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1 agosto 2012 3 01 /08 /agosto /2012 07:24

"La figlia del reverendo" (titolo originale A Clergyman's Daughter) è un romanzo di George Orwell scritto nel 1935. La narrazione del romanzo è incentrata sulla storia  di una giovane donna di nome Dorothy Hare, figlia del reverendo Charles, un pastore anglicano che dirige la parrocchia di St.Athelstan nel Suffolk, a Knype Hill. Tra padre e figlia vi è una distanza caratteriale evidente: Dorothy è una ragazza che agisce con impegno e serietà, non dà nell'occhio e il suo aspetto fisico è trascurabile, il reverendo Charles ha invece un carattere dispotico, è un accentratore, è fiero e si trova a combattere contro i pregiudizi della gente a partire dai suoi parrocchiani.

Il reverendo è oberato dai debiti e per fare fronte ai suoi obblighi, si adatta a svolgere una molteplicità di lavori che gli creano un continuo stato di delusione, inoltre intorno a lui crescono tutta una serie di discorsi malevoli e inopportuni alimentati da un carattere che non accetta compromessi e che non gli permette di mettersi sullo stesso livello delle persone tutto sommato semplici e ignoranti che vivono nel piccolo centro agricolo di Knipe Hill.

 Dorothy è una ragazza remissiva che per tutta la vita è sempre stata ligia agli ordini del padre, il suo tempo è impegnato a tenere in ordine la casa, si dedica poi all'attività caritatevole e alla preghiera. Inoltre, quando Dorothy sente di aver commesso qualche cosa di sbagliato si autoaffligge colpendo le proprie mani con un grosso spillo per espiare atteaverso il dolore.

Un giorno accade un episodio che cambierà per sempre la sua vita: viene insidiata da un uomo, il signor Warburton, presa dal terrore perde i sensi e e la memoria. Non ricorda il suo nome, dove abita e perde persino la fede in Dio, una fede incrollabile vissuta più per abitudine che per spontanea adesione.

Per Dorothy è l'inizio di una vita di vagabondaggio che si trascina nelle zone malfamate e lorde di sporcizia di Londra,  la ragazza entra in contatto con un mondo fatto di disperati e di emarginati, vivendo nella più assoluta miseria conosce la fame e il freddo e  per sopravvivere si si umilia fino al punto di chiedere l'elemosina.

Si adatterà a lavorare come raccoglitrice di luppolo, dormirà con altri compagni di lavoro e si renderà conto, vivendo questa terribile esperienza, com'è la realtà dei poveri e dei disperati fino al giorno in cui recupererà la memoria persa, ma non riuscirà a riconquistare la sua profonda fede in Dio.  Infine Dorothy dopo aver recuperato il suo equilibrio interiore decide di tornare a Knipe Hill dove vi vivrà per sempre.

 

La  figlia del reverendo forse non si può ascrivere tra i capolavori di ogni tempo ma conserva intatta la sua attualità, i poveri non sono diminuti e sono molti coloro i quali da un momento ad un altro possono trovarsi nella situazione di vivere con gli ultimi degli ultimi. L'emarginazione non è sempre una condizione voluta e spesso non c'è un autore come Orwell che perlomeno gli dà dignità letteraria;  la povertà è qualcosa di terribile che dimostra come la nostra società sia in realtà dominata dall'egosimo e dalla carità pelosa. Leggere il libro permette poi di fare un viaggio nel degrado materiale e umano, condizioni queste per molti sono solo delle parole vuote di significato e in particolare per chi  parla a sproposito di sviluppo e di crescita solo in termini di consumi. Purtroppo quando ci sono molti che consumano inutilmente, ci sono tanti che vivono di privazioni, sarebbe bene che questo fatto venisse tenuto in considerazione da coloro i quali parlano di favorire i consumi al oltranza non preoccupandosi di coloro i quali vengono esclusi dai consumi essenziali per vivere.

 

 

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31 luglio 2012 2 31 /07 /luglio /2012 07:34

 

 

Rinfrescare un ambiente è una cosa gradevole e i condizionatori sono la soluzione ideale per controllare la temepratura, tuttavia per evitare che il loro utilizzo nuoccia alla salute è importante adottare alcune accorezze, vediamo come usarli per ottenere il massimo beneficio:

 

  • Regolazione della temperatura: deve essere regolata su valori che non siano troppo bassi rispetto alla temperatura presente nell'ambiente esterno;
  • Temperatura interna: Regolarla tra i 24 e i 26°C, per l'ambiente domestico è l'ideale;
  • Manutenzione dei filtri: devono essere cambiati regolarmente per evitare che spore e batteri contamino gli ambienti;
  • Porte e finestre: Si consiglia di non aprire le finestre mentre sono in funzione climatizzatori e condizionatori, è opportuno poi usare delle protezioni oscuranti per evitare che il calore del sole influisca sulla temperatura dell'ambiente domestico. 
  • Forni, phon e ferri da stiro: producono calore, quindi è bene usarli per poco tempo per evitare che alzino la temperatura dell'ambiente domestico refrigerato. 
  • Deumidificatore: può essere un'alternativa da utilizzare al posto del condizionatore soprattutto in quelle zone della casa in cui i valori della temperatura non sono particolarmente elevati.
  • Consumi: utilizzare condizionatori e consumatori per un tempo prolungato e continuativo, determina un sensibile aumento dei consumi elettrici, questo vale anche per gli apparecchi di ultima generazione. Fare un uso accorto di condizionatori e climatizzatori porta un beneficio economico, l'importante è non sprecare.
  • Timer: Per evitare inutili sprechi è preferibile acquistare solo condizionatori provvisti di timer come quelli di ultima generazione; programmare l'accensione o lo spegnimento del condizionatore evita di utilizzarlo quando non serve.                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                     
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Published by Caiomario - in Libri
31 luglio 2012 2 31 /07 /luglio /2012 06:36

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Quando a partire dagli anni '50 e '60 il movimento della Beat Generation incominciò a diffondersi in tutto il mondo, nessuno avrebbe potuto prevedere che la sua onda lunga sarebbe arrivata fino ai nostri giorni. Per quanto poco rimanga di quell'antico anticonformismo beat, nessun movimento di contestazione e rottura può prescindere da quello straordinario momento (e movimento) di liberazione che caratterizzò un'epoca andando oltre i confini geografici degli Stati Uniti d'America.
E se oggi con un certo conformismo ipocrita, si cerca di stupire con tatuaggi mostrati nelle parti sensibili, nel 1955 le coscienze pie e beghine si scandalizzarono veramente con quello che è l'antesignano di tutti i romanzi di rottura: Lolita del russo Valdimir Nabokov.
Ma la necessità di scandalizzare e provocare caratterizzò tutto il movimento della Beat Generation e trovò i suoi mentori in scrittori come William Burroughs e Jack Kerouac, ma l'ultimo ha avuto la capacità di saper distillare irrequietezza, bisogno di libertà e di vivere una vita all'aria aperta  senza nessun tipo di costrizione.

Per conoscere una personalità, un artista, uno scrittore ecc, bisognerebbe sempre leggere gli archivi e in particolare le "carte", le lettere; oggi che abbiamo potenti strumenti di archiviazione, le missive digitali non hanno più il fascino che avevano i vecchi scatoloni pieni di carte e Kerouac fu attento in tutta la sua esistenza a conservare ogni traccia, ogni scritto, ogni copia di una lettera che servisse poi per rafforzare il mito letterario che da sempre circonda il suo nome ed evoca esattamente quello che ho spiegato nelle righe precedenti. E' noto poi che Kerouac  conservava anche delle lettere che non spedì mai e che secondo lui sarebbero servite ai posteri, ma non ai critici bensì ai suoi lettori (e naturalmente estimatori).
Un'abitudine questa che potrebbe sembrare una civetteria, ma che in realtà è stata molto utile per capire non solo Kerouac ma anche il movimento della Beat Generation.

"Lettere dalla Beat Generation" è un libro atipico, non è un romanzo organico ma è una narrazione di una generazione, scritto con un apparente impulso (vedi sopra), ricco di frasi compiute alla maniera dell'aforisma in cui Kerouac mette tutto, ma da anche delle indicazioni di genere a chi vorrebbe seguire le sue orme di scrittore contro e maledetto. Ecco la bellezza della scrittura di Kerouac, il suo gusto fabulatorio lo porta ad elaborare un discorso metanarrativo che finisce per coincidere con il suo stesso stile di vita. Ecco allora che questa raccolta irriproducibile può diventare un punto di incontro e un luogo di discussione per tutti gli appassionati non solo della letteratura ma anche della musica, di quella musica che fu profondamente influenzata dai profeti come Kerouac.

"......scrivi di getto, come Céline, come tu stesso una volta mi dicevi di fare, dio santo impara a battere mille parole al minuto, compra due registratori, sconvolgi le stupide leggi, frega i giudici, fomenta le rivoluzioni dalla tua soffitta, tira fuori tutto, porta tutto avanti, in alto, vinci, stelle, Ah, rivolgimenti, appendici, galassie, tempo, etichette, scatenato" (Tratto da "Lettere della Beat Generation).

Bel libro simile al contrappunto.....

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Published by Caiomario - in Libri
29 luglio 2012 7 29 /07 /luglio /2012 20:33

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IL DIRITTO ALLA SALUTE É UN BENE PRIMARIO TUTELATO DALLA COSTITUZIONE

È più importante salvaguardare la salute delle persone o il posto di lavoro di quelli che lavorano in una fabbrica inquinante? Chi paga il costo economico ed umano delle fabbriche che inquinano? Sono domande che molti si sono fatti dopo la vicenda dell'Ilva di Taranto, resta però il fatto che non si può morire di cancro ammorbando l'aria, l'acqua e il terreno in nome del lavoro. I sindacati strepitano alimentando il fuoco della protesta dei lavoratori dell'Ilva, la Diocesi di Taranto organizza una veglia di preghiera per i lavoratori dell'acciaieria, nessuno però, a parte i magistrati che hanno condotto le indagini, ha sollevato la questione dei morti e di quelli che si sono ammalati di tumore per le condizioni ambientali in cui si trova Taranto.

Una soluzione estrema per risolvere la situazione ci sarebbe: lasciare nelle condizioni attuali tutti coloro che, in nome del mantenimento dei posti di lavoro ad ogni costo, vogliono che le cose continuino ad andare, anche in futuro, esattamente come sono andate negli ultimi 30 anni. Agli altri che invece vogliono salvaguardare la propria salute e quella dei propri figli, lo Stato dovrebbe dare un ambiente pulito, una casa e nuove opportunità di lavoro.

La soluzione più saggia invece sarebbe quella di mantenere aperta l'Ilva, obbligare la proprietà ad adottare tutte le misure antinquinamento previste per legge, condannarla a risarcire gli eredi dei morti per tumore e a bonificare tutto il territorio inquinato. Non si dovrebbero scaricare sui contribuenti italiani i costi enormi che potrebbero scaturire da un eventuale condanna dell'Ilva. Non si dovrebbe, ma purtroppo i costi della bonifica, con buona pace dei sindacati e dei politici pronti a cavalcare la protesta, potrebbero essere a carico della collettività.(1)

In questa vicenda contraddistinta dalla difesa ad oltranza del lavoro a discapito della salute, si sono distinti i sindacati che in questi giorni  non hanno speso una sola parola per tutti coloro che sono morti di cancro in seguito all'inquinamento, quanto alla Diocesi di Taranto dovrebbe fare la conta delle estreme unzioni impartite dai suoi sacerdoti a tutti i morti di cancro.

 

Se domani in Italia  ci fosse un'azienda che producesse mine antiuomo e questa dovesse chiudere, ci sarebbero molti che, in nome del lavoro, si opporrebero alla decisione. 

 

(1) Aggiornamento: In data 2 agosto 2012 Il Consiglio dei ministri ha approvato il decreto per l'Ilva di Taranto, il Ministro dell'Ambiente e della Tutela del Territorio e del Mare Corrado Clini ha annunciato che sono stati sbloccate le risorse necessarie per attuale gli interventi di bonifica del sito inquinato dall'Ilva. Si tratta di 336 milioni di euro di denaro pubblico che tutti pagano per le responsabilità di alcuni e di quelli hanno taciuto pur sapendo quello che stava acceadendo.

 

Fonte immagine: http://farm3.static.flickr.com/2279/2145882179_7b476d8048.jpg

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28 luglio 2012 6 28 /07 /luglio /2012 04:51

 

 

 

 

 

 

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"La condanna. Storia di Silvia Baraldini" è un libro scritto da Riccardo Bocca, giornalista autore di numerosi libri di inchiesta e blogger, nel libro viene ripercorsa la storia personale di Silvia Baraldini che agli inizi degli anni '90 fa fu al centro di un caso giudiziario internazionale che vide da una parte gli Stati Uniti d'America e dall'altra il movimento di sostegno per la liberazione della stessa Baraldini. I fatti sono noti e si trovano in rete numerose informazioni dettagliate sulla vicenda, meno nota è invece la storia personale di Silvia Baraldini. Manca quindi nel libro tutto il seguito della vicenda giudiziaria della Baraldini che si concluse solo nel 1999 quando venne estradata dagli Stati Uniti in Italia. 

A differenza di opere che rappresentano la storia, il libro di Bocca racconta la vita vera della Baraldini a partire dall'infanzia romana fino al trasferimento negli Stati Uniti dove frequentò la scuola superiore e l'università. Proprio in quegli anni inizia l'impegno politico della Baraldini, per il lettore la conoscenza delle sue vicende biografiche è anche l'occasione per conoscere l'incastro tra la sua storia individuale e gli avvenimenti collettivi che rappresentarono il vissuto di una generazione. 
La Baraldini da giovane abbracciò la causa dei neri d'America diventando attivista del "Movimento dei diritti civili" fino alla decisione di difendere alcuni militanti delle "Pantere nere" una gruppo rivoluzionario che in quegli anni era in totale opposizione con le autorità politiche statunitensi, nonostante nella società americana incominciassero ad esserci dei cambiamenti grazie alle battaglie pacifiste che erano iniziate con Martin Luther King. 

In realtà la Baraldini non aderì mai al movimento delle Pantere Nere in quanto ciò avrebbe costituto una scelta di campo dirompente perché avrebbe significato tagliare ogni collegamento con le istanze non violente di Martin Luther King. 
Silvia Baraldini negli anni '70 si concentrò su quella era per lei diventata una missione che andava al di là dei confini degli Stati Uniti sostenendo la causa della lotta di liberazione dello Zimbabwe. 
Poi accadde un evento che cambiò per sempre la vita della Baraldini; come attivista del movimento dei diritti civili prese le difese di alcuni militanti dell'Esercito di liberazione nero (BLA) e, come spesso accade negli Stati Uniti, fu gioco forza coinvolgerla in una faccenda di cui era totalmente estranea. 
La giustizia americana l'accusò di attività terroristica e applicò nei suoi confronti la normativa più dura dell'intero sistema normativo statunitense: la legge contro i reati di mafia. 
Una legge che le comporterà una condanna definitiva a 43 anni di carcere. 



Per i dettagli dei contenuti descritti rimando alla lettura del libro. 


La biografia raccontata Riccardo Bocca è stata utilizzata più volte, visto che le notizie diffuse successivamente in forma ridotta sono in larga parte presenti nel libro che pur essendo stato pubblicato prima dell'estradizione in Italia permette di conoscere una storia intensa e dolorosa (almeno per quanto riguarda la detenzione nelle carceri statunitensi)* di Silvia Baraldini. 
La scrittrice Dacia Maraini ebbe a definire l'intera vicenda come "l'inganno americano", l'aspetto più sconcertante della vicenda fu infatti il modo in cui venne trattata in carcere la Baraldini equiparata ai più pericolosi terroristi; quando si è definita la storia della detenzione dell'attivista italiana un "calvario personale" non si è esagerato, la Baraldini venne infatti colpita da un tumore maligno e, nonostante la grave malattia i giudici americani non la tolsero dall'isolamento carcerario, il motivo lo spiega in poche parole la stessa Maraini che osservò che tutto ciò era dovuto al fatto che i giudici statunitensi non volevano perdere la credibilità nei confronti dell'opinione pubblica. Non c'è dubbio che quella forma assurda di inflessibilità della giustizia americana faccia riflettere e ponga degli interrogativi perché niente da allora è cambiato rispetto a dodici anni fa e probabilmente niente cambierà in futuro sul modo di intendere la pena, una pena spesso non proporzionata ai reati commessi...da noi, invece, accade il contrario. 



"Mi chiedo, ma non riesco a immaginarlo, 
e penso a questa donna forte 
che ancora lotta e spera perché sa 
che adesso non sarà più sola 
la vedo con la sua maglietta addosso 
con su scritte le parole 
che sempre l'ignoranza fa paura... 
ed il silenzio è uguale a morte 
che sempre l'ignoranza fa paura... 
ed il silenzio è uguale a morte! 
ed il silenzio è uguale a morte!" 

(Per Silvia - Francesco Guccini

* Il libro è stato pubblicato nel 1998, l'accordo tra le autorità italiane e quelle statunitensi è avvenuto poco dopo e si concluse con il ritorno in Italia di Silvia Baraldini nel 1999.

 

Se ne consiglia la lettura.

 

Recensione di proprietà dell'autore, pubblicata anche altrove.

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Published by Caiomario - in Libri
28 luglio 2012 6 28 /07 /luglio /2012 04:12

 

 

 

 

 

 

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Non c'è dubbio che in 70 anni è cambiato il modo di concepire il turismo che da fenomeno riservato a pochi è diventato un movimento di massa, leggere pertanto le vecchie guide del Touring Club è un'occasione per capire come il turismo era concepito all'epoca. Prima di tutto le vecchie guide suggerivano itinerari che potrebbero essere paragonati a quelli paragonati alle "mille miglia", si trattava di percorsi oggi in parte scomparsi o comunque secondari lontano dalle grandi direttrici attuali; la stessa cosa dicasi per i ristoranti che si trovavano lungo quelle vie, sono ovviamente tutti scomparsi come non esistono, nella maggior parte dei casi, gl edifici che li ospitavano. 
Un'esame della cartografia dell'epoca mostra che l'Italia è cambiata moltissimo in 70 anni a partire dalla rete stradale, la diffusione delle autostrade ha cambiato anche il modo di viaggiare, di partire ed arrivare utilizzando un'autovettura. I tempi odierni sono veloci e la maggior parte delle persone non consulta più la cartina stradale ma utilizza un navigatore satellitare, eppure una guida come quella del proposta dal Touring Club continua ad avere il suo fascino e a svolgere una funzione che -secondo noi- non potrà mai essere sostituita da alcun navigatore satellitare per quanto possa essere preciso e aggiornato. 


LA GUIDA 

L'impostazione della versione moderna della guida delle Marche segue la proposta di un percorso che parte da Ancona, una proposta "saggia" per chi arriva con il treno e non possiede altro mezzo di locomozione, la permanenza e la visita del capoluogo delle Marche e della provincia omonima; la destinazione crediamo sia indicata anche per chi proviene in auto dalla vicina dorsale appenninica.

La visita alla chiesa di San Domenico è tappa obbligata come anche quella alla chiesa romanica di San Ciriaco, un edificio che risale al XII secolo di impareggiabile bellezza artistica. 
Sul piano della qualità e quantità di informazioni presenti anche sul territorio circostante la città marchigiana sono più che sufficienti per avere una buona guida anche per quanto concerne la parte costiera, sicuramente la guida è poco interessante per quanto concerne le informazioni  sulla parte monumentale ma si rivela utilissima per quanto riguarda il territorio 
Eventuali altre integrazioni possono essere ottenute dalle pubblicazioni gratuite distribuite dalle locali pro loco. 

La guida Marche del Touring Club Italiano propone 22 itinerari, sono tutti interessanti, i luoghi da visitare suggeriti sono senza dubbio quelli più rappresentativi , quelli che non possono mancare per chi voglia organizzare un viaggio nelle Marche. 
Di particolare interesse è la parte che riguarda la visita a rocche e castelli per la maggior parte concentrati nel territorio del Montefeltro, la visita nella provincia urbinate richiede comunque almeno un paio di giorni per visitare alcuni dei luoghi suggeriti. 
Particolare poi è l'itinerario della fede proposto dal Touring, un itinerario dove si trovano elencati i principali luoghi di culto della regione, non nuovo per i locali ma sicuramente molto suggestivo per i turisti che vengono da fuori regione.

ALTRE INFORMAZIONI  

La guida Marche si compone di 192 pagine dove sono indicati tutti gl itinerari con le informazioni più significative di ogni singola zona; a queste 192 pagine vanno aggiunte 96 pagine della sezioni dove si trovano le "informazioni pratiche": vengono suggeriti nomi di hotel, ristoranti, osterie e strutture ricettive di agriturismo in cui soggiornare; si tratta di un ampio ventaglio di possibilità che permette di scegliere la destinazione più adatta alle proprie esigenze e alle proprie tasche. 

La guida ha un prezzo di copertina di 22,00 euro, per i soci del Touring Club Italiano il prezzo è di euro 17,60. 

Data l'accuratezza del contenuto ne consigliamo l'acquisto. 

A chi consigliamo la guida? A tutti ed in particolare a coloro che praticano quello che il Touring Club Italiano ama chiamare il "turismo dolce" ossia quel turismo in bicicletta e a piedi che permette di riscoprire luoghi dimenticati, angoli spesso trascurati di ogni luogo. Perché allora non riscoprire il "turismo dolce" proprio nelle Marche? Una bellissima regione ricca di bellezze architettoniche, monumentali e paesaggistiche che merita più di una fugace visita.

 

Scritto di proprietà dell'autore adattato per questo spazio.

 

http://img.dooyoo.it/IT_IT/175/libri-e-giornali/romanzi/marche-touring-club-italiano.jpg

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27 luglio 2012 5 27 /07 /luglio /2012 22:50

 

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UN UMORISMO GRAFFIANTE E FUORI DAL COMUNE 


Per molto tempo la letteratura di intrattenimento è stata offuscata dal giudizio negativo dei critici che l'hanno vista come un genere non colto adatto solo al pubblico che oggi definiremo "nazionalpopolare". 
In realtà gli autori che si dedicano a questo genere letterario e Achille Campanile era tra questi, hanno solo uno scopo che è quello di divertire. 
Sarebbe quindi un errore quello di derubricare la letteratura d'intrattenimento ad un genere residuale che non ha alcuna dignità artistica e questo discorso si potrebbe allargare ad altre forme di espressione quali il cinema e il teatro, un romanzo, un film o un'opera teatrale potrebbero avere come obiettivo di rivolgersi ad un pubblico di massa e nel contempo farlo con dei fini artistici. 

"Povero Piero" è un racconto fondato sull'equivoco, dove ogni comportamento diventa ambiguo, subdolo e che suscita dubbio, la trama è semplice: il protagonista Piero esprime la volontà testamentaria che i parenti e gli amici debbano venire a conoscenza della sua morte, solo a funerali avvenuti. 
Per un motivo banale la notizia trapela all'esterno ed è da quel momento che la fiera dell'ipocrisia di parenti, amici, conoscenti assume quei contorni di finzione e di doppiezza che circondano ogni funerale: frasi di circostanza, di sentita (ma apparente) partecipazione al dolore, ognuno fa a gara ad esprimere il rammarico più lamentevole e di compiacere la vedova. 
Ma al lutto di Piero se ne aggiunge un altro, per cui si crea l'assurda situazione in cui vengono pianti due morti di cui uno (Piero) suscita un serioso e lamentevole condolersi da parte degli amici, conoscenti e parenti mentre l'altro, essendo persona simpatica e allegra, provoca anche il riso quando si rievocano alcuni episodi della sua vita. 

Il romanzo ha avuto numerose riduzioni teatrali proprio perchè il contenuto esilarante ben si presta ad

una commedia d'intrattenimento non legata ad una particolare stagione storica. 

Achille Campanile è uno scrittore pungente che riesce ad essere mordace ridicolizzando tutti quei comportamenti che fanno parte di una ritualità che sembra ormai meccanica, scontata ma a cui nessuno sembra voler rinunciare. 

Il funerale è uno di questi momenti in cui la ritualità assume la sua massima forma, se pensiamo, per esempio, al doversi sentire obbligati di fare pubblicare un necrologio o di mandare un telegramma alla famiglia con la motivazione di fare tutto ciò per "rispetto del morto", sopraggiunge una tristezza e nel contempo verrebbe da ridere, il morto non c'entra niente, è solo la considerazione dei vivi che conta, quello che pensa la famiglia.... 

*Vicini al dolore porgiamo sentite condoglianze 

*Affranti per la perdita del........siamo vicini al Vostro dolore 

*Il grave lutto che vi ha colpito ci vede vicini al vostro dolore 

*Sentite condoglianze per la perdita dell'amato.... 


........e tutti sono stati mariti esemplari, mogli oneste, funzionari integerrimi........... 




Povero Piero........

Non fiori ma opere di bene...........Povero Piero

 

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Published by Caiomario - in Libri
27 luglio 2012 5 27 /07 /luglio /2012 22:30

PRIMI POEMETTI: UN'OPERA DI SPERIMENTAZIONE LINGUISTICA 

La pubblicazione di questa opera di Giovanni Pascoli è fedele alla stesura definitiva che il poeta volle nel 1904 dopo i primi tentativi giovanili di sperimentazione linguistica che hanno da sempre caratterizzato la sua produzione poetica fin dagli esordi.

Si tratta di un'opera che normalmente viene tralasciata nella programmazione scolastica e in cui si rivela anche un aspetto, quello ideologico del Pascoli che tendenzialmente abbracciò le istanze del nazionalismo piccolo-borghese tanto in voga in quegli anni)

Troviamo oltre a questo aspetto ideologico, anche quello più squisitamente letterario e che consiste nella ricerca non solo della sperimentazione linguistica ma anche nell'adesione ad una tendenza narrativa che porta il Pascoli ad adottare testi piuttosto lunghi, suddivisi in sezioni e con il ricorso a figure umane di grande rilievo spesso dialoganti fra loro.

Pur abbracciando le istanze ideologiche piccolo-borghesi, Pascoli nei "Primi poemetti" si dimostra il campione di quel generico umanitarismo populistico che raffigura il mondo popolare nella sua dignitosa sofferenza e che nello stesso tempo denuncia le profonde ingiustizie sociali ( si ricorda che all'inizio del secolo in Italia l'emigrazione assunse delle dimensioni tali che potrebbero essere definite di esodo bibilico e spesso quelle generazioni emigrate nelle Americhe, tagliarono definitivamente i ponti con gli originari luoghi di provenienza, questo fenomeno venne incentivato dal ceto politico dell'epoca che vide nell'emigrazione l'occasione per liberarsi definitivamente di un pesante fardello che avrebbe potuto creare anche delle conseguenze sul piano sociale e dell'ordine pubblico).

Al pessimismo e all'aggressività della massa, Pascoli contrappone il mito della bontà naturale e della poesia.
Dove si manifesta questa bontà naturale? Semplicemente nella bontà del mondo contadino e nell'umiltà di una vita priva di problematiche e lontana da contraddizioni e conflittualità.

Si tratta di una visione idealizzata quella del Pascoli che non corrisponde e non ha mai corrisposto alle vere problematiche presenti presso le polazioni rurali e agresti, al contrario è proprio in questo mondo in cui era diffusa la pratica del mezzadro, le problematiche più diffuse erano quelle della sopravvivenza, certamente non problematiche esistenziali ma legate all'esistenza e a una quotidianità fatta di stenti e spesso di rassegnazione.

La poesia che troviamo nei "Primi poemetti" è una poesia-rifugio dei valori cancellati dalla civiltà industriale, una sorta di rivalsa che Pascoli escogita per risarcire un rapporto solidale presente nel mondo agreste e che pensava irrimediabilmente perduto nella civiltà industriale.

Anche questa concezione di una presunta solidarietà presente nel mondo della campagna è un'idealizzazione che non corrisponde alle relazioni spesso conflittuali presenti tra individui e persino all'interno degli stessi gruppi familiari spesso lacerati dal ruolo predominante del capofamiglia assillato dalle problematiche dei miseri raccolti e di come metter su il piatto della cena.

Nonostante queste incongruenze e un'idealizzazione del mondo della campagna, i "Primi poemetti" sono un'opera in cui la presenza del fascino naturale sembra rimandare ad una minaccia di morte incombente e di rovina piuttosto che alla realizzazione di un'illusoria identità naturale e quel che più risalta è l'atmosfera di dolore e inquietudine che accompagnano la vita umana, una vita umana fragile e senza speranza.

Sul piano linguistico, i "Primi poemetti" rappresentano un tentativo sperimentale di andare oltre la bella lingua, impiegando termini dialettali o il gergo dell'italiano americanizzato come nel caso del poemetto "Italy". un poemetto che segnalo perchè è l'occasione per conoscere il vero linguaggio che gli italiani emigranti in America utilizzavano per dialogare ed è forse l'occasione  per conoscere da un contemporaneo un idiona gergale ben lontano dall'artificio linguistico che viene riportato nella finzione cinematografica.

Questo idioma gergale riportato da Pascoli è una parte di quella pluralità di dialetti parlati dagli emigranti italiani che a secondo delle regioni di provenienza andavano a costituire delle comunità chiuse spesso impenetrabili a chi pur essendo della stessa nazione, non era però della stessa regione.

Nel poemetto "Italy" protagonisti sono gli italiani garfagnanini, emigranti toscani originari della Garfagnana in provincia di Lucca, provenienti da Cincinnati (Ohio) e in visita a Caprona.
I personaggi descritti da Pascoli sono realmente esistiti ed è quindi di particolare importanza questo poemetto perchè costituisce una memoria storica, una cronaca di quegli anni e di quel fenomeno che il poeta rievoca grazie anche ai rapporti personali che ebbe con molte di queste persone.

Di notevole pregio è anche il poemetto "Digitale purpurea" e anche questo nasce da personaggi e fatti reali in quanto (il poemetto) avrebbe tratto ispirazione, dal racconto riferito dalla sorella del poeta, Maria a Pascoli e riguardante un periodo di permanenza giovanile in un convento.
E' un testo intenso dove è presente una malcelata sensualità compiaciuta da parte del Pascoli, una sensualità che sembra quasi repressa ed in alcuni tratti appare persino morbosa.
Ma a parte questi risvolti psicologici, il poemetto è molto interessante dal punto di vista poetico perchè quello che emerge è l'uso dei dati sensoriali che attraverso il verso vengono trasmessi al lettore che si trova così immerso in un mondo di odori, colori e profumi.

Si leggano a questo proposito i seguenti versi:

"Vedono; e si profuma il lor pensiero 
d'odor di rose e di viole a ciocche, 
di sentor d'innocenza e di mistero"

Il poemetto consta di tre parti di 25 endecasillabi organizzati in terzine dantesche ed è forse il più rappresentativo dell'intera raccolta per la particolarità del lessico impiegato e per la forte carica di sensualità e di mistero che riesce a trasmettere al lettore.

Segnaliamo la seguente bellissima edizione:

G. Pascoli, Primi poemetti, a cura di G. Leonelli, Mondadori,Milano, 1982

Come altre opere è preferibile l'edizione con le note critiche che fungono da guida alla lettura.

 Morte, amore, sensualità....il Pascoli dei Poemetti........

 

 

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Published by Caiomario - in Letteratura
27 luglio 2012 5 27 /07 /luglio /2012 22:18

 

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I romanzi d'avventure e molti dei classici della letteratura dei ragazzi, sono stati determinanti nella formazione di molte persone; per un adolescente di qualche anno fa i libri di Emilio Salgàri e di Jules Verne erano le letture più frequenti e, a distanza di anni, possiamo dire che quei romanzi sono ancora validi come lettura d'evasione. Forse il genere potrebbe apparire datato sotto il profilo della formazione ma questo dipende escluivamente dal convincimento dei formatori, in ogni caso penso che leggere Verne e Salgàri arrcchisca molto di più che dedicarsi solo ed esclusivamente alle attività ludiche multimediali. 


L'AUTORE 

Jules Verne nacque a Nantes nel 1828, considerato il maestro dei romanzi d'avventura, pubblicò nel 1863 il romanzo che lo rese celebre: "Cinq semaines en ballon", "Cinque settimane in pallone", è il primo romanzo di quel ciclo celeberrimo di racconti che va sotto il nome di "Viaggi straordinari". 
Verne fu figlio del suo tempo, visse il clima delle magnifche sorti e progressive del positivismo riponendo un'ottimistica speranza nelle capacità della scienza, grande divulgatore delle scoperte tecnologiche ne anticipò in larga misura la realizzazione. E' sorprendente notare che prima di lui solo Leonardo da Vinci immaginò cose che poi gli uomini realizzarono, forse traendo spunto proprio dalle sue intuizioni. 
I suoi romanzi più noti sono: Ventimila leghe sotto i mari, Il giro del mondo in ottanta giorni, L'isola misteriosa e  Michele Strogoff. 


L'ANGOLO PERSONALE 

L'isola misteriosa è un romanzo che piace per la sua carica di suggestione che possiamo accostare a quell'altro strardinario racconto che è "Robinson Crusoe"
Pur non essendoci analogie tra le due storie, il tema del viaggio e dell'incerto è presente in entrambi, se Robinson approda dopo un naufragio in un isola anch'essa misteriosa e si adatta alla nuova vita, i protagonisti del romanzo di Verne sono anch'essi dei sopravissuti che finiscono in un isola altrettanto misteriosa (e deserta), il mezzo di approdo in questo caso non è però un'imbarcazione ma una "navicella" aerostatica. Sono le 4 del pomeriggio del 23 marzo 1865, il pallone va in avaria in seguito ad una terribile tempesta, la mongolfiera incomincia a perdere quota fino a cadere nei pressi di un'isoletta solitaria. 

Alla ricerca di un luogo in cui trovare ricovero, i "sopravissuti" si dedicano a soddisfare la prima esigenza di qualsiasi uomo: costruirsi un rifugio. Questo è il punto comune ad entrambi i romanzi: la rierca di un luogo sicuro dove poter costruire una casa dove poter abitare e dove poter mettere le cose salvate dal naufragio, cose preziossime per affrontare la nuova vita. 
Le due materie prime essenziali per costruire la casa sono la pietra e il legno degli alberi, ma ecco la differenza tra il Robinson Crusoe di Stevenson e il gruppo di sopravvisuti raccontati da Verne: il primo ritorna allo stato primitivo ed utilizza solo le materie prime (pietra e legno) per costruirsi gli utensili di cui ha bisogno, i secondi invece riproducono la tecnologia di cui hanno bisogno servendosi di tutte le loro conoscenze. Un ulteriore differenza risiede nel fatto che "la casa" è in realtà una grotta, esiste di già e il legno serve per costruire gli utensili. 
Il problema dell'illuminazione, ad esempio, venne risolto fabbricando delle steariche con del grasso, ma sono innumerevoli le soluzioni "tecnologiche" trovate dal gruppo dei naufraghi per affrontare la vita nell'isola. E' curioso che Verne -grande anticipatore del futuro-descrive nel romanzo un vero e proprio telefono, è probabile che fosse venuto a conoscenza dell'invenzione di Antonio Meucci che costruì il primo apparecchio nel 1871, mentre "L'isola misteriosa" venne pubblicata per la prima volta nel 1874. 

Troviamo affascinante la figura dell'ingegnere Cyrus Smith che come Verne aveva un sincero entusiasmo per le conoscenze scientifiche e per la scienza. Cyrus Smith era un americano originario del Massachusetts il quale aveva la cultura di uno scienziato e nel contempo si era formato da sè lavorando con martello e piccone. Uomo di fine intelletto e di grande manualità rappresenta l'ideale di uomo concepito da Verne. Non solo grande mente dalle fervide intuizioni ma anche un uomo in possesso di grande abilità manuale in grado di realizzare ogni cosa. 
Un altro personaggio che anima la storia è Ayrton, un personaggio che viene trovato nell'isola dove vive allo stato primitivo, dopo averlo incontrato, lo portano nel loro rifugio, lo lavano, gli tagliano i capelli e le unghie e gli fanno recuperare la memoria. Ayrton racconta di essere stato abbandonato nell'isola perchè era un ladro, ma in realtà è un perseguitato che non ha niente a che fare con la figura del criminale; in un certo senso ispira tenerezza e il lettore non può che provare simpatia per questo uomo regredito allo stato selvaggio, una sorta di barbone dell'isola che non ha più una vita sociale. 

La mente fertile di Verne descrive una società nella quale , all'interno dell'isola inispitale, ognuno svolge un ruolo funzionale agli altri, niente si perde, ogni conoscenza è utile, ogni componente della compagnia si rivela essenziale alla vita degli altri anche nelle cose più semplici; ad esempio Pencroff, uno dei membri della compagnia, conosceva 52 modi di cuocere le uova. 
I naufraghi -scrive Verne- "non dovevano aspettarsi nulla se non da se stessi", essere dei risolutori anche nelle circostanze estreme è l'insegnamento di questo romanzo che più che un romanzo di avventure è un vero e proprio manuale di sopravvivenza. 





In conclusione consiglio la lettura del libro a tutti a prescindere dall'età, piuttosto che vedere improponibili "isole dei famosi" questo bellissimo romanzo di Jules Verne stimola la fantasia e resterà sempre famoso ad imperitura memoria, mentre i "famosi" e meno famosi cadranno nell'oblio.

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Published by Caiomario - in Libri
27 luglio 2012 5 27 /07 /luglio /2012 21:56

Lalla Romano è un'autrice che radicata in quel filone della grande narrativa borghese che parla della borghesia e in cui il tema della memoria familiare è dominante; in questo senso è possibile accomunare, almeno per quanto riguarda le tematiche trattate, Lalla Romano a Natalia Ginzburg, ma il retroterra su cui si fonda il genere di letteratura di entrambe è Marcel Proust che privilegiò il racconto fatto di ricordi e di frequenti riferimenti autobiografici. 

"La penombra che abbiamo attraversato" è un romanzo ambizioso che si muove in molteplici direzioni e in cui si sovrappongono più piani di lettura; la Romano rievoca da adulta il mondo della sua infanzia e in particolare della madre, ma riporta le impressioni e le emozioni che provava da bambina. C'è molta nostalgia in questa storia retrospettiva che a tratti sembra diventare misteriosa e perdersi in una memoria che diventa imprecisa e tronca. Vi sono numerosi episodi raccontati nel libro che si sono sovrapposti anche al mio ricordo come quello , ad esempio, della maestra, che si riferisce al periodo in l'autrice andava alle scuole elementari. Ad un certo punto scrive "da quel momento la memoria, prima intensa e precisa, cessa bruscamente". E' frequente ricordare episodi, facce, personaggi che si sono fissati nella nostra memoria poi ad un certo punto il vuoto più totale e il ricordo si fa sempre più labile al punto che quando tentiamo di ricostruire una vicenda lo facciamo servendoci di quegli elementi che abbiamo appreso da adulti e tentiamo allora di rievocare una storia che non è più vera anche se facciamo una lista di tutti i presenti della nostra infanzia, ma nella nostra memoria possono rimanere dei particolari esattamente come fa la Romano che ricorda della maestra la sciarpa appesa nell'appendiabiti scolastico "di legno appena sgrossato, dai tozzi pioli". La riflessione personale sulla propria infanzia ci getta inevitabilmente in una condizione di sconforto perché è anche l'occasione per fare i conti con il proprio presente. 

E così il ricordo dell'uomo che trainava il carretto che di per sé è un episodio insignificante e imperfetto è un'esplorazione delle proprie radici, quasi un esercizio forzoso che riesce a tenere meravigliosamente unito il passato e che riesce a scaldare il cuore assumendo i contorni suggestivi della fiaba. Una fiaba che riguarda solo lei, la scrittrice, la sua infanzia e la figura della madre. E' proprio la madre la figura centrale del romanzo, la Romano ne ricostruisce la mappa interiore cerca di sostituirsi ad essa, ne esplicita la problematicità nascosta e soffocata nelle piccole delusioni familiari. Anche la figura del padre non è marginale anche se è in secondo piano rispetto a quella materna, l'autrice ricorda con molta tenerezza l'episodio in cui il padre era andato a prendere lezione da un pittore e da cui aveva imparato la tecnica della pittura ad olio. 
Un esempio di ricordo del padre che si trova nel libro dà l'idea dello stile letterario dell'autrice: "Arrivava sorridente, con la sua giacca da cacciatore, i gambali di cuoio; si asciugava il sudore. Lo abbracciavamo, ci sedevamo sul prato". Poche parole, essenziali combinate in modo sobrio che danno una caratterizzazione della figura del padre che ho trovato molto efficace 
Attingendo quindi da moltissimi episodi fermi nei propri ricordi, la scrittrice riesce a ricostruire con uno stile elegante la trama della propria vita, il valore letterario del libro è innegabile!!! 


Ancora un bel libro ambientato in quell'aerea feconda e creativa sotto il profilo letterario che è il Piemonte, questa volta siamo nel cuneese e la memoria non familiare non si intreccia con i grandi eventi storici come in Fenoglio, Calvino o Bocca, forse per questo non arriva mai a urtare la sensibilità comune e a non generare polemiche o contrapposizioni ideologiche. 


Il libro è stato pubblicato la prima volta nel 1964 dall'editore Einaudi.

  Il racconto come occasione per mettere insieme pezzi del proprio passato.

 

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