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29 dicembre 2011 4 29 /12 /dicembre /2011 05:40

Memorie-di-Giacomo-Casanova.jpgSe qualcuno si attende di trovare in questo libro ( o serie di libri a seconda delle edizioni) i particolari erotici delle avventure di Giacomo Casanova vedrà disattese le proprie aspettative, perchè queste memorie sono uno straordinario affresco della società del '700 di cui Casanova fu un perfetto interprete ed un'importante protagonista. 

Non è azzardato affermare che nessun personaggio del '700 più di Casanova, ha saputo meglio rappresentare quel secolo ed, ironia della sorte, la sua morte sopraggiunse quando la Rivoluzione Francese stava dando il colpo di grazia a quell'Ancient Regime a cui, non c'è dubbio, Casanova apparteneva non tanto perchè ne condividesse le idee quanto per frequentazioni di luoghi e personaggi che appartenevano a quella calsse sociale. 

QUALE EDIZIONE SCEGLIERE 

Giova al lettore interessato all'opera che in commercio vi sono varie edizioni delle memorie di Giacomo, la precisazione è d'obbligo perchè l'opera non è stata scritta in italiano ma in francese. 
Nel '700, il francese era la lingua internazionale dell'epoca, quindi si è dovuto tradurre il manoscritto originale; a parere mio la migliore versione è quella con la traduzione di Piero Chiara pubblicata dalla Mondadori nella collana "I Meridiani", ma vi è ache un'edizione più economica (due soli volumi) edita dalla Newton Compton; detta edizione che è stata tradotta da Pietro Bartalini Bigi e ha il pregio di avere 16 tavole a colori disegnate da Giorgio De Chirico. 
Entrambe le edizioni sono comunque buone per ciò che concerne la traduzione. 
Personalmente ho la versione edita da Dall'Oglio, per la collana "I Corvi - Collana Universale Moderna" acquistata al prezzo di lire 500 (cinquecento), questa edizione consta di 6 volumi formato pocket, contiene una lunga ed interessante prefazione dello stesso Casanova e numerose note di rimando che guidano il lettore alla scoperta non solo della vita dell'illustre veneziano, ma anche della società europea dell'epoca. 
"Memorie scritte da lui medesimo" è stato pubblicato da Garzanti ed è una versione ridotta rispetto a quella da me letta e indicata nelle righe precedenti. 

UN AFFRESCO DI UN'EPOCA 

In queste memorie il lettore vedrà che non si segue un punto fisso, Casanova stesso dice: 

non avendo tenuto di mira un punto fisso, il solo sistema da me adottato, se di sistema si possa parlare, è stato quello di abbandonarmi al vento che mi spingeva.Quante vicissitudini in questa indipendenza di metodo" 

Proprio questa precisazione ci permette di dire che nelle sue memorie Casanova non parla solo delle sue avventure ma parla anche della società dell'epoca che ben conosceva e di cui era assiduo frequentatore. 
Il Nostro ebbe, infatti, rapporti con i maggiori intellettuali dell'epoca: da Rousseau a Voltaire; con musicisti come Mozart e con personaggi della vita politica e di corte come Madame de Pompadour,Federico II di Prussia, Benedetto XIV, Caterina II di Russia etc. 

Come frequentatore delle corti europee e come diplomatico, Casanova entrò in relazione con le cancellerie delle potenze dell'epoca ma anche con i salotti più importanti: interessante a questo riguardo è la narrazione dell'incontro con la marchesa G. ( Casanova da galantuomo omette il nome) in cui Casanova fornisce tutta una serie di elementi che ci fanno capire che dovevasi trattare di una gran dama dell'aristocrazia romana animatrice del mondo salottiero dell'epoca, laddove si facevano gli incontri che contavano. 

E tra abati, cicisbei, gran dame ed eminenze, l'affresco diventa un racconto appassionante che potrebbe essere utilizzato come canovaccio per tessere la trama di un film. In questa lunga narrazione la vita di Casanova appare come un capolavoro mischiandosi con quella del mondo che all'epoca contava. Dai suoi racconti emerge la figura di un Casanova fu seduttore tout cour non solo di donne ma anche di molti personaggi importanti della vita politica del '700, fu proprio grazie a questa sua innata capacità che ebbe l'incarico di diplomatico e di agente segreto. 

CASANOVA E LE DONNE 

E' lo stesso Casanova che racconta quali furono i suoi rapporti con le donne, vediamo la sua interessante e per certi versi unica posizione: 

"Per quel che riguarda le donne, si tratta di inganni reciproci, che non si mettono in conto, perchè quando vi si immischia l'amore, di solito ci si inganna da una parte e dall'altra. 
Il temperamento sanguigno mi rese sensibilissimo alle voluttà; ero sempre allegroe disposto a passare da un godimento ad un altro nuovo, e nello stesso tempo molto ingegnoso nell'inventarli. 

IL CREDO DI CASANOVA 

Casanova dichiarava di credere in un Dio immateriale, autore e padrone di tutte le forme, non ha dubbi circa l'esistenza di Dio e confessa di essersi rivolto a Lui con la preghiera e di essere stato sempre esaudito. 
In questa confessione la seguente frase mi ha colpito particolarmente: 

"La disperazione uccide, ma la preghiera la fa sparire, e quando l'uomo ha pregato, acquista la fiducia in sé e agisce". 

Si tratta di un'affermazione che rivela un Casanova filosofo che non è affatto in contraddizione con il suo credo di libertino; scrive infatti a tal proposito Casanova: 

"Io non solo sono monoteista, ma cristiano fortificato dalla filosofia, la qual cosa non ha mai guastato". 

Il pensiero di Casanova è sicuramente l'aspetto più interessante che possiamo rilevare dalla lettura delle sue memorie che ci permettono di capire che cosa significasse per lui il libertinaggio di cui fu l'autentico interprete. 

I GUSTI DI CASANOVA IN FATTO DI CIBO E DI DONNE 

Casanova confessa di avere avuto per base un'eccellente morale che definisce "frutto necessario dei divini principi radicati nel mio cuore", ma ammette anche di "essere stato per tutta la vita vittima dei sensi", ma, diventato vecchio, ritiene che il suo comportamento fosse erroneo e arriva a connotarlo come una follia di gioventù. 
Ma pur ammettendo l'errore Casanova fa un vero e proprio elogio del piacere arrivando a confessare che : 

"Mi sono piaciute le pietanze fini: il pasticcio di maccheroni fatto da un buon cuoco napoletano, l'olla podrida degli Spagnoli, il merluzzo di Terranova ben grasso, la selvaggina con l'odore di chiuso e i formaggi la cui perfezione si manifesta quando i piccoli esseri che vi si formano dentro cominciano a diventare visibili". 

Gusti sui generis soprattutto in materia di formaggi, quanto poi alla selvaggina che sa di chiuso è interessante notare come i gusti gastronomici cambino con il tempo, il merluzzo di Terranova doveva essere una specialità per i palati fini dell'epoca, ma temo che, quanto ad odori, coloro che vivevano nel '700 accettavano un pò di tutto anche ciò che noi connotiamo semplicemente con il termine "puzza". 

Riguardo alle donne Casanova dichiara: 

"Quanto alle donne, mi è parso sempre soave l'odore di quelle che amavo. 
Che gusti depravati -dirà qualcuno- Che vergogna riconoscerli in sé e non arrossirne!". 

L'ESSENZA DEL LIBERTINAGGIO SECONDO CASANOVA 

In questa confessione Casanova si fa beffe delle critiche e dichiara da vero libertino (ecco l'essenza del libertinaggio) che non è possibile concepire Dio come un Essere Supremo che gode delle nostra astinenze e dei nostri dolori. 
Se Dio ci ha dato tante belle cose è perché di queste cose noi possiamo provare piacere e fa il seguente elenco: 

- Amor proprio (orgoglio che non va confuso con la superbia); 
- Desiderio di elogi (riconoscimento); 
- Sentimento di emulazione; 
- Forza; 
- Coraggio. 


"Coltivare il piacere dei sensi fu sempre la mia più notevole occupazione; non ne ebbi mai alcuna più importante. Sentendomi nato per il bel sesso, l'ho sempre amato e me ne sono fatto amare più che ho potuto. Ho anche amato la buona tavola con trasporto, e sono stato sempre appassionato per tutti gli oggetti che hanno eccitato la mia curiosità". 

 

Scritto di mia proprietà già pubblicato altrove

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Published by Caiomario - in Libri
27 dicembre 2011 2 27 /12 /dicembre /2011 07:30

 

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"Federazione, dal latino foedus, genitivo foederis, vale a dire patto, contratto, trattato, convenzione, alleanza, ecc, è una convenzione attraverso la quale uno o più gruppi comuni o di Stati si obbligano reciprocamente ed equamente gli uni verso gli altri per uno o più soggetti particolari, il cui carico incombe specialmente ed esclusivamente ai delegati della federazione"

P.J PROUDHON, Du principe fédératif. 1863, p. 67

 

Proudhon specifica che il contratto sociale nel sistema federale è qualcosa di più che una finzione, parla infatti di "patto positivo" ossia di un patto che è discusso, votato e proposto. Proudhon esprimeva questi concetti nel 1863, in Italia al contrario negli ultimi tempi si è parlato troppo e a sproposito di federalismo, un federalismo inutile e calato dall'alto che non serve ad arginare l'invadenza di uno Stato sprecone e accentratore.

Ma si sa a una buona parte degli italiani fa comodo e fa comodo anche ai teorici di un certo pseudofederalismo calato dall'alto.

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Published by Passieno - in Filosofia
11 dicembre 2011 7 11 /12 /dicembre /2011 19:00

 

 l-altra-casta-stefano-livadiotti-copia-1.jpg

 


Leggendo questo libro che nel titolo rieccheggia quello famoso di Gian Antonio Stella e Sergio Rizzo intitolato "La casta", alla fine ci si chiede quale sia l'intento dell'autore, per quanto nella parte introduttiva l'autore, Stefano Livadiotti, metta le mani avanti affermando "Questo libro, è bene chiarirlo, non intende mettere in discussione l'istituzione sindacato, cui nessuno si sogna di disconoscere una serie di meriti storici..." e poi specificando le finalità: "L'obiettivo è semmai puntato sul processo di degenerazione che il ruolo del sindacato sembra aver conosciuto negli ultimi anni e di cui l'opinione pubblica dà mostra di aver colto chiari segnali. manifestando un senso di rigetto che gli attuali leader sindacali farebbero bene a prendere molto sul serio". 

Il discorso che si sviluppa è particolarmente interessante, tenendo in considerazione anche che il libro è andato in stampa nella prima metà del marzo 2008 quando il governo Prodi sfiduciato dal parlamento era in regime di prorogatio solo per svolgere i compiti di ordinaria amministrazione, poco prima delle elezioni politiche che si sarebbero svolte il 13 e il 14 aprile 2008. 

Particolarmente interessante è quella parte del libro in cui viene analizzata la rappresentatività dei sindacati secondo un'indagine commissionata dall'economista Tito Boeri nel luglio del 2007, commentiamo il dato sconcertante: solo il 5,1% degli italiani si sente rappresentata dai sindacati, uno su venti, una percentuale davvero bassa che spiega il proliferare di sindacati come i vari Cobas, le ragioni di questa disaffezione nei confronti dei sindacati tradizionali sono molteplici ma sicuramente molte delle ragioni sono da rintracciarsi nel ruolo del sindacato riguardo alla questione dei diritti e riguardo alla questione occupazionale. 

PERCHE' i GIOVANI DOVREBBERO ESSERE RAPPRESENTATI DAI SINNDACATI? 

Boeri riporta un dato preoccupante e che riguarda l'età media degli iscritti al sindacato. 44 anni..... ma 2 milioni e 719 mila giovani (in base alle statistiche ufficiali) chi li rappresenta? Cosa ha da spartire il giovane precario con la baby pensionata che è andata in pensione a 40 anni e che per il resto della vita ha fatto la sanguisuga (a norma di legge) delle risorse della previdenza sociale? Può sentirsi rappresentato un giovane CO CO CO con partita IVA da un sindacato che difende i lavoratori del pubblico impiego superprotetti e illicenziabili e che spesso sono entrati nella Pubblica Amministrazione senza alcun merito? 

 
Che tipo di rappresentatività può avere un sindacato che è pronto a comprimere qualsiasi diritto in nome di una produttività che non mette in discussione prima di tutto il modello di sviluppo? Perchè parliamoci chiaramente ( inciso di chi scrive):per superare tutte le diatribe nate dalle decisioni di Marchionne basterebbe cambiare modello di sviluppo, non ci servono tutte quelle macchine e i lavoratori del settore auto dovrebbero essere i primi a rendersene conto, purtroppo molti di loro , (in nome dello stipendio, del tengo famiglia, del "ho il mutuo da pagare", della rata dell'auto e bla, bla) sono stati i primi ad avere assecondato le scelte di Bonanni (e quando dico Bonanni non dico CISL, pensando sempre che i segretari cambiano mentre i sindacati rimangono), li avete visti  i lavoratori quando escono od entrano nella fabbrica, non parlano hanno paura di rappresaglie e di essere licenziati, con un sindacato così che non mette in discussione il modello di sviluppo ma vuole continuare a produrre sempre più auto togliendo le pause ai lavoratori, i giovani si possono sentire rappresentati? 

Un altro motivo della disaffezione al sindacato sta nel fatto (ben evidenziato da Livadiotti) che "i giovani sfuggono anche perchè.....la propensione a prendere la tessera sindacale si assottiglia con il crescere del titolo di studio..sembrerebbe che "libri e sindacati non vanno troppo d'accordo" ma è proprio così o sono altre le ragioni? 

Il discorso ci porterebbe lontano ma non è possibile comprendere il nostro ragionamento se non si capisce perchè è nato il sindacato, il sindacato è sorto in un periodo in cui la coscienza collettiva del lavoratore, anche con un basso grado di scolarizzazione o del tutto assente, era elevata, c'era l'entusiasmo e la passione politica che spingevano i lavoratori ad aderire ai sindacati. 
Oggi è invalsa l'abitudine a dire che il sindacato non deve fare politica, si tratta di affermazioni bislacche e prive di consistenza perchè la scelta di una strategia sindacale è sempre politica, pertanto chi afferma ciò non solo dimostra una grande malafede ma soprattutto vuole relegare il sindacato a un ruolo amministrativo tipo quello del CAF, il sindacato non è nato per compilare dichiarazione dei redditi o come rifugium peccatorum e "sfogatorum" ( mi si permetta in questo caso il latino maccheronico!!!), a questo voleva ridurlo Berlusconi o l'ex ministro Sacconi che avrebbe ben visto un sindacato governativo e sempre più succube di scelte (queste si) politiche che vanno in una direzione completamente opposta a quelle che dovrebbero essere improntate alla lotta alla precarietà. 
Allora perchè i giovani dovrebbero essere rappresentati da questi mandarini che difendono la loro casta e quella di coloro che hanno tutto garantito (dipendenti pubblici e pensionati)?

I giovani non hanno comportamenti antisindacali precostituiti, durante l'intervento diel segretario della FIOM Maurizio Landini ad "Anno Zero" del 02.12.2010, i giovani presenti in esternone hanno condiviso le riflessioni, segno evidente che un sindacato (e una classe politica) non possono prescindere dalle istanze sociali;  chi le trascura o le liquida dicendo che i giovani per bene stanno a casa a studiare è destinato inevitabilmente al declino anche per questioni generazionali, i giovani hanno già vinto, gli esponenti della casta proni al volere del Principe sono destinati al tramonto. 

Molti dei fatti che Stefano Livadiotti racconta sono veri e condivisibili, si segnalano le riflessioni presenti nel capitolo/articolo intitolato "Se anche i parroci hanno un contratto", è interessante notare come la questione del contratto sia ormai diventata centrale nel dibattito sindacale e politico attuale, ma a parte le distorsioni ben evidenziate dall'autore, mi domando: può esistere un lavoro senza contratto? La necessità del contratto è solo una distorsione sindacale o uno dei cardini dell'istituto giuridico che regola i rapporti tra gli individui, compresi quelli lavorativi? 

Si è vero, "anche i parroci hanno un contratto" ma non diamo la colpa di questo ai sindacati, ai tempi di Cesare ogni categoria aveva un contratto, i contratti li hanno inventati i Romani (lettera maiuscola d'obbligo) e non è l'Italia che va controcorrente, è il mondo  della finanzache va verso i barbari (lettera minuscola è d'obbligo)...............AD MAIORA 
 

"Fatti non foste per viver come bruti"...............(DANTE ALIGHIERI) 


Stefano Livadiotti, L'altra casta, Bompiani, Milano 2008 
Euro 15,00 

ISNB 978-88452-6049-0 

PS: Manganellano i giovani che non vogliono una precarietà a vita,spaccano le ossa a chi protesta per non morire di cancro a causa dei rifiuti sotterrati, spaccano la testa ai pastori sardi che protestano per il prezzo del latte pagato pochi centesimi ( e poi il pecorino viene venduto a 20,00 euro al Kg al dettaqglio, Coop compresa), rompono le ossa a chi perde il lavoro, ma chi fa tutto questo dice che deve rispettare un ordine.....così ha sempre detto Paul Tibbets che ha pilotato l'Enola Gay...grazie anche a lui è stata portata la bomba atomica su Hiroshima e Nagasaki (non era un eroe).................se voleva si poteva rifiutare come.. Erich Priebke. (ma a quanto pare per lui non vale questa regola). 

***Articolo sviluppato secondo il libero esercizio del pensiero sancito dalla Costituzione Italiana.

 

Scritto espresso anche altrove

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Published by Passieno - in Libri
8 dicembre 2011 4 08 /12 /dicembre /2011 10:16

Ho letto numerosi libri sull'argomento "criminalità organizzata", dai romanzi ai saggi e credo che tutti meritino una lettura adeguata ed attenta che non si limiti ad una veloce "ricognizione" delle righe scritte; tuttavia nessuno dei libri che ho letto sino ad ora, affronta l'argomento su come vive chi si trovi in prima linea ad affrontare organizzazioni criminali pericolosissime e sanguinarie. Ovviamente dalla parte della legge. 

Un conto è infatti la denuncia di quanto accade che può, senza dubbio, fare crescere la coscienza civile del cittadino medio, un'altro conto è invece venire a conoscenza di come la vita di un esponente delle istituzioni possa essere condizionata quando lo stesso si trova a combattere con l'arma della legge, un'organizzazione insidiosa e radicata sul territorio come la camorra (ma lo stesso discorso vale per la mafia e la n'drangheta). 

"Solo per giustizia" è un bel libro autobiografico scritto dal magistrato Raffaele Cantone che ripercorre le tappe salienti della sua vita, in questo appassionato racconto emerge un ammirabile impegno personale tenuto dallo stesso dottor Cantone sin dai tempi dell'università. 
Dopo aver studiato nella facoltà di Giurisprudenza iniziò a lavorare nella Pubblica Amministrazione fino poi vincere il concorso per entrare in magistratura. Già dal racconto di questa parte della sua vita non possiamo che guardare con ammirazione la parte migliore d'Italia a cui senza dubbio Cantone appartiene. 
Bisogna riconoscere a questo proposito che non si rileva nessun autocompiacimento da parte dell'autore nel raccontare queste vicende personali, le conclusioni le può trarre infatti il lettore perché a differenza di una storia romanzata, quella raccontata da Cantone è la storia di un servitore dello Stato che affronta giorno dopo giorno un problema che non è solo criminale ma anche sociale viste le implicazioni che comporta a livello economico per tutta quella parte sana del Sud costretta spesso a subire prepotenze e violenze. 

Il titolo del libro "Solo per giustizia" è già di per sé emblematico e riassume i motivi per i quali un magistrato decide di servire lo Stato e la comunità, non bisogna mai dimenticare che per alcuni lavori gli ideali in cui uno crede sono un potente motore che spinge molte persone a fare delle cose che altri non farebbero mai, ma se così non fosse non avremo mai uno Stato ma semplicemente un'aggregazione di individui in perenne conflitto tra di loro. 

Dimenticarlo è facile sopratutto quando un laureato in legge cerca di entrare in magistratura solo per sistemarsi; dal mio punto di vista un lavoro come quello del magistrato non può essere affrontato con lo spirito di chi va svogliatamente tutti i giorni in ufficio e attende semplicemente che termini il proprio turno di lavoro. 

Tuttavia nonostante si provi ammirazione per questo impegno, dal libro emerge anche molta amarezza che non possiamo non condividere allorquando veniamo a conoscenza di quello che accade dopo che i delinquenti vengono assicurati alla giustizia. 
Come del resto ha raccontato un altro noto magistrato, il dottor Nicola Gratteri (Procuratore aggiunto della Repubblica presso il Tribunale di Reggio Calabria), spesso accade che per una legislazione assurda molti esponenti delle cosche vengano messi fuori e rincomincino a delinquere esattamente con le stesse modalità che ne avevano determinato l'arresto e la condanna. 

E' disarmante saperlo ma nello stesso tempo l'impegno di molti magistrati ci induce ad avere ancora fiducia nella giustizia essendo consapevoli del fatto che ci sono degli uomini delle istituzioni che solo per giustizia lavorano per assicurare alle patrie galere questi criminali costretti a vivere sotto terra come topi di fogna. 
Così hanno fatto Falcone, Borsellino e tutti gli altri magistrati che sono caduti servendo lo Stato e la comunità. 


Non c'è solo la peggiore Italia che piange e si lamenta, non c'è solo l'Italia di coloro che la vogliono dividere, ma c'è anche l'Italia di uomini che lottano e portano avanti quei valori che permettono a una società di non sfaldarsi e di rimanere coesa...è importante tenerlo sempre presente visto che la politica purtroppo non da un buon esempio. 

Infine sarebbe auspicabile che tutti noi cittadini normali diffidassimo di quei politici che ascrivono a se i meriti della lotta alla criminalità organizzata, in quanto  i risultati ottenuti sono sempre il frutto di anni di investigazioni che magistrati come il dottor Cantone hanno condotto in silenzio e senza clamore. 







Aggiornamento del 08/12/11: I libri del magistrato Raffaele Cantone e di Roberto Saviano sono stati trovati nel nascondiglio del boss della camorra Michele Zagaria.

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Published by Passieno - in Libri
3 dicembre 2011 6 03 /12 /dicembre /2011 06:18

Brevissima fu la vita di Carlo Gozzano, morto a soli trent'anni per tisi, ma nonostante i pochi anni vissuti, il poeta torinese si è contraddistinto per una raccolta di versi "I Colloqui", a cui deve la sua fama. 

Gozzano si è contraddistinto per una produzione lirica che ha rappresentato una reazione ad un certo Decadentismo che in D'Annunzio ebbe il suo massimo esponente, una reazione che si concretizzò in un distacco dai temi dannunziani, privilegiando i temi poetici di un certo romanticismo ottocentesco tipicamente borghese dove al centro della lirica vi sono i sentimenti, spesso anche banali, talvolta ridicoli ma sempre in contrapposizione a un presente di cui Gozzano avvertì tutta l'aridità. 

Inquadrato dai critici tra i cosiddetti "Crepuscolari", Gozzano si distingue per una poesia dove i toni sono smorzati, dove l'enfasi è messa da parte ma che comunque non può prescindere da quell'atmosfera decadente che comunque caratterizzò il periodo in cui visse. 

Molte delle liriche presenti ne "I Colloqui" seguono una mossa e spesso si aprono con un artificio che Gozzano utilizzò come incipit: una vecchia fotografia che ritrae una scena del passato. 

Come nel caso ad esempio della lirica "L'Amica di Nonna Speranza", dove il poeta ha davanti a sè una foto di mezzo secolo prima in cui è ritratta un amica della nonna e nella quale è presente una dedica: 

"....alla sua Speranza la sua Carlotta....." 28 giugno 1850 

proprio partendo da questa fotografia, Gozzano descrive un tipico salotto piemontese del Risorgimento con i suoi personaggi, che fanno discorsi banali ma anche ironici, dove il conformismo borghese trova la sua conferma materiale anche negli arredi: 

"Loreto impagliato ed il busto d'Alfieri, di Napoleone, 
i fiori in cornice (le buone cose di pessimo gusto), 
il caminetto un pò tetro, la scatole senza confetti 
i frutti di marmo protetti dalle campane di vetro, 

un qualche raro balocco, gli scrigni fatti di valve, 
gli oggetti col monitosalve, ricordo, le noci di cocco 

Venezia ritratta ai musaici, gli acquerelli un pò scialbi 
le stampe, i cofani, gli albi dipinti d'anemoni arcaici, 

le tele di Massimo d'Azeglio, le miniature, 
i dagherrotipi: figure sognanti in perplessità 

il gran lampadario vetusto che pende a mezzo il salone 
e immilla nel quarzo le buone cose di pessimo gusto, 

il cucù dell'ore che canta, le sedie parate a damasco 
chèrmisi..rinasco, rinasco del Mille ottocento cinquanta......................................... .......................... 


Uno stralcio della lirica per comprendere lo stile di Gozzano: intanto notiamo che anche Gozzano usa un linguaggio che è dei suoi tempi, ma è anche un linguaggio ricercato a volte bizzarro come nel caso dell'uso della parola dagherrotipi per indicare le fotografie, termine prettamente ottocentesco che viene ulteriormente storpiato, infatti usa il termine dagerrotipi con due erre, mentre il vecchio nome corretto è dagherotipo con una sola r. 

Ma oltre a questa ricercatezza lessicale, tutta la raccolta è caratterizzata da liriche che si rivolgono ai fantasmi del passato, una sorta di "polvere di passato" che rivela una corrispondenza emotiva e spirituale con tutto ciò che è diventato polvere; sembra che in tutta la raccolta si diffonda un odore di cimitero monumentale, di morte annunciata, di un uomo che non attende altro che la conclusione terrena della sua vita, presagendo una fine prematura e imminente. 

Ecco allora che l'unico dialogo può avvenire con chi è già morto perchè un morto, un fantasma dialoga solo con gli altri fantasmi. 

A parte questa caratteristica, le liriche contenute nella raccolta sono pregevoli e anche divertenti, per chi sa coglierne lo spirito sono un motivo d'arricchimento spirituale e di conoscenza dell'ambiente piemontese della seconda meta dell'Ottocento.

 

Recensione di mia proprietà, già pubblicata altrove

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Published by Passieno - in Libri
26 novembre 2011 6 26 /11 /novembre /2011 18:09

 

 

 

 

 

IL FILOSOFO, LO STORICO DELLA FILOSOFIA, IL PROFESSORE. LO STUDIOSO 

Per chi non ha mai avuto un approccio agli studi filosofici, il nome di Luodovico Geymonat è quello di un Carneade, al contrario intere generazioni di studenti di filosofia (ma non tutti) conoscono almeno il nome di Ludovico Geymonat, avendo avuto frequentazione con i suoi libri almeno a livello universitario, altri alle scuole medie superiori (classico e scientifico) hanno studiato sull'opera minore di Geymonat, il famoso manuale intitolato "Storia del pensiero filosofico e scientifico" ad uso dei licei. 
E' opportuno questo richiamo perchè con il titolo di "Storia del pensiero filosofico e scientifico" si fa riferimento, in questo articolo , all'opera maggiore che consta di 11 volumi ed è stata edita da Garzanti libri per la collana "Collezione maggiore
Rettifico quanto scritto nella descrizione dell'opera in quanto i volumi usciti dal 1970 al 1975 sono sei e che qui elenco: 

  • Vol. I- L'antichità - il medioevo 
  • Vol. II - Il Cinquecento - il Seicento
  • Vol. III- Il Settecento 
  • Vol IV - L'Ottocento 
  • Vol. V - Dall'Ottocento al Novecento 
  • Vol VI - Il Novecento 


I volumi aggiuntivi rispetto all'edizione del 1975 sono degli aggiornamenti sul Novecento, l'ultima edizione è stata pubblicata nel 1997. 
Il codice ISBN è 881125064 

Ludovico Geymonat è morto nel 1991, i volumi pubblicati postumi sono stati curati da studiosi del pensiero filosofico che hanno mantenuto l'impostazione del grande maestro. 

Dovendo parlare dell'opera è opportuna questa distinzione in quanto vi sono in giro numerose edizioni datate mentre nel tempo la grande opera enciclopedica di Geymonat si è arricchita di preziosi contributi ed è tuttora un prezioso punto di riferimento . 

Quando nasce la storia della filosofia come disciplina? Possiamo dire che la disciplina è sempre esistita sin dal momento in cui l'uomo ha incominciato a filosofare, gli stessi "Dialoghi" di Platone sono storia della filosofia perchè includono il pensiero di Socrate e rappresentano un esempio di ricostruzione del pensiero del filosofo da parte di un altro filosofo. Non è quindi eccessivo definire Platone come il primo storico della filosofia e come il primo interprete delle teorie filosofiche esposte prima di lui. 
Diceva Hegel che le opere dei filosofi non li hanno seguiti nelle tombe e che ogni periodo ha avuto la sua filosofia, possiamo aggiungere con molta umiltà che ogni epoca ha avuto i suoi interpreti delle filosofie passate. 

Geymonat può essere definito l'interprete della filosofia che ha seguito metodologicamente l'impostazione enciclopedica dell'illuminismo e che ha interpretato il pensiero filosofico secondo le categorie del marxismo. 
Geymonat era un razionalista, uomo di scienza e nel contempo filosofo della scienza, fu sua la prima cattedra di Filosofia della scienza istituita a Milano nel 1956. 
Proprio la sua formazione lo portò a concepire la storia delle idee filosofiche strettamente congiunta a quella del pensiero scientifico ed è questo il fatto che segna lo stacco rispetto ad altri modi di vedere la filosofia per esempio come supremo rimedio contro il dolore ma nello stesso tempo la sua impostazione razionalista lo portò ad essere un autentico interprete della filosofia come "epistème" in cui sono svelati il Senso e l'Origine del divenire che si deve liberare dalla protezione dell'immutabile. 
Geymonat era convinto che non ci poteva essere sviluppo sociale senza progresso tecnologico, probabilmente non aveva tutti i torti quando invitava ad abbandonare le elucubrazioni metafisiche ma c'è da dire che proprio in ambito filosofico sono nate tutte quelle perplessità verso le "magnifiche sorti e progressive" e a quali insidiosi vicoli ciechi possa portare l'eccessiva fiducia nel positivismo logico che non è in grado di esaurire le domande che da sempre assillano l'uomo. 

Se si esamina la struttura dell'opera si noterà che il pensiero filosofico che va dalle origini al Seicento è concentrato in due volumi, mentre è ampia la parte che riguarda la storia del pensiero filosofico che incomincia ad avere una sua fisionomia sempre più antimetafisica a partire dall'affermarsi del cosiddetto "metodo scientifico". 
Ampia è anche la parte dedicata alla scienza e linguaggio nel XX secolo e in particolare tutto ciò che concerne il dibattito epistemologico a partire da Karl Popper; Geymonat fu profondamente influenzato dal pensiero di Karl Popper e il metodo che seguì anche negli studi filosofici fu strettamente popperiano ritenendo che in filosofia si dovessero tenere disitinti il piano della scienza da quello della metafisica. 
Geymonat non sopportava la filosofia idealista e fu strenuo oppositore di Gentile e Croce, da questo punto di vista, pur con tutti i suoi limiti, Geymonat fu un filosofo proiettato verso la modernità e la sua visione, il suo modo di vedere le cose era sempre proiettato a distinguere anche in campo filosofico ciò che è vero da ciò che è falso. 
In base a questi presupposti la sua storia della filosofia è prima di tutto un'interpretazione della logica che è propria di ciascuna teoria filosofica, senza voler ridurre schematicamente il significato delle molte interpretazioni avanzate da Geymonat, possiamo concludere dicendo che la sua riflessione filosofica sul linguaggio e sulla scienza ha contribuito ad espandere illimitatamente l' approccio scientifico a questioni che tuttavia continuano ad essere irrisolte. 

Quello che rimane apprezzabile è invece il rigore scientifico, l'impianto metodologico e l'aver indicato gli strumenti operativi d'indagine..il che non è poco. 

L'opera è un'opera di consultazione, uno strumento ausiliario di studio che ha il pregio di dare ampio spazio al pensiero scientifico che ha ereditato la posizione centrale che la filosofia aveva nel passato. 

 

Articolo da me scritto anche altrove

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Published by Caiomario - in Filosofia
20 novembre 2011 7 20 /11 /novembre /2011 10:11
IL MONDO DEL POMODORO

Lo trattiamo tutti i giorni fresco, passato, pelato, secco, sott'olio, a pezzetti, sotto aceto e l'elenco potrebbe continuare perchè la versatilità di questo frutto ortivo ha favorito lo sviluppo di una molteplicità di modalità di conservazione e trasformazione che va da  quella più nota dei sistemi tradizionali dell'esperienza familiare e contadina  sino  alle tecniche più moderne impiegate dalla industria conserviera  e di trasformazione industriale.
Nel  libro, oltre ad un ampio ricettario, troviamo delle pagine dedicate alla coltivazione del pomodoro,  come ad esempio,  consigli  ed istruzioni sulle pratiche di coltivazione ortiva, essendo  la pianta del pomodoro una  pianta che  ramifica abbondantemente  e che ha bisogno di sostegni (canne, paletti di raffia per legarla) per crescere in altezza soprattutto per quelle varietà che si sviluppano in maniera indeterminata e che hanno un'ampia produzione fruttifera  a partire dal  mese di agosto.
Alcuni consigli da contadino, li ritengo molto utili perchè la pratica ortiva non è semplice: quando irrigare, come irrigare, come esporre le piante fa parte della vita quotidiana di chi è uso a questa pratica, problemi che non sussistono per 
la coltivazione industriale che utilizza varietà di  piante che  non hanno bisogno di sostegni.
Diversa è invece la pratica di '''coltivare pomodori in vaso''' soprattutto se vogliamo fare un orto sul balcone o su un terrazzo dove dovremmo attenerci ad alcune indicazioni molto importanti per la semina in vaso ( quando farla e come farla e come curare le piante durante lo sviluppo) e soprattutto che tipo di vaso scegliere e che tipo di terra utilizzare, ultimo ma non meno importante la varietà del pomodoro da mettere in vaso.
La parte più interessante del libro è quella in cui sono presenti le ricette con i pomodori  che, come ho detto nelle  righe precedenti, possono essere cucinati e preparati nella maniera più diversa: da quella più naturale ed insalatara in cui si utilizza il classico pomodorino di collina  o quello della varietà occhio di bue. Non mancano poi le ricette su come preparare i pomodori gratinati, fritti o al forno.
Un insieme di ricette semplici e veloci di facile preparazione e di ricette decisamente  più impegnative e più sfiziose ma che hanno come unico e solo  protagonista il pomodoro.

Nel libro oltre a centinaia di ricette  troviamo spiegate  le modalità di impiego delle varie qualità di pomodoro e numerosi suggerimenti che riguardano le semplici tecniche di conservazione da osservare in ambito domestico come quella suggerita per ottenere dei perfetti pomodori secchi che andrebbero sempre essiccati in pieno sole, in un luogo ventilato e protetti da una rete a maglie molto fini per  impedire alle mosche di posarsi. 

Il  libro fa parte della collana Compatti cucina  che comprende 27 libri monotematici in cui sono presenti  tante ricette sfiziose che vanno dalla preparazione dei primi piatti fino alle marmellate e i dolci di  cioccolato.



Titolo Voglia di cucinare pomodoro. Tutte le ricette
Prezzo € 7,90 
Anno di pubblicazione 2007
Pagine 448
Editore: Giunti Demetra (collana Compatti cucina)

 
 

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Published by Passieno - in Libri
18 novembre 2011 5 18 /11 /novembre /2011 10:12
Quando l'editore Streglio  diede alle stampe "La via del rifugio" correva l'anno 1907 Guido Gozzano aveva  24 anni,  scrisse da giovane e morirà giovanissimo nel 1916 a soli 33 anni; il 1907 fu un anno  nefasto per il poeta torinese in quanto scoprì di essere malato di tisi, una malattia mortale per l'epoca e che lo costrinse a ritirarsi a una vita privata sempre più solitaria.

Leggendo le poesie di Gozzano si è immersi in un'atmosfera in cui si avverte tutta l'inutilità della prosa ridondante quale ad esempio possiamo trovare in D'Annunzio, se c'è difatti un termine che secondo me rende appieno la caratteristica principale di questo modo di far poesia, quello è proprio il termine "crepuscolarismo", Gozzano non vuole vivere una "vita inimitabile" come D'Annunzio anzi rifiuta quel modello eroico, Gozzano è l'antieroe per eccellenza, malato e sfortunato e in lui ritroviamo il Leopardi più disarmato e senza speranze.

Un verso come "Pensa i bei giorni d'un autunno addietro"  della poesia "Santa Felicita" potrebbe essere preso ad emblema del suo intimo sentire, tuttavia bisogna evitare di vedere Gozzano per quello che (forse) non avrebbe mai voluto essere: credo infatti che in molte delle sue  poesie  ci sia uno slancio frenato che Gozzano cerca  di tenere a freno; questo istinto controllato però si traduce in mancanza di spontaneità ma nello stesso tempo si trasforma in una forma di ironia scanzonata che sembra stridere con il nostalgismo di maniera utilizzato in funzione antidannunziana.

Ma nonostante queste apparenti contraddizioni, trovo i poemetti di Gozzano ricchi di stimoli per la varietà del linguaggio utilizzato, un linguaggio spesso incline al preziosismo dove in ogni verso si rinviene una sorta di sguardo nostalgico verso il passato che finisce col diventare familiare al lettore.
Proprio per questo diversi critici hanno definito Gozzano l'inventore della nostalgia, a qualcuno potrebbe anche non piacere questo atteggiamento lirico-esistenziale che si volge solo indietro, ma credo che questo modo di scrivere sia anche espressione di buona parte della sensibilità dell'epoca che poco più tardi reagirà al tardo romanticismo e al crepuscolarismo andano incontro al dinamismo futurista.

 "La via del rifugio" è uno scritto della memoria che guarda al passato e in particolare all'età della scuola mentre il futuro sembra un qualcosa di impossibile. Leggendo la storia della vita di Gozzano sembra che molte delle cose accadute siano state da lui previste, ma forse ciò che troviamo nei suoi scritti  è solo un anelito di pace, un desiderio di trovare un rifugio sicuro o probabilmente un modo di non dire basta alla vita in un età giovanissima che sembra essere però quella di un uomo che ha già percorso un tratto considerevole della sua esistenza.

La mia scelta: Tra le poesie che ho trovato particolarmente gradevoli (anche se tristissime), segnaliamo "La morte del cardellino", una lirica delicata e sconsolata che parla della morte di un bimbo, la lirica si conclude con un verso che deve essere interpretato "Piccolo morto, la tua morte è bella", è quasi un epitaffio simile a quelli che si trovano sulle tombe dei bambini morti presenti nei cimiteri monumentali.

Ho accennato al fatto che Gozzano si contraddistingue per essere uno straordinario ricercatore della parola, un verso come quello presente ne "La morte del cardellino" che recita "nimbi d'asfodeli di menta e di lupinella", è sicuramente lontano dalla sensibilità dei contemporanei ma sono proprio quei termini desueti e ricercati che solleticano la curiosità del lettore introducendolo in un mondo dove la parola diventa musica e i versi evocano emozioni.

Un'altra poesia che merita di non entrare nell'oblio è "Il sogno cattivo": ci troviamo dinanzi ad un linguaggio che ricorda i poeti e gli scrittori inglesi dell'orrifico, pensare che "un pettine sottile di tartaruga e d'oro" passi su una massa di capelli che circonda un non volto dove si vede il cielo , può creare un senso smarrimento e di paura nei lettori più emotivi.

Non mancano comunque  poesie ricche di ironia e divertenti come "La bella del Re" dove si prende in giro una tale Ciaramella che "era bella" ed era la favorita del re, era  "sana, bionda e snella" fino a quando non sopraggiunse prima il decadimento fisico e poi la morte,  Gozzano conclude la  poesia sull morte di Ciaramella con questi versi ironici che sembrano quelli di una filastrocca "Ciaramella morta! Morta! Satanasso l'ha portata". 

La via del rifugio si compone di 25 poesie, in commercio vi sono diverse edizioni, si va dalla  prima edizione (originale) che costa ben 600,00 euro (un'edizione per bibliofili) sino alle edizioni più economiche che partono da 11,00 euro, quello che conta però è il contenuto.

"Nulla s'acquista e nulla va distrutto: o eternità dei secoli futuri" (Guido Gozzano)


Nota finale: C'è anche un Gozzano della speranza e non solo della desolazione che cerca la via del rifugio nella poesia, personalmente ho trovato molto gradevole una raccolta di fiabe poco conosciuta intitolata "La principessa si sposa"; consiglio la lettura anche di questo Gozzano scrittore di fiabe...
Articolo redatto in forma originale in data 15.05.2011 e pubblicato anche altrove
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Published by Caiomario - in Libri
17 novembre 2011 4 17 /11 /novembre /2011 11:38

 

Tra vagabondi e anticonformisti

Ho pensato bene prima di scrivere su questo libro che è tra i miei preferiti e che se dovessi collocare in un'immaginaria lista personale,lo metterei sicuramente tra i primi dieci, forse l'unico dei moderni preceduto da una lista di classici ma non datati titoli. 
Il motivo principale è dovuto al fatto che tanto si è scritto su questo libro che posso definire, senza temere alcuna smentita, una pietra miliare della cultura postmoderna, ma spesso lo si cita senza nemmeno averlo letto perchè il nome stesso evoca qualcosa di immaginifico predisponendo i suoi presunti estimatori a una traduzione delle proprie idee e dei propri sentimenti in immagini che rappresentano tutto quello che è stato in quel prolifico periodo che risale agli anni Cinquanta e Sessanta.
Nessun movimento musicale ( e chi fa delle recensioni musicali questo lo sa bene) potrebbe esistere almeno dal punto di vista culturale senza Kerouac: la musica come la letteratura ha sempre un retroterra culturale su cui affonda le proprie radici, niente nasce per caso e le note musicali si combinano seguendo la sensibilità dei tempi.
Il Rock e i suoi derivati, le band musicali e i vari selvaggi ( da non intendere in senso denigratorio ma con chiaro riferimento a "Il selvaggio" il film di Làszlò Benedek interpetato da Marlon Brando), il mito della strada, la spontaneità trovano il loro profeta in Jack Kerouac.

Il profeta nella prosa

 

Come Cristo si muoveva tra i profeti del suo tempo, profeta tra i profeti tra i quali spiccava il Battista, Kerouac non nasce dal nulla e non fu solo in quel fecondo e movimentato periodo, Allen Ginsberg (l'altro grande) fu il profeta nella poesia, Kerouac lo fu, senza alcuna ombra di dubbio, nella prosa.
Il movimento beat è stata la vera rivoluzione postmoderna del XX secolo, molto, ma molto tempo prima del 1968, i prodromi di quello che sarebbe stato il più grande rifiuto del vecchiume ideologico del mondo piccolo borghese e la messa in crisi dei valori dei matusa, nascono nella prima metà degli anni Cinquanta quando il momento di liberazione si fonde con quello beat che rappresentava già di per sè un'avanguardia innovativa e anticonformista.
Ed è proprio di quegli anni la pubblicazione di un romanzo Lolita del russo Vladimir Nabokov che provocò il più grande scandalo letterario della storia con riverberi non indifferenti nella società di allora; e non poteva essere diversamente visto il tema di rottura trattato: l'amore di un assassino per un'adolescente che tutti pensavano fosse sua figlia e che per di più non è la giovane ingenua e vittima delle circostanze ma una adolescente scaltra che prima abbandona l'amore maturo per uno scrittore che verrà ucciso dal protagonista e che poi scapperà con un giovane suo coetaneo.

I tempi erano ormai maturi, Lolita viene pubblicato nel 1957 ma una nuova generazione di giovani scrittori sentiva ancora più forte questa esigenza di scandalo e di provocazione:erano gli scrittori della beat generationWilliam Burroughs e Jack Kerouac; Burroughs dedito all'uso di stupefacenti fece della sua narativa il momento in cui raccontava la propria esperienza di vita vissuta nella marginalità fra gli isolati, gli esclusi e gli sbandati.
Ne uscì fuori la cosiddetta narrativa psichedelica con


Sulla strada (Jack Kerouac).......

......una prosa visionaria sospesa tra visioni surreali e realtà deformate ma con degli esiti letterari intensi ed unici.

 


Non c'è dubbio che i fondatori della beat generation furono Allen Ginsberg e Jack Kerouac, il primo rappresentò il profetismo critico nella poesia, mentre il secondo lo fu nella prosa, Ginsberg fu certamente più ideologizzato rispetto a Kerouac che rappresentava, forse l'anima più individualista del movimento beat, quella più esistenziale e meno mistica.
Kerouac trascorse buona parte della sua esistenza passando di mestiere in mestiere e praticando il vagabondaggio più come una sorta di nomadismo necessario alla sopravvivenza piuttosto che come pratica convinta volta alla ricerca di una vita autentica.
La città nella quale finalmente Kerouac decise di fermarsi fu San Francisco e questa scelta non fu casuale, la San Francisco degli anni Cinquanta era una città dove le avanguardie artistiche trovavano il terreno più fertile per esprimersi.
Ed è proprio nel clima di San Francisco che Kerouac concepisce e pubblica On
the Road, una città che Fernanda Pivano nella prefazione al libro, definisce npn a torto la nuova capitale letteraria d'America.
Della vita dei beat che costituivano l'avanguardia della protesta di quegli anni, Kerouac tracciò poi un ritratto in un altro libro di grande successo 
The Subterraneans pubblicato nel 1958.

I temi e lo stile letterario

Come per tutti i testi, l'attenzione del lettore non può che rivolgersi al contenuto tuttavia non è possibile attingere al contenuto se non anche attraverso la comprensione della struttura formale e dello stile letterario.

Sulla strada è incentrato sul tema del viaggio che assume un significato completamente diverso rispetto a quello che rappresenta per un viaggiatore moderno : è il viaggio come avvenimento puramente casuale che nel suo svolgersi ha spesso del singolare, dell'imprevisto e del fuori dal comune, il vagabondaggio è il vagare senza una meta, un errare da una meta all'altra senza un apparente percorso precostituito, il nomadismo assurge a stile di vita quale elemento caratterizzante di una generazione che ha fatto della vita all'aria aperta e nella strada quasi un'esigenza esistenziale.

Si tratta di un tema non completamente nuovo e più volte riproposto nella letteratura americana, basti pensare a Mark Twain con le sue Avventure di
Tom Sawyer o all'altrettanto celebre Huckleberry Finn oppure al dimenticato ma immenso Walt Whitman, il tema della frontiera fu quindi da sempre il motivo ideologico ed esistenziale dello spirito pioneristico che animò la cultura statunitense fin dalle origini.
Il mito fondante del viaggio, diventa un modello esistenziale che ebbe, sempre nel periodo in cui è ambientato il romanzo di Jack Kerouac, la sua massima espressione in James Dean, trasposizione filmica di un immagine che richiama i giovani dell'epoca ma forse il giovane di ogni tempo: l'irrequitezza, il bisogno di libertà, la voglia di stare insieme senza costrizioni vivendo all'aria aperta.

E fu anche profondamente innovativo lo stile e il linguaggio introdotto da Kerouac: l'uso del linguaggio sincopato, la soppressione nel mezzo di una parola di una o più lettere fu l'inizio di un modo di esprimersi gergale che da lì si diffonderà in tutto il mondo sino a costituire una caratteristica di quel minimalismo linguistico che ben conosciamo e che costituisce quasi una seconda lingua quale elemento di distinzione rispetto al parlare corretto e secondo le regole.
Eppure nonostante lo stile fortemente innovativo, dal punto di vista formale il testo mantiene le caratteristiche narrative tradizionali: si racconta una storia, un avvenimento mettendo in risalto le connessioni temporali, i rapporti di causa ed effetto rispettano i tempi necessari alla comprensione del lettore.
tempi verbali sono quelli narrativi. passato remoto, imperfetto, presente in modo che la prospettiva temporale sia sempre accuratamente in rilievo.
Il ritmo del romanzo è ben equilibrato le riflessioni danno spazio alle azioni, la descrizione non prevale nella narrazione, la tecnica del flash back è spesso usata per poter ritornare indietro, per riprendere il discorso senza che si perda il filo e il gusto della lettura.
L'assenza di un metalinguaggio non elimina comunque una lettura ipertestuale che rimanda ad un significato nascosto che necessita di essere decodificato per comprendere più il risvolto psicologico che il significato letterale della narrazione.

LA TRAMA

Il romanzo è la storia di due giovani Sal e Dean, il primo è un giovane dalle forti ambizioni letterarie, il secondo è appena uscito dal riformatorio, l'incontro tra i due sarà l'inizio del viaggio raccontato sotto forma di diario.
Se Sal è la voce narrante, Dean è colui che è il motore di ogni iniziativa ed è quello che esercita un fascino irresistibile su Sal che annota:

Dean è il compagno perfetto per mettersi sulla strada, perchè c'è addirittura nato sulla strada, nel 1926, mentre i suoi genitori si trovavano a passare per Salt Lake City a bordo di una vecchia automobile sfiancata, diretti a Los Angeles.

Tutto ha inizio a New York che è la città dell'efficienza dove è stato inventato tutto quello che regola la vita degli individui moderni, la città del tutto compreso, delle giornate di lavoro che durano un'intera giornata, la cittàsulla_strada_jack_kerouac__2641797.jpg finanziaria per eccellenza dove il conformismo di massa assume un significato paradigmatico assurgendo a simbolo della massificazione planetaria.

Per capire le motivazioni del viaggio bisogna comprendere il luogo di partenza perchè è questo che determinerà la meta finale, la scelta delle scelte, l'illusione che diventerà delusione.

Il significato del viaggio

Non c'è dubbio che l'attività lavorativa ha finito per assorbire tutto il tempo dell'individuo, si è calcolato che otto ore di lavoro possono impegnare un tempo che va dalle dodici alle quattrodici ore, comprendendo spostamenti, attese, pause per i pasti ed eventuali imprevisti, un tempo impegnato decisamente sproporzionato rispetto a quello che rimane da dedicare a se stessi.
Lo stesso termpo libero risulta pianificato, standardizzato: tutti nelle stesse palestre, tutti a vedere l'ultimo film in 3D, tutti a vedere la stessa partita nello stesso giorno.............una pianificazione del tempo voluta da altri e subita paradossalmente con una consapevolezza che fa dubitare sulla nostra capacità di discernimento.
La meta agognata sono le ferie dove il viaggio liberatorio è ancora quello del tutto compreso, del pacchetto turistico, del vilaggio turistico con il suo circus di pagliacci e con il divertimento forzato da grigliata sulla spiaggia....questo è il viaggio come è concepito da molti, una fuga in avanti che è anche un ritrovare in altri luoghi le stesse persone che sono le medesime che popolavano il luogo di partenza...l'incubo diventa organizzato.

Il viaggio On the Road è diverso, profondamente diverso, non è prima di tutto un viaggio coast to coast su fiammanti Harley Davidson ( a proposito i centauri che citano il libro senza averlo letto dovrebbero sapere cosa significa autostop) è il viaggio delle tappe che avvengono in autobus o in macchine rimediate, è il viaggio in autostop o salendo su una macchina il cui proprietario per portarci alla meta ci chiede quattro dollari, il mezzo di trasporto è un mezzo il fine è la meta, raggiungere la meta.

Il fatto stesso di non incentrare il viaggio sul mezzo è forse una scelta dliberata di Kerouac perchè quello che conta èriprendere il viaggio, muoversi, andare: il grande arido West, l'Illinois, la strada lungo le rive del Mississippi, Rock Island, Chicago, e poi la meta finale il Messico.

Che cosa rappresenti il Messico nel 1958 per dei giovani americani provenienti da New York è facilmente intuibile e lo si può riassumere nella esclamazione che Sal fa quando si trova immerso nel traffico di Città del Messico:

Questo è il traffico che ho sempre sognato! Tutti vanno dove vogliono 
(pag 382)

E' la Città del Messico del laissez-faire dove i conducenti degli autobus sono a piedi nudi pazzi e ghignanti, in maglietta.............., dove le bistecche costano solo 48 centesimi, un unico grande accampamento di zingari.....

Il finale è quello amaro del ritorno: Dean abbandona l'amico Sal che tuttavia non finirà di ammirarlo e lo stesso Sal dopo molto tempo dirà (conclusione):

E cos' in America quando il sole tramonta e me ne sto seduto sul vecchio molo diroccato del fiume a guardare i lunghi lunghi cieli sopra il New Jersey e sento
tutta quella terra nuda che si srotola in un'unica incredibile enorme massa fino alla costa occidentale, e a tutta quella strada che corre, e a tutta quella gente che sogna nella sua immensità, e so che a quell'ora nello Iowa i bambini stanno
piangendo nella terra in cui si lasciano piangere i bambini, e che stanotte spunteranno le stelle, e non sapete che Dio è Winnie Pooh?, e che la stella
della sera sta tramontando e spargendo le sue fioche scintille sulla prateria
proprio prima dell'arrivo della notte fonda che benedice la terra , oscura tutti i
fiumi, avvolge le vette e abbraccia le ultime spiagge, e che nessuno, nessuno sa
cosa toccherà a nessun altro se non il desolato stillicidio della vecchiaia che avanza, allora penso a Dean Moriarty penso perfino al vecchio Dean Moriarty padre che no nabbiamo mai trovato, penso a Dean Moriarty(pag.392)


Se questa non è poesia........


Concludendo per chi si volesse avvicinarsi alla lettura del testo, consiglio l'edizione della Oscar Mondadori che riporta l'introduzione dell'indimenticabile Fernanda Pivano, un'introduzione scritta nel 1958 che non diventerà mai obsoleta, forse la migliore che sia stata mai pubblicata e che ha il pregio di farci entrare in uno dei romanzi più belli e più suggestivi del periodo postmoderno, ignorare Kerouac è impossibile anche per chi ama la musica.... la beat generation fu arte, sperimentalismo, letteratura e musica.. ...........molte delle forme espressive contemporanee provengono da lì e probabilmente Jim Morrison, Jimi Hendrix e tanti altri furono fortemente influenziati da Kerouac.... non lo si può ignorare quando si parla di musica...


Segnalo anche una pregevole edizione in tiratura limitata sempre della Mondadori uscito nella collana Medusa, quello che cambia è la veste grafica e la copertina.


Grazie per l'attenzione e un saluto a tutti quelli che sono arrivati fino in fondo.


Scritto di mia proprietà già espresso altrove

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16 novembre 2011 3 16 /11 /novembre /2011 12:15
Le mutande ritrovate

Che un libro possa nascere da un paio di mutande può sembrare assurdo e provocatorio ma è proprio così è l'autrice a raccontarlo, quando narra l'irruzione della ex moglie(Claudia) del suo ragazzo di allora che ritrovando le sue (ddell'autrice) mutande, le tagliuzzò con un paio di forbicine da manicure.
Chiamandolo sul cellulare lo invitò a dargli delle spiegazioni dicendogli:

Meglio che te ne torni diritto a casa e mi spieghi di chi è questa porcheria se no ti
sfascio il furgone con un piede di porco e non è tutto lei mi deve una spiegazione
(Pag. 13).

Ritornando verso casa pensò come fosse possibile che i due ex, divorziati ormai da quattro anni, non la facessero finita con quella che definisce testualmente Tragedia greca.

E da questo personalissimo episodio fa tra se e sè una osservazione:

Credevo che col divorzio le persone rinunciassero a tormentare il loro ex partner


Non volendo togliervi il gusto di leggere il libro, mi limiterò a dirvi che quando Karen ritorna a casa con Matthew, trova la casa devastata da Claudia e in più tutti i prodotti del beauty case, gettati nel lavandino, il rossetto spiaccicato, lo stick del deodorante schiacciato dal coperchio.

Infine la minaccia: Tu e quella tr.....a me la pagherete. Renderò la sua vita un
inferno e anche la sua

E poi la spiegazione: Claudia non era riuscita, dopo il divorzio, a rifarsi una vita.
quello che invece si raccomanda a chi si separa (sottlinea la Karbo).


Non sei più sposato?

Da questo episodio in cui è coinvolta personalmente, incomincia una vera e propria ricognizione tra amici, parenti, conoscenti e incomincia il racconto di una serie di storie a volte tragiche, spesso amaramente comiche, storie con piccole e grabdi vendette, ma storie anche di depressione, ma è anche un libro di speranza dove la Karbo osserva:

Si dopo lo choc, il dolore la depressione, la solitudine e il travaglio, per rimettersi
in piedi c'è una luce in fondo al tunnel.

Dopo la storia personale, l'analisi

Oltre a straordinarie capacità di raccontatrice di storie, la Karbo si dimostra eccellente analista quando esamina, con uno stile mai pesante i legami complessi che si formano in una famiglia binucleare e come quando questi legami si spezzano che tipo di problematica si portano dietro.

Proprio per questo motivo il libro chiarisce la Karbo.

Non è un'apologia del divorzio (pag.25)

La legge della termodinamica

Applicando la legge che dice che nulla si crea e nulla si distrugge, la Karbo con disarmante semplicità ma anche con consolante saggezza osserva che un matrimonio finito è un matrimonio finito e queste considerazione la fa dalla prospettiva di chi non si mette sul pupito a far della morale, ma da chi ha vissuto in prima persona questa condizione di nuovo status.

Struttura del libro

Il libro si apre con una serie di ringraziamenti verso tutte quelle persone (persone vere) che le hanno permesso di scrivere il libro e in particolare:

con tutti gli ex e le ex che ho intervistato e che sono sopravissuti alla sofferenza
del divorzio

e specifica anche il proposito per poterci ridere sopra.

*Introduzione. L'episodio delle mutande
1. La cena di Mae West
2. Una storia privata di ex
3. L'"exatite"
4. Sempre e solo rabbia
5. Apprezzando la bellezza dell'eterno triangolo
6. Il linguaggio delle cose
7. L'arte di abusare del telefono
8. Chiamami Medea
9.La iattura delle feste


Nota finale

Un bel libro, il mio giudizio è positivo perchè l'autrice ha affrontato con ironia ma anche con molta serietà quel periodo che definisce di matrivorzio, in cui una persona si trova nel limbo di una situazione che non è definita, in cui tutto diventa ex, ex diventano anche le cose, gli animali, i parenti dell'uno e dell'altro e tutto questo lo fa con eleganza e ironia senza mai tracimare nell'inutile moralismo.

Da leggere senz'altro, da regalare non so dipende a chi lo si regala, non avendolo letto potrebbe anche prendersela a male.

Karen Karbo

Generazione ex. Storie di donne felicemente divorziate

Editore. Feltrinelli

Pagine 204

 

Scritto pubblicato anche altrove


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