La masai bianca. Storia vera di una passione africana di Corinne Hofmann è uno di quei libri che non si scorda e di cui rimane traccia indelebile indipendentemente dal fatto che lo si affronti con una lettura ingenua e rapida o con una lettura critica che vada al di là della superficie del testo.
La storia narrata non è romanzata e questo costituisce di per sè un motivo di interesse nei confronti di un libro che è prima di tutto una testimonianza che si presta a molteplici riflessioni a partire dal rapporto esistente tra diversi modi di vivere e differenti valori. Un tema attualissmo che spesso viene affrontato in modo superficiale e che bisognerebbe "trattare" con gli strumenti che ci possono venire in aiuto dall'antropologia culturale. Lo studio delle "culture altre" dalla nostra -quella occidentale- è da tempo pervenuta a delle conclusioni che purtroppo hanno lambito il modo di intendere del senso comune.
Troppo spesso infatti l'approccio verso quelle che, con un'espressione riuscitissima, venivano definite "culture subalterne" è orientata verso un male inteso senso di integrazione che fa più male che bene soprattuttto a chi riserva eccessive attese nei confronti di adulti integrati che vivono la loro vita in modo completamente diverso rispetto a quello delle popolazioni occidentali.
Se infatti è completamente naturale "inglobare" qualsiasi bambino all'interno di una cultura, è quasi impossibile conquistare il cuore di chi adulto vive in una dimensione diversa rispetto al "conquistatore" e la storia raccontata da Corinne Hofman dimostra come ciò sia vero e come questo ostacolo sia insormontobale quando le culture sono lontane quanto a valori condivisi e convissuti.
UNA STORIA VERA, UNA STORIA DOVE TRIONFA L'AMORE MA NON L'INTEGRAZIONE
Quando Corinne Hofmann decise di intraprendere un viaggio in Kenia con il proprio fidanzato aveva ventisette anni, la coppia era una delle tante che dalla agiata Europa partiva per una destinazione esotica senza la pretesa di emulare i fatti raccontati in Verdi colline d'Africa di Ernest Hemingway: niente battute di caccia cruente, nessuna propensione letteraria nè voglia di fuga dal mondo occidentale; un viaggio semplicemente un viaggio, ma ecco che il viaggio si trasforma in un evento che cambierà per sempre la vita di Corinne Hofman: l'incontro con un autentico guerriero Masai. Corinne viene letteralmente conquistata dalla bellezza fisica del giovane guerriero, non ci sono sentimenti iniziali non sono quelli di amore ma una forte ed incontenibile attrazione per una fisicità così diversa da quella del suo compagno bianco.
Possiamo parlare banalmente di scintilla che schiocca al primo incontro, ma questo è il meccanismo dell'innamoramento che quando è improvviso è soprattutto attrazione fisica; ma la storia non finisce qui, la forza di attrazione era talmente forte che quando Corinne tornò nella benestante Svizzera decise di ritornare in Kenia per incontrare quel giovane uomo che l'aveva fatta fremere.
Il momento della partenza dalla Svizzera è il momento del distacco definitivo dalle agiatezze e dal modo di vivere all'occidentale per andare incontro a tutta una serie di difficoltà a partire dalla ricerca di un uomo di cui in realtà poco sapeva come poco conosceva del modo di vivere della gente Masai, gente fiera ma poverissima rispetto ai nostri standard. In questa ricerca colpiscono le difficoltà incontrate da Corinne che non trova davanti a sè verdi colline ma un'infinità di ostacoli burocratici che deve superare ricorrendo all'unica pratica davvero efficace in quelle (e nell nostre) realtà: l'elargizione di denaro.
Il sogno però si relaizza, nonostante piccole e grandi difficoltà, Corinne incontra il giovane Masai, lo sposa e va vivere nella su tribù, il cambio di modo di vivere non è indolore ma l'amore sembra farle superare degli ostacoli che appaiono insormontobali a partire dalla mancanza di acqua e dalla presenza di tutta una serie di malattie come la malaria che un tempo opprimevano anche le popolazioni povere di molte aree dell'Europa. Corinne non sembra risucire ad affrontarte questa situazione di grande precarietà, il suo fisico è inadatto ma darvinianamente incomincia ad autoregolarsi e ad adattarsi nonostante più volte sfiori la morte.
L'iniziale convivenza con il giovane Masai viene coronatae dal matrimonio (svolto secondo il rituale Masai) e dalla nascita di una bambina; anche il modo in cui venne portata avanti la gravidanza si presta a molte riflessioni. Era solo la natura e il caso a decidere se la gravidanza sarebbe giunta al termine, il rischio di morte per parto è altissimo tra le donne di quelle popolazioni ed è ancora più alto per un'occidentale benestante fisicamente inadatta a superare quelle diffcoltà. Ma la natura fu propizia e Corinne riuscì a fare nascere una bambina che chiamerà Napirai.
LA BAMBINA STRAPPATA ALLA SUA CULTURA, STORIA ALL'INCONTRARIO
Le cronache raccontano spesso di storie di bambini strappati alle loro madri europee (accade anche il contrario ma è più raro, ossia madri che rapiscono i loro figli dai padri), ma nella storia vera raccontata da Corinne accade esattamente il contrario: è Corinne che decide di portare via Napirai dall'Africa per portarla in Svizzera e darle quello che non poteva avere tra i Masai.
Ecco il punto di distacco totale che va al di là di ogni considerazione sull'amore, Corinne non può integrarsi con la cultura Masai, non è una Masai e non può capirsi con il marito che è prima di tutto un maschio che deve con orgoglio affrontare il consenso della sua gente.
Le differenze si possono annullare solo con l'amore? È questa una domanda che merita una risposta che non cada nella banalità, intanto dipende cosa si intende per differenze; se per differenze intediamo un insieme di valori inconciliabili la risposta è no, soprattutto quando uno dei due non vuole rinunciare a niente e pretende di imporre il suo modo di vivere all'altro e anche quando non lo dovesse pretendere comunque le due vite non saranno mai in soncronia a meno che uno dei due non rinunci a tutto ma proprio a tutto scegliendo di vivere come l'altro.
Un'altra domanda riguarda il tenore di vita. può un occidentale (anche povero) vivere come vivono i Masai o altre tribù africane (quelle che rimangono e che vivono ancora come vivevano i nostri progenitori che da lì provengono)? La risposta è dipende, siamo inadatti ed incapaci a sopravvivere in quelle condizioni. Il più povero dei poveri può andare a mangiare in una mensa di qualche associazione caritatevole ma non è in grado di procurarsi il cibo in una relatà in cui apparentemente non c'è niente. È destinato a soccombere inevitabilmente, mentre i milgiori dei Masai sono stati selezionati dalla natura per affrontarla in condizioni estreme.
Può una donna bianca benestante pensare di integrarsi in una cultura fiera dominata dagli uomini come quella Masai pensando di continuare a fare la donna occidentale mantenendo dei comportamenti incomprensibili per la quella cultura? Il medesimo discorso vale per gli uomini e viceversa per un guerriero Masai che vorrebbe fare esattamente quello che faceva tra la sua gente, nel caso in cui dovesse vivere in una città europea. Anche in questo caso la risposta è negativa, a meno che non si rinunci (da una parte e dall'altra) alle proprie abitudini e ad una parte dei valori in cui si crede.
Può una donna bianca benestante accettare la poligamia e pensare di imporre un matrimonio monogamo? Su questo punto non mi soffermo, ma anche qui la risposta è negativa.
Per capire appieno lo spirito del libro merita una riflessione la figura di Lketinga, il guerriero Masai di cui si innamora Corinne; Lketinga è un uomo sinceramente innamorato, il suo amore è puro senza mediazioni e in primo momento attira Corinne, ma quando si manifesta in tutta la sua drammatcità la gelosia ecco che Corinne non è pronta ad accettare la sottomissione che richiedono le circostanze. Questo è il punto.
In Europa sono numerosissimi i casi di donne uccise per gelosia e nel nostro sentire comune "politcamente corretto" questo sentimento è respinto quando degenera in forma che possono diventare molto pericolose per la donna (in alcuni casi anche per l'uomo), ma in una cultura in cui il ruolo della donna è fondamentale per allevare i figli ogni pericolo che può venire da altri maschi in concorrenza è visto come un pericolo all'esistenza stessa dell'uomo e della sua famiglia. Non lo condividiamo ma dobbiamo comprenderlo, basta leggere la Bibbia per rendersi conto che questo era il modo degli uomini di rapportarsi alle donne sin dall'antichità. Ma la gelosia non era un semplice sentimento era qualcosa di diverso legato alla salvaguardia della famiglia e la donna era con i figli erano intangibili.
Al di là delle riflessioni che questo libro può suscitare, la sua lettura è consigliata, è un bellissimo libro racconta una storia commovente senza finzione che merita rispetto.