L'escatologia dal punto di vista della teologia è il trattato dell'Aldilà, vale a dire di quello che avviene dopo la morte.
Come esiste un'antropologia filosofica che ha una visione dell'uomo sul piano puramente filosofico, così esiste un'antropologia teologica che studia l'uomo secondo una visione puramente teologica.
L'escatologia può essere considerata un proseguimento dell'antropologia teologica, il termine "escatologia" deriva dal greco "escata" e significa "ultime cose".
Vi sono tante denominazioni per indicare l'escatologia, una definizione corretta è la seguente:
"L'escatologia è il trattato dell'Aldilà del tempo e dell'Aldilà del visibile".
Come è stato trattato il tema della morte nell'antichità?
Con la morte finisce il tempo, dal punto di vista animale la morte fa parte di ogni essere in quanto tale e ne scandisce la vita.
Dal punto di vista della specie, però la vita continua!
La morte rappresenta un problema dal punto di vista umano, l'uomo a differenza dell'animale, si pone il problema del destino e guarda alla morte non come un evento normale, ma come un accadimento irrazionale e assurdo.
L'uomo, da sempre, ha cercato di dare una spiegazione alla morte e di comprenderne il significato.
Come la filosofia greca ha trattato il tema della morte:
Interpretazione soteriologica: Platone contrappone l'eternità dell'essere alla caduta del sensibile, quindi la morte per Platone è la liberazione suprema, la catarsi definitiva dell'impurità corporea.
Secondo Platone la morte non interessa all'anima, perché l'anima è incorruttibile, ma riguarda il corpo destinato al dissolvimento.
In Platone il dualismo anima e corpo non costituisce un'unità, ma una dualità di opposizione, è l'anima che è incarcerata dal corpo e la morte rappresenta la liberazione dell'anima.
Il Cristianesimo si differenzia dalla concezione platonica in quanto l'uomo è un composito non una dualità, tuttavia anche per il Cristianesimo la morte rappresenta una sublimazione.
Interpretazione eraclitea: Quella di Eraclito è la cosiddetta "concezione monistico-panteistica" in base alla quale il destino del singolo si dissolve nella vita del tutto.
Per Eraclito la morte è un momento del ritmo dell'universo, il singolo viene ingoiato nel tutto e la morte rientra nella concezione della vita del cosmo.
Hegel riprenderà questo concetto sostenendo che l'individuo è immerso nella universalità.
Per Hegel il singolo ha già il germe della morte perché tutto è un passaggio che porta allo Spirito Assoluto la cui universalità include i singoli che vengono messi come momenti del passaggio del cammino che porta allo Spirito Assoluto.