Evola si interessò a molte manifestazioni della cultura umana tra cui anche quelle che riguardavano la musica moderna e il jazz; nell'opera "Cavalcare la tigre" non poteva mancare una trattazione dell'argomento dedicata in particolare proprio alle correnti della musica moderna in cui egli mostrò una capacità di approfondimento non comune. Al di là del giudizio che ognuno può esprimere sul proprio grado di affinità con le posizioni di Evola in materia musicale, resta il fatto che esiste una asimmetria tra l'Evola artista futurista e svincolato dai canoni del classicismo e il teorico della Tradizione severo nei confronti di forme musicali in cui egli rilevò la prevalenza dell'elemento fisico rispetto a quello intellettuale.
In una civiltà del divenire come quella moderna - secondo Evola - si può parlare di una "demonìa occidentale della musica", la musica è diventata un fenomeno invadente che ha dato avvio a situazioni autodissolutive analoghe a quelle dell'arte moderna.
La musica moderna occidentale si è distaccata dalla precendente linea melodrammatica ed eroico-romantica del passato per diventare un fenomeno in cui prevale l'elemento fisico.
Cosa vuol dire Evola quando fa riferimento alla musica in cui prevale l'intellettualizzazione rispetto a quella in cui si afferma l'elemento fisico?
La musica è suono, una musica senza elemento fisico è silenzio, nulla assoluto ma non è su questo piano che va intesa la critica di Evola che si sofferma, invece, sulla riduzione della musica ad attività descrittiva della natura in cui il musicista intellettuale ha deciso deliberatamente di incontrare l'elemento fisico ed elementare "sul genere di Pacific 231 di Honegger e di Fonderie d'acciaio di Mossolov".
Un'altra caratteristica della musica moderna è stata quella di sostituire la musica-canto e la musica-patetica con la musica-danza; proprio questo aspetto è giudicato da Evola positivo in quanto la funzione della musica riacquista la capacità di liberare l'uomo che -aggiungiamo noi- si può trovare nelle danze evocatrici della cultura greco-dionisiaca.
Quindi per Evola non tutta la musica moderna è da rigettare bensì quella dodecafonica sulla quale il filosofo tedesco Adorno ebbe usò nell'opera Filosofia della musica moderna questa efficace espressione: "La dodecafonia è il nostro destino" (riportiamo la citazione fatta da Evola).
Se le note di una musica cessano di provocare emozione sono paragonabili alle "pure entità algebriche della fisica moderna"; il sottofondo di questo modo di fare musica -rincara la dose Evola- "è una devastazione interiore".
L'atto terminale che sembra avere rotto ogni argine rompendo con la tradizione della musica come armonia lo si ritrova nella cosiddetta "musica concreta" che non è altro che una rassegna organizzata di rumori che vengono assemblati insieme a dei suoni orchestrali.
Nel quadro convulso e agitato descritto da Evola viene incluso il jazz, espressione di una tendenza che trova largo seguito nel mondo moderno, una tendenza che egli definisce "una voga aberrante superficiale" da inquadrare nel rango della musica puramente fisica e che poco si ferma all'anima.
Nel jazz - conclude Evola- al posto della graziosità e dello slancio propri delle precedenti musiche europee come, ad esempio, il valzer viennese "si sostituisce alcunché di meccanico, di disgregatore e, insieme, di primitivisticamente estatico, talvolta di parossistico per l'uso della ostinata reiterazione tematica".
La posizione evoliana sul jazz, che per il suo esplicito diniego e per la sua radicale opposizione dà l'impressione di essere prevenuta, non va presa alla lettera ma va inquadrata in una concezione più vasta dove il fine non è quello di avere consenso ma di delineare le linee guida per l'uomo della Tradizione che si trova a vivere nel mondo della società borghese occidentale e americanizzata. Si tratta di un punto di vista "speciale" che va letto attentamente in quanto Evola riconosce che lo spirito della musica africana nulla ha che fare con quello del jazz che dalla prima ne ha attinto i contenuti grezzi.
La posizione di Evola su questo punto non può dare adito ad alcun equivoco, ecco cosa scrisse a tal proposito:
"Si sa infatti che la musica africana da cui sono stati tratti i principali ritmi dei balli moderni è stata una delle principali tecniche usate per produrre forme di apertura estatica e di invasamento.
Il Dauer e lo stesso Ortiz hanno giustamente visto la caratteristica di quella musica nella sua struttura polimetrica, elaborata in modo che degli accenti estatici che marcano il ritmo siano in funzione costante di accenti estatici; così le speciali configurazioni ritmiche generano una tensione intesa ad « alimentare un'estasi ininterrotta »"
(da J.Evola, Cavalcare la Tigre, Milano, Vanni Scheiwiller, 1971, pp 162-163)