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5 aprile 2014 6 05 /04 /aprile /2014 09:46

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

La rivolta degli schiavi, ha inzio nella morale nel momento in cui il ressentiment diventa esso stesso creatore e produce valore: il ressentiment di quegli esseri cui è preclusa la reazione vera, quella dell'azione e che possono soddisfarsi solo grazie a una vendetta immaginaria.

 

  Non poter prendere a lungo sul serio i propri nemici, le proprie sventure e nemmeno le proprie malefatte, è tipico di nature forti, complete, dotate di un'eccedenza di forza plastica, imitatrice, apportatrice di salute come d'oblio.

 

Quanto di inoffensivo c'è nel debole, la viltà stessa di cui è ricco, il suo starsene alla porta, il suo inevitabile dover attendere, qui si fa un buon nome, è "pazienza", anzi è la virtù stessa; il non potersi vendicare, forse addirittura persono ("poichè essi non sanno quello che fanno - noi solo sappiamo quello che essi fanno!"). Parlano di "amare i propri nemici" e sudano parlandone.

 

Pretendere dalla forza che essa non si manifesti come forza. che essa non sia volontà di sopraffazione, volontà di oppressione, di potere, che essa non sia sete di nemici e di resistenze e di trionfi, è tanto assurdo come il pretendere della debolezza che essa si manifesti come forza.

 

Che gli agnelli non amino i grandi uccelli predatori non sorpende nessuno: ma non autorizza certo a rimproverare i grandi predatori per il fatto di cacciare gli agnellini.

 

Chi può comandare, chi è naturalmente "padrone", chi incede tirannico nelle azioni e nei gesti - non ha certo bisogno di contratti!

 

Si marchia qualcosa col fuoco, per farla imprimere nella memoria: solo ciò che non cessa di far male, resta nella memoria.

 

Non esistono dubbi sul fatto che la cattiva coscienza sia una malattia, ma una malattia quale potrebbe essere la gravidanza. Se andiamo alla ricerca delle condizioni in cui questa malattia è arrivata al suo culmine più atroce e sublime - vedremo cbe cosa con ciò ha fatto per la prima volta il suo ingresso nel mondo. Ma per questo occorre largo respiro - e, prima di ogni cosa, dobbiamo ancora tornare ancora una volta a un punto di vista precedente.

 

Chi può comandare, chi è naturalmente "padrone", chi incede tirannico nelle azioni e nei gesti - non ha certo bisogno di contratti!

 


 

 

 

 

 

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Published by Caiomario - in Filosofi: Nietzsche Friedrich
5 aprile 2014 6 05 /04 /aprile /2014 09:33

 

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IL LIBRO DELLA PROVOCAZIONE 

Tutti i libri di Friedrich Nietzsche rappresentano una sfida sulla quale i lettori di tutte le genrazioni si sono dovuti misurare perchè a differenza dei filosofi sistematici che proponevano un'interpretazione alternativa della realtà, Nietzsche si è sempre proposto di delineare i contorni di quella "filosofia dell'avvenire" di cui si sentiva il profeta, il libro infatti reca come sottotitolo "Preludio di una filosofia dell'avvenire" ed è un dissertare prima di tutto sul pregiudizio dei filosofi. 

Il libro scritto nel 1885 reca una prefazione dello stesso Nietzsche in cui si pone come obiettivo quello di smascherare la filosofia che aveva la pretesa di svelare la verità, in primis quella dei filosofi dogmatici che il Nostro paragona all'astrologia per le sue pretese di vaticinio e per la quale si sono spesi "lavoro, danaro, sagacia, pazienza", ma è anche una critica verso quell'oppressione "ecclesiastico cristiana" che Nietzsche riteneva una delle cause principali dell'imbrigliamento dello spirito dell'uomo che aveva necessita di liberarsi da quella condizione penosa in cui era stata gettata. 
Nell'ordine, ritiene responsabili di questa situazione che definisce la " pena dello spirito ": il gesuitismo e l'illuminismo democratico e proponendosi di vegliare perchè l'uomo europeo possa ritrovare quella libertà che sembrava compromessa prima di tutto da quei prgiudizi dei filosofi che con le loro teorie hanno sedotto le menti umane e soggiogato il loro spirito. 

***Nel capitolo primo, intitolato "Dei pregiudizi dei filosofi", il Nostro individua nei filosofi metafisici coloro i quali hanno alimentato la voglia di verità proponendo una spiegazione della verità che lui definisce un "guazzabuglio di delirio e bramosia", la credenza dei metafisici definita anche "credenza nell'antitesi dei valori" e che Nietzsche inquadra come apprezzamenti pregiudiziali. 
Nietzsche detestava la filosofia dei dogmatici e dei metafisici perchè li riteneva responsabili del più grande inganno perpetrato alle spalle dello spirito umano, Nietzsche è stato il filosofo del "forse" e il suo probabilismo è sicuramente un atteggiamento moderno alieno da qualsiasi certezza definitiva e poco incline a dare risposte certe e definitive. 

Lo stimolo a perseguire con tenacia questa strada di liberazione, nasce dal fatto che nessun sistema filosofico avrebbe mai sfiorato veramente il problema della "veracità" e i metafisici sono ancora peggiori perchè li ritiene dei disonesti peggiori anche dei mistici che vengono definiti come dei babbei perchè parlano di ispirazione. 

KANT E LA SUA TARTUFERIA 

Kant è il primo bersaglio di questa critica al quale rimprovera una "tartuferia altrettanto rigida (rispetto a quella dei metafisici) quanto morigerata" e la colpa principale di Kant è la sua disonestà perche attraverso la dialettica adesca e seduce proponendo quell'idea di imperativo categorico che è una raffinata malizia di "vecchi moralisti e predicatori di morale". 

SPINOZA E LA SUA CORAZZA 

Altro bersaglio della critica di Nietzsche è Baruch Spinoza che aveva mascherato la sua filosofia attraverso la forma matematica e lo scopo principale di Spinoza era l'intimidazione volta a scoraggiare chiunque avesse voluto gettare lo sguardo su quella che lui definisce la "Pallade Atena". 

LA GRANDE FILOSOFIA COME AUTOCONFESSIONE 

Nietzsche dopo aver dichiarato di avere capito che cosa era stata la cosiddetta grande filosofia e cioè un'autoconfessione del suo autore, si domanda quale sia il padre della filosofia e disconoscendo l'istinto della conoscenza come matrice originaria dalla quale si sono dispiegati tutti i ragionamenti filosofici, ma piuttosto ritenendo che un altro istinto umano sia all'origine del filosofare, un istinto che si è servito della conoscenza in quanto ogni istinto umano è "bramoso di dominio". 
Ecco perchè Nietzsche parla della filosofia come autoconfessione del suo autore, ritiene che nel filosofo non c'è nulla d'impersonale e che la sua filosofia non sia altro che una testimonianza di quello che lui è. 

PLATONE E LA SUA MESSINSCENA 

Altro bersaglio di questa critica è Platone e qui Nietzsche guarda con ammirazione il "velenoso scherzo" che Epicuro commise ai danni di Platone e dei Platonici definendoli "Dionisyo-kolakes" cioè commedianti e sembra condividere la critica del "vecchio maestro di Samo" che mal vedeva la messinscena messa su da Platone e i suoi discepoli. 

"SCHOPENHAUER CI DETTE AD INTENDERE........." 

Altro bersaglio di Nietzsche è il suo antico ispiratore, Schopenhauer che ha fatto solo una cosa, ha portato alle estreme conseguenze "il pregiudizio del volgo", il volere di cui parla Schopenhauer è qualcosa di molto più complicato e sarebbe opportuno essere meno filosofici nel definirlo e qui Nietzsche da una sua definizione di volere: 

*In ogni volere c'è una molteplicità di sensazioni tra cui quella muscolare che vorrebbe avvicinare o allontanare qualche cosa 

*Il volere è un atto del pensiero che comanda 

*Il volere è una passione, la passione del comando 

IL VECCHIO FILOLOGO 

Definendosi un vecchio filologo che vuole scoprire le bucce di queste cattive arti interpretative, Nietzsche ritiene che questo modo di fare folosofia non sia altro che un voler andare incontro agli "istinti democratici dell'anima moderna" e invita gli spiriti liberi a lasciarsi alle spalle la vecchia morale, di calpestarla e infine di schiacciarla rigettando tutti quei filosofi che lui ritiene solo degli avventurieri temerari. 

***Nel capitolo intitolato "Lo spirito libero" Nietzsche spiega che cosa sia la vera libertà dello spirito (non inteso in senso metafisico) che non può essere inficiata da quel desiderio di vendetta che avevano per sempio Spinoza e Giordano Bruno. 
Tutto ciò che comprime lo spirito è nemico della libertà come lo è stato l'atteggiamento di quei filosofi che si sono atteggiati a martiri portando alle estreme conseguenze la balordaggine della loro ipocrita indignazione morale. 
Prima di tutto lo spirito libero è quello di una nuova razza di filosofi che non volgiono andare d'accordo con tutti dicendo come stanno veramente le cose e qui Nietzsche speiga questo concetto con una straordinaria efficacia lirica: 

"...i fatti devono stare come stanno e sono sempre stati: le cose grandi sono riservate ai grandi, gli abissi ai profondi, le finezze e i brividi ai sottili, e per esprimerci sinteticamente con una sola parola, ai rari le cose rare" ( Friedrich Nietzsche, Al di là del bene e del male, Adhelphi, 1977, p. 48) 

Lo spirito libero è lo spirito curioso, indagatore della realtà fino alla crudeltà, è uno spirito sovrabbondante di "libero volere", esente da ogni pregiudizio, lo spirito libero è quello dei nuovi filosofi che tali saranno proprio perchè saranno "curiosi fino al vizio".......... 

***Il capitolo terzo intitolato "L'essere religioso" è forse il più provocatorio e quello che non può lasciare il lettore indifferente e segue quel principio di essere "indagatori fino alla crudeltà" di cui Nietzsche parlava nel capitolo precedente. 
L'essere religioso si è manifestato con una nevrosi religiosa che ha imposto tre pericolose "prescrizioni dietetiche": 
 

  • la solitudine 
  • il digiuno 
  • l'astinenza sessuale 


sino a che tale religione prescriverà queste assurdità, essa sarà foriera di superstizioni e dinanzi a questa mascherata che vuole comprimere la vita l'unica soluzione è andarsene altrove. 

C'è differenza tra la superstizione che comprime la vita e i sensi e la religiosità dei Greci che invece furono sempre pieni di gratitudine nei confronti della divinità, i Greci amavano la vita e non avevano paura di essa, il cristianesimo e ancora di più il cattolicesimo sono invece responsabili di aver compresso i sensi parlando solo di sacrificio e ravvisa in questo atteggiamento una sorta di crudeltà che non solo provoca sottomissione ma anche dolore, non amore ma odio della vita, non amore dei sensi ma odio nei confronti del sesso visto come qualcosa di sporco. 
La vera fede non è l'obbligo ma la libertà dalla fede che Nietzsche definisce "quella semistoica e sorridente noncuranza per la serietà della fede". 

****SENTENZE ED INTERMEZZI 

In questa parte ritroviamo il gusto di Nietzsche per l'aforisma, lo scritto breve, interessanti alcune sentenze brevi che riguardano la donna, ne riportiamo un paio e le commentiamo: 

* " Proprio le donne, sullo sfondo di tutta la loro personale vanità, hanno pur sempre un loro impersonale disprezzo - verso "la donna" - ". 

* "La donna impara a odiare nella misura in cui disimpara ad affascinare " 

* "Le stesse passioni nell'uomo e nella donna hanno un " tempo diverso" : perciò uomo e donna non cessano di fraintendersi " 

" Indagatori fino alla crudeltà ", così venivano invitati ad essere gli spiriti liberi e Nietzsche applica a se stesso immediatamente questo precetto, c'è una sorta di cinico piacere nel mettere a nudo i comportamenti che volenti o nolenti racchiudono una verità ed è innegabile che sui tempi diversi dell'uomo e della donna ci sono studi di psicologia, fisiologia, di sessuologia...tutti venuti dopo Nietzsche. 

***Altro capitolo di grande interesse è quello intitolato "Per la storia naturale della morale" dove Nietzsche spiega l'origine della morale e spiegando come, da quando è esistita l'umanità c'è sempre stata una grande massa di uomini che hanno obbedito a un piccolo numero di individui. 
Proprio questo fatto, questa situazione fisiologica e naturale è all'origine della morale che è stata sempre uno strumento per dominare gli uomini e per assoggetarli a quella logica dell'armento che è tipica di tutti i sottomessi. 
Il bene comune è diventato un bene morale che ha creato artificiosamente leggi e prescrizioni e che ha sempre avuto come fine quello di comandare il gregge che si è sempre illuso di vivere nell'uguaglianza la più grande calunnia che sia mai stata perpetrata ai danni dell'umanità. 
E' proprio la "morale dell'armento" quella che Nietzsche colpisce e sferza con parole che pesano e che vengono rivolte anche ai complici di questo stato di cose: i "melensi filosofastri" e i zelatori della fratellanza" 

La parte finale del libro intitolata "Che cos'è aristocratico" è uno sfogo ma è anche un voler confessare la propria condizione di solitudine e di iniziato del dio Dioniso, che non è più il dio del'ebrezza ma il genio del cuore che "fa ammutolire ogni voce troppo sonora", cosa significa questo? Significa che Nietzsche fa un elogio del silenzio e della predisposizione alla contemplazione dell'infinito che lui chiama la profondità del cielo. 

****Poetico e struggente l'epodo finale intitolato "Al di là dei monti", versi di intenso lirismo che ci rivelano l'animo più profondo di Nietzsche. 


L'edizione in mio possesso dell'opera è la seguente: 

F.Nietzsche, Al di là del bene e del male, Adelphi, 1977 

E' ancora l'edizione migliore e contiene una pregevole introduzione di Giorgio Colli, lo studioso che con Mazzino Montanari, ha curato l'edizione italiana delle opere di Friedrich Nietzsche. 


Dopo la sua lettura nulla sarà come prima..............

 

Articolo di proprietà dell'autore, già pubblicata altrove.

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Published by Caiomario - in Filosofi: Nietzsche Friedrich
5 aprile 2014 6 05 /04 /aprile /2014 07:52

NIETZSCHE

 

IL TRAGICO DESTINO DEL FILOSOFO SOLITARIO

Nell'ultimo capitolo di Al di là del bene e del male intitolato "Che cos'è aristocratico", Nietzsche indica nell'essere solitario l'unica strada percorribile per dedicarsi a quella "gioia del cuore" quale unico modo per  evitare qualsiasi contatto con l'inattualità dei valori che la collettività degli uomini voleva subire.
Un distacco che può anche essere inteso come una sorta di annientamento in quanto non era possibile possibile trovare amici con cui avere delle corrispondenze nè tantomeno nobili che possedessero quelle caratteristiche che lui riteneva necessarie per andare oltre, questo desiderio di distacco e di separazione lo porterà ad affermare che "la profonda sofferenza rende nobili; essa divide".
In Al di là del bene e del male il concetto della maschera trova la sua teorizzazione completa  che porterà il filosofo tedesco ad elaborare l'idea di fraintendimento in base alla quale dietro le opere dei veri nobili ( gli aristocratici) si nascondono i veri istinti e le opere stesse sono solo delle maschere.
Il vero aristocratico (inteso sempre in senso spirituale) è quello che non sente alcun bisogno di esserlo anzi chi crede di essere aristocratico in realtà non lo è affatto.
Quest'idea dell'essere aristocratico come colui che segue solo la sua natura e compie il distacco dal mondo, sarà una delle idee più affascinanti che è stata (ed è) presa a modello da tutti coloro (artisti, intellettuali) che vogliono andare controcorrente; in questo sta il vero pericolo del fraintendimento e parodossalmente nonostante Nietzsche abbia messo in guardia il lettore di non fermarsi alla maschera, molti prendono di Nietzsche la parte più superficiale, scindendo dal contesto originario frasi e pensieri che spesso vengono prese a modello per questa o quella corrente di pensiero modaiola che deve servire questa o quell'ideologia.

In Ecce homo Nietzsche scrive «Ho una paura terribile che mi facciano santo» ed effettivamente la santificazione del filosofo di Eilenburg è uno dei pericoli più insidiosi che lui stesso temeva, ecco perchè la divulgazione filosofica quando semplifica troppo, può portare a delle vere e proprie aberrazioni, ben diverse invece solo le letture di Nietzsche in chiave mitica che passano attraverso altre mediazioni culturali e che comunque fanno riferimento a tematiche famose della filosofia nietzschiana.

UN'OPERA TEMPESTOSA E PASSIONALE

Nel 1888 Nietzsche scrive Ecce homo è un'opera scritto in un momento di grandi turbamenti dovuti ad una malattia che gli procurava sempre più frequenti segni di squilibrio e di scissione completa dalla realtà.
È importante comunque non arrivare allo stereotipo che porta a semplificare anche questo aspetto, comunque importante della vita di Nietzsche, affermando che "Nietzsche era diventato pazzo"; il fatto che le sue condizioni psicologiche si sovrapposero ai suoi pensieri è una condizione ormai acclarata dai biografi e dagli esegeti ma comunque"Ecce homo non è altro che il risultato finale  della produzione nietzschiana e non solo dal punto di vista cronologico.
L'aver scritto tra la primavera del 1888 e i primi giorni del 1889 ben quattro opere è il segno che Nietzsche, abbandonata la fase della elaborazione ordinata del suo pensiero, abbandonasse quel criterio comunque organico, per quanto mai sistematico, che lo aveva condotto ad elaborare opere comunque ben organizzate.


L'OPERA CHE PRESENTA AL MONDO COME E' NIETZSCHE

Nel prologo dell'opera Nietzsche afferma, «Poichè prevedo che fra breve dovrò presentarmi all'umanità di fronte alla più grave esigenza che mai le sia stata proposta, mi sembra indispensabile dire chi sono io»
Nietzsche decide di gettare la maschera e si lamenta del fatto che: «la sproporzione fra la grandezza del mio compito e la piccolezza dei miei contemporanei si è dimostrata nel fatto che questi non mi ascoltano, e neppure mi vedono.............In queste circostanze io ho un dovere, contro cui si rivoltano in fondo, le mie abitudini, e ancor più la fierezza dei miei istinti, e cioè quello di dire: Ascoltatemi! Perchè sono questo o quello. E soprattutto non scambiatemi per altro!» (Friedrich Nietzsche, Ecce homo, Ditirambi di Dioniso, Nietzsche contra Wagner, Poesie e scelta postumi 1888.1889, Mondadori, 1977,p.5)
Da queste parole emergono delle premesse che spiegano anche lo spirito dell'opera e che possiamo così sintetizzare.

*Nietzsche si sente investito da un grande compito che è sproporzionato rispetto al pensiero dei contemporanei.

*I suoi contemporanei sono inadeguati a comprendere quanto da lui sostenuto.

*Esplicitare ulteriormente il suo pensiero è un dovere ma è anche una spinta dovuta alla fierezza dei suoi isitinti.

*Consapevole di essere poco ascoltato, invita gli spiriti liberi ad ascoltarlo per rivelare se stesso, gettando la maschera, ogni maschera che fino ad allora avrebbe potuto creare dei fraintendimenti.

"PREFERIREI ESSERE UN SATIRO PIUTTOSTO CHE UN SANTO"

Dichiarandosi per l'ennesima volta seguace di Dioniso e non come colui che vuole migliorare l'umanità, Nietzsche afferma che il suo unico e vero obiettivo è rovesciare gli idoli parola, come da lui stesso esplicitato, usata per indicare gli ideali.
Gli ideali a cui fa riferimento sono il mondo finto, quello rappresentato dai filosofi che hanno preso in giro l'umanità, dai commedianti della parola come Platone ad esempio, che hanno elevato a menzogna le fantasie dialettiche ingannando l'umanità inducendola ad adorare "valori inversi di quelli che soli le potrebbero garantire la crescita, l'avvenire, il sovrano diritto dell'avvenire". Bisogna fare quindi pulizia con se stessi, eliminando tutti gli idoli menzogneri per respirare un'aria forte e salubre, Nietzsche dice di non pretendere alcuna fede e di non volere fare prediche anzi addirittura invita con un ordine perentorio i suoi lettori a rinnegarlo perchè solo in questo modo il suo pensiero ritornerà tra coloro che lo hanno respinto.

PERCHE' SONO COSI' SAGGIO

Nietzsche rassegnò le dimissioni da professore universitario nel 1879, rinunciando alla cattedra di professore universitario come confessa proprio nella pagine di Ecce homo e diventando un'ombra, da questa esperienza esistenziale paror' una delle sue opere più belle Il viandante e la sua ombra, un'opera in cui Nietzsche appare in tutta la sua lucidità, nonostante venisse tormentato da terribili emicranie («durante le torture che mi diede una volta il cervello ininterrottamente per tre giorni, accompagnate da un penoso vomito di muco....»in op. cit. p11).
Eppure in quelle circostanze Nietzsche perfezionò la sua capacità di vedere dietro l'angolo, di non fermarsi alle apparenze.

NIETZSCHE SI CONFESSA

In Ecce homo tutte le righe sono autobiografiche ed è interessante la parte che riguarda il suo rapporto coni genitori nei confronti dei quali non riconosce nessuna affinità, ritenendosi un uomo di sensibilità e natura superiore ritiene che il suo vero padre potrebbe essere Giulio Cesare o Alessandro.
Detto così questo concetto potrebbe apparire terribile ma in realtà il concetto espresso da Nietzsche è un concetto profondo: i veri padri non sono quelli biologici ma quelli che in qualche modo abbiamo preso come punto di riferimento e che ci hanno influenzato con la loro vita e le loro opere, siamo ciò che siamo ma siamo anche quello che siamo diventati .

L'ISTINTO DI PULIZIA

Nietzsche spiega quello che definisce un tratto della sua natura e che definisce l'istinto di pulizia, l'istinto di pulizia è il bisogno di liberarsi da tutta quella sporcizia che copre le nature lordate dagli idoli, dai falsi ideali e invocare la solitudine non è altro che cercare una strada terapeutica per arrivare alla guarigione del peggior male che abbia ammmorbato l'umanità fin dai suoi inizi.

«La nausea per l'uomo, per la canagli è stato sempre il mio più grande pericolo»(in op. cit. p.20)

Ecco allora che l'unica strada percorribile è la solitudine per vivere al di sopra di queste canaglie lordate dagli idoli, 2vicini alle aquile, vicini alla neve, vicini al sole"

PERCHE' SCRIVO LIBRI COSI' BUONI

E' un capitolo particolarmente interessante perchè Nietzsche precisa " una cosa sono io, una cosa sono i miei libri", ritorna il concetto espresso in "Al di là del bene e del male", le opere sono solo una maschera che nasconde la vera natura dell'uomo aristocratico.
Proprio per il fatto che Nietzsche non vuole essere scambiato per un altro spiega che cosa è il superuomo, il superuomo non va inteso in senso darwinisitico come un essere tutto muscoli superiore dal punto di vista biologico e non è neanche un tipo ideale, il superuomo "designa un tipo benriuscito al massimo grado" contrapposto all'uomo moderno, all'uomo buono, ai crisitiani e ai nichilisti.

Questa esplicitazione di Nietzsche avrebbe dovuto evitare fraintendimenti ma evidentemente molti teorizzatori del superuomo  hanno frainteso Nietzsche e non hanno letto Ecce homo perchè non esiste nessuna ombra di dubbio che la stessa interpretazione di D'Annunzio fu dovuta a poca conoscenza del pensiero di Nietzsche, quando D'Annunzio scrive  nella prefazione del "Trionfo della morte,"Noi tendiamo l'orecchio alla voce del magnanimo Zarathustra..e prepariamo con sicura fede l'avvento del superuomo" fraintende Nietzsche che anzi invitava a rigettare Zarathustra e proprio nella prefazione di Ecce homo, dove egli scrive:

«Andate via da me e guardatevi da Zarathustra! Ancora meglio: vergognatevi di lui! Forse vi ha ingannato.»




"Ah!
Dignità, alzati!
Soffia, soffia di nuovo,
mantice della virtù!
Ah!
Ancora una volta ruggire,
ruggire moralmente ruggire
come leone morale dinanzi alle figlie del deserto!
-Poichè l'ululato della virtù,
fanciulle graziosissime
è più di ogni altra cosa
un fervore di Europei, un'avidità di Europei!
Ed eccomi già in piedi,
come Europeo
non posso fare altrimenti, Dio mi aiuti!
Amen"
(F. NIETZSCHE, Ditirambi di Dioniso, in op. cit. p. 113)

QUALE EDIZIONE SCEGLIERE

L'unica edizione da scegliere è quella che si rifà al testo critico stabilito da Giorgio Colli e Mazzino Montanari, altre edizioni non sono scientificamente attendibili.

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5 aprile 2014 6 05 /04 /aprile /2014 05:28

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La nascita della tragedia

 

 

 

Fulvio Papi, uno dei più importanti studiosi della storia del pensiero filosofico ha osservato che "la filosofia in Nietzsche può essere letta come una risposta distruttiva alla civiltà intellettuale dell'epoca positivista",(1) definire pertanto Friedrich Nietzsche un moralista, nel senso che tale termine ha nell'accezione corrente, significa non averne compreso il pensiero. Nietzsche mise, infatti, in discussione tutti i cosiddetti valori oggettivi e la morale dominante, insieme alla verità, al progesso e alla scienza che venivano visti come una parte negativa e reattiva alla volontà di potenza.


L'obiettivo di Nietzsche fu quello di individuare un'alternativa ai "valori" decadenti esaltati dal Positivismo e il nucleo essenziale dell'interpretazione della vita come realizzazione che dipende dall'affermazione sono da rintracciare nei suoi studi sulla filosofia greca  e in particolare sulla critica al modo in cui gli accademici del tempo trattavano la cultura classica ridotta a pura curiosità. La prima opera filosofica di Nietzsche è "La nascita della tragedia dallo spirito della musica, ovvero: grecità e pessimismo", opera pubblicata nel 1872 che costituisce una vera e propria analisi  del tutto inedita e originale sul pensiero greco, un'opera che rappresenta anche una critica alla cultura occidentale e il cui obiettivo è un rinnovamento profondo della filosofia tradizionale che passa attraverso la trasmutazione dei valori fino ad allora ritenuti fondanti.

Per comprendere quindi i temi salienti della filosofia di Nietzsche, bisogna partire proprio da "La nascita della tragedia", un 'opera che venne accolta freddamente dal mondo accademico coevo al filosofo tedesco, mondo accademico che non poteva accettare l'accusa di essere il responsabile di un'interpetazione fuorviante della grecità. Nietzsche, infatti, sosteneva ne "La nascita della tragedia" che l'idea che noi moderni abbiamo della Grecia antica è del tutto erronea e  che questo dipende dal fatto che gli storiografi avevano da sempre trasmesso l'immagine di una cultura greca incentrata sull'idea del bello e della razionalità, mentre in realtà questo sistema di valori era quello dell'Atene del V secolo. L'attacco che Nietzsche rivolge a questa interpretazione falsa e fuorviante data dagli storiografi a partire dai Padri della Chiesa è appassionato e polemico e ha un solo intento: dimostrare che il vero spirito greco non è quello delle forme perfette riconducibili al periodo classico e per fare questo Nietzsche si prefigge di spiegare le origini e le peculiarità della tragedia attica.


Nelle prime pagine de "La nascita della tragedia" si trova un riferimento a Sileno, il fauno precettore di Dioniso che affermava che per l'uomo sarebbe meglio non essere mai venuto al mondo, ma che una volta nato sarebbe stato meglio morire presto. Una citazione da cui si dipana poi tutta l'impostazione della originale teoria di Nietzsche, teoria che non ha alcun punto di contatto con le interpretazioni fino ad allora date sul pensiero greco. Ne "La nascita della tragedia" troviamo tutte le "figure" presenti nelle opere filosofiche successive in cui il "paradosso", la contrapposizione  trovano la loro spiegazione nella metafora di Apollo e Dioniso. Lo spirito greco quindi -secondo il filosofo tedesco- trae le origini nella contrapposizione di due principi opposti: il dionisiaco quale espressione massima dell'ebbrezza e dell'istintività e l'apollineo definito "il mondo perfetto dell'intuizione".

Dioniso rappresenta il caos, l'ebbrezza, lo smembramento e il distacco dall'unità originaria ma anche la definitiva liberazione dalla propria individualità e la riunione con la natura. Dioniso è la divinità che non ha limite che produce lacerazione e dolore, il dio che crea e distrugge e nel contempo pietrifica, la divinità che si manifesta nella danza e nella musica.; Apollo è la figura che invece esige compiutezza e misura, il dio delle forme razionali che si materializzano nella scultura e nell'architettura.

La nascita della tragedia viene definita da Nietzsche come l'unità originaria dove Apollo e Dioniso erano paradossalmente la ragione stessa di un equilibrio che, seppur precario, non poteva esistere senza la presenza di entrambi. Tuttavia in questo equilibrio necessario delineato da Nietzsche, la figura di Dioniso assume un ruolo centrale: la tragedia nasce grazie alla liberazione delle pulsioni vitali ed istintive messe in atto da Dioniso che non potrebbe arrivare a manifestarle senza Apollo, indispensabile per dare forma all'istinto ma assolutamente mancante di creatività.

Apollo rappresenta la chiarezza, la forma, la misura e come scrive Walter F.Otto :"Apollo rifiuta tutto ciò che è troppo intimo, l'attaccamento alle cose, la visione poco netta e così pure le complicazioni psichiche, il rapimento mistico e il sogno estetico" (2)

 

Quel che è importante comprendere  è che per Nietzsche Apollo non ha senso senza Dioniso e viceversa Dioniso non può manifestarsi in forma compiuta senza Apollo, la tragedia attica è il momento in cui Apollo parla la lingua di Dioniso, è la fase del rapimento estatico che, grazie all'elemento musicale, è sogno e incantesimo. Ma se Nietzsche delinea in modo puntuale la nascita della tragedia individua anche il responsabile della sua morte: Euripide che eliminando la musica dalla tragedia ne ha decretato la sua fine, una tragedia senza l'elemento dionisiaco per eccellenza perde la sua stessa ragione d'essere. È Euripide colui il quale inaugura la stagione dell'ottimismo e della razionalità, un siffatto uomo non può comprendere la "gaya scienza" ed è ostile al pessimismo della tragedia e al senso di sofferenza che aveva il greco delle origini. Colui il quale però ha eliminato qualsiasi possibilità di rinascita della tragedia è Socrate che fa irruzione nel palcoscenico dove veniva rappresentata la tragedia per cacciare qualsiasi elemento irrazionale, per relegare il tragico nel cimitero delle cose morte; dalle sue idee troverà ispirazione Platone considerato da Nietzsche l'inziatore del romanzo nel quale si mescola dramma e tensione emotiva, lirica e prosa. E con il razionalismo socratico e le idee di Platone nascerà una cultura debole che condizionerà per sempre il pensiero occidentale.

 

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Fonte immagine:http://www.flickr.com/photos/39024719@N06/3585900146

Album di mansionwb

 

Nietzsche sembra ipotizzare l'idea della rinascita della tragedia in epoca moderna ed invidua nella musica di Wagner, nella filosofia di Kant e di Schopenauer gli elementi che pemettono alla grecità di risorgere, ma questa ipotesi sarà abbandonata quando si verificò il definitivo distacco da Wagner. La Grecia antica per il filosofo tedesco ha sempre rappresentato  il vertice di ogni civiltà e il tentativo di annientarla nasceva solo dall'invidia e dal risentimento di chi ne avvertiva l'incolmabile distanza e superiorità.

 

(1) Filosofie e Società, Bologna, Zanichelli, 1979, p. 338.
(2) F.W. Otto, Gli dèi della Grecia, Milano, Il Saggiatore, 1968, p.99.

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    Come leggere le favole di La Fontaine Tra le note presenti in molte edizioni de "Le Favole" di La Fontaine, troviamo due raccomandazioni che dovrebbero indicare la tipologia di lettori: la prima consiglia la narrazione del libro ai bambini di quattro...
  • La scoperta dell'alfabeto - Luigi Malerba
    TRA LIEVE IRONIA E IMPEGNO MORALE Luigi Malerba nato a Berceto ( Parma ) nel 1927 , sceneggiatore, giornalista ha partecipato al Gruppo 63 e fa parte di quel movimento intellettuale che è stato definito della Neoavanguardia, partito da posizioni sperimentaliste...
  • La Certosa di Parma - Stendhal
    Ambientato in un Italia ottocentesca in parte fantastica, in parte reale, le avventure di Fabrizio del Dongo si snodano in una serie di incontri e peripezie al termine dei quali si trova il luogo ... ECCO L'ITALIA CHE TROVÒ MARIE-HENRY STENDHAL QUANDO...
  • Il nuovo etnocentrismo in nome della lotta al razzismo
    Sino al 1492 esistevano in America delle genti chiamate genericamente Amerindie (aztechi, maya, toltechi etc.) che costituivano il patrimonio umano e culturale di quelle terre. Sappiamo come le cose sono andate dopo quella data, da quel momento è iniziato...
  • Il ritratto di Dorian Gray - Oscar Wilde
    Letteratura, cinema e teatro, un ritratto che non invecchia. Il ritratto di Dorian Gray è un classico della letteratura, almeno così viene definito e ogni volta che si deve usare questa espressione bisognerebbe farlo con una certa riluttanza perché c'è...
  • Filosofi: Bruno Giordano
    VITA, OPERE Giordano Bruno (Nola, 1548-1600), entrò a diciotto anni a far parte dell'Ordine dei Domenicani nei confronti del quale mostrò insofferenza per la disciplina e per l'indirizzo culturale. Nel 1576 abbandonò l'Ordine perché sospettato di posizioni...
  • Poco o niente. Eravamo poveri. Torneremo poveri - Giampaolo Pansa
    Pansa ha la capacità di saper leggere la realtà e non semplicemente di interpretarla, la sua "narrazione" suscita stupore ed è sempre spiazzante e al di là del fatto che i suoi libri riescano a raggiungere i primi posti delle classifiche dei libri più...

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