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3 agosto 2012 5 03 /08 /agosto /2012 06:54

saldatrici

 

La lettrice dei destini nascosti

 

 

 

 

 

La conversione di un attore o di un'attrice alla scrittura è spesso il naturale approdo di un'artista che non si accontenta solo di rappresentare ed interpretare, ma vuole anche dare libero sfogo alla creatività lasciando la propria impronta in una sua opera. Ed è questa probabilmente la ragione che sta all'origine dell'attività di scrittrice di Adriana Asti, già bravissima interprete di pellicole che hanno fatto la storia del cinema italiano. 
Ricordiamo sempre con grande piacere le sue interpretazioni in film come "Salon Kitty" e "L'eredità Ferramonti", ma dopo la lettura de "La lettrice dei destini nascosti" si apprezza lo stile chiaro e piacevole che riesce a comunicare efficacemente una storia che interessa, attrae e induce alla riflessione  il lettore. 

Abbiamo nella trama un mondo con il quale ho avuto occasione di conoscere da vicino quando ero piccolo: quello dei ciechi; un mondo dove vi è molta più luce di quanto si possa comunemente pensare e dal quale si può sempre cogliere un messaggio di speranza anche per i normalissimi che pensano di vedere tutto e soprattutto di sentire ogni cosa. La storia ha come protagonista una giovane donna, Augusta che svolge un lavoro particolare: legge per i ciechi. I problemi legati all'handicap però sono solo un particolare, è la protagonista che vive la mancanza, una mancanza illusoria e fatta di certezze solo apparenti. Augusta è infatti pienamente occupata ha i suoi libri, la sua attività, una vita tutto sommato tranquilla ma la sua bontà messa volutamente a disposizione degli altri non può bastarle. 
Fino a quando decide di rispondere ad un'offerta di lavoro che le permette di continuare il suo lavoro di lettrice mettendola in contatto con una donna malata di tumore fino a quando anche Augusta in quel contesto familiare fatto di dolore e in cui si preannuncia una fine scontata, scopre l'amore per sé. 

Sono possibili diverse chiavi di interpretazione del racconto, ma anche volendo essere aderenti al testo, abbiamo tratto alcune brevi e personalissime considerazioni: non basta la pietà per avvicinarci alle persone escluse a meno che questa pietà non basti a se stessa.

E ad Augusta questa pietà e questa vocazione non basta per quanto il suo mondo le dia un apparente senso di soddisfazione e sia pieno di interessi che la riempiono. L'uomo non è infatti qualcosa che vive solo di se stesso, ha bisogno degli altri ma ha bisogno soprattutto di ricevere amore e non solo di darlo. 
Se è consentito un paragone la storia di Augusta assomiglia a quella di una pianta che per vivere ha bisogno della fotosintesi: quel processo in cui le piante verdi trasformano l'anidride carbonica e l'acqua in ossigeno e carboidrati per vivere. 

Un bel libro, una bella storia ben scritta e dal finale non scontato.

 

INFORMAZIONI SUL LIBRO

  • Autore: Adriana Asti
  • Titolo: La lettrice dei destini nascosti
  • Editore: Piemme
  • Pagine:112
  • EAN 9788856606232

 

 

Articolo di proprietà dell'autore già pubblicato altrove 

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Published by Caiomario - in Libri
2 agosto 2012 4 02 /08 /agosto /2012 15:46

 

 

 

 

"L' operaio fra gli dei e i titani. Ernst Junger 'Sismografo' dell'era della tecnica" di Alain de Benoist è uno dei saggi più interessanti del filosofo della "novelle droite"; anche chi non conosce il pensiero del filosofo tedesco può trovare nel libro di de Benoist uno dei saggi più stimolanti sulla modernità e su Junger che è stato un anticipatore della critica verso il concetto di progresso e in particolare di quello di lavoro così come viene inteso nella logica di produzione del meccanismo industriale moderno. 
L'opera nella quale si trovano inserite in maniera geniale le posizioni di Junger con quelle di de Benoist, esamina tutte le questioni irrisolte connesse ai mutamenti avvenuti nel mondo della scienza e della tecnica e soprattutto alle implicazioni di tipo filosofico e sociale che detti cambiamenti hanno comportato. 
Il libro è complesso e richiede una preconoscenza. 
Una volta che sono stati messi in discussione i cardini del modello sociologico di Marx, restano tuttora irrisolti i problemi connessi alle condizioni strutturali che condizionano la società umana e in particolare quella del lavoratore in epoca moderna. 

L'OPERAIO SOLDATO 

Pensando alla profonda ristrutturazione in atto nel mercato del lavoro non solo in Italia ma in tutto il mondo industriale è inevitabile l'aggancio con le posizioni di Junger/de Benoist e il riferimento alle contraddizioni legate al concetto di sviluppo delle forze produttive. 
Le tesi comunque esposte nel libro vanno decodificate come va compreso senza equivoci il richiamo alla distinzione che Junger fa tra soldato e guerriero ossia tra la concezione di guerra tradizionale e quella moderna. 
Nel modello filosofico di Junger la società è pensata come totalità, un tutto dove ogni organo svolge una funzione e in cui l'uomo è concepito come qualcosa costruito da cima a fondo, nella società dominata dalla tecnica l'operaio soldato è invece un esecutore che fa parte del gigantesco ingranaggio della struttura economica. 
Se chi possiede gli strumenti di produzione è anche chi determina la cadenza del tempo e dell'organizzazione del lavoro è inevitabile che si crei un conflitto tra coloro che producono e sono esclusi da tale controllo e i detentori del monopolio. 
A questo punto per comprendere i passaggi del libro di de Benoist è necessario comprendere la figura dell'anarca così come lo delineava Junger; l'anarca non è l'anarchico così come lo intendeva Michail Bakunin, ma è colui il quale è profondamente integrato in una società tradizionale e ne condivide i valori. 
Probabilmente -e questa è una questione scottante- Junger nei suoi rapporti con il nazionalsocialismo pensava di riproporre la figura dell'anarca accostandola a quella dell'operaio tedesco che partecipava ai disegni del regime hitleriano. 
Questo è l'aspetto che visto a posteriori è più deprecabile anche se il contenuto delle sue tesi, depurate dagli aspetti più ideologici e dalle grossolane analogie con il sistema industriale tedesco nazionalsocialista, contiene degli spunti di riflessione interessanti per quanto concerne la realtà odierna. 
Purtroppo lo scrittore francese lega troppo il pensiero di Junger alle suggestioni della volontà di potenza di Nietzsche ignorando la tematica del dolore che venne posta dallo stesso Junger come motore dell'agire umano. 
Resta invece tuttora ricca di fascino la differenza che de Benoist coglie tra anarchismo e ribellismo ossia tra libertà intesa come azione individuale e libertà manipolata ed inquadrata; è questo uno dei tratti distintivi del pensiero di Ernst Junger che mantiene intatto il suo fascino. 

Lungi dall'essere tuttora adeguatamente elaborato, quello delineato da de Benoist è comunque uno sforzo notevole per comprendere il pensiero di un filosofo, poeta e scrittore che viene sistematicamente ignorato dai manuali di filosofia esattamente come è accaduto e accade per Julius Evola che è stato forse l'interprete più rigoroso del pensiero jungeriano. 

Le 110 pagine del libro di  Alain de Benoist sono dense di concetti, ma pur nei limiti evidenziati costituiscono l'occasione per conoscere il pensiero di Ernst Junger definito con un termine efficace "sismografo dell'era della tecnica".

Tesi paradossali ma che esercitano ancora il loro fascino.

 

Articolo di proprietà dell'autore pubblicato anche altrove.

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Published by Caiomario - in Libri
2 agosto 2012 4 02 /08 /agosto /2012 15:45

Protagora fu un personggio storico e uno dei degli esponenti più importanti della sofistica, non quindi un prodotto della fantasia filosofica di Platone, fu arduo sostenitore della tesi secondo la quale  sono inconoscibili le relazioni tra i fatti, Protagora era un relativista che sarebbe potuto arrivare a negare persino che mentre stava camminando i piedi si muovessero uno  dopo l'altro.

Essere relativisti difronte alla ricerca, è il modo migliore per fare progredire la conoscenza, così come uno storico   deve essere sempre revisionista  per vocazione cioè pronto a revisionare delle versioni storiche,  ormai accettate dai più, se intervengono fatti e documenti nuovi: il relativismo sta alla conoscenza come il revisionismo sta al metodo storico.

Una volta però che si è verificata scientificamente la validità di una legge, di un dato, di un fatto etc.., l'atteggiamento relativista deve essere abbandonato e rivolto verso un altro oggetto affinchè la conoscenza diventi realmente patrimonio intelligibile dell'umanità, in caso contrario se il relativismo viene perseguito come metro per misurare anche il verificato, si trasforma in ostinazione corrosiva, un inconcludente atteggiamento che porta solo in un vicolo cieco.

Lo spirito libero di cui parlava Nietzsche era proteso verso la conoscenza ma non era un ostinato realtivista pronto a negare qualsiasi cosa solo per spirito di contraddizione per cui - per dirla alla Hegel - se uno diceva si, lui diceva no e se qualcuno diceva no, lui diceva si.

 

 

 

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Published by condividendoidee - in Filosofia
2 agosto 2012 4 02 /08 /agosto /2012 15:02

Il fenomeno della "migrazione" analizzato con l'indagine sociologica - Sociologia delle migrazioni - Maurizio Ambrosini Libri

 

 

 

 

Nell'epoca dei formidabili cambiamenti come l'attuale, il fenomeno della migrazione assume dei contorni di straordinaria complessità, un fenomeno come quello della immigrazione non può essere liquidato con ricette che abbiano come solo obiettivo quello di soddisfare la pancia degli elettori alimentando una xenofobia latente che da tempo si va diffondendo nelle società occidentali. 
Dall'altro canto, ormai da tempo, si assiste anche al fenomeno inverso della "carità istituzionale" che lascia altrettanto perplessi perché non solo non favorisce l'integrazione degli immigrati ma ne auspica paradossalmente la marginalizzazione. 

Anche sul piano linguistico il titolo del libro sembra aver ceduto alla tendenza linguistica di definire la "migrazione" e i cosiddetti "migranti" come immigrazione e come immigrati, assimilando (inconsciamente) questi spostamenti di massa al fenomeno della migrazione degli animali, i soli a migrare per ragioni di carattere climatico finalizzate alla ricerca del cibo. 
Non si tratta di una questione da poco perché le definizioni assumono sempre un valore culturale e quando il linguaggio cambia significa che cambia anche il modo di percepire un fenomeno. 

Nella dialettica culturale che anche in Italia si è sviluppata negli ultimi vent'anni sul tema dell'immigrazione si è spesso elusa l'analisi delle cause provocanti l'immigrazione e nello stesso tempo, paradossalmente, ci sono stati consistenti strati della società italiana che l'hanno favorita. 
E' innegabile che la mancanza di programmazione di una seria politica dell'immigrazione che fosse meno conflittuale, avrebbe sicuramente favorito una maggiore integrazione di individui che vivono ai margini della società o che sono venuti in Italia solo per delinquere (vedi il fenomeno dello sfruttamento della prostituzione nigeriana o dello spaccio degli stupefacenti in mano a bande si sudamericani o magrebini), ma è altrettanto vero che in due decenni la "migrazione" si è trovata a competere con vasti strati della popolazione occidentale dalle risorse economiche sempre più limitate. 

Per comprendere il fenomeno andando al di là dei soliti luoghi comuni la lettura del libro "Sociologia delle migrazioni" di Maurizio Ambrosini è la risposta migliore per comprendere il fenomeno; la lettura del volume esige certamente impegno e applicazione ma nello stesso tempo sgombra il campo da quella "percezione negativa" che si ha del fenomeno ricomponendo quella frattura insanabile che ha dei riflessi anche sulla vita politica. 

Senza dubbio il prof. Ambrosini è uno specialista della materia che sviscera tutta la problematica andando al di là della superficiale rappresentazione largamente diffusa in una parte della pubblica opinione, ma anche il "non specialista" poco avvezzo ai metodi dell'indagine sociologica potrà trovare nella lettura del libro una risposta a un fenomeno che da sempre caratterizza la società degli uomini. 
A differenza di quanto si possa pensare le società antiche erano molto meno chiuse di quelle postindustriali contemporanee e i fenomeni migratori facevano parte di quelle società, basti pensare, ad esempio, a Roma che vide letterati, artisti, imperatori e comuni cittadini provenienti dalle più svariate parti delle province romane, diventare parte attiva della vita politica e sociale. 
Gli esempi, a questo proposito sono innumerevoli, è sufficiente pensare che l'atteggiamento di Roma fu lungimirante e pragmatico nei confronti della migrazione dell'epoca, ai Romani non interessava il colore della pelle o la religione di appartenenza, le uniche due cose importanti erano che i cittadini pagassero le tasse e rispettassero (formalmente) l'imperatore. 
E' bene ricordarlo come è bene rammentare che l'immigrazione può diventare uno straordinario fenomeno di ricchezza se si abbandonano le politiche dell'assistenzialismo che continuano a mantenere poveri quelli che già in partenza non avevano niente. 

La sociologia ha sempre dedicato e continua a dedicare i maggiori sforzi per comprendere i cambiamenti che avvengono nelle società, a tal proposito è interessante riportare quanto scrive Ambrosini nel sito da lui curato: 

"L'Italia non sta diventando multietnica perché qualche scriteriato ha aperto le frontiere. Il cambiamento avviene per dinamiche ed esigenze che hanno origine all'interno della nostra società, e in modo specifico nel mercato del lavoro. Discriminare o ritardare l'accesso alla cittadinanza rischia di portare acqua proprio al mulino di quel fondamentalismo che si vorrebbe contrastare. Mentre la legge che definisce reato la permanenza nel nostro territorio senza permesso di soggiorno è inapplicabile per mancanza di strutture e mezzi adeguati, prima ancora che anticostituzionale". 

La chiave di lettura del fenomeno del cambiamento è tutta qui: il mercato del lavoro è cambiato e sono cambiate anche le richieste della società. 
Una siffatta interpretazione non può che derivare dalla riflessione globale di un determinato fenomeno in una determinata società. 
Non c'è dubbio che ogni interpretazione sociologica riflette la visione di chi l'ha costruita, nessuna riflessione sociologica può quindi essere neutrale dal momento che viene proposta una chiave di lettura dei termini ritenuti essenziali per la spiegazione di un fenomeno; in questo senso l'analisi sociologica di Ambrosini non può definirsi neutra in quanto l'impostazione socio-economica del fenomeno potrebbe sembrare l'unica chiave di lettura del fenomeno, ma il condizionale è d'obbligo in quanto la riflessione si sposta anche su tutti gli effetti della causa come ad esempio le relazioni familiari, la politica migratoria e il fenomeno della xenofobia. 
Resta qualche dubbio sulle soluzioni pragmatiche da applicare in quanto storicamente nessuna società è in grado di accogliere illimitatamente grandi numeri di immigrati, così è stato in passato anche per gli immigrati italiani che dopo un primo periodo in cui "bastava partire" perché erano sufficienti le braccia, hanno dovuto fare i conti con le politiche dei flussi introdotte dai vari stati di destinazione (Stati Uniti e Australia tra tutti). 

 

INFORMAZIONI SUL LIBRO

  • Titolo: Sociologia delle migrazioni
  • Autore: Ambrosini Maurizio 
  • Prezzo: Euro 24,00 
  • Anno di pubblicazione: 2005 
  • Editore: Il Mulino (collana Manuali. Sociologia)

La materia è trattata da uno studioso serio che conosce bene il fenomeno.

 

Per conoscere gli altri libri scritti da Maurizio Ambrosini si consiglia di visitare il seguente sito internet:

 

http://www.libreriauniversitaria.it/libri-autore_ambrosini+maurizio-maurizio_ambrosini.htm

 

Articolo di proprietà dell'autore che si riserva di pubblicarlo ovunque.

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Published by Caiomario - in Libri
2 agosto 2012 4 02 /08 /agosto /2012 06:52

Chi ben inizia è a metà dell'opera 

Mentre proliferano i siti che consigliano come è possibile guadagnare attraverso l'uso della rete, l'offerta editoriale di "manuali" su come realizzare concretamente dei guadagni è altrettanto ricca di "soluzioni chiavi in mano" per fare affari. 
Molte delle indicazioni presenti in entrambi i canali (web e libri) sono valide e potrebbero essere prese in considerazione da quella generazione che è attualmente tagliata fuori dal mercato del lavoro, altre soluzioni appaiono piuttosto bislacche soprattutto considerando il fatto che la conoscenza media degli strumenti informatici è piuttosto bassa e  gli utilizzatori di internet semplicemente si limitano, nella maggior parte dei casi, a navigare sul web.

In questa enorme offerta editoriale dal sapore "obamiano" (yes, we can..) si inserisce il libro di Luigi Sabbetti intitolato "Come guadagnare su internet realizzando un sito di incontri", il titolo già di per se appare stimolante e quel "Come" iniziale si inserisce nel filone delle guide che spiegano passo dopo passo come fare una cosa. 
Sabbetti si pone l'obiettivo di spiegare in termini semplici e facilmente comprensibili i vari passaggi che servono per diventare "amministratori e proprietari" di un sito di incontri. 

PARTIRE DA ZERO PER REALIZZARE UN SITO 

Partire da zero per raggiungere l'obiettivo non significa incominciare senza niente, intanto è necessario avere gli strumenti necessari a partire dal mezzo informatico che deve essere sufficientemente potente per completare il proprio percorso di novello "web designer". 
Quando si parla di Web designer attualmente si intende qualcosa di diverso rispetto a quello che si indicava agli albori di internet, in passato il Web designer era essenzialmente una figura tecnica che possedeva due doti: la capacità di programmazione e la piena padronanza delle conoscenze grafiche. 
Oggi sono necessarie altre competenze primo fra tutti l'usabilità dei contenuti e l'accessibilità e lo studio delle interazioni. 

Se infatti date uno sguardo ai maggiori siti di incontri, noterete che il primo aspetto importante è l'accessibilità e l'usabilità, la realizzazione di un sito di incontri deve infatti stabilire come punto di partenza la grafica, il contenuto e le interazioni e le tecnologie da utilizzare. 
Sapere come pubblicizzare il proprio sito significa valorizzarlo e consentirne una buona penetrazione in un mercato che potenzialmente sembra non avere fondo. 
Nel manuale vengono affrontate tutta una serie di questioni che riguardano la scelta degli strumenti più idonei, quali soluzioni digitali, tecniche e funzionali adottare per rispettare determinati standard tecnici e come poter utilizzare tutti quei contributi multimediali che permettono di realizzare un sito che permette di raggiungere un bacino d'utenza allargato. 
Il pregio del manuale è quello di essere utile per il neofita che è in grado di comprendere tutti i meccanismi di interazione, volendo poi si possono utilizzare i sistemi di comunicazione a distanza ma anche dei programmi per collaborare a distanza (aggiunta di chi scrive). 

Al di là degli aspetti tecnici ben affrontati nel libro resta da sciogliere l'aspetto "legale", un aspetto da non sottovalutare per chi deve gestire un sito nel quale si muovono dei soldi. Sono numerose infatti le conflittualità che nascono intorno a questi siti che spesso suscitano molte aspettative da parte che li frequentano. 
Se l'aspetto tecnico è infatti superabile da chiunque abbia un minimo di intelligenza, più difficile e insidioso è quella parte di imponderabile che, purtroppo, esiste nel settore. 

SITO DI INCONTRI MATRIMONIALI O SITO EROTICO? 

Il neofita potrà scegliere se realizzare un sito finalizzato alla conoscenza tra persone di sesso diverso per finalità "matrimoniali" o un sito che serve per favorire incontri secondo le più diverse combinazioni (la fantasia umana nel campo dell'erotismo non manca); tra le due soluzioni, quella hard o quella soft, si potrebbe aprire una querelle senza fine e non è il caso di affrontarla in questo spazio. 
Tuttavia -a mio parere- al di là delle interpretazioni e delle convinzioni personali resta il dato obiettivo dell'enorme potenziale del settore anche se l'idea di fare il sensale non mi aggrada troppo, ma le considerazioni di carattere etico sembra che non vadano per la maggiore. 
Anche volendo trovare una motivazione "sociale" sulla funzione utile ed indispensabile di un sito per incontri, la motivazione principale per i proprietari di siti del genere è economica. Che c'è di male qualcuno potrebbe obiettare? Giusta obiezione visto il proliferare negli anni passati delle agenzie matrimoniali che hanno favorito incontri e matrimoni reali, ma anche "predisposto" molti cacciatori e cacciatrici ad incontri finalizzati ad altri meno nobili obiettivi (coniugali). 

Il libro "Come guadagnare su internet realizzando un sito di incontri" di Luigi Sabbetti è scaricabile anche nella versione ebook al prezzo di 15,00 euro.

 Un buon manuale che mette nero su bianco le soluzioni ottimali per guadagnare con gli incontri

 

 

Estetica ed usabilità ecco come realizzare un sito per (favorire) gli incontri - Come guadagnare su internet realizzando un sito di incontri - Luigi Sabbetti Libri

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Published by Caiomario - in Libri
2 agosto 2012 4 02 /08 /agosto /2012 06:45

I rapporti tra letteratura ed industria sono stati da sempre a doppio filo con l'impegno politico e civile, basti pensare ad un grande narratore come Paolo Volponi (1924-1994) che elabora tutta la sua produzione letteraria dopo avere avuto un'importante esperienza lavorativa all'interno del mondo industriale prima con Adriano Olivetti e poi con la FIAT. 
L'idea di una letteratura che trattasse i temi dell'industria e del mondo del lavoro non è nuova nel panorama culturale italiano, già Elio Vittorini nel 1961 sulla rivista letteraria "Menabò" aveva sentito l'esigenza di delineare un quadro programmatico di una letteratura che fosse adeguata all'industria; i risultati sul piano letterario non sono mancati come anche quelli che hanno riguardato saggi e studi sulla materia. Per quanto riguarda l'ambito letterario meritano senz'altro una menzione Ottiero Ottieri che scrisse "Tempi stretti" e "Donnarumma" e Goffredo Parise con "Il padrone", entrambi gli autori possono essere considerati come i rappresentanti di una letteratura che ha affrontato sul piano letterario la tematica industriale partendo da un solido retroterra culturale in cui si era da tempo formata una coscienza nei confronti della realtà moderna della fabbrica. 

Sul versante della saggistica "Scritti e discorsi di cultura industriale" di Libero Bigiaretti si può inscrivere in quel filone di scritti critici che hanno affrontato la tematica industriale nel quadro di un forte impegno politico inteso nel senso più nobile della parola, ma Bigiaretti ha sicuramente il merito di avere apportato una novità rispetto ai saggi "militanti": quello della valorizzazione di un certo modo di fare industria intesa come "struttura aperta" alla comunità e al territorio. 

Libero Bigiaretti dopo l'esperienza lavorativa nella Olivetti di Ivrea con Adriano Olivetti affrontò delle tematiche dando una chiave di lettura che è stata precorritrice dei tempi rispetto proponendosi come avanguardia di quella coscienza critica propositiva di cui -a mio parere- sentiamo urgente bisogno soprattutto oggi. 
Io penso che l'industria non sia un moloch da combattere, ma questa idea non la avevano neanche i protomarxisti, credo che ogni forma di luddismo vada contro i tempi e non sia in sintonia con gli inevitabili cambiamenti che il progresso tecnologico impone, purtroppo oggi si parla troppo a sproposito di impresa, mancano figure come quelle di Adriano Olivetti e di Libero Bigiaretti. 
Sul piano del linguaggio delle immagini (il tema affrontato nel libro) si nota immediatamente l'inconsistenza di certe proposte quando si parla di "riforma del mercato del lavoro". Oggi si avverte un vero e proprio vuoto di rappresentanza non solo sindacale ma anche culturale, manca uno stile di serietà e credibilità perché lo stesso linguaggio delle immagini è basato esclusivamente sull'effimero e non riesce a trasmettere quella solidità che una struttura d'impresa dovrebbe avere per competere sul mercato. 
La verità è che molti imprenditori hanno smesso di produrre beni e si sono concentrati nella finanza, questa distorsione del modo di fare impresa ha distrutto il lavoro e depauperizzato il paese che manca di una politica industriale seria e che sappia vedere lontano. 
Anche questi aspetti rientrano nel modo di fare comunicazione e trasmettere informazioni tramite il linguaggio delle immagini: un caso emblematico è quello di Sergio Marchionne che probabilmente in futuro sarà ricordato come l'uomo che indossava un maglione blu e che ha voluto togliere i 10 minuti di pausa ai lavoratori, più efficace invece, pur nella estremizzazione caricaturale, è il Marchionne di Crozza che con il suo "Non mi dovete dire grazie" è riuscito a sintetizzare un modo di comunicare che riesce a tramettere solo arroganza e chiusura, siamo lontani anni luce da una personalità potente come quella di Adriano Olivetti. 

Libero Bigiaretti nel trattare il linguaggio delle immagini si dimostra modernissimo perché la sua riflessione non è teoria ma nasce da quell'esperimento di fare impresa e di organizzare l'industria che fu in parte attuata da quello straordinario intellettuale che fu Adriano Olivetti, caso più unico che raro nel panorama industriale italiano. 
Lo stile di scrittura del libro è agile, la brevità del libro (solo 152 pagine) non scade nella superficialità, al contrario la scelta di trattare diverse questioni e in particolare quello del linguaggio delle immagini, stimola la riflessione sul modo di comunicare le informazioni, un modo che è profondamente cambiato negli anni segnando un'involuzione del linguaggio che è anche segno di quella crisi di valori morali che investe il mondo dell'impresa. 
E' vero, ogni epoca ha le sue specificità la reclame degli anni Venti del secolo XX usa un linguaggio che è profondamente diverso rispetto a quello utilizzato negli spot pubblicitari odierni, ma è cambiato anche profondamente il modo di concepire l'impresa e si comunicare così come è mutato il modo di narrare i prodotti. 

In molte aziende si è sentita la necessità di introdurre la figura del "Responsabile delle relazioni esterne" la cui funzione è quella di tenere i rapporti con la stampa, con gli organi di informazione e con quelli istituzionali (enti, sindacati ecc), ma il progresso tecnologico ha ancora una volta sconvolto il linguaggio delle immagini che oggi passa attraverso i social network e i siti di opinione dei consumatori. 
Non basta più l'immagine serve la concretezza, il consumatore è più smaliziato, più informato, il tam tam che passa attraverso la rete è in grado di vanificare una campagna pubblicitaria, oggi in definitiva contano i fatti perché è andata affermandosi una coscienza critica che bada al sodo e va oltre la scorza delle immagini e dell'effimero. 
E' bene che le aziende e il mondo dell'industria ne tenga conto, per vendere i propri prodotti bisogna domandarsi anche quali siano i fini aziendali, Libero Bigiaretti da buon profeta lo aveva capito, abbiamo bisogno di fatti. 

  • Titolo: Scritti e discorsi di cultura industriale 
  • Autore: Libero Bigiaretti 
  • Editore: Hacca 
  • Tipo: Saggio 
  • Pagine: 152 
  • Anno di pubblicazione: 2010 
  • Prezzo. 12 euro 


Articolo di proprietà dell'autore, pubblicato anche altrove.

Scritti e discorsi di cultura industriale - Libero Bigiaretti Libri
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Published by Caiomario - in Libri
1 agosto 2012 3 01 /08 /agosto /2012 18:27

 

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LA STORIA DEI TROTTA : quando i "franzosi" stavano coi sardi e i piemontesi. 

Chi era il Trotta? Era il progenitore dei Trotta che aveva combattuto nella battaglia di Solferino nel 1859, da una parte c'erano gli austriaci , dall'altra parte l'esercito franco-sardo (sardo perchè la Sardegna era parte integrante del regno Sardo-Piemontese...la Sardegna era già unita........e sardi erano molti fanti), il Trotta era uno che non sbagliava un colpo e gliele dava ai franco- sardo-piemontesi, eccome se gliele dava, dall'altra parte i sardi, piccoli e terribili ( allora i sardi erano piccoli e terribili soldati). Il Trotta salvò zio Beppe (Francesco Giuseppe) e si frantumò la clavicola, chi sparò il colpo? Forse un "franzoso", un piemontese o un sardo...sta di fatto che il Trotta diventò l'eroe di famiglia. 

Chi era il Trotta? Era un italiano o meglio era un suddito fedele agli austro-ungarici e suo nonno aveva combattutto con Radetzsky , un italiano di orgine slava, Giuseppe era coraggioso, ebbe come la massima onorificenza: l'ordine di Maria Teresa. 

 

 

 

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  • Primo inserto: L'Unità d'Italia è una cosa complessa, da studiare prima di tutto, perchè non in tutti era nel cuore l'Italia, i confini allora erano diversi e diversa era la cultura..........il Trotta era un pò come il Trota! 


....ed era uno che avrebbe preferito morire al suono di una banda militare e in particolare quello della MARCIA DI RADETZSKY. 

  • Secondo inserto: Sul significato degli inni.....ci sarebbe da dire molto, tuttavia è curioso conoscere aspetti che sono stati "addomesticati" ad uso dei contemporanei, non sempre sono dei momenti identificativi di un paese e le ragioni storiche, non si può far finta che non esiste una polemica nei confronti dello stato unitario. A Bolzano c'è il presidente della provincia che non ha voluto festeggiare, dica allora da che parte vuole stare.........se dalla parte dei Balilla o di Radetzsky.........Trotta non aveva paura di essere corente e le scelte le fece in modo chiaro..........è proprio su questo che dobbiamo fare chiarezza!!!!!! 


Joseph Roth ci porge con eleganza uno spaccato di quel mondo e lo fa con la padronanza di chi potrebbe essere un eccellente soggettista come Mazzini lo fu per l'Unità d'Italia, c'è uno spirito nostalgico nel ripensare al periodo dell'Impero e il suo è forse un romanzo apologetico? C'è molto odore di cavalleria in queste magnifiche pagine dove il particolare diventa il "metodo" per illustrare quel mondo che oltre che di cavalli sa di tabacco vecchio, tabacco da presa e di zuppa fumante. 

I grandi scrittori no sono soliti usare la retorica, vergano con la penna come il pittore fa con il pennello. 

  • Terzo inserto: Roth, ritaglia dei quadretti che entrano nell'immaginario e ci fanno sentire l'odore della zuppa fumante e del tabacco da presa e poi di legumi, spinaci scuri e teneri ravanelli. 


Leggere la storia dei Trotta e del sottotenente, Carlo Giuseppe, barone di Trotta è scorrere la storia di quel periodo in cui l'Italia era austriaca....un bel libro che merita di essere letto. 

  • Quarto inserto: Abbiamo parlato di Balilla........avete mai letto il testo di Goffredo Mameli? Quello che si canta è una parte, un'altra parte è stata tolta, riporto alcune strofe: 


"i bimbi d'Italia/si chiaman Balilla" 

"Già l'Aquila d'Austria /le penne ha perdute" 


....................versi dimenticati ed omessi....scritti da Goffredo Mameli, ma il pennuto austriaco.....con i "franzosi" e i sardi piemontesi le penne le aveva davvero perdute.

 

INFORMAZIONI SUL LIBRO

 

Titolo: La marcia di Radetzky

Autore: Joseph Roth

Editore: Adelphi

Collana: Gli Adelphi

Pagine: 432

Data di pubblicazione: 24/04/1996

Prezzo. 13 euro



 

 

La Marcia di Radetzky

 

Fonti Immagini: http://farm5.static.flickr.com/4154/5084954064_b1b3915a5a.jpg;

                       http://farm7.static.flickr.com/6211/6335449854_2bbf3afa0b.jpg.

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Published by Caiomario - in Libri
1 agosto 2012 3 01 /08 /agosto /2012 18:01

LA POETESSA CHE SI CHIUSE IN UNA STANZA 

Emily Dickinson è stata una grande poetessa ma aveva un carattere molto particolare , dicono che fosse una donna dalla personalità complessa e che non era capace di comunicare con il mondo esterno, insomma era un'introversa, chissà quali era il motivo per cui presentasse un carattere così difficile; la cosa più strana è che questa poetessa americana non ha mai pubblicato nulla, a parte sette poesie, tutto il resto è stato pubblicato dopo la morte. Non ha avuto insomma la possibilità di "godere" dei diritti d'autore. 
Nella sua biografia si legge che ad un certo punto della sua esistenza si chiuse nella sua stanza e vi visse da reclusa rifiutando qualsiasi contatto con il mondo esterno: non incontrò mai nessun uomo, non si interessò più di nulla a parte la poesia. Sorge spontanea una domanda: ma  Emily Dickinson di cosa viveva,  visto che non lavorava e viveva chiusa in una stanza per tutto il giorno?  probabilmente c'era qualche parente stretto, forse il padre che era un deputato al Congresso che pensava a lei. Si tratta ovviamente di curiosità che poco aggiungono o tolgono alla bellezza delle sue poesie. 

Tutte le poesie

 
"Tutte le poesie" curato da Marisa Bolgheroni con la traduzione di Silvio Raffo, raccoglie tutte le poesie della poetessa statunitense, vale la pena riflettere su una poesia  senza titolo che per esigenze di catalogazione è stata intitolata "Conosci quel ritratto nella luna" , titolo ricavato dalla prima strofa della poesia. 

La poesia è malinconica come tutte le altre contenute nella raccolta, ha un ritmo lento e a tratti spezzettato, l'autrice si rivolge alla luna ma si vede che sta pensando ad un uomo amato, venne respinta? Non si sa, chi era quest'uomo? non lo si capisce, come non si comprende se questo allontanamento fosse dovuto ad una partenza, alla fine dell'amore o a delle incomprensioni. Sta di fatto che dopo aver letto questa brevissima poesia si chiude il libro con molta amarezza. 

Probabilmente se ci si  rivolgessimo alla luna in una notte stellata non avremo niente da dirle, però dobbiamo ammettere che Emily Dickinson riesce a comunicare emozioni, si è vero procede per monologhi però è come ascoltare qualcuno da cui non ci si riesce a staccare per educazione. 

Il libro non va letto in sequenza, ma semplicemente aperto incominciando a leggere la prima poesia che capita, leggete questi versi: 

l paradiso non è più lontano 
della camera accanto - 
se in quella camera 
un amico attende 
felicità o rovina. 

Che forza c'è nell'anima 
che riesce a sopportare 
l'accento di un passo che si appressa - 
una porta che si apre. 

Che sentimenti vi provoca? Non c'è nessun riferimento temporale, ma quel "passo che si appressa" nella camera accanto, mi turba; c'è molta sofferenza in questa donna, a me pare un'anima che sembra vagare senza pace e che trasmette tanta angoscia. 

Emily Dickinson morì giovane, aveva solo 46 anni, per l'epoca era una donna alla soglia della vecchiaia, per 23 anni visse una vita solitaria, riservata, fuggendo da tutti, in tutta la sua vita scrisse 1775 poesie. 

Concludiamo con questi bellissimi versi della triste Emily: 

"Portami il tramonto in una tazza 
conta le anfore del mattino 
le gocce di rugiada 
dimmi fin dove arriva il mattino

Avete capito questi versi? Sono belli, ma sono enigmatici, misteriosi, difficili da decifrare. 

E se l'amato fosse scappato perché Emily era troppo complicata? Chissà può essere accaduto anche questo.

 

Articolo di proprietà dell'autore, pubblicato anche altrove e adattato per questo spazio.

 

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Published by Caiomario - in Libri
1 agosto 2012 3 01 /08 /agosto /2012 16:50

 

 

 

 

 

Arrigo Petacco  ha il pregio di essere un autore molto prolifico ma nello stesso tempo ha il merito di aver scritto dei libri di qualità trattando temi e argomenti spesso tralasciati dagli storici di professione. 

Arrigo Petacco è nato a Castelnuovo Magra (La Spezia) nel 1929 e dimora abitualmente a Portovenere, giornalista professionista e scrittore, è specializzato in argomenti di carattere storico. 
Ha collaborato con riviste come "Grazia", "Epoca", "Panorama", "Corriere della Sera" , "Il tempo", "Il Resto del Carlino" ed è stato anche direttore della prestigiosa rivista "Storia Illustrata". 
Oltre all'attività di giornalista e scrittore ha curato numerosi programmi televisivi, alcuni di grande successo come "Dal Gran Consiglio al Gran Sasso" realizzato in collaborazione con Sergio Zavoli. 

Snobbato dagli storici di professione che tendono a svalutare l'opera di chi non è un accademico, Arrigo Petacco ha svolto un ruolo di inquirente storico affrontando spesso i grandi misteri rimasti irrisolti, avanzando ipotesi, analizzando i fatti e capovolgendo spesso delle verità che sembravano acquisite. 

Eppure proprio l'esperienza acquisita come giornalista di cronaca nera, gli ha consentito di usare lo stesso metodo per affrontare i temi di carattere storico più disparati percorrendo una strada che sembra non avere ancora compagni di viaggio in grado di raccgliere il testimone. 

Il suo stile narrativo è molto diretto, mai ampolloso sempre scorrevole ,a differenza di quel che accade quando si legge un libro di uno storico di professione che spesso è pieno di rimandi e di note non sempre di agevole lettura e comunque riservato ad un ambito specialistico. 

Proprio il genere storico divulgativo ha in Arrigo Petacco il massimo rappresentante vivente che da oltre cinquant'anni continua a scrivere libri dal contenuto inedito. 

Riportare sotto forma di elenco i titoli di tutti i libri di Petacco, credo sia una cosa non molto utile perchè sono notizie che si possono reperire ovunque, ci limitiano  a segnalare i seguenti titoli che meritano senz'altro di essere letti: 

  • L'anarchico che venne dall'America
  • Il comunista in camicia nera 
  • Joe Petrosino 
  • La nostra guerra 1940-1945 
  • La regina del sud 
  • O Roma o morte. 1861-1870: la tormentata conquista dell'unità d'Italia
  • Il prefetto di ferro. L'uomo di Mussolini che mise in ginocchio la mafia
  • La Croce e la Mezzaluna. Lepanto 7 ottobre 1571: quando la Cristianità respinse l'Islam
  • L' armata nel deserto. Il segreto di El Alamein
  • L' armata scomparsa. L'avventura degli italiani in Russia


La maggior parte dei libri scritti da Arrigo Petacco sono stati editi dalla Mondadori nella collana Oscar.

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Published by Caiomario - in Storia
1 agosto 2012 3 01 /08 /agosto /2012 11:00

Diamanti

La prima definizione che  ci viene in mente quando si parla de "Il Borghese" è quella di giornale storico e storico lo è perchè da quando venne pubblicato il primo numero,  il 15 marzo 1950, sono passati  oltre sessanta anni. 

Ripercorrere la storia del periodico significa ripercorrere un pezzo della storia italiana attraverso il punto di vista di firme molto prestigiose: già nel primo numero gli articoli pubblicati vedevano le firme di Indro Monatanelli, Giuseppe Prezzolini e Giovanni Ansaldo. 

Oggi molto è cambiato nella società italiana da quando il periodico  venne fondato da Leo Longanesi, all'epoca il periodico aveva un taglio che si poneva, almeno inizialmente, su una linea politica vicina a quella dell'uomo qualunque di Guglielmo Giannini; ma subito dopo Il Borghese si caratterizzò per colllocazione ideologica ben precisa  nella variegata galassia della destra, una destra che non sempre era in continuità ideale con le istanze del fascismo che solo dieci anni prima era ancora al potere. 

La svolta editoriale arrivò con Mario Tedeschi che divenne poi deputato del Movimento Sociale Italiano, fu proprio Tedeschi che rivitalizzò il giornale fino a farlo diventare il punto di riferimento per tutte le campagne e le inchieste sulla corruzione che già allora dilagava in Italia. 
Paradossalmente, secondo quanto da più parti rilevato, la straordinaria capacità organizzativa e il fiuto giornalistico di Mario Tedeschi non riuscirono  però a salvare dal declino il giornale che incominciò a perdere lettori nel momento in cui proprio Tedeschi decise di dedicarsi all'attività politica. 
Eppure quella di Tedeschi fu la migliore direzione del giornale che in quel periodo vide anche la collaborazione di Gianna Preda, autentica giornalista di razza, che ebbe il merito di condurre delle importanti campagne giornalistiche di denuncia del malcostume dilagante nell'Italia della ricostruzione (ieri come oggi). 
Bisogna riconoscere onestamente che la fortuna editoriale del periodico, diventato settimanale, lo si deve a Mario Tedeschi ma anche a Gianna Preda che tenne una seguitissima rubrica di posta per circa venti anni. 

Dopo un lungo periodo di oblio , Il Borghese riprese le pubblicazioni a partire dal 1995 prima con Daniele Vimercati e poi con Vittorio Feltri, grazie a Feltri conobbe una terza stagione editoriale che incontrò i favori non solo dei vecchi lettori ma anche di quelli delle nuove generazioni; un successo spiegabile grazie anche alle numerose iniziative editoriali come la diffusione di videocassette e di libri riconducibili alla cultura di destra.

Attualmente "Il Borghese" esce mensilemnte ed è pubblicato per le edizioni "Nuove Idee".

 

Oggi nel panorama editoriale manca un giornale non asservito a logiche padronali, molti tentativi di occupare quello spazio che occupava Il Borghese di  MarioTedeschi e di Gianna Preda sono  miseramente falliti forse perché manca, rispetto ad allora,  un pubblico autenticamente di destra; il centro-destra è un'altra cosa e molto avrebbe avuto da dire  il Tedeschi di quegli anni formidabili su una parte politica che è diventata  ormai un coacervo di esperienze politiche che vede ex missini militare con ex socialisti,  democristiani e nominati.

 

Per maggiori informazioni si consiglia di visitare il sito:

 

www.il-borghese.it/

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Published by Caiomario - in Libri

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