Fonte immagine: https://www.flickr.com/photos/12403504@N02/10997776524
EMILIO UN TESTO MULTIDISCIPLINARE
"Emilio" è l'opera di eccellenza del pensiero di Jean-Jacques figura indecifrabile e per certi versi, misteriosa dell'Illuminismo francese al punto che molte sue posizioni bizzarre si distaccano dalla riflessione dei filosofi dell'Enciclopedia. Non fu quindi un intellettuale organico al movimento dei Lumi per quanto i suoi rapporti di amicizia con Diderot ne abbiano in parte orientato le riflessioni.
In ambito filosofico la portata delle concezioni de L'Emilio è stata sottovalutata per molto tempo in quanto l'opera è stata vista più come un testo pedagogico che strettamente filosofico, ma nell'opera confluiscono anche meditazioni di carattere psicologico e sociologico. Il senso dell'opera va quindi rintracciato nel profondo convincimento di Rousseau che non può essere esservi libertà ed eguaglianza nella società se non si punta alla formazione della personalità dell'educando.
I CONTENUTI DEL TESTO
L'Emilio venne pubblicato ad un anno di distanza dal "Contratto sociale", tra le due opere esiste una continuità in quanto L'Emilio delinea un modello di uomo nuovo e nel Contratto sociale viene prospettato un modello di comunità che si fonda proprio sul concetto di cittadino così come viene illustrato nella prima opera. Per Rousseau non vi può essere quindi alcuna rivoluzione sociale senza un profondo rinnovamento individuale, il processo di mutamento parte da una prospettiva antropologica individuale che è sempre politica per poi diventare sociale. Quella prospettata dal ginevrino è la base di ogni stato etico e molti dei principi da lui espressi si possono prestare a degli equivoci perché i totalitarismi si basano proprio sul concetto di educazione degli individui che devono essere forgiati secondo i valori espressi dallo Stato.
Tali finalità non possono essere però ricondotti esclusivamente ai totalitarismi ma costituiscono la base di ogni comune convivenza, in un sistema democratico, ad esempio, non possono esistere valori condivisi e convissuti se non c'è educazione degli individui ossia se le istituzioni non preparano le nuove generazioni ad essere cittadini.
Rousseau stesso non ha mai espresso l'idea che l'educazione del singolo debba essere avulsa dalla società e debba costituire un'attività fine a se stessa, per il pensatore ginevrino il bambino di oggi sarà il cittadino di domani; per preparare quindi l'uomo che verrà è necessario formarlo.
La necessità e il valore dell'educazione sono in questo senso un'opera politica, afferma a tal proposito Rousseau:
"Vivere è il mestiere che gli voglio insegnare. Uscendo dalle mie mani, egli non sarà, ne convengo, né magistrato, né soldato, né soldato, né prete; sarà prima di tutto uomo: tutto quello che un uomo dev'essere, egli saprà esserlo, all'occorrenza, al pari di chiunque; e per quanto la fortuna possa fargli cambiare condizione, egli si troverà sempre nella sua".
Il compito dell'educatore è quello di favorire lo sviluppo della personalità del bambino e di favorire la sua coscienza pratica e riflessiva, senza questi due elementi il bambino non può sviluppare il suo spirito.
Rousseau vede l'uomo come un essere dinamico in continua formazione, una formazione che deve essere organica e non parziale e che deve riguardare ogni aspetto dell'essere uomo.
Bisogna quindi rispettare l'istinto naturale dell'uomo che per Rousseau è un istinto buono (è la società che è cattiva) evitando accuratamente che l'individuo inglobi le deformazioni tipiche della società civile.
L'EDUCAZIONE INTEGRALE
Non può esservi una buona opera educativa senza che vengano considerati tutti gli aspetti dell'individuo a partire dalla sua parte sensoriale, un sano sviluppo psichico e una maturazione per ciò che concerne l'apprendimento avviene quindi rispettando i bisogni del bambino.
***Il bambino non può essere considerato un piccolo uomo nel senso di un uomo in miniatura ma è un essere che ha una sua personalità nei cui confronti vanno adottati dei metodi pedagogici che rispettino le sue caratteristiche.
EMILIO, LA CAMPAGNA E IL PRECETTORE
Chi affronta la lettura de "L'Emilio" non troverà un noioso trattato pedagogico ma un romanzo filosofico in cui viene raccontata la storia di un bambino che rimasto orfano, viene affidato alle cure di un educatore.
Perché Rousseau sceglie proprio la campagna? Perché proprio in un contesto agreste il bambino non è soggetto agli influssi corruttivi della società civile e può stare in diretto contatto con la natura.
Per Rousseau quindi una sana educazione può avvenire solo rispettando i ritmi che favoriscono lo sviluppo naturale della personalità del fanciullo e ciò deve avvenire senza forzature evitando di inculcare qualsiasi tipo di dovere sociale.
LE TAPPE DELLO SVILUPPO DELLA PERSONALITA'
Rousseau delinea quattro periodi che devono essere tenuti in considerazione dall'educatore:
- L'ETA' INFANTILE: E' il periodo in cui vengono articolate le prime parole e i primi discorsi che permettono di interloquire con gli altri;
- L'ETA' DELLA PRIMA INFANZIA E DELL'INFANZIA ( LA PUERIZIA): va dai tre ai dodici anni;
- L'ETA' DELLA PRE-ADOLESCENZA: viene definita dal pensatore ginevrino "età dell'utile";
- L'ETA' DELL'ADOLESCENZA: è il periodo in cui avviene una seconda nascita.
Nell'Emilio ad ogni periodo viene dedicato un libro, di particolare interesse è l'ultimo che viene dedicato alla scoperta dell'amore e all'educazione della donna.
Ci siamo interessati di pedagogia in ambito filosofico e a parte il giudizio sulle numerose bizzarrie che Rousseau espresse per quanto riguarda i metodi da impiegare nella formazione educativa, siamo fermamente convinti che lo sviluppo di una coscienza pratica e riflessiva porti ad una maggiore consapevolezza di se stessi e del nostro ruolo all'interno di una famiglia, di una comunità oppure in un contesto lavorativo, sportivo ecc.
Senza educazione diventiamo strumenti ignari di tutti e perdiamo la possibilità di essere partecipi almeno della consapevolezza di quello che accade intorno a noi.
Molti credono che lo studio e l'educazione debbano per forza portare ad una monetizzazione della cultura, ci spieghiamo meglio: è ormai diffusa l'idea che lo studio debba essere spendibile per una professione che "tira" per cui se non si studia ingegneria, fisica e matematica tutto il resto della scienza non conta. In questa assurda gerarchia delle conoscenze chi studia lo fa ormai solo per fini professionali e questo porta a dei disastri sul piano sociale perché si ignora il centro della problematica roussoiana; senza consapevolezza pratica e critica non vi può essere coscienza morale e questo accade, ad esempio, al medico che "commercializza" il proprio sapere per fare soldi sulla saute degli altri, all'ingegnere che non progetta le case secondo scienza e coscienza, all'insegnante che ha come unico obiettivo quello di arrivare a fine mese, al politico che agisce solo pro domo sua ecc. Gli esempi sono infiniti e l'elenco comprende tutte le categorie professionali.
Rousseau sosteneva che Emilio doveva essere in grado di controllare le proprie capacità e che tale capacità fosse essenziale per convivere con gli altri uomini; il pensatore francese affrontò alla radice proprio i temi dell'egoismo e dell'arrivismo vedendo in essi la causa di una cattiva società.
Ma è la società stessa che favorisce l'insorgere di questi "vizi" e l'idea che la società cattiva faccia nascere uomini cattivi è proprio l'idea di fondo della riflessione roussoiana.
L'EDUCAZIONE NEGATIVA E I MAMMONI
Con un educazione negativa si favoriscono solo gli impulsi peggiori e il vizio prevale sulla virtù dimenticando che i doveri dell'individuo devono sempre rivolgersi al di fuori della propria sfera personale, senza questo "imperativo educativo" c'è solo la disgregazione della società e di ogni forma di convivenza civile.
Secondo Rousseau educare un bambino significa non inculcargli dei valori ma tenerlo lontano da influenze negative, chiaramente questa scelta è già di per se un valore perché è l'educatore che sceglie cosa è negativo o positivo, però trovo che in questo principio di fondo ci sia una buona dose di saggezza.
In questo senso l'educazione negativa nel senso che insegna a tenersi lontani dall'errore è utile per tutta la vita perché favorisce lo sviluppo della prudenza.
Scrive Rousseau: "La prima educazione dev'essere puramente negativa. Essa consiste non già nell'insegnare la virtù e la verità, ma nel garantire il cuore dal vizio e la mente dall'errore".
Cosa bisogna fare allora nella prima fase dell'educazione? Nulla assolutamente nulla, bisogna portare il bambino fino all'età di dodici anni sano e robusto perché -secondo Rousseau- l'uomo ha in sé la ricchezza e la forza per autosvilupparsi.
Su questo punto non mi trovo completamente in sintonia con Rousseau, ma bisogna accogliere la parte positiva che c'è in questa concezione perché solo permettendo lo sviluppo della personalità di un individuo gli si permette di crescere al pieno delle sue potenzialità. Un'educazione compressa non fa maturare il bambino che da adulto dipenderà sempre da qualcuno e da qualcosa: se uomo vedrà in una donna una madre, se donna vedrà in ogni uomo il padre.
Si può pilotare l'educazione? Si per Rousseau ma favorendo lo sviluppo positivo, ossia indirizzando il bambino verso le cose concrete come, ad esempio, imparare un mestiere ossia verso un lavoro pulito ed onesto?
Non sarebbe il caso allora di rispolverare il vecchio filosofo e abbandonare gli esempi negativi che stanno facendo tanti danni nella mente dei nostri ragazzi e delle nostre ragazze che saranno uomini e donne di domani?
Concludiamo con questo interrogativo rivolto ai lettori: ognuno si dia la sua risposta, del resto Rousseau diceva che non bisogna inculcare i doveri ma un vecchio proverbio dice: "Chi è causa dei suoi mal pianga se stesso".....
Emilio: Il piacere di leggere un romanzo filosofico.