toni parodistici a divertire il lettore, il suo "Ulisse" è vero che costituisce una sfida per qualunque lettore, ma il suo umorismo e la sua ironia bilanciano lo sforzo che alla fine viene premiato; l'avventura quotidiana che ogni uomo deve affrontare è sempre imprevedibile e non sempre siamo in grado di penetrare nella sostanza autentica della realtà ed è quello che fa esattamente Joyce il quale, fissando lo sguardo su un oggetto di uso quotidiano, lo rende simile ad una natura morta. L'indifferenza delle cose esteriori si accompagna al nostro flusso di coscienza impetuoso ed incontenibile.

EDIZIONE CONSIGLIATA

L'edizione che suggerisco è quella pubblicata da Mondadori, nel corso degli anni la casa editrice di Segrate ha ristampato l'opera numerose volte; a mio parere l'edizione migliore è quella pubblicata nel 1960 dalla stessa Mondadori quando si chiamava "Arnoldo Mondadori Editore", la traduzione di Giulio De Angelis continua ad essere quella più aderente al testo di Joyce contraddistinguendosi per lo stile fluido che non crea mai disagio al lettore.

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Published by Caiomario - in Libri

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