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5 aprile 2014 6 05 /04 /aprile /2014 19:58

PREMESSA AD USO DEI LETTORI

L'unica edizione  italiana che è improntata su principi critici e scientifici è quella condotta sul testo critico stabilito da Giorgio Colli e Mazzino Montinari, qualsiasi altra edizione non può che tenere in conto quella che dalla comunità filosofica è ritenuta la più rigorosa in assoluto e che si basa sui manoscritti di Nietzsche conservati nell'Archivio Goethe-Schiller di Weimar e che raccolgie i fondi dell'ex Archivio Nietzsche..
Il criterio di redazione del libro ha tenuto in considerazione i seguenti punti:

  • Successione dei manoscritti secondo la loro presumibile successione cronologica
  • Numerazione apposta dallo stesso Nietzsche
  • Numerazione archivistica in assenza dei precedenti punti


i curatori dell'opera, Colli e Montinari, hanno seguito un criterio storico e filologico che nella edizione tedesca è costituita di note e rimandi apposte nelle singole pagine dei manoscritti.
Pertanto chi volesse avvicinarsi all'opera deve tenere in considerazione questa premessa che è propedeutica ad una lettura del testo nella edizione italiana che ha cercato di essere aderente ai testi originali, escludendo aggiunte quali appunti personali esterni al testo, abbozzi e lettere personali.

LA "GAIA SCIENZA"

La redazione di quest'opera che Nietzsche, come era solito, scrisse su quaderni giunti a noi nella stesura originale si inquadra nel periodo cosiddetto della "guarigione"; la vita di Nietzsche è stata contrassegnata dall'alternarsi di brevissimi periodi di buona salute a lunghissimi periodi di malanni fisici, soprattutto devastanti emicranie che hanno inciso non poco nel creare quel pessimismo di fondo che permea molte delel sue opere.
La vita di Nietzsche è stata definita da Massimo Fini come una vita essenzialmente interiore e quindi un'interpretazione psicologica dei suoi scritti è quasi d'obbligo per chi volesse comprendere il pensiero di un filosofo che affermò:"il prodotto del filosofo è innanzitutto la sua vita"
Pensare quindi alle opere di Nietzsche è prima di tutto ripensare alla sua vita che era una vita in cui il pensare di sè era la sua prima attività, un pensare di sè tra redazione di quaderni, letture, libri e soprattutto un rinchiudersi in se stesso lontano dalla vita reale.
Tutti questi fatti hanno contribuito in maniera determminante a creare quelle contraddizioni che ancora oggi fanno discutere, l'uomo Nietzsche  teorizzò la volontà di potenza ma che in realtà era un uomo gentile, mite e alieno da qualsiasi aggressività..

Per chi avesse letto le precedenti opere di Nietzsche, si rimane immediatamente colpiti dallo stile nuovo  del'opera dove viene abbandonato ogni pessimismo ed è lo stesso Nietzsche che parlando della lettura delle sue vecchie opere dice che era rimasto colpito dal suo fanatismo e da quell'entusiaismo della cattiveria che in questa fase ritiene completamente negativo.
L'idea dominante dell'opera è che nessuna conoscenza può dirsi completa senza una completa accettazione ed espansione degli istinti vitali a differenza di quanto sostenevano Platone e tutti gli altri filosofi.
Il modo di scrivere di Nietzsche anche in quest'opera può lasciare perplesso chi non è abituato al suo stile dove il frammento, lo scritto breve, le scorrerie intellettuali prevalgono rispetto ad uno scritto organico.

IL PECCATO QUALE SENTIRE DEGLI SCHIAVI

Nonostante quindi l'assenza di organicità dello scritto , possiamo individuare un tema di fondo  che è la vita e la sua amplificazione all'ennesima potenza, per fare questo Nietzsche esamina l'origine del peccato che è un sentimento del cristianesimo mutuato dall'ebraismo. Il crisitianesimo aveva per Nietzshe un solo obiettivo, quello di ebraizzare il mondo e ricorda il detto "Solo se ti penti, Dio ti usa misericordia", questo detto che è anche una norma è un qualcosa di cui i Greci avrebbero riso perchè avrebbero risposto "Questo è un sentire di schiavi", un 'idea di Dio come di un essere vendicativo eè per Nietzsche inconcepibile perchè questa idea è quella che porta al pentimento, alla rinuncia ad "essere contriti, avviliti" fino a "rotolarsi nella povere".
Questa idea secondo Nietzsche nasce dal fatto che ogni comportamento umano è fatto in relazioni alle possibili conseguenze soprannaturali per l'uomo e non tiene assolutamente in considerazione la naturalità dell'uomo.
I Greci dice Nietzsche, invece cercarono di dare dignità a tutto ciò che era naturale e non disprezzavano l'uomo in se stesso e questo nel cristianesimo ha avuto il suo massimo teorico in Saulo di Tarso che desiderava l'annientamento completo delle passioni.
Esiste tra le due visioni di concepire l'uomo una contrapposizione, da una parte il cristianesimo che è una variante dell'ebraismo che condanna ogni passione e dall'altra la visione classica dei Greci che hanno invece amato le passioni, le hanno idealizzate, "rese auree divinizzate".
Quindi se Dio voleva essere un un oggetto d'amore doveva prima di tutto, secondo Nietzsche, rinunciare ad essere giudice in quanto un giudice non può essere mai oggetto d'amore.

Un Dio che ama gli uomini a condizione che essi lo amino  e che minaccia la condanna eterna se non viene amato non può essere oggetto d'amore, l'uomo crede quindi non perchè ama, ma perchè ha paura della condanna eterna, è un amore condizionato non libero, è un amore interessato.

Tutta l'opera è percorsa da divagazioni su argomenti più disparati, da aforismi che sono perle di arguzia  tipo il seguente:

«L'invidioso. È un individuo -cui non si deve augurare dei bambini : sarebbe invidioso di loro perchè non può più essere bambino»

La presenza di aforismi tra un discorso più articolato ed un altro è una caratteristica di Nietzsche  che era solito fissare brevi pensieri apparentemente messi lì, in realtà da un esame più attento di quelli contenuti ne "La gaia scienza" si nota che tutti gli aforismi trattano di qualcosa che ha a che fare cin ciò che comprime l'espansione della vita, per esempio come  il seguente aforisma:

"L'istinto si proprietà -prolungamento dell'istinto di nutrizione e di caccia. Anche l'istinto di conoscenza è un superiore istinto di proprietà"

L'istinto senza mediazione è per eccellenza il modo di manifestarsi delle pulsioni vitali che è la parte vera dell'uomo, quella egoisitica e non una finzione ed è proprio per questo motivo che ha avuto l'opposizione di capi di partito, di filosofi, di uomini politici da fondatori di religione che avevano come fine ultimo quello di controllare l'uomo per dominarlo.

Così coloro che esaltano gli istituti di beneficenza lo fanno solo per il proprio tornaconto, per la propria utilità.

Per quanto possano sembrare eccessive tali affermazioni, Nietzsche con  il suo stile non fa altro che riprendere l'idea hobbesiana della nascita della società che è da rintracciare esclusivamente dall'idea di utilità, gli uomini si uniscono perchè gli conviene, tuttavia questa è anche una contraddizione dalla quale Nietzsche non riesce ad uscire, perchè se l'uomo si unisce ad altri per utilità, questo lo fa anche per un istinto egoistico di sopravvivenza.
Ma in realtà questo non è l'intento di Nietzsche che vuole prima di tutto demolire ogni finalismo che è sempre una giustificazione, un'argomentazione negativa che sta in ogni spiegazione sull'origine della vita. un errore  che non riesce tuttavia ad eliminare quella circolarità della vita per cui tutto ritorna.




Grazie della lettura

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Published by Caiomario - in Filosofi: Nietzsche Friedrich
5 aprile 2014 6 05 /04 /aprile /2014 19:02

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Ritratto di Marx (Album di Caiomario)

 

LA CONCEZIONE MATERIALISTICA DELLA STORIA 

Se nella storia del pensiero occidentale c'è un concetto che è stato soggetto a molteplici fraintendimenti è stato quello della concezione materialistica della storia. 
Questo è avvenuto per due motivi: il primo riguarda il fatto che a Marx si sono richiamati i regimi comunisti del Novecento, il secondo è che a Marx ed Engels si sono attribuite cose che non sono mai state da loro sostenute; nel primo caso si è commesso l'errore di vedere in quei regimi una realizzazione di quanto sostenuto nelle loro opere da Marx ed Engels, nel secondo caso ci troviamo davanti a improvvisati detrattori che non hanno mai letto una sola pagina delle opere dei due pensatori. 

Fatta questa premessa, bisogna aggiungere che tutta quanta la parte teorica del pensiero di Marx ed Engels è filosofia nel senso stretto del termine, che nasce in ambito filosofico e che ha forti implicazioni di carattere teoretico e interpretativo al di là del fatto che poi ci siano stati dei sistemi politici che si sarebbero ispirati ad essi. 
Questo è il motivo principale per cui a pieno titolo le opere di entrambi possono essere annoverate nell'ambito della storia del pensiero occidentale e in particolare di quello filosofico. 
La formazione stessa di Karl Marx è filosofica, si ricorda che Marx si laureò in filosofia con una tesi dal titolo "La differenza tra la filosofia della natura di Democrito e di Epicuro" ed Engels frequentò da giovane gli ambienti della sinistra hegeliana. 

 

 

 

 

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Monumento a Marx a Mosca (Album di Caiomario)

LA BASE DELLA CONCEZIONE MATERIALISTICA DELLA STORIA E' L'ANTROPOLOGIA DI MARX 

**Fatte queste premesse per comprendere lo spirito del libro, è necessario capire da dove ha origine l'espressione "materialismo storico" che se vogliamo è una delle espressioni più fortunate e più usate nel lessico filosofico e politico a partire dalla fine dell'Ottocento; intanto bisogna sgombrare il campo da un luogo comune, questa espressione non è stata coniata da Karl Marx, ma è stato Friedrich Engels a coniarla volendo indiacare il canone interpretativo usato da Marx per comprendere la storia. 
Per Marx infatti per capire lo svolgimento della storia, dobiamo partire da "individui reali" e dal loro agire, e nel loro agire troviamo le condizioni materiali in cui essi vivono, queste condizioni materiali sono quelle in cui essi si trovano ma anche quelle che essi stessi hanno determinato. 
Quando Marx parla di natura e storia introduce un concetto che avrà poi sviluppo in altri ambiti culturali: la natura non è qualcosa di a se stante, l'uomo modifica la natura, la manipola, la trasforma è quindi l'uomo che detrmina l'ambiente in cui vive e le sue condizioni materiali: 

Nel libro è insito un presupposto che è la base stessa della concezione materialistica della storia, il concetto antropologico dell'uomo di Marx, secondo cui la persona umana è costituita nella sua stessa natura dai rapporti di lavoro e dai modi di produzione, il termine che usa Marx nella sua traduzione italiana è "intrinsecamente", che significa questo? Significa che la natura dell'uomo ha cominciato a produrre le sue condizioni materiali per fare fronte ai suoi bisogni materiali e che ciò è andato a costituire la sua stessa psicologia. 
Marx affrontando la storia dell'industria sostiene che studiando il modo in cui si è sviluppata è possibile comprendere la psicologia dell'uomo e come si manifesta la sua ansia di trasformare la natura. 
In base a questi presupposti la vita non è determinata dalla coscienza, dove per coscienza si deve intendere l'insieme delle credenze politiche, religiose, culturali, etiche, ma è la coscienza che è detrminata dalle condizioni materiali. 

IL CONCETTO DI SOPRASTRUTTURE 

Se non si comprende l'antropologia come la intende Marx diventa pressochè impossibile capire il concetto di soprastruttura che è uno dei concetti più complessi nella storia del pensiero marxista e che è stato soggetto a molteplici interpretazioni e fraintendimenti, ma vediamo cosa dice a tal proposito Marx (la citazione è d'obbligo): 

"Nella produzione sociale della loro vita, gli uomini entrano in determinati rapporti necessari e indipendenti dalla loro volontà,rapporti di produzione, che corrispondono ad una certa fase di sviluppo delle loro forze produttive materiali. L'insieme di questi rapporti di produzione costituisce la struttura economica della società , che è la base reale su cui si edificauna soprastruttura giuridica e politica e alla quale corrispondono detrminate forme sociali di coscienza....Il modo di produzione della vita materiale condiziona perciò in generale, il processo della vita sociale, politica e spirituale" (Karl Marx, Per la critica dell'economia politica, a cura di E.Cantomori, Editori Riuniti, Roma, 1971, p.17) 

Si tratta quindi di una concezione filosofica che nasce per contrapposizione e per reazione a quella di Hegel secondo il quale è la coscienza che determina l'uomo in quanto essere sociale, per Marx è esattamente il contrario e le soprastrutture non sono alto che l'insieme dei valori spirituali e morali detrminate dalle condizioni materiali dell'uomo.

ENGELS SI SPINGE AVANTI 

Questo è un punto molto importante per evitare quei fraintendimenti a cui si faceva riferimento nelle righe precedenti, Marx era contrario ad ogni forma di rigido detrminismo secondo il quale l'uomo è in balia degli eventi storici, al contrario l'uomo interviene fattivamente nel corso degli eventi, li detrmina e li manipola modificandoli, così come l'uomo modifica l'ambiente, costruendo città, plasmando la materia per costruire utensili, spostando il corso dei fiumi, spianando montagne etc...l'uomo crea l'educazione arricchendola con contenuti valoraili , il problema è semmai il seguente, chi educherà l'educatore? 
Le idee in quanto tali pur non avendo una loro autonomia dalle condizioni materiali non possono essere svalutate al punto di negare il ruolo di poter agire con l'ambiente circostante. 
Pensare quindi che Marx si sia fatto portatore di una sorta di fatalismo economico significherebbe attribuirgli delle posizioni deterministiche e necessitanti,ed è esattamente il conterario, l'uomo può interagire con gli eventi storici e condizionarli. 

Engels sentì la necessità di chiarire questo aspetto fin dal suo nascere, quasi a voler stoppare eventuali equivoci, se il fattore economico è la base, le soprastrutture possono esercitare un ruolo fondamentale nel corso degli eventi storici, negare la loro autonomia non significa non riconoscere il loro ruolo. 
Proprio partendo da questa chiarificazione che se vogliamo è una variante del modo di intendere il materialismo storico, Engels parlerà di "rovesciamento della prassi storica" intendendo con ciò, una reazione della coscienza dell'uomo a determinate condizioni storiche, Marx, invece riteneva che questo rovesciamento non fosse essenziale perchè secondo lui le soprastrutture non agivano sulla storia ma era l'uomo che poteva agire attraverso la conoscenza delle tecniche a mutare le sue condizioni. 

E' comunque questo un aspetto molto controverso e se vogliamo contradditorio della posizione di Marx in quanto saranno proprie le sue idee a fare da leva ai moti rivoluzionari del Novecento, le soprastrutture appunto. 

Essenziale per la concezione materialistica della storia è comprendere poi le dinamiche della lotta di classe e lo studio dei fattori economici (tecniche di lavoro o di produzione, rapporti di lavoro e di produzione etc), in questo senso la posizione di Marx ed Engels si distingue da ogni forma di socialismo utopico volto a salvare aspetti di una determinata situazione sociale e storica in vista di quelle che vengono chiamate le opposizioni dialettiche delle contraddizioni. 

A differenza degli economisti classici come Smith o Ricardo, Marx riteneva che l'economia non era governata da leggi immutabili ed eterne che gli economisti dovevano studiare ma che il compito dell'intellettuale (diremo noi) è quello di porsi una domanda: quali sono le ragioni che hanno portato l'uomo a certe condizioni economiche, successivamente il suo compito sarà quello di fare emergere le contraddizioni insite in un sistema e solo in ultimo adoperarsi perchè vengano eliminate le cause di sfruttamento dell'uomo sull'uomo. 

 

 

 

 

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Copertina della prima edizione de "Il Capitale - ", l'opera venne pubblicata nel 1867.

Senza dubbio i canoni interpretativi in seguito alle posizioni teorizzate da Marx ed Engels, cambiarono radicalmente e anche chi si trovava in posizioni diverse, non poteva fare a meno di considerare quanto l'aspetto economico potesse essere determinante nello sviluppo delle realazioni sociali, la Chiesa stessa ad un certo punto si inserì nella cosiddetta questione sociale che culminò con l'enciclica "Rerum Novarum" proclamata da Leone XIII, nella quale si sostenne la legittimità dei sindacati operai e dell'intervento sociale nei conflitti tra capitale e lavoro e la necessità di pervenire a una legislazione sociale moderna. 
Quest'ultima è una posizione diversa da quella di Marx ed Engels ma senza dubbio la Chiesa non sarebbe stata stimolata a dover agire se non ci fossero stati i fermenti di quei movimenti europei che comunque nacquero anche in seguito alla posizione critica e politica di Marx ed Engels. 

Per affrontare il testo, consigliiamo di leggere in abbinamento il seguente saggio critico: 

  • C.Luporini, Dialettica e materialismo, Editori Riuniti, Roma, 1974. 

Articolo dell'autore già pubblicato altrove in forma modificata.

 

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Quaderno Spinoza 1841 - Karl Marx

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Published by Caiomario - in Filosofi: Marx Karl
5 aprile 2014 6 05 /04 /aprile /2014 16:49

 

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Fonte immagine: https://www.flickr.com/photos/8623220@N02/6243435098

 

 

 

 

Il periodo in cui scrive Nietzsche copre circa un ventennio (dal 1870 al 1890), è un periodo in cui si afferma il Positivismo quale sistema e modello di civiltà e dove trionfa in ogni ambito lidea che "magnifiche sorti e progressive"  possano migliorare non solo le condizioni economiche del mondo ma anche il sistema di valori morali.

Affascinato inizialmente dal pensiero di Schopenhauer e dalla musica di Wagner,  Nietzsche presto entra in polemica con l'interpretazione di Winckelman e Goethe i quali ritenevano che nell'arte greca predominasse il  canone estetico dell'armonia.

Nella Nascita della tragedia Nietzsche sostiene al contrario che ciò che informa l'arte è lo spirito vitale e irrazionale e contrapponendo lo spirito dionisiaco allo spirito apollineo, individua proprio nel primo il motivo ispiratore dell'arte che parte sempre da un'ebrezza irrazionale anche quando è finalizzata all'oblio estatico.

 

 

L'idea di un mondo preordinato, schematizzato si accompagna a quella della creazione di forme oggettive entro le quali ricondurre ogni attività dell'ambito umano, è l'inizio della tecnologia massificata che coinvolge strati sempre più larghi della popolazione.

 

Nietzsche incomincia a rendersi conto dei limiti imposti dalla razionalità a tutti i costi e osserva che la profonda essenza dell'io e della coscienza non risiede nella razionalità ma nell'irrazionalismo.

Possiamo dire che il punto di partenza della filosofia di Nietzsche è il tentativo di scardinare un modello culturale basato sulla razionalità, la struttura sociale della intelligenza viene messa in discussione non in base ad un presupposto di tipo concettuale,  ma domandandosi quali siano le finalità della vita in questa esistenza.

 

Se Schopenhauer pretendeva di individuare l'essenza della vita in un principio metafisico, Nietzsche individua l'essenza stessa della vita in una forza vitale che muove ogni agire dell'uomo; questa forza  creativa è il motore del mondo che deve essere accettata così com'è. Questa forza vitale non è qualcosa da cui l'uomo deve fuggire, è  vitalità istintiva, una vitalità originaria, spontanea che trasforma l'esistenza stessa.

 

Se la vita è dominata dalla volontà di potenza, non bisogna arrivare alla conclusione che l'unico obiettivo dell'uomo è quello di dominare gli altri. Nietzsche fa una distinzione di due tipi di volontà di potenza: quella costituita da forze attive e quella cosituita da forze reattive, le prime esaltano la vita, le seconde la negano.

 

Se la vita va accettata nella sua naturale costituzione, di contro  va rigettato, demolito e distrutto  tutto ciò che è stato qualificato come  valore dichiarando in primo luogo  la morte di Dio e tutti gli orpelli basati sulla ragione e sulla scienza.

 

Nietzsche ritiene che le forze reattive abbiano ingabbiato tutto ciò che afferma la vita, tutto ciò che è costrizione, leggi, censura e prescrizioni religiose mortifica la vita e sono la vera causa del diffondersi di quella cultura servile che da sempre ha contraddistinto la storia dell'umanità.

 

La liberazione dell'uomo avverrà prendendo le distanze dalla finzione e da tutto ciò che limita la creatività della vita. Contro ogni forma di intellettualismo astratto, Nietzsche individua in Dioniso la personificazione delle forze attive della volontà di potenza, mentre vede in Socrate la figura che ha tradito e compromesso la vitalità dell'orignario spirito greco.

La vita va accettata così com'è senza mediazioni e senza eccezioni rigettando tutta la filosofia del passato che ha da sempre imbastito una sceneggiatura in cui al centro del pensiero vi erano l'oggetto inteso come sostanza e il soggetto inteso come io.

 

Nietzsche guarda la vita com'è e non come dovrebbe essere e condanna l' "istinto di libertà represso, soffocato, incarcerato nell'intimo, che finisce per non potersi scaricare e sfrenare altro contro se stesso".

 

Ecco come Nietzsche speiga come è nata la cattiva coscienza e il senso di colpa:

 

"L'inimicizia, la crudeltà, il piacere della persecuzione, dell'attacco, delle mutazioni, della distruzione -tutto quello che si rivolta contro i possessori di tali istinti: questa è l'origine della "cattiva coscienza". L'uomo che in mancanza di nemici esterni e resistenze, costretto nelle oppressive strettoie e regolarità di costumi, dilaniava impaziente se stesso, si perseguitava, si torturava, si punzecchiava, si maltrattava, questo animale che si butta contro le sbarre della sua gabbia ferendosi, che vogliono "domare", questo essere privato di qualcosa, divorato dalla nostalgia del deserto, che ha dovuto fare di sé un'avventura, una camera di tortura, una giungla malsicura e piena di pericoli - questo dissennato, questo progioniero disperato e sitibondo di desiderio, diventò l'inventore della "cattiva coscienza".

(Da "Genealogia della Morale, Edizioni Newton Compton, 1992, p.99)

 

 

 

 

LE OPERE TRATTATE IN QUESTO BLOG:

 

La nascita della tragedia dallo spirito della musica - Friedrich Nietzsche

 

Umano troppo umano - Friedrich Wilhelm Nietzsche

 

Così parlò Zarathustra - Friedrich Nietzsche

 

Aurora. Pensieri sui pregiudizi morali - Friedrich Nietzsche

 

Al di là del bene e del male - Friedrich Wilhelm Nietzsche

 

Intorno a Leopardi - Friedrich Nietzsche

 

 

 

 

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Published by Caiomario - in Filosofi: Nietzsche Friedrich
5 aprile 2014 6 05 /04 /aprile /2014 16:45

 

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L'aria di Sorrento portava bene a Nietzsche che vi soggiornò poco più di sei mesi dedicandosi alla stesura di una parte dell'opera che noi oggi conosciamo con il titolo di "Umano troppo umano" e il cui sottotitolo alquanto significativo è "Un libro per spiriti liberi". (Titolo originale: Menschliches, allzumenschliches.Ein Buch fur freie Geister)

 

L'opera venne iniziata nel 1876 e ultimata nel 1878 e solo nel 1886 vennero unite le due parti che originariamente constavano di due volumi, come spesso era solito fare Nietzsche la sua produzione manoscritta era un continuo divenire e le diverse redazioni pur non presentando sostanziali differenze dal punto di vista del contenuto presentano delle differenze; nella prima edizione pubblicata nel 1886 manca infatti la seguente dedica che apparirà in un'edizione successiva e che così recita:

 

 

"Dedicato alla memoria di Voltaire

nell'anniversario della sua morte

avvenuta il 30 maggio 1778"

 

E' interessante notare che spesso nel conflitto delle interpretazioni che si è creato intorno al pensiero di Nietzsche sono spesso carenti gli approfondimenti su Nietzsche illuminista e sulla sua ammirazione per gli illuministi francesi e per il loro essere contro ogni forma di ancient regime del pensiero.

 Nietzsche non sopportava tutto quello che aveva glorificato il passato ed era intimamente refrattario ad ogni forma di "ipse dixit", una collocazione tra i pensatori della tradizione è pertanto il peggior servizio che si possa rendere al filosofo tedesco.

Al di là dei giudizi che si possono dare sul pensiero di Nietzsche, resta il fatto che la componente illuminista e in particolare quella proveniente da autori come Voltaire e Diderot è fondamentale per comprendere molte delle sue riflessioni sulla morale e sulla sua genesi.

Il Nietzsche antimoralista è fondamentalmente uno spirito libero illuminista che condivide con i francesi la demolizione dell'assolutezza della morale che non è mai un qualcosa di eterno ma sempre è il risultato di una storia, di una cultura e proprio per questo la  validità  di una morale è circoscrivibile nel tempo.

Si può comprendere allora perchè Nietzsche dedichi "Umano, troppo umano" a Voltaire, questo soprattutto per una corrispondenza ideale con il filosofo illuminista ma anche per il suo stile corrosivo, aspro e pungente come quello dello stesso Nietzsche.

 

UN LIBRO PER SPIRITI LIBERI

 

Chi è lo spirito libero per Nietzsche? Potremmo sintetizzare il pensiero del filosofo tedesco con la seguente definizione:

 

Spirito libero è colui il quale persegue la conoscenza

 

Una definizione sintetica che comunque necessita di una spiegazione perchè il punto principale da chiarire riguarda il significato di conoscenza per Nietzsche, diciamo prima di tutto che non è spirito libero l'erudito e neanchè il sapiente, lo spirito libero non è colui che sa molte cose e che possiede la sapienza, lo spirito libero è colui il quale si predispone a conoscere il valore autentico della vita.

 

Chi invece rappresentano l'antitesi dello spirito libero?

 

Coloro che sono indaffarati a produrre e non dedicano alcuno spazio della loro esistenza alla riflessione.

 

Questa linea di demarcazione tra chi è spirito libero e chi non lo è passa prima di tutto passa prima di tutto attraverso la ripetitività dei gesti del produrre che comprimono ogni possibilità che la riflessione offre a tutti coloro che guardano gli ideali e le convinzioni del passato con totale libertà senza esserne condizionati.

Lo spirito libero è colui che non sta nella gabbia delle tradizionali valutazion ie che le rifiuta in nome di una libertà che lo porta a volare alto oltre i costumi e le tradizioni degli uomini.

 

La conoscenza è quindi un mezzo che fa acquisire la libertà ma che condanna lo spirito libero alla solitudine  perchè i valori non sono più condivisi e convissuti con la maggioranza degli uomini che continuano a vivere nell'incertezza e nelle fedi metafisiche ingannando se stessi e perpetuando all'infiniot questa misitificazione.

 

 

LA SOLITUDINE COME TERAPIA

 

La solitudine di cui parla Nietzsche è una condanna a cui lo spirito libero non si può sottrarre ma è anche liberatoria e purificatrice perchè non conduce all'infelicità ma è il mezzo per raggiungere la nobiltà d'animo, un animo che risulterà completamente privo di costrizioni che respirerà l'aria pura che nasce dall'elevazione del pensiero.

Il compito quindi dello spirito libero è quello di essere una sorta di coscienza critica dell'umanità ma una coscienza liberata che Nietzsche esplicita con queste parole:

 

"Fino a che non sentiamo di dipendere da qualcosa, ci riteniamo indipendenti: una conclusione errata che dimostra come l'uomo sia presuntuoso e assetato di dominio. Egli infatti presume di dover notare e riconoscere in ogni caso la dipendenza non appena la subisce, con il presupposto che egli vive normalmente nell'indipendenza e che, se eccezionalmente la perdesse, sentirebbe immediatamente un contrasto del sentimento. - E se invece fosse vero il contrario. che egli vive sempre in una molteplice dipendenza ma si ritiene libero quando, a causa delle lunga abitudine, sente più il peso delle catene? Solo per le nuove catene egli soffre ancora: -"libertà del volere" non significa altro che non sentire nuove catene".

 

Tale concetto sarà anche esposto nell'opera  Al di là del bene e del male, dove Nietzsche esplicita la sua idea di aristocratico che costituisce una sorta di autosuperamento dell'uomo, un innalzamento dell'uomo consacrato alla conoscenza, un uomo solitario e lungimirante che guarda il mondo "da alti monti" come si legge nell'epodo omonimo, straordinario trasposizione lirica di questa tragica situazione.

 

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Published by caiomario - in Filosofi: Nietzsche Friedrich
5 aprile 2014 6 05 /04 /aprile /2014 16:30

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NIETZSCHE L'ANTISISTEMATICO CHE  SA SEDURRE LE COSCIENZE 

 

Nietzsche appartiene a quella ristretta schiera di pensatori i quali hanno influenzato e spesso condizionato non solo la filosofia  successiva ma anche le concezioni politiche di intere generazioni; non staremo qui a ricordare come le sue enunciazioni siano state equivocate e manipolate, altri lo hanno fatto in maniera rigorosa e autorevole, giova però ricordare che il pensiero di Nietzsche è quanto di più lontano possa essere concepito rispetto ad un'esposizione sistematica alla tedesca e questa caratteristica ha finito per genererare dei fraintentimenti che non aiutano  certo a fare chiarezza. Nietzsche infatti, a differenza di Hegel e di Kant, non era un filosofo da sistema,  la sua formazione non era filosofica, era un eccellente conoscitore delle lingue classiche, un filologo certosino che presto abbandonò la disciplina per dedicare tutta la sua vita ad esporre le sue teorie spesso espresse in forma aforistica e con un linguaggio criptico che non sempre è di facile interpretazione. 

Esimi studiosi di storia della filosofia hanno spiegato e commentato il pensiero di Nietzsche, non arrivando sempre alle medesime conclusioni, segno evidente che non c'è un accordo totale su quanto il filosofo tedesco espose nei suoi numerosi scritti.
Questa caratteristica del pensiero di Nietzsche ha determinato non solo delle difficoltà interpretative ma anche di accessibiltà  e di comprensione per i lettori, ma è bene sottolineare che proprio questa peculiarità ha da sempre sempre affascinato i lettori che, nelle numerose contraddizioni  della sua filosofia , hanno trovato lo spunto per interrogarsi sulla propria esistenza. Dobbiamo ammettere che sono pochissimi i filosofi che riescono a provocare una forte tensione morale nei lettori  quando ci avvicina ai loro scritti con l'eccezione di Nietzsche uno dei pensatori che piace anche a chi non è avvezzo a frequentare cose filosofiche.

 

L'UNICA STRADA PERCORRIBILE È LA SAGGEZZA CONTEMPLATIVA


Il fulcro del pensiero di Nietzsche è tutto nel conflitto tra uomo e mondo conseguente alla privazione di Dio, se "Dio è morto", tutto è possibile e l'uomo si trova svincolato e liberato da qualsiasi laccio e lacciuolo che ne impedisce la sua realizzazione più autentica che lo porti a superare l'uomo confinato entro gli angusti confini della morale. 
Nietzsche per tutta la vita inseguì il sogno di creare nuove forme di vita ma arrivò alla consapevolezza che il mondo non ha senso e che l'unica strada percorribile per l'uomo è la saggezza contemplativa. 
Il ruolo stesso della scienza è messo in discussione, Nietzsche che fu un mistico antipositivista, assegnava alla scienza un ruolo limitato e comunque a tempo , essa non poteva che alleviare momentaneamente il mondo della rappresentazione che con le sue contraddizioni e i suoi errori inganna l'uomo e ne comprime ogni slancio vitale. 

"Così parlò Zarathustra" è il libro della conoscenza misterica, è il libro più disincantato che è incentrato su due concetti fondamentali: il nichilismo e la volontà d potenza. 
L'eterno ritorno con la sua circolarità incombe in tutte le azioni dell'uomo che però si ritrova liberato da ogni incombenza morale e affermare "Io voglio! Così vorrò ! ", liberandosi dal tempo Nietzsche elabora quella teoria del "Superuomo" che ha un solo obiettivo: creare la sintesi tra vita e conoscenza. 
Cosa significa questo? Significa che nessuna conoscenza è conciliabile con l'impulso vitale presente nella natura umana.

L'INSEGNAMENTO DI ZARATHUSTRA


"Molti muiono troppo tardi, e alcuni troppo presto. Suona ancora strano l'ammonimento: Muori a tempo giusto!  
Muori a tempo giusto: così insegna Zarathustra. 
Certamente chi non vive mai a tempo giusto, come potrebbe morire a tempo giusto? Dovrebbe non essere mai nato! - Questo è il mio consiglio ai superflui" (F. Nietzsche)

 

L'opera di Nietzsche è apprezzabile anche dal punto di vista letterario, lo stile aforisitico e narrativo si distacca dall'astrusità delle elucubrazioni filosofiche dei sistematici e conferisce allo scritto delle punte di lirismo che potremmo definire visionarie. 

ALCUNI AFORISMI PRESENTI IN COSÍ PARLÒ ZARATHUSTRA

  • A credere che il più debole debba servire il più forte, il più debole è persuaso della sua stessa volontà, che vuole essere padrona di un più debole ancora: a questo solo piacere esso non può sottrarsi.
  • La società umana. è un esperimento, così io insegno, -un lungo cercare: esso cerca uno che comandi!- un esperimento fratelli! E non un contratto!
  • I buoni -furono sempre l'inizio della fine.
  • Tutti vogliamo avere subito un buon pranzo. Ma chi vuol mangiare deve mettersi all'opera, anche i re.
  • Ma è meglio essere pazzi di felicità che pazzi d'infelicità, è meglio danzare goffamente che andare zoppi.

 

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5 aprile 2014 6 05 /04 /aprile /2014 15:46

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"Di fronte a un filosofo il popolo suole domandarsi con proba serietà, se egli abbia veramente vissuto così come ha insegnato: esso giudica da sé che predica la morale è cosa facile non dice molto, mentre è abbastanza importante vivere la morale, una qualunque specie di morale. Questa è un'ingegneria: giacché come potrebbe uno giungere altrimenti al sapere, se non avesse vissuto nella terra di cui parla? Posto che un filosofo----

Il popolo pretende dal filosofo che non menta, perché crede che solo chi dice la verità conosca la verità. Così anche che viva sensualità, nella rinuncia-------" (Friedrich Nietzsche, da "Genealogia della morale").

 

 

 

 

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Fonte immagine: http:// www.flickr.con/photos/10068173@N08/4751666433 (album di SPDP)

 

 

 

Nietzsche è stato un "vero" filosofo, dove per vero intendiamo colui che fa filosofia, non racconta la storia della filosofia; nel nostro tempo non mancano i pensatori eccellenti ma proliferano coloro i quali "insegnano" cose dette da altri; la filosofia ridotta a materia da programma ministeriale ha perso la sua spinta propulsiva rivoluzionaria, una spinta che necessariamente deve essere indirizzata allo "scasso". Un vero filosofo è necessariamente sovversivo,  furono rivoluzionari tout court Socrate, Platone, Aristotele e tutte le menti che seguirono fino ad arrivare ai professori tedeschi che conoscevano bene la teologia e dai quali -Hegel su tutti- si sono abbeverate le grandi ideologie.

Viviamo ancora le conseguenze dei teorici della morte della storia e del pensiero unico, ma nessuno spirito forte si può formare senza filosofia, la solitudine degli ultimi filosofi è la solitudine di coloro i quali vedono oltre il velo, il più delle volte questi spiriti liberi sono fuori dai ciricuiti accademici dove la modestia è l'unica virtù che ha preso piede. Mancanza di scopo e stipendio fisso hanno creato il nulla!

 

 

 


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5 aprile 2014 6 05 /04 /aprile /2014 13:05

NIETZSCHE SCRIVEVA OPINIONI? 

Nietzsche era un opinionista nato, scriveva su tutto e la sua grafomania spaziava su ogni argomento, annotava sui suoi quaderni impressioni e pensieri, dava giudizi, vergava memorabili aforismi e soprattutto analizzava tutto quello che era oggetto del suo studio. 
A questa frenetica attività a cui si dedicò per tutta la vita, si affiancò la frequentazione di intellettuali e personaggi dell'epoca che hanno lasciato un segno nella storia delle idee al punto che molte delle loro riflessioni e dei loro pensieri ci sono noti grazie a Nietzsche che era solito riportare i pensieri di un Wagner o di un Schopenhauer ragionando su di esse e iniziando un percorso filologico che sarà poi ripreso e approfondito da altri. 
In queste meditazioni non poteva mancare Giacomo Leopardi che Nietzsche vedeva non tanto nella sua veste di poeta, quanto di pensatore. 

Su come Nietzsche sia entrato in contatto con Leopardi, vi sono diverse ipotesi supportate da autorevoli studi e non staremo qui a ripeterle limitandoci a ricordare l'incontro di Nietzsche con Jacob Burckardt con il quale ebbe un fitto carteggio (all'epoca si scrivevano lettere e si cominicava con bigliettini anche per le cose quotidiane e ordinarie), Burckardt era uno storico che amava l'Italia ed era un grande ammiratore del Rinascimento sul quale ha scritto la sua insuperabile opera intitolata "La civiltà del Rinascimento". 

L'OPINIONE SU LEOPARDI 

Sarebbe interessante vedere come costruiva la sua opinione Nietzsche, su questo punto purtroppo possiamo fare solo delle congetture ma per quanto Nietzsche possa apparire caotico nel suo scrivere, questa è solo un'impressione, Nietzsche era un professore universitario tedesco dell'Ottocento ( specifica d'obbligo quella del "tedesco dell'Ottocento") ed era un sistematico per lo meno nell'analisi del materiale ed essendo prima di tutto filologo e poi filosofo, i suoi studi si formavano sul testo che era solito vivisezionare con certosina attenzione. 

***Innanzitutto è necessario non semplificare il rapporto tra Nietzsche e il pensiero leopardiano in quanto pur avendo espresso un giudizio negativo (sul piano delle idee), Nietzsche ne venne in parte influenzato e probabilmente il punto di partenza era il medesimo, il concetto dell'eterno ritorno nietzschiano è anche una svalutazione di qualsiasi forma di ottimismo verso la natura e verso l'uomo, non possiamo sapere se Nietzsche avesse letto le "Operette morali" di Leopardi e in particolare il "Dialogo della natura e di un islandese" ma le assonanze sono impressionanti, la natura matrigna di Leopardi non ha sentimento, opera al di là di ogni considerazione umana, procede eternamente ritornando sui suoi passi. 
E' il mistero della natura, incomprensibile e insondabile che noi moderni cerchiamo di razionalizzare togliendo all'uomo-sacerdote quel ruolo di intermediario tra l'umano e il divino, e che Leopardi prima di Nietzsche aveva ben compreso e che poi il filosofo tedesco svilupperà dal punto di vista filosofico. 
La cessazione di ogni rapporto con la speranza è quello che accomuna il poeta Leopardi col filosofo Nietzsche ma se su questo piano c'è assonanza emerge fuori l'astio di Nietzsche nei confronti del Leopardi politico il quale pur pessimista sulla natura, nurtriva speranza sui destini dell'Italia e questa speranza era ritenuta una sorta di miopia nei confronti dei fatti storici che avevano sempre relegato l'Italia ad essere schiava dello straniero e divisa ma nel contempo questa speranza in Leopardi è immobilismo perchè non riesce ad andare oltre lo sdegno mentre Nietzsche, almeno sul piano delle idee, propone una filosofia che vada oltre il passato e guardi al futuro rigettando tutti quei valori che comprimono ogni forma di vita. 
Leopardi e Nietzsche partono entrambi da posizioni pessimistiche, ma mentre il primo s'impantana nelle paludi della torbida situazione politica italiana, l'altro propone una filosofia dell'avvenire che guarda con gioia al futuro. 

Un altro punto di attrito tra i due è l'attegggiamento verso la filosofia di Epicuro che Nietzsche, pur essendo conscio dell'esistenza della sofferenza, come Leopardi,ne sublima in parte la carica negativa compensandola con la forza del desiderio e della passione ed Epicuro rappresenta la gioia che si distacca dalla sofferenza mettendola da parte. 
Leopardi al contrario è uno stoico che accetta la sofferenza come ineluttabile prova del destino e che cerca la felicità dentro di sè lontano dalle cose del mondo, è l'idea della quiete dello spirito che trova pace dopo la tempesrta delle passioni. 
L'esito finale del percorso non poteva che portare Nietzsche a vedere in Leopardi la quintessenza della mortificazione di ogni passione, Leopardi cercava la quiete in se stesso, Nietzsche guardava all'avvenire andando al di là del bene e del male. 

Lettura consigliata: 

Segnalo l'edizione con la prefazione di Cesare C. Galimberti pubblicata da " Il nuovo Melangolo ", l'edizione è pregevole in quanto aiuta il lettore ad inquadrare il rapporto tra Nietzsche e Leopardi anche dal punto di vista della ricostruzione dell'evoluzione del pensiero del filosofo tedesco e della sua conoscenza delle opere di Leopardi. 

F. Nietzsche, Intorno a Leopardi, Il Nuovo Melangolo, 1999

 

Opinione di proprietà dell'autore pubblicata anche altrove.

 

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5 aprile 2014 6 05 /04 /aprile /2014 12:46

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PERFETTAMENTE IN SINTONIA CON TUTTI COLORO CHE HANNO DIFFIDENZA VERSO I VECCHI PREGIUDIZI 

Ecco un altro sistema filosofico. E' facile che davanti agli scritti di Nietzsche il senso comune possa pensare questo, ma in realtà non esiste un autore nelle storia del pensiero più antisistematico del filosofo tedesco. 
Da questo punto di vista Nietzsche è quello più vicino alla vita quotidiana, anzi possiamo dire che la sua filosofia e il suo modo di ragionare siano perfettamente in sintonia con tutti coloro che hanno diffidenza verso i vecchi pregiudizi. 
Ecco spiegate in breve le ragioni del successo dei libri di Nietzsche anche tra coloro che pensano che la filosofia sia "solo" un'accozzaglia di idee astruse e un'occasione per esprimere concetti spesso mal espressi e mal fondati. 
Il pensiero di Nietzsche, di conseguenza, non è un sistema sull'universo e in questo senso, ancora oggi, è il più moderno e antimetafisico: i fatti più ovvi vengono scarnificati anche alla luce di una critica filosofica che è sempre appassionante proprio perchè l'obiettivo del filosofo di Rocken è quello di demolire l'immagine falsa che hanno i moderni del passato. 

Uno degli scritti più controversi e provocatori della sua intera produzione filosofica è "Aurora. Pregiudizi sui pensieri morali", un'opera che venne espressa sotto forma di appunti e che viene considerata propedeutica ai successivi scritti e in particolare alla "Gaia Scienza" che venne poi edita come volume a sé stante. 
Per quanto possa essere non agevole "sintetizzare" il contenuto di una serie di appunti non espressi in forma sistematica (Nietzsche era un antisitematico per natura) è interessante per il lettore contemporaneo approcciarsi a quest'opera per capire (dal punto di vista di Nietzsche) l'origine de pregiudizi morali. 
È questo un tema che Nietzsche riprenderà e approfondirà in tutte le sue opere, da questo punto di vista (ma solo da questo) si può parlare di "continuità" del pensiero. 
Ciò che è espresso in Aurora troverà una più ampia trattazione in "Umano troppo umano", la sua critica filosofica non è mai banale e per usare un termine preso dal linguaggio comune, non è mai "barbosa", anzi il suo unico scopo è quelli di liberare la mente dall'ipocrisia. 
Sotto questo profilo "Aurora" è contemporaneamente uno degli scritti più antichi e moderni dell'intera storia della filosofia, Nietzsche, infatti, si comporta alla maniera degli antichi filosofi, di quei primi filosofi che erano essenzialmente degli osservatori originali della vita e della natura. 
È infatti un errore pensare che le speculazioni sul mondo naturale dei primi filosofi fossero metafisica, ma furono il tentativo di dare una spiegazione "cosmologica" ai fatti della natura e proprio da quei primi pensieri sono nate le acute critiche della filosofia.

 

 

 

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Fonte: http://www.flickr.com/photos/61555160@N00/3134151878


Nell'intricato ginepraio delle credenze umane espresse convenzionalmente anche a livello di senso comune è facile trovare tutti gli elementi coattivi che determinano la suggestione e quei pregiudizi morali di cui parla Nietzsche in "Aurora". 
Rintracciare e circoscrivere le origine delle credenze convenzionali sui fatti significa iniziare un'opera di purificazione della nostra coscienza, ma Nietzsche non fa una critica empirica della conoscenza, si spinge oltre, inizia un'analisi della genesi dei fenomeni morali andando alla ricerca delle ragioni che stanno alla base di quella che chiamerà "la chimica delle idee e dei sentimenti" in "Umano troppo umano". 
In questa enciclopedia delle false conoscenze, Nietzsche individua quei principi di interpretazione che agiscono nel modo di pensare e che creano i pregiudizi morali. 

L'ISTINTO DI CONSERVAZIONE ossia "L'INTENZIONE DI PROCURASI IL PIACERE ED EVITARE IL DOLORE" 

I pregiudizi morali sono quindi delle interpretazioni personali e fallaci, ma invece di utilizzare il metodo empirico, Nietzsche impiega il "metodo storico-scientifico" arrivando alla conclusione che tutto ciò che viene spacciato per alto e trascendente (metafisico) è una costruzione astrusa che ha la pretesa di essere il criterio di giudizio dei comportamenti umani. 
Ma se la metafisica è fallace, qual'è il fattore che può spiegare il comportamento umano? Solo l'istinto di conservazione è alla base dell'agire umano, Nietzsche utilizzerà in "Umano troppo umano" la seguente espressione: 
"...l'intenzione di procurarsi il piacere e di evitare il dolore"

La critica alla consuetudine e ai pregiudizi morali è quindi la critica acuta ad ogni forma di dogma, Nietzsche e consapevole del fatto che il dogmatismo è all'origine di tutti gli errori, ma in un certo senso ne riconosce la dignità in quanto serve per dare ricchezza all'esistenza umana. 
Ma se l'errore è inevitabile perchè comportarsi come i bambini che sono sempre pronti ad accettare qualsiasi suggestione? 
Probabilmente perché è comodo per l'uomo che a differenza di quanto si possa pensare non è scettico di natura ma è dogmatico, Nietzsche si rende conto che l'uomo non è naturalmente scettico e che con la sua mente totalitaria mantiene tutte quelle abitudini intellettuali che ne giustificano i comportamenti. 
La stessa credenza religiosa si rivela incredibilmente precaria, Nietzsche nella "Gaia scienza" dirà che Dio "è morto", un'espressione che è stata foriera di tanti equivoci, ma che è solo la logica conseguenza della insostenibilità della causa prima. 
Traduzione: per Nietzsche il dovere di verità tipico della morale cristiana porta inevitabilmente l'uomo ad uccidere Dio al punto che esprimerà questo pensiero ne seguente celeberrimo aforisma: "Che altro sono ancora queste chiese se non le fosse e i sepolcri di Dio?". 


LA MODERNITA' DELLO SCRITTO 

Pensiamo che la modernità di uno scritto come "Aurora" risieda nel fatto che nell'epoca attuale le visioni del mondo sono sempre più incapaci di interpretare la realtà e di darle una direzione; per quanto possa essere paradossale e nonostante gli "sforzi eroici" di sopravvivere alle contraddizioni della nostra età, pensare di affrontare l'esistenza con una mente fantomatica sia solo il tentativo di darsi un ordine dinanzi ad una vita che è terribilmente confusa. 
Anche chi è allenato all'astrazione rimane smarrito dinanzi a tante audaci menzogne, ma un pensiero rimane al di là di tutto: "nonostante il mio smarrimento posso dire che penso e che sono". 

Versione consigliata: 
Aurora. Pensieri sui pregiudizi morali (Piccola biblioteca Adelphi) [Brossura]

 Aurora: l'inizio della critica ai pregiudizi morali

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Published by Caiomario - in Filosofi: Nietzsche Friedrich
5 aprile 2014 6 05 /04 /aprile /2014 11:53

 

 

 

 

 

 

 

 

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Fonte immagine: https://www.flickr.com/photos/10068173@N08/4751666433

 

 

 

 

Scritta nella primavera-estate del 1887 durante la permanenza a Sils Maria nella Alta Engandina,   la "Genealogia della morale" è l'opera più provocatoria di Nietzsche, quella che mette in discussione e condanna tutta la morale e che segna il passaggio a quella trasmutazione di valori che contraddistingue l'intero impianto della filosofia niciana.

 

Dopo la lettura di quest'opera, niente può essere come prima, il lettore potrà anche scandalizzarsi ma molte delle sue certezze verranno messe in discussione se si lascerà travolgere dal  contenuto del testo.

Nella prefazione del libro, Nietzsche consapevole di avere scritto un'opera che non può lasciare indifferenti scrive:

 

" - Se per qualcuno questo testo sarà incomprensibile e sgradevole all'ascolto, la colpa, mi sembra non è da attribuirsi necessariamente a me. Esso risulta bastevolmente chiaro, preuspponendo, come presuppongo, che siano precedentemente letti, non senza una certa fatica, gli altri miei scritti, perché in realtà essi non sono di facile accesso. Per quello che riguarda il mio "Zarathustra", non considero suo conoscitore nessuno che non sia stato mai una volta profondamente ferito o profondamente esaltato da ognuna delle sue parole, sola allora infatti. egli potrà godere del privilegio di partecipare rispettosamente dell'elemento alcionio da cui è nata quell'opera, dalla sua solare chiarezza, della sua lontananza, ampiezza e certezza" (1)

 

Oltre allo spirito provocatorio il lettore dovrà cercare di decifrare il contenuto espresso in forma aforistica, verso la quale -osserva il filosofo tedesco-  occorre possedere l'arte dell'interpetare sulla quale così ragiona:

 

"È chiaro che per esercitare così la lettura come arte, è necessaria soprattutto una cosa al giorno d'oggi si è disimparata più di tante altre - e perciò, per arrivare alla "leggibilità" delle mie opere, ci vorrà ancora tempo - una cosa, cioè, per cui si deve esssere piuttosto simili a una vacca e in nessun caso a un "uomo moderno": il runminare" (2).

 

 

SAGGIO PRIMO

 

Il primo bersaglio di Nietzsche sono gli psicologi inglesi che fanno discendere l'origine del concetto di bontà da coloro ai quali "viene mostrata bontà"; il concetto di buono al contrario è stato elaborato dai nobili, dai potenti e dagli uomini superiori, in altre parole da coloro che detenevano il potere e non da quelli che erano sottomessi.

La creazione dei valori risiede quindi storicamente nella necessità egoistica di inventare dei valori per dominare e non come pensavano gli psicologi inglesi come un'azione generosa verso coloro che stavano sotto.

 

"Il pathos dell'aristocrazia e della distanza, come ho detto, il duraturo e dominante sentimento totale e basilare nei confronti di una specie inferiore, di un "sotto", questa è l'origine dell'opposizione tra "buono" e "cattivo".(Il diritto signorile di imporre nomi, risale così indietro nel tempo, che si sarebbe autorizzati a ritenere l'origine della

lingua stessa come espressione di potenza di chi era al potere: essi dicono "questo è questo e questo e con un suono impongono il loro sigillo a cose e avvenimenti, e così facendo se ne impossessano). Si deve a questa orgine il fatto che il termine "buono" non si ricollega di necessità sin dagli inizi, ad azioni non "egoistiche" come crede la superstizione di questi genealogisti della morale" (3)

 

Se la teoria degli psicologi inglesi è falsa, altrettanto lo è quella elaborata da Herbert Spencer il quale che il concetto  di "buono"   è analogo a quello di "utile" e di "funzionale" in quanto ciò che è utile è "valido al massimo grado".

 

Il concetto di buono nasce nella distinzione rispetto al non buono;  buono era l'uomo della guerra in quanto il guerriero nell'antica Roma rappresentava la bontà. Anche il termine tedesco "Gut" è da intendersi in questa direzione così come il termine arisotcratico che significa letteralmente "il potere del migliore".

 

L'origine del concetto del buono inteso come superiorità  politica  si risolve sempre nell'idea della superiorità spirituale  della casta dominante, quella guerriera. Le cose cambiano quando si afferma la casta sacerdotale che fa coincidere il buono e il cattivo con il puro e l'impuro da cui discendono tutte quelle prescrizioni e coercizioni che mortificano la vita.

 

Scrive il filosofo tedesco:

 

"La stessa umanità soffre ancora per gli effetti di queste sacerdotali ingenuità terapeutiche! Basti pensare, per esempio, a certe prescrizioni dietetiche (evitare la carne), al digiuno, alla continenza sessuale, alla fuga nel deserto.......; e ancora a tutta la metafisica dei preti, ostile ai sensi e fatta per l'accidia e la raffinatezza, alla loro autoipnosi alla maniera di fachiri e bramini....(4)"

 

 

Il buono e il cattivo sono quindi diventati i criteri in base ai quali valuta la casta sacerdotale, questo è il momento in cui nasce la morale che si impone a tutto discapito della casta cavalleresca-sacerdotale. Dal tronco di questo albero è scaturito il senso di vendetta e di risentimento nei confronti dei "nobili ideali".

 

"Il popolo ha vinto -ovverossia gli "schiavi" o la "plebe" o il "gregge".......I signori sono stati spazzati via: la morale dell'uomo comune ha vinto". (5)

 

La rivolta degli schiavi ha inizio con la morale dove prevale il ressentiment nei confronti di chi è aristocratico, ogni azione degli schiavi è in realtà una reazione  animata dalla vendetta, mentre l'azione degli aristocratici è contraddistinta dall'affermazione di sè.

 

Su questo punto il pensiero di Nietzsche è chiaro: gli aristocratici possono sbagliare e avere un criterio di valutazione errato nei confronti del basso popolo, ma il sentimento che alligna nel gregge è quello dell'odio arretrato,  della vendetta dell'impotente  che aggredisce.

 

"Mentre l'uomo aristocratico vive se stesso con fiducia e chiarezza (γενναίος,  «di nobile nascita» sottolinea la nuance «onesto» e anche «ingenuo ») l'uomo del ressentiment non è né onesto, né ingenuo, né vero con se stesso"(6)

 

L'uomo nobile concepisce il proprio nemico come l'altro da sè nel pieno rispetto trattandolo da pari a pari, l'uomo del ressentiment, invece, lo concepisce come il "nemico cattivo". Gli aristocratici elaborano il concetto di buono in modo spontaneo e solo in un secondo tempo si creano il concetto di cattivo.

 

L'EQUIVOCO DELLA BESTIA BIONDA

 

Scrive Nietzsche:

 

"Alla base di tutte queste razze aristocratiche non si può non riconoscere l'animale da preda, la trionfante bestia bionda che vaga alla ricerca della preda e della vittoria; questo fondo occulto, di tanto in tanto ha bisogno di scaricarsi, l'animale deve uscire di nuovo alla luce tornare alla vita selvaggia, - nobiltà romana, araba, germanica, giapponese, eroi omerici, vichinghi, scandinavi - si assomigliano tutti in questo bisogno" (7)

 

  Frainteso e manipolato il concetto di "bestia bionda da preda" espresso dal filosofo tedesco non va inteso come un tipo umano in senso biologico ma come un'aristocrazia dello spirito umano che accomuna etnie differenti definite "razze nobili" che si contraddistingono per l'audacia e per il loro "disprezzo per la sicurezza, il corpo, la vita, le comodità.

In tempi più recenti il concetto di aristocrazia dello spirito sarà ripreso ed elaborato da Julius Evola anch'egli accusato in modo strumentale di essere un teorico del razzismo biologico.

 

Qual'è il ragionamento che fanno i buoni? Nietzsche osserva che alla base del comportamento dei cosiddetti "buoni" vi è l'idea del "trionfo della giustizia" che si realizza con la "vittoria di Dio, del Dio giusto sugli empi" che si realizza con quella "fantasmagorica....anticipazione di una beatitudine a venire" che chiamano "giudizio universale" e nell'attesa della realizzazione del regno di Dio vivono nella fede, nell'amore, nella speranza.

 

Roma è stata sconfitta dal sentimento di risentimento proprio del popolo sacerdotale per eccelleza, gli Ebrei e nella stessa Roma il dominio dei Cesari venne sostituito da una "sinagoga ecumenica" chiamata Chiesa.

In tempi più recenti la Rivoluzione Francese ha visto trionfare gli istinti popolari del risentimento, eppure proprio nel momento storico in cui questo trionfo ebbe il suo culmine, vi fu un ritorno in carne e ossa degli ideali antichi:

 

"Con l'ultima indicazione dell'altra strada apparve Napoleone, l'uomo più singolare e più tardivamente apparso che mai sia esistito, e con lui l'incarnazione del problema dell'ideale aristocratico in sè -si faccia bene attenzione a che tipo di problema sia mai questo. Napoleone, questa sintesi di non-uomo e di superuomo..."(8)

 

L'EVOLUZIONE DEI CONCETTI MORALI

 

Alla fine del primo saggio è presente una nota in cui Nietzsche pone una questione non secondaria e quanto mai attuale e che riguarda il compito della filosofia per quanto concerne gli studi sulla morale al punto da auspicare l'introduzione di una serie di concorsi accademici  nelle facoltà di filosofia che abbiamo come oggetto di studio proprio la morale.

La necessità di avere una chiarificazione e un'interpretazione delle "tavole di valore" deve poi essere esaminata secondo il contributo delle varie scienze compresa quella medica.

 

Sotto questo punto di vista Nietzsche, il folle, si dimostra modernissimo in quanto pre-vede il compito futuro dei filosofi "compito che consiste, per il filosofo, nel risolvere il problema del valore, nel fissare l'ordine gerarchico dei valori."

 

SAGGIO SECONDO

 

Nel saggio secondo Nietzsche affronta l'origine del senso di colpa e della cattiva coscienza,  per comprendere come si formi  il senso di colpa è necessario prima di tutto capire cos'è la memoria: l'uomo in quanto animale ricorda tutto ciò che gli procura dolore, la durezza delle pene patite ha generato nell'uomo quel senso di colpa  che scatta ogni qual volta egli si discosta dalle regole imposte.

Tutte le religioni, senza alcuna eccezione, hanno marchiato l'uomo infliggendogli torture e sacrifici ed è proprio attraverso le pene più atroci che l'uomo ha sviluppato una memoria istintiva verso il senso di colpa  eleborando i concetti di buono e cattivo.

Il senso di colpa è ricnonducibile ai rapporti contrattuali che si sono determinati tra il creditore e il debitore, quest'ultimo  promette  la restituzione di quanto ha avuto dando in pegno "il proprio corpo, la propria donna, la libertà o anche la propria vita" (9).

Il corpo diventa il bersaglio verso il quale il creditore rivolgeva ogni genere di offesa, è qui che si sviluppa il dirittto signorile, il diritto della crudeltà che rende il dolore una sorta di compensazione per il debito, un dolore partecipato e condiviso da chi lo subiva.

 

LA MALA PIANTA DELLA CATTIVA COSCIENZA GERMANICA

 

L'ipotesi  di Nietzsche sull'origine della cattiva coscienza si fonda sul concetto degli isitinti repressi; l'uomo imprigionato nella magia della società e della pace venne ridotto ad essere infelice costretto a calcolare cause ed effetti per non incorrere in pene e crudeltà, gli istinti però non possono essere repressi e non potendosi rivolgere all'esterno, si rivolgono all'interno, vengono interiorizzati.

L'uomo non riuscendo a vivere la propria libertà, incominciò a sentirsi disperato, torturandosi, punzecchiandosi, maltrattandosi e diventò così l'inventore della "cattiva coscienza". 

Il processo venne completato con la nascita dello "Stato" che nella sua forma più antica apparve come un meccanismo terribile e stritolatore; un gruppo di dominatori, "un branco qualsiasi di biondi animali da preda" prese il sopravvento abbattendo le sue "orribili zampe" su una popolazione superiore per numero ma priva di forma. Inizialmente essi ignorano cosa sia la colpa, poi quando il loro istinto di libertà venne represso e frenato si sviluppò quella che Nietzsche chiama la "mala pianta" della cattiva coscienza.

 

Nietzsche, al contrario di quanto vuole fare credere una certa vulgata malevola e volutamente distratta, non parteggia per la razza dei biondi animali da preda, anzi ritiene che proprio in questa razza di dominatori  crebbe e si sviluppò quel senso di colpa verso il proprio passato che è stata capace di inaudite crudeltà ma anche di "nuove sorprendenti bellezze"(10).

 

Paradossalmente l'altruismo, l'abnegazione, l'autosacrificio sono tutti proodotti della cattiva coscienza, l'uomo che sostiene il non egoismo è un uomo che si deve fare perdonare le crudeltà inflitte agli altri oppure perché ha degli obblighi verso chi lo ha preceduto.

 

 

  ____________________________________________________________________________

 

  NOTE

 

 

(1) Nietzsche F.,  Genealogia della morale, Newpton, 1992, p. 46

(2) In op.cit. p. 46

(3) Ibidem p.49

(4) Ibid. pp. 53-54

(5) Ibid. p. 57

(6) Ibid. p.59

(7) Ibid. p. 61

(8)  Ibid. p.71

(9)  Ibid. p 80

(10) Ibid. p.101

 

 

 

Altri articoli su Nietzsche:


Citazioni dall'opera "Genealogia della morale"  

Nietzsche: Il ruolo del filosofo

La filosofia di Nietzsche: dal romanticismo alla liberazione della vita

Umano troppo umano - Friedrich Wilhelm Nietzsche

Così parlò Zarathustra - Friedrich Nietzsche

Aurora. Pensieri sui pregiudizi morali - Friedrich Nietzsche

La nascita della tragedia dallo spirito della musica - Friedrich Nietzsche

Al di là del bene e del male - Friedrich Wilhelm Nietzsche

La nascita della tragedia dallo spirito della musica - Friedrich Nietzsche

 

 

 

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5 aprile 2014 6 05 /04 /aprile /2014 09:46

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

La rivolta degli schiavi, ha inzio nella morale nel momento in cui il ressentiment diventa esso stesso creatore e produce valore: il ressentiment di quegli esseri cui è preclusa la reazione vera, quella dell'azione e che possono soddisfarsi solo grazie a una vendetta immaginaria.

 

  Non poter prendere a lungo sul serio i propri nemici, le proprie sventure e nemmeno le proprie malefatte, è tipico di nature forti, complete, dotate di un'eccedenza di forza plastica, imitatrice, apportatrice di salute come d'oblio.

 

Quanto di inoffensivo c'è nel debole, la viltà stessa di cui è ricco, il suo starsene alla porta, il suo inevitabile dover attendere, qui si fa un buon nome, è "pazienza", anzi è la virtù stessa; il non potersi vendicare, forse addirittura persono ("poichè essi non sanno quello che fanno - noi solo sappiamo quello che essi fanno!"). Parlano di "amare i propri nemici" e sudano parlandone.

 

Pretendere dalla forza che essa non si manifesti come forza. che essa non sia volontà di sopraffazione, volontà di oppressione, di potere, che essa non sia sete di nemici e di resistenze e di trionfi, è tanto assurdo come il pretendere della debolezza che essa si manifesti come forza.

 

Che gli agnelli non amino i grandi uccelli predatori non sorpende nessuno: ma non autorizza certo a rimproverare i grandi predatori per il fatto di cacciare gli agnellini.

 

Chi può comandare, chi è naturalmente "padrone", chi incede tirannico nelle azioni e nei gesti - non ha certo bisogno di contratti!

 

Si marchia qualcosa col fuoco, per farla imprimere nella memoria: solo ciò che non cessa di far male, resta nella memoria.

 

Non esistono dubbi sul fatto che la cattiva coscienza sia una malattia, ma una malattia quale potrebbe essere la gravidanza. Se andiamo alla ricerca delle condizioni in cui questa malattia è arrivata al suo culmine più atroce e sublime - vedremo cbe cosa con ciò ha fatto per la prima volta il suo ingresso nel mondo. Ma per questo occorre largo respiro - e, prima di ogni cosa, dobbiamo ancora tornare ancora una volta a un punto di vista precedente.

 

Chi può comandare, chi è naturalmente "padrone", chi incede tirannico nelle azioni e nei gesti - non ha certo bisogno di contratti!

 


 

 

 

 

 

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  • Malombra - Antonio Fogazzaro
    FOGAZZARO TRA SCAPIGLIATURA E NARRATIVA DECADENTE Per chi ama la letteratura decadente "Il piacere" di Gabriele D'Annunzio rappresenta l'inizio non solo di un genere, ma anche il metro di misura di un modus vivendi che nel tardo Ottocento era molto diffuso...
  • Epistula secunda ad Lucilium - Seneca
    SENECA LUCILIO SUO SALUTEM 1. Ex iis quae mihi scribis et ex iis quae audio, bonam spem de te concipio: non discurris nec locorum mutationibus inquietaris. Aegri animi ista iactatio: est primum argumentum compositae mentis existimo posse consistere et...
  • Elogio Della Donna Erotica. Racconto Pornografico - Tinto Brass
    46 PAGINE DI APPASSIONATO TRIBUTO AD UNA DONNA EROTICA: NINFA Non vi è traccia nella letteratura di opere esplicative in cui un regista spiega le sue scelte filmiche, per questo motivo "Elogio Della Donna Erotica. Racconto Pornografico" scritto da Tinto...
  • Favole - Jean de La Fontaine
    Come leggere le favole di La Fontaine Tra le note presenti in molte edizioni de "Le Favole" di La Fontaine, troviamo due raccomandazioni che dovrebbero indicare la tipologia di lettori: la prima consiglia la narrazione del libro ai bambini di quattro...
  • La scoperta dell'alfabeto - Luigi Malerba
    TRA LIEVE IRONIA E IMPEGNO MORALE Luigi Malerba nato a Berceto ( Parma ) nel 1927 , sceneggiatore, giornalista ha partecipato al Gruppo 63 e fa parte di quel movimento intellettuale che è stato definito della Neoavanguardia, partito da posizioni sperimentaliste...
  • La Certosa di Parma - Stendhal
    Ambientato in un Italia ottocentesca in parte fantastica, in parte reale, le avventure di Fabrizio del Dongo si snodano in una serie di incontri e peripezie al termine dei quali si trova il luogo ... ECCO L'ITALIA CHE TROVÒ MARIE-HENRY STENDHAL QUANDO...
  • Il nuovo etnocentrismo in nome della lotta al razzismo
    Sino al 1492 esistevano in America delle genti chiamate genericamente Amerindie (aztechi, maya, toltechi etc.) che costituivano il patrimonio umano e culturale di quelle terre. Sappiamo come le cose sono andate dopo quella data, da quel momento è iniziato...
  • Il ritratto di Dorian Gray - Oscar Wilde
    Letteratura, cinema e teatro, un ritratto che non invecchia. Il ritratto di Dorian Gray è un classico della letteratura, almeno così viene definito e ogni volta che si deve usare questa espressione bisognerebbe farlo con una certa riluttanza perché c'è...
  • Filosofi: Bruno Giordano
    VITA, OPERE Giordano Bruno (Nola, 1548-1600), entrò a diciotto anni a far parte dell'Ordine dei Domenicani nei confronti del quale mostrò insofferenza per la disciplina e per l'indirizzo culturale. Nel 1576 abbandonò l'Ordine perché sospettato di posizioni...
  • Poco o niente. Eravamo poveri. Torneremo poveri - Giampaolo Pansa
    Pansa ha la capacità di saper leggere la realtà e non semplicemente di interpretarla, la sua "narrazione" suscita stupore ed è sempre spiazzante e al di là del fatto che i suoi libri riescano a raggiungere i primi posti delle classifiche dei libri più...

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