Recensendo un'opera di Gozzano poco conosciuta (vedi: http://www.condividendoidee.it/article-la-via-del-rifugio-guido-gozzano-89024390.html) "La via del rifugio" ho rilevato come il poeta e scrittore torinese fosse un amante della parola che sapeva padroneggiare non di meno di D'Annunzio al punto che quando si cerca di mettere un'etichetta sulla sua opera si rischia di ridurla a una mera connotazione scolastica, anzi per dirla con Montale, Gozzano è stato in grado di far "scoccare le scintille" al punto che nel suo stile letterario si incontra l'aulico e il prosaico e chi legge attentamente le sue pagine si trova davanti ad un autore che cita continuamente altri autori e lo fa con uno stile e una descrizione che spesso sfiora il preziosismo.
IL VIAGGIO IN INDIA, RESOCONTO DIARISTICO CHE CI RIVELA IL GOZZANO ATTENTO OSSERVATORE DELLA REALTA'
Oltre al Gozzano poeta, c'è quello letterario che ho trovato particolarmente interessante in quei testi minori come "Verso la cuna del mondo" che ci rivela un autore curioso ben diverso da quello stereotipato definito, con un malcelato senso di commiserazione, "crepuscolare" inteso come sinonimo di triste e ripiegato in se stesso, si è vero Gozzano fu anche questo, ma è prima di tutto un autore ironico che prende in giro anche se stesso anzi, aggiungo che certe pagine ci introducono in un mondo a lui contemporaneo visto attraverso la lente speciale di chi lo visse e lo soffrì , sembra che per Gozzano lo scrivere avesse una funzione consolatoria e che lo aiutasse a proteggersi da un altro modo di intendere la letteratura; taluni critici hanno parlato della scrittura di Gozzano come una forma di autocontrollo, in parte è vero ma se leggiamo "Verso la cuna del mondo" appare una personalità attenta ad osservare la realtà e a rilevarne quegli aspetti non immediatamente rilevabili che sfuggono ai più.
Nel primo capitolo di "Verso la cuna del mondo" Gozzano descrive i lsuo soggiorno a Bombay, è curioso notare che sulla pagina iniziale troviamo annotata la data in cui scrisse queste pagine, il 3 dicembre 1912 ed è interessante anche la descrizione degli inglesi che in quel perido governavano l'India, parlando infatti dell'isola di Elefanta, Gozzano scrive " Gli inglesi vanno ad Eelfanta solo per due cose: mangiare e fare l'amore", non so come oggi sia l'isola di Elefanta ma a quanto pare nel resconto di viaggio di Gozzano viene definita come l'isola di Cuccagna in cui si vedevano solo coppie amorose che facevano dei pic nic.
Nel suo racconto sembra di sentirle le urla e gli odori acri di Bombay e di vedere una città brulicante dove all'epoca attraccavano navi provenienti da tutto il mondo e sembra di vedere quella sterminata umanita ( allora come oggi) che Gozzano definisce "peschereccia" perchè usa a dedicarsi alla pesca come attività economica principale.
Particolarmente gustose sono le descrizioni, veri e propri quadretti che potrebbero essere utilizzati per il cinematografo come l'episodio di una signora bionda che sbarca da un piroscafo e viene solevata da terra da due giganti e che a Gozzano ricorda "una romana della decadenza, una flava coma contesa da due schiavi nubiani poco irriverenti". Questi passaggi ci rivelano una grande capacità di osservazione che ricorda alcuni dei resoconti di viaggio dei navigatori dell'epoca e che troviamo con questa dovizia di particolari solo in Emilio Salgàri che fu colui che più utilizzò i diari di viaggio per descrivere quei luoghi lontani.
Il gusto di raccontare la quotidianità: per esempio ho appreso dei particolari sul comportamento degli indù che spiegano molte cose della loro mentalità, Gozzano racconta che quando scaricavano dalle navi mercantili della merce, cantavano nonostante il lavoro pesante che stavano facendo, leggete con quali parole Gozzano descrive questa attività:
"E' una melopea a denti chiusi, che nell'attimo dello sforzo o dell'intesa si accentua con un ritmo più forte e produce nell'insieme l'effetto di una orchestra ronzante, monotona non priva di dolcezza" .
In questa illustrazione Gozzano affronta gli argomenti quasi con lo spirito dell'etnologo ottocentesco ( ma non poteva essere diversamente ) senza dubbio alcune connotazioni stonano con la sensibilità attuale, ma dobbiamo considerare che queste pagine furono scritte nel 1912 e che pertanto Gozzano non poteva conoscere le posizioni che l'antropologia avrebbe assunto sul cosiddetto "etnocentrismo".
Il libro si compone di 15 capitoli., tutti deliziosi, non c'è solo letteratura ma un vero e proprio resoconto che assomiglia a una fotografia, una sorta di istanea che ferma il tempo in quel momento esatto, il 1912; in particolare segnalo un capitolo intitolato "Agra: L'Immacolata", leggendolo si comprende la spiritualità indiana, sono passati quasi 100 anni da quando Gozzano scrisse queste splendide pagine, la spiritualità indiana è rimasta sempre la stessa ed è interessante vedere come abbia attraversato un secolo senza subire contaminazioni esattamente come il tempio di Tai-Mahal che Gozzano ci presenta con parole che assomigliano al tocco lieve del pittore che sa fare capolavori.
Libro consigliato in particolare a chi scrive di viaggi, quello di Gozzano è uno straordinario resoconto di grande valore letterario.