"Di Trilussa, io ero amico, ed egli ben sapeva come le mie idee fossero tutt'altro che democratiche", con queste parole Julius Evola dichiarava la sua antica amicizia verso il poeta romano che, a guerra finita, si volle ascrivere nella cerchia degli antifascisti tout court. In un interessante articolo apparso sul quotidiano "Roma", Evola spiega perchè Trilussa fu sempre eguale a se stesso e come l'oggetto della sua satira furono i miti dell'Italia ottocentesca democratica; l'insofferenza di Trilussa verso un certo totalitarismo - secondo Evola- è da ricercare in realtà nel suo coraggio della verità e non in una sua presunta militanza antifascista che lo stesso Evola bollò polemicamente come "favola".
In risposta ad una ricorrenza in cui si parlava di Trilussa, Evola rispose in modo piccato alla pretesa di volerlo presentare come un antifascista, una pretesa tendenziosa e lontana dalla realtà in quanto il poeta romano fu insofferente ad ogni tipo di costrizione ed ingerenza essendo uno spirito caratterialmente libero e non un oppositore del Fascismo per motivi di carattere politico ed ideologico.
Inoltre, osservò Evola un'interpretazione di tal fatta mira a prendere qualche poesia di Trilussa "senza metterla in rapporto con l'insieme delle sue opere e con lo spirito complesivo di esse".
Evola aveva conosciuto personalmente Trilussa e ricorda che Trilussa ebbe in realtà dei rapporti cordiali con alcuni esponenti del fascismo più intransigente come ad esempio Roberto Farinacci e Giovanni Preziosi "perché le due persone ora nominate, ebbero egualmente, per principio, il coraggio della verità, e proprio per questo, per non aver esitato a denunciare soprusi e cose che nel regime non andavano, per un certo periodo erano caduti in disgrazia".
La testimonianza di Evola a tal riguardo è preziosa e puntuale, infatti osservò che Trilussa stesso non giudicava le sue satire antifasciste al punto che quando Mondadori sta per pubblicare la raccolta completa delle sue opere, chiese a Evola di fare una prefazione. Evola lo accontentò e quando Mondadori cambiò idea, il saggio su Trilussa venne pubblicato nel periodico "Regime Fascista" diretto da Roberto Farinacci.
Il bersaglio di Trilussa fu in realtà "il mondo dei profittattori e delle mezze figure morali" che per Evola era ritornato potenziato a caratterizzare la vita politica italiana.
In questo articolo Evola, a sostegno della sua tesi, cita cinque favole di Trilussa: la favola del "Gallo", quella dell' asino e del cavallo, quella del pollo e del mastino , quella dell' "Uomo finto" e infine quella "col simbolo di una candela".
Nella favola del Gallo si parla della pretesa democratica dell'eguaglianza che costringe il superiore ad abbassarsi; in quella dell'asino e del cavallo riconosce che in alcuni casi esiste un diritto alla violenza; nella favola del pollo e del mastino il bersaglio della satira è la vigliaccheria degli adulatori che sono tali finchè il il potente è libero salvo poi cambiare idea quando cade in disgrazia; nella favola dell'Uomo finto viene ridicolizzato quel tipo di uomini vuoti e inconsistenti simili a dei pupazzi e infine nella favola della candelaviene lodata invece la forza di chi con coerenza brucia per la propira fede.
Evola pur riconoscendo che il regime fascista presentò i suoi lati d'ombra, conclude il suo articolo osservando che l'idea di un Trilussa antifascista per principio è una fiaba priva di qualsiasi fondamento con la realtà, anzi -osserva Evola- se lo stesso Trilussa fosse vissuto più a lungo avrebbe rivolto la sua satira alla figure della democrazia parlamentare sorta dopo la caduta del fascismo.