SCIASCIA E LA SUA SICILIA
Accostarsi a questo libro significa scoprire un altro Sciascia che non è quello dell'impegno civile e della denuncia, quello noto de "Il giorno della civetta" o di "Todo modo" ma quello che riesce a trasmettere sicilianità e cultura, in uno stile asciutto,godibile che non obbliga comunque il lettore a condividerlo.
Sciascia è sempre stato in bilico tra romanzo e pamplhet e per molti versi nella prima fase della sua produzione letteraria ha riecheggiato i temi cari al neorealismo postbellico che si richiama a Calvino, eppure nonostante questo avvio letterario comune ad altri intellettuali italiani, lo scrittore siciliano è riuscito a spaziare in generi diversi il cui comun denominatore fu una sorta di moralismo polemico che non sempre ha giovato alla sua figura di intellettuale spesso accusato di eccessivo spirito critico, eppure quello che per molti fu un difetto, per altri fu un pregio soprattutto per il fatto che Sciascia non fu mai un intellettuale organico e spesso espresse una forma di dissenso solitario.
IL FILO COMUNE
Esiste un filo comune che lega Sciascia a Verga e Pirandello ed è la sua attenzione verso l'antropologia siciliana che costituisce una sorta di metafora non solo della sicilianità ma anche dell'italianità, in questa serie di racconti scritti tra il 1959 e il 1972 e pubblicati la prima volta nel 1973 e poi ripubblicati nel 1996 da Adelphi, ritroviamo il Sciascia delle diverse fasi ma anche la sua puntigliosità analitica che tutto osserva sotto la lente di ingrandimento comprese le contraddizioni di una realtà umana e sociale che è anche uno straordinario laboratorio di antropologia culturale.
Ogni racconto è un quadro dove Sciascia tratteggia le virtù e i limiti di una cultura, quella siciliana, in cui addirittura sembrano venire alimentati alcuni luoghi comuni ma si tratta di un'interpretazione ingenerosa perche Sciascia rappresenta delle piccole realtà e racconta delle piccole strorie dall'interno di quella cultura conoscendone bene vizi e virtù. la cultura di una società fatta di amori, passioni, matrimoni e dicerie.
Tra i tredici racconti segnalo "Il lungo viaggio" che è una metafora dell'eterno ritorno, un gruppo di emigranti paga per emigrare in America ma invece di andare in America si ritrovano in Sicilia, a quanto pare la storia si ripete, un gruppo di eritrei paga per andare in Occidente, poi si ritrova abbandonata nel deserto ed è costretta a ritornare in Eritrea.
Senza dubbio la tipizzazione dei vizi siciliani può essere un indulgere verso una descrizione limitata di una realtà che non può essere tratteggiata solo evidenziando le negatività ma quella che può essere per alcuni intesa come negatività, per altri è una necessità per dare riconoscibilità ai personaggi e alle situazioni che comunque si verificano sempre all'interno di un'intensa umanità.
Questo è il punto qualificante di questa serie di racconti, la notazione che non è mai superficiale ma è sempre uno spaccato, un simbolo di un mondo pieno di contraddizioni e storture.
Sciascia lo fa a modo suo, con curiosità, forse ancora con un intento polemico, ma la lettura è godibilissima e va fatta in piena libertà con tutti i vantaggi che offre il racconto breve.
Il consiglio è di leggere il libro come Michelangelo guardava un pezzo di marmo, lui vedeva all'interno del marmo una statua, gli altri solo un pezzo di marmo.
SCHEDA DEL LIBRO
Titolo: Il mare colore del vino
Autore: Sciascia Leonardo
Editore: Adelphi
Data di pubblicazione: 1996
Pagine: 148