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20 aprile 2014 7 20 /04 /aprile /2014 11:26

Evola si interessò  a molte manifestazioni della cultura umana tra cui anche quelle che riguardavano la musica moderna e il jazz; nell'opera "Cavalcare la tigre" non poteva mancare  una trattazione dell'argomento  dedicata in particolare  proprio alle correnti della musica moderna in cui egli mostrò  una capacità di approfondimento non comune.  Al di là del giudizio che ognuno può esprimere sul proprio grado di affinità con le posizioni di Evola in materia musicale, resta il fatto che esiste una asimmetria tra l'Evola artista futurista e svincolato dai canoni del classicismo e il teorico della Tradizione severo nei confronti di forme musicali in cui egli rilevò la prevalenza  dell'elemento fisico rispetto a quello intellettuale.

 

 

 

 

In una civiltà del divenire come quella moderna  - secondo Evola - si può parlare di una "demonìa occidentale della musica", la musica è diventata un fenomeno invadente che ha dato avvio a situazioni autodissolutive analoghe a quelle dell'arte moderna.

La musica moderna occidentale si è distaccata dalla precendente linea melodrammatica ed eroico-romantica del passato per diventare un fenomeno in cui prevale l'elemento fisico.

Cosa vuol dire Evola quando fa riferimento alla musica in cui prevale l'intellettualizzazione rispetto a quella in cui si afferma l'elemento fisico?

 

La musica è  suono, una musica senza elemento fisico è silenzio, nulla assoluto ma non è su questo piano che va intesa la critica di Evola che si sofferma, invece, sulla riduzione della musica ad attività descrittiva della natura in cui il musicista intellettuale ha deciso deliberatamente di incontrare l'elemento fisico ed elementare "sul genere di Pacific 231 di Honegger e di Fonderie d'acciaio di Mossolov".

 

Un'altra caratteristica della musica moderna è stata quella di sostituire la musica-canto e la musica-patetica con la musica-danza; proprio questo aspetto è giudicato da Evola positivo in quanto la funzione della musica riacquista la capacità di liberare l'uomo che -aggiungiamo noi- si può trovare nelle danze evocatrici della cultura greco-dionisiaca.

Quindi per Evola non tutta la musica moderna è da rigettare bensì quella dodecafonica sulla quale il filosofo tedesco Adorno ebbe usò nell'opera Filosofia della musica moderna questa efficace espressione: "La dodecafonia è il nostro destino" (riportiamo la citazione fatta da Evola).

Se le note di una musica cessano di provocare emozione sono paragonabili alle "pure entità algebriche della fisica moderna"; il sottofondo di questo modo di fare musica -rincara la dose Evola-  "è una devastazione interiore".

 L'atto terminale che sembra avere rotto ogni argine rompendo con la tradizione della musica come armonia lo si ritrova nella cosiddetta "musica concreta" che non è altro che una rassegna organizzata di rumori che vengono assemblati insieme a dei suoni orchestrali.

 

Nel quadro convulso e agitato descritto da Evola viene incluso il jazz, espressione di una tendenza che trova largo seguito nel mondo moderno, una tendenza che egli definisce "una voga aberrante superficiale" da inquadrare nel rango della musica puramente fisica e che poco si ferma all'anima.

Nel jazz  - conclude Evola- al posto della graziosità e dello slancio propri delle precedenti musiche europee come, ad esempio, il valzer viennese "si sostituisce alcunché di meccanico, di disgregatore e, insieme, di primitivisticamente estatico, talvolta di parossistico per l'uso della ostinata reiterazione tematica".

 

La posizione evoliana sul jazz,  che per il suo esplicito diniego e per la sua radicale opposizione dà l'impressione di essere prevenuta, non va presa alla lettera ma va inquadrata in una concezione più vasta dove il fine non è quello di avere consenso ma di delineare le linee guida per l'uomo della Tradizione che si trova a vivere nel mondo della società borghese occidentale e americanizzata. Si tratta di un punto di vista "speciale" che va letto attentamente in quanto Evola riconosce che lo spirito della musica africana nulla ha che fare con quello del jazz che dalla prima ne ha attinto i contenuti grezzi.

 

La posizione di Evola su questo punto non può dare adito ad alcun equivoco,  ecco cosa scrisse a tal proposito:

 

"Si sa infatti che la musica africana da cui sono stati tratti i principali ritmi dei balli moderni è stata una delle principali tecniche usate per produrre forme di apertura estatica e di invasamento.

Il Dauer e lo stesso Ortiz hanno giustamente visto la caratteristica di quella musica nella sua struttura polimetrica, elaborata in modo che degli accenti estatici che marcano il ritmo siano in funzione costante di accenti estatici; così le speciali configurazioni ritmiche generano una tensione intesa ad « alimentare un'estasi ininterrotta »"

(da J.Evola, Cavalcare la Tigre, Milano, Vanni Scheiwiller, 1971, pp 162-163)


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officine meccaniche

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Published by Caiomario - in Filosofi: Evola Julius
20 aprile 2014 7 20 /04 /aprile /2014 07:35

Nel capitolo intitolato "Il vicolo cieco dell'esistenzialismo"  presente nell'opera "Cavalcare la tigre" Evola affronta il tema dell'esistenzialismo, esaminando alcuni dei motivi propri di questa corrente filosofica elaborata da un gruppo di quelli che egli definisce "filosofi di mestiere". La posizione di Evola nei confronti dell'esistenzialismo fu volta a stabilire una linea di demarcazione tra il tipo umano delineato dagli esistenzialisti  e quello  del mondo della Tradizione  come da lui indicato.  Evola affronta il concetto della «prigione senza muri» delineato da Sartre in relazione a quello della responsabilità che paradossalmente lo conduce a vivere una vita senza senso dove la libertà è subita più che assunta.

 

 

 

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La critica che Evola rivolge a Sartre riguarda essenzialmente il tema dell' "immagine specifica dell'uomo  libero «nientificante» solo con sé stesso", un  tema tipico della filosofia di Sartre che -secondo Evola- non permette di fare alcun passo in avanti circa le soluzioni da adottare per contrastare questa situazione venutasi a creare in un mondo dove Dio è morto e dove l'uomo è consegnato alla sua libertà.

Sartre finisce col vedere la libertà assoluta come un peso e non come una liberazione esattamente come Heidegger che -osserva Evola- usa proprio" il termine «peso » - Last - per caratterizzare la sensazione che prova, nel trovarsi «gettato» nel mondo, chi ha tanto vivo il senso del suo  «esserci», quanto ha oscuro il «donde » e il «verso dove ».

 

Che l'uomo di oggi tema maggiormente l'ignoto e abbia un atteggiamento meno saldo verso le rappresentazioni che egli si è fatto della vita e dell'universo è innegabile, tuttavia non è questo l'argomento affrontato da Evola quanto quello della responsabilità per l'uomo della Tradizione che a tale termine non dovrebbe dare alcun senso morale non tanto per le conseguenze che un atteggiamento privo di senso di responsabilità potrebbe portare sul piano delle conseguenze fisiche o sociali.

 

Evola critica il concetto di libertà subita che esce fuori dalla posizione di Sartre, in quanto è proprio questo atteggiamento nei confronti della libertà che lo getta nell'angoscia, una libertà vissuta in tal modo toglie all'uomo qualsiasi prospettiva  superiore in quanto "non può trovare nè in sè, nè fuori di sé, rifugio alcuno contro la sua libertà".


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Published by Caiomario - in Filosofi: Evola Julius
20 aprile 2014 7 20 /04 /aprile /2014 04:17

JULIUS EVOLA

Rivoluzione dell'alto

 

 

 

 

 

 

 

 

"Una caratteristica generale dei tempi ultimi è l'urgenza, la spinta e l'azione di rottura esercitata partendo dal basso, e in funzione del basso, sulle strutture esistenti sociali e culturali: il che corrisponde al solo significato proprio e legittimo del termine «sovversione»".

 

Con queste parole inizia un articolo di Julius Evola intitolato "Rivoluzione dall'alto" pubblicato sul quotidiano "Roma" agli inizi degli anni '70 e presente nel volumetto "Ultimi scritti" per le edizioni Controcorrente edito nel 1977. In questo articolo Evola ribadisce la necessità di un'azione rivoluzionaria che parta dall'alto e prende le distanze dall'azione di rottura di quelle forze sovvertitrici che partono dal basso "dal basso, inteso con riferimento sia a strati sociali inferiori, sia a valori inferiori".

Pur riconoscendo la legittimità di una rivolta  verso il mondo moderno, la società borghese e il capitalismo, egli ritiene che tale azione abbia come unico riferimento la cosiddetta "giustizia sociale" e rivendica la giustizia distributiva basata sul principio del "suum cuique"  e che trova i suoi riferimenti in Aristotele e Cicerone.

Una giustizia così concepita e al servizio della "cosiddetta «classe lavoratrice » a scapito degli altri ceti", viene definita da Evola pseudo-giustizia partigiana in quanto stimola esclusivamente le rivendicazioni del ventre mentre il principo della reazione a cui egli si richiama deve avere come fine ultimo i "valori qualitativi, aristocratici e spirituali".

 

Nel quadro del complesso orizzonte politico e sociale a cui fa riferimento Evola prosegue la sua critica verso due altri fenomeni del mondo contemporaneo: la psicanalisi e il moderno irrazionalismo; pur ricoscendo la legittimità della critica contro il feticismo della ragione e della intellettualità astratta non ne condivide gli esiti che hanno finito col privilegiare la sfera dell'irrazionale e dell'inconscio.

 

Evola ha elaborato la sua riflessione facendo spesso riferimento agli aspetti molteplici e contradditori della società e della cultura del tempo, può quindi oggi apparire insopportabile la sua feroce critica all'idea della cosiddetta "giustizia sociale" diventata un totem intoccabile a cui tutti fanno continuamente riferimento per lucrare il consenso degli strati popolari che vivono qualsiasi forma di disagio.

Egli che non cercava il consenso dei contemporanei, era ben conscio del fatto che in una democrazia la giustizia sociale è uno slogan privo di senso in quanto le più grandi differenze sociali si realizzano proprio in un sistema in cui l'unica cosa che conta è il profitto. Se la democrazia realizza la giustizia sociale è un problema ancora aperto, resta il fatto che la difesa dei ceti inferiori è una fandonia che ha il solo obiettivo di legittimare i propri previlegi. Molti di coloro che vengono dal basso vorrebbero accedere alla cerchia di coloro che vivono di privilegi e di ingiustizia sociale, quel che conta è solo risolvere (economicamente) la propria situazione personale, in questo senso la rivoluzione dal basso si è attuata con le conseguenze che sono sotto gli occhi di tutti.

 

Il tempo di una rivoluzione in nome di valori proletari è trascorso, ma la crisi delle strutture politico-sociali, culturali ed intellettuali  è ancora in atto e sembra lontana la sua parabola discendenteIl mondo globalizzato è sempre più un mondo competitivo ed ingiusto dove si sgomita per prevalere.

Che questa crisi investa anche gli aspetti più squallidi dell'esistenza è fuori di dubbio, senza una rivoluzione interiore che faccia riferimento a valori autentici e veri non ci può essere alcuna giustizia sia nell'ambito pubblico che in quello privato.

 

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19 aprile 2014 6 19 /04 /aprile /2014 06:06

JULIUS EVOLA

 

 

 

 

 

Le riflessioni di Evola sulla società a lui contemporanea si rivolsero anche al problema della relazione fra i sessi, al matrimonio e alla famiglia. Dinanzi alla crisi della famiglia Evola respinge qualsiasi soluzione basata sul conformismo e sul falso tradizionalismo in quanto vanno nella direzione opposta al concetto di famiglia intesa come vincolo sacrale.

 La crisi della famiglia  nel mondo moderno è qualcosa di cui bisogna prendere atto,  ciò che la famiglia è oggi è solo l'atto conclusivo   di un processo irreversibile che ha reso l'istituto familiare "una istituzione piccolo-borghese determinata quasi esclusivamente da fattori conformistici, utilitari, primitivisticamente umani e al massimo sentimentali".

Venendo meno il principio di autorità che rendeva la famiglia un'unità, prima di tutto spirituale raccolta intorno alla figura del pater (1) è prevalso l'individualismo dei singoli componenti. Il padre stesso è estraneo alla famiglia, il suo ruolo è decaduto a quello meccanico di "una macchina per fare denaro" , parimenti la donna sulla spinta delle istanze emancipatrici presa dal lavoro e dal suo entrare nel mondo delle professioni vive i rapporto con i figli in modo frammentario cosicchè questa situazione in cui ognuno è indaffarato nelle proprie attività non giova alla relazione con i figli che a loro volta riproducono e proseguono l'azione individualistica dei propri genitori.

 

La responsabilità di questa degenerazione della famiglia diventata un aggregato dove di tanto in tanto ci si incontra è causata dal modo di concepire i rapporti sociali; l'ingranaggio praticistico della vita materiale, l'ansia di possedere o di trovare le risorse per sopravvivere ha avuto come conseguenza lo sfaldamento della famiglia ormai diventata una centrale di soddisfazione dei propri bisogni.

Alla decadenza del ruolo del padre si unisce il totale distacco delle nuove generazioni che ritengono che i propri genitori debbano pensare ai fatti loro e non si intromettano nella vita dei propri figli; secondo Evola questa situazione oltre ad avere portato ad un ridimensionamento dei valori di unità e di sacralità della famiglia o al loro totale annientamento, ha reso l'istituto familiare uno strumento pratico.

 

L' ATTEGGIAMENTO DELL'UOMO DIFFERENZIATO NEI CONFRONTI DELLA FAMIGLIA

 

  L'analisi delineata da Evola non ha pretese di tipo pedagogico, tuttavia l'irreversibile crisi della famiglia è legata alla visione che si ha in epoca moderna dell'istituto familiare ridotto ad un contratto in cui prevalgono esclusivamente sentimenti di convenienza pratica.

Se il processo a cui si assiste è irreversibile, se non è possibile rinvenire alcunchè di superiore nella famiglia e nel matrimonio qual'è il comportamento che deve avere l'uomo differenziato nei confronti della famiglia, del matrimonio e della procreazione?

Appare superfluo -sostiene Evola- affermare che dinanzi alla situazione di dissoluzione generalizzata parole come famiglia, matrimonio e procreazione non abbiano alcun valore, tuttavia vi sono ancora margini di azione per realizzare la propria successione in termini spirituali; dove però questo sarà realizzabile dipende dalle circostanze.

 

«Soprattutto in questo dominio - osserva Evola -  quel che è autentico e valido si compie nel segno di una saggezza superiore inaferrabile, con le apparenze esterne di una casualità, anziché di una iniziativa diretta "voluta" dell'uno o dell'altro individuo».

______________________________________________________________________________

NOTE

 

(1) Interessante è la ricostruzione storica effettuata dal CALASSO sulla diversa concezione di diritto di famiglia esistente fra la civiltà romana e quella germanica: «Nell'ultima stadio della sua evoluzione, il diritto romano regola la famiglia naturale, come noi oggi la intendiamo, basata cioè sul vincolo di sangue: l'antica famiglia iure proprio, imperniata sulla sovranità del capo (pater=signore) e trascendente l'ordine domestico per finalità di natura (in senso largo) è stata ormai dissolta dallo Stato. I barbari invece portano tra noi la famiglia di tipo agnatizio, costituita cioè da un vasto gruppo di persone che si considerano discendenti da un capostipite comune, e sono legate tra loro da interessi patrimoniali comuni, sono tutte responsabili del delitto commesso da un membro, così come hanno tutte l'obbligo di partecipare alla vendetta dell'offesa patita da un membro.

Il capo di questo gruppo, quindi non ha un potere -mundium- illimitato come la manus o potestas del paterfamilias romano: e per tutta la durata della vita di questo, come accadeva in diritto romano, bensì soltanto fino al momento in cui non è ritenuto adatto alle armi: momento che segna anche, come si disse, la sua piena capacità giuridica». da F.Calasso, Medio Evo del Diritto, Milano, 1954.

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Published by Caiomario - in Filosofi: Evola Julius
19 aprile 2014 6 19 /04 /aprile /2014 05:20

"Di Trilussa, io ero amico, ed egli ben sapeva come le mie idee fossero tutt'altro che democratiche", con queste parole Julius Evola dichiarava la sua antica amicizia verso il poeta romano che, a guerra finita, si volle ascrivere nella cerchia degli antifascisti tout court. In un interessante articolo apparso sul quotidiano "Roma", Evola spiega perchè Trilussa fu sempre eguale a se stesso e come l'oggetto della sua satira furono i miti dell'Italia ottocentesca democratica; l'insofferenza di Trilussa verso un certo totalitarismo - secondo Evola-  è da ricercare in realtà nel suo coraggio della verità e non in una  sua presunta militanza antifascista che lo stesso Evola bollò polemicamente come "favola".

 

 

 

In risposta ad una ricorrenza in cui si parlava di Trilussa, Evola rispose in modo piccato alla pretesa di volerlo presentare come un antifascista, una pretesa tendenziosa e lontana dalla realtà in quanto il poeta romano fu insofferente ad ogni tipo di costrizione ed ingerenza essendo uno spirito caratterialmente libero e non un oppositore del Fascismo per motivi di carattere politico ed ideologico.

Inoltre, osservò Evola un'interpretazione di tal fatta mira a prendere qualche poesia di Trilussa "senza metterla in rapporto con  l'insieme delle sue opere e con lo spirito complesivo di esse".

 

Evola aveva conosciuto personalmente Trilussa e ricorda che Trilussa ebbe in realtà dei rapporti cordiali con alcuni esponenti del fascismo più intransigente come ad esempio Roberto Farinacci e Giovanni Preziosi "perché le due persone ora nominate, ebbero egualmente, per principio, il coraggio della verità, e proprio per questo, per non aver esitato a denunciare soprusi e cose che nel regime non andavano, per un certo periodo erano caduti in disgrazia".

 

La testimonianza di Evola a tal riguardo è preziosa e puntuale, infatti osservò che Trilussa stesso non giudicava le sue satire antifasciste al punto che quando Mondadori sta per pubblicare la raccolta completa delle sue opere, chiese a Evola di fare una prefazione. Evola lo accontentò e quando Mondadori cambiò idea, il saggio su Trilussa venne pubblicato nel periodico "Regime Fascista" diretto da Roberto Farinacci.

 

Il bersaglio di Trilussa fu in realtà "il mondo dei profittattori e delle mezze figure morali" che per Evola era ritornato potenziato a caratterizzare la vita politica italiana.

 

In questo articolo Evola, a sostegno della sua tesi, cita cinque favole di Trilussa: la favola del "Gallo", quella dell' asino e del cavallo, quella del pollo e del mastino , quella dell' "Uomo finto" e infine quella "col simbolo di una candela".

Nella favola del Gallo si parla della pretesa democratica dell'eguaglianza che costringe il superiore ad abbassarsi; in quella dell'asino e del cavallo riconosce che in alcuni casi esiste un diritto alla violenza; nella favola del pollo e del mastino  il bersaglio della satira è la vigliaccheria degli adulatori che sono tali finchè il il potente è libero salvo  poi cambiare idea quando cade in disgrazia; nella favola dell'Uomo finto viene ridicolizzato quel tipo di uomini vuoti e inconsistenti simili a dei pupazzi e infine nella favola della candelaviene lodata invece la forza di chi con coerenza brucia per la propira fede.

 

Evola pur riconoscendo che il regime fascista presentò i suoi lati d'ombra, conclude il suo articolo osservando che l'idea di un Trilussa antifascista per principio è una fiaba priva di qualsiasi fondamento con la realtà, anzi -osserva Evola-  se lo stesso Trilussa fosse vissuto più a lungo avrebbe rivolto la sua satira alla figure della democrazia parlamentare sorta dopo la caduta del fascismo. 

 

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Published by Caiomario - in Filosofi: Evola Julius
18 aprile 2014 5 18 /04 /aprile /2014 05:51

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

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Agire senza guardare ai frutti, senza che sia determinante

la prospettiva del successo e dell'insuccesso,

della vittoria e della sconfitta, del guadagno o delle perdite,

e nemmeno quella del piacere e del dolore,

dell'approvazione e della disapprovazione altrui.

 

 

Come il vero Stato, lo Stato gerarchico e organico,

ha cessato di esistere, del pari oggi

non esiste nemmeno un qualsiasi partito

o movimento al quale si possa

incondizionatamente aderire e per il quale ci si possa battere

con impegno assoluto, per ilsuo presentarsi

come l'assertore di una qualche idea superiore.

 

 

L'uomo differenziato da noi considerato

si sente assolutamente fuori dalla società,

non riconosce un qualsiasi diritto morale

alla richiesta del suo inserimento in

un sistema assurdo, può capire non solo chi sia fuori,

ma perfino chi sia contro la

«società ».

 

 

La carenza di ogni significato superiore della famiglia

presso ad una civiltà materialistica

e disaminata è pertanto una delle cause anche di fenomeni liminali,

come quelli costituiti

dalla «gioventù bruciata »

e dalla stessa crescente criminalità o corruzione giovanile.

 

  Le unioni indissolubili nominalmente,

di fatto sono spesso profondamente tarate e labili,

e in quell'area la piccola morale non si preoccupa

menomamente che il matrimonio

sia effettivamente indissolubile;

ad esso importa solo fare come se fosse tale.


 

Non potendo proprio anatemizzare la sessualità,

il cattolicesimo negli stessi riguardi del matrimonio

ha cercato di ridurla al fatto banale biologico,

ammettendone l'uso fra coniugi esclusivamente

ai fini della procreazione.

 

 

Fra uomo e donna si debbono concepire,

in fatto di comunanza

di vita, rapporti più chiari, importanti ed interessanti

che non quelli che si definiscono in base al costume borghese e

all'esclusivismo sessuale, qui essendo fra l'altro da

relativizzare il significato della integrità femminile

se intesa in termini semplicemente anatomici.

 

 

Se la libertà non è il potere del Sì

come del No, essa è flatus vocis.

 

 


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Published by Caiomario - in Filosofi: Evola Julius
17 aprile 2014 4 17 /04 /aprile /2014 14:51

La metapsichica o parapsicologia è stata oggetto della riflessione di Julius Evola che riconobbe a questa "scienza" il merito di avere allargato il campo della ricerca verso ambiti del tutto sconosciuti per l'uomo, tuttavia in quanto scienza positiva la metapsichica incontra dei limiti precisi a partire dalla percezione dei fenomeni che avvine a livello di subinconscio ossia di una dimensione che costituisce una regressione che dipende in larga misura dalle condizioni del soggetto.

 

 

 

 

 

 

Evola allargò il suo campo di indagine e di riflessione verso la metapsichica ritenuta da alcune correnti di pensiero una scienza sulla quale l'uomo avrebbe dovuto riporre le sue speranze del futuro.

In un articolo pubblicato sul quotidiano "Roma" fece il punto della situazione dando una valutazione spirituale sulla parapsicologia che riteneva una forma di ricerca profana regessiva  basata solo sul subinconscio; l'articolo al di là delle tesi espresse, per altro in larga parte condivisibili circa la cautela da adottare quando si esaminano determinati ambiti, è l'ennesima dimostrazione della sua onnivora curiosità che spaziava nei settori più disparati

 

Ritenendo una simile valutazione eccessiva e superficiale, Evola riconobbe alla metapsichica il merito di avere avviato "una ricerca speciale circa i fenomeni estranormali", inoltre criticò l'atteggiamento liquidatorio assunto dalla scienza ufficiale e rincarò la dose affermando che non ammetterla nell'ambito delle scienze significava non più essere spiriti scettici e critici ma peccare di ignoranza.

 

Se da una parte alla parapsicologia bisognava riconoscere il merito di essere andata oltre le maglie strette del determinismo fisico e sensoriale, dall'altra parte era necessario riconoscere che non era possibile utilizzare il metodo sceintifico per studiare i fenomeni sensoriali. Il materiale che costituisce la metapsichica -osservò Evola- è "un materiale «spurio» e confuso, costituito per così dire, dai «sottoprodotti » di una vera fenomenologia sovranormale", inoltre l'assenza di un'esperienza diretta da parte dei metapsichici,  fa si che le loro affermazioni si muovano nel campo delle ipotesi a cui non corrisponde nessuna conferma univoca.

 

Esistono due grandi ambiti in cui si muove la parapsicologia:

 

  • Il primo ambito è quello cosiddetto ESP ossia la percezione estrasensoriale dove "vi rientrano anche la telepatia, alcune forme di chiaroveggenza e la precongnizione di fatti futuri".
  • Il secondo ambito è quello dei fenomeni parafisici come ad esempio la telechinesi.

 

La metapsichica, conclude Evola nelle brevi considerazioni che lo spazio di un articolo impone, deve essere relativizzata e ricorrere a speigazioni provenienti da dottrine tradizionali significa solo mischiare il sacro con il profano. Interessante è invece, a nostro parere, l'accenno che Evola fa di due ricercatori russi, il Wasuljev e il Tenhaeff i quali hanno ipotizzato che i fenomeni metapsichici sono da ricondurre nell'ambito di « stati filogeneticamente regressivi », ossia in stati della psiche primitiva da inquadrare nel processo di sviluppo della personalità e del pensiero logico.

 

 

  Sui ricercatori che si sono occupati di metapsichica si veda: 

 

link

 


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Published by Caiomario - in Filosofi: Evola Julius
17 aprile 2014 4 17 /04 /aprile /2014 11:06

In un articolo pubblicato sul giornale "Roma", Julius Evola riflette sull'attualità della figura di Nietzsche, l'articolo ha ancora una sua attualità ma quel che più conta è il fatto che in questo breve scritto è possibile capire cosa Evola pensasse della figura di Nietzsche e se le idee del filosofo tedesco potessero essere considerate ancora valide nei tempi moderni. L'articolo venne scritto agli inizi degli anni '70 e molti pregiudizi venivano espressi su Nietzsche considerato a torto colui che più di tutti alimentò il mito dell' "Herrevolk" ossia di quel popolo di signori che avrebbe dovuto dominare il mondo e che era uno dei capisaldi dell'ideologia nazionalsocialista.

 

 

 

 

 

Si tratta di un autentico falso storico sostenere che Evola fosse un sostenitore del razzismo biologico, chi lo sostiene o è in malafede o non conosce le tesi di Evola che se razzista fu, lo fu in chiave spirituale. Si tratta di una precisazione non da poco visto che la "damnatio memoriae" viene trasmessa in modo acritico da generazione a generazione mostrando un acredine malevola sulla quale dovrebbero riflettere in primo luogo gli storici della filosofia.

 

Nel periodo in cui Evola scrisse questo articolo stava avvenendo la traduzione di tutte le opere di Nietzsche da parte della casa editrice Adelphi di Milano, inoltre -come viene ricordato dallo stesso Evola- vennero pubblicati due libri: uno intitolato "Nietzsche" di Adriano Romualdi e un altro dal titolo "Nietzsche e il senso della vita" scritto da Robert Reininger pubblicato per le edizioni Volpe.

 

Circa la domanda sulla attualità delle idee di Nietzsche, Evola sposa la tesi del Reininger secondo il quale la figura del filosofo tedesco ha il "valore di un simbolo", essendo la causa dell'uomo moderno privo di radici nel "sacro suolo della tradizione e gli abissi delle barbarie".

Nell'epoca moderna in cui tutti i valori sono venuti meno "il deserto cresce", una posizione condivisa da Evola e ripresa più volte in diverse sue opere a partire da "Cavalcare la tigre".

 

Una precisazione importante riguarda il significato di "superuomo", un'idea centrale nella filosofia di Nietzsche e che Evola filtra nel senso di "superuomo positivo" rigettando ad esempio l'idea di quella "bionda bestia da preda" utilizzata in "Genealogia della morale" e che Nietzsche  usò comunque in termini  tutt'altro che elogiativi. Anzi, aggiungiamo che Nietzsche pensava che proprio l'uso della forza da parte dei dominatori fu in tempi successivi una delle cause della nascita della "cattiva coscienza" del popolo tedesco.

Tuttavia fatta questa precisazione Evola sostiene che:

 

"Il superuomo positivo, quello che corrisponde al « miglior Nietzsche », è invece, da identificare col tipo umano che anche in un mondo nichilistico, devastato, assurdo e senza dèi sa tenersi in piedi, perché è capace di darsi da sé una legge, secondo una nuova superiore libertà".

 

Per Evola esiste quindi una linea di demarcazione tra il Nietzsche demolitore della morale e quello della "rivoluzione del nulla" che lo qualifica come uno dei più convinti anarchici di tutti i tempi.

Evola osserva che Nietzsche è stato "il più grande dei ribelli" e paradossalmente questa sua posizione è stata ignorata proprio da quei movimenti che della ribellione facevano la loro bandiera.

 

Attuali per Evola sono poi le parole  sulla liberta dello Zarathustra nietzschiano: "Tu ti dici libero, ma ciò a me non importa - io ti chiedo: libero per che cosa'.

Osserva Evola che quello di Nietzsche è un monito nei confronti di coloro che parlano solo di repressioni e che nutrendo insofferenza verso ogni ordine costituito hanno gettato via l'unico valore che si possedeva. Questo accade perchétutti coloro che parlano solo di repressione "non hanno in sé un superiore principio che comanda".

Al contrario chi "ha dietro di sé il nichilismo" e ha saputo trovare da ciò un reagente salutare, sa anche dare a se stesso una legge e un ordine interiore.

 

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Vilfredo Pareto l'anticonformista - Julius Evola

Genealogia della morale - Friedrich W. Nietzsche

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Published by Caiomario - in Filosofi: Evola Julius
16 aprile 2014 3 16 /04 /aprile /2014 17:30

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      Fonte immagine: http://www.flickr.com/photos/90282319@N00/4092611032 (album di aeneastudio)

 

 

 

Metafisica del sesso di Julius Evola è  uno dei libri ancora oggi  tra i più venduti dall'autore e merita senz'altro di essere letto anche per la straordinaria capacità che aveva Evola di approfondire ogni singolo argomento e di presentarlo sotto una veste inedita, ma nello stesso tempo aderente alla tradizione.

 

 

ASPETTI CONTENUTISTICI


Per chi conosce Julius Evola è un'annotazione quasi lapalissiana affermare che questo non è un libro di sesso ma un libro sul sesso.

 

Il termine metafisica è  da Evola utilizzato nel seguente duplice significato:

 

1)- come ricerca dei principi e dei significati ultimi ( quindi nella sua accezione più squisitamente filosofica)

quindi metafisica del sesso in questa accezione " sarà dunque lo studio di ciò che, da un punto di vista assoluto, significano sia i sessi, sia le relazioni fondate sui sessi" ( p.5).

 

2) - come scienza che va al di là del fisico quindi nel suo significato squisitamente etimologico

questa ricerca di Evola che va oltre il fisico non riguarda concetti astratti o idee filosofiche - è lui stesso a chiarirlo ma l'antropologia che vada oltre il binomio anima-corpo per approdare agli stadi più sottili della coscienza umana.


Andando oltre la dimensione del dominio erotico proprio della mentalità occidentale che Evola chiama profano, troviamo un vero e proprio percorso multidisciplinare che comprende la storia, l'etnologia, il folklore, la storia delle religioni, la mitologia.

Interessantissimo è l'esame di come è concepito il sesso nel mondo moderno e di come era inteso nel mondo classico.

E' impossibile andare in Grecia e fare il visitarore di monumenti senza aver compreso prima l'ars amandi dei greci, di quello che pensavano Solone, Alcibiade, Pericle e Fidia, il più grande artista dell'antichità e, lo stesso avvenne a Roma dove esisteva un vero e proprio culto di Venere,  scrive a tal proposito Evola:

 

"Nell'antichità classica le etère furono notoriamente tenute in alto conto da uomini come Pericle, Fidia, Alcibiade; Solone fece erigere un tempio alla dea della "prostituzione" e lo stesso avvenne a Roma in relazione a certe forme del culto di Venere. Ai tempi di Polibio statue di etère si trovavano in templi ed edifici pubblici, vicino a quelli di condottieri e di uomini politici. Alcune di quelle donne in Giappone sono state onorate con monumenti. E come nel caso di ogni altra arte nel quadro del mondo tradizionale, vedremo che per la stessa ars amandi è da supporsi talvolta l'esistenza di un sapere segreto, sopratutto là dove sono attestate connessioni delle donne in possesso di essa con determinati culti". (p.31 )

 

 

CONSIDERAZIONI FINALI


La ricerca condotta da Evola è una ricerca che si basa su una documentazione di tutto quello che in molteplici civiltà antiche è stato riconosciuto in tema di sacralità del sesso con tutti i suoi fini evocatori e iniziatici ma nel contempo è utile per coloro
che vogliono cogliere sino in fondo gli aspetti di quei fenomeni che vanno sotto il nome di gelosia, pudore sino al grande mistero del complesso amore e morte.

 

  • Autore:Julius Evola
  • Titolo: Metafisica del sesso
  • Editore: Edizione Mediterranee Roma
  • Pagine: 413
  • Prezzo: 19,93

Libro reperibile anche on line.

 

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Published by Caiomario - in Filosofi: Evola Julius
16 aprile 2014 3 16 /04 /aprile /2014 12:40

 Julius Evola riflette sul pensiero del grande sociologo definendolo un anticonformista, un autentico antidemocratico che avversava tutte le idee borghesi dello stato prefascista, Pareto riconobbe il ruolo fondamentale delle èlites in qualunque tipo di società a prescindere dall'orientamento politico.

 

 

 

 

 

 

EGUAGLIANZA E NON - SENSO 


Julius Evola in un articolo intitolato "Vilfredo Pareto l'anticonformista" sintetizza i punti salienti del pensiero di Vilfredo Pareto a partire dalla dura critica che lo studioso italiano rivolse alle "ragioni laiche del mondo borghese" che sostituiscono alla verità e ai valori di altri tempi concetti come Umanità, Democrazia, Progresso, Libertà, Volontà del Popolo, Eguaglianza, Moralismo puritano, ecc.

Non è un caso che queste parole siano state scritte tutte la lettera inziale maiuscola e lo stesso Evola osserva che il motivo di questa scelta è dovuto  alla "divinizzazione"  di questi termini  che hanno sostituito Dio.

 

 Evola osserva che queste parole sono diventate oggetti di un nuovo culto e di un nuovo fanatismo a partire dall'eguaglianza definita come un "non - senso" in quanto chi sostiene il mito dell'eguaglianza ha spesso una cattiva coscienza ed è mosso da ipocrite ragioni dovute solo al proprio tornaconto personale o perché vogliono sottrarsi e nuove diseguaglianze o perché ne vogliono istituirne altre.

 

PARETO ATTACCA L'INTERPRETAZIONE DIFFAMATRICE DEL FEUDALESIMO PESENTATO COME REGIME DI VIOLENZA

 

Nell'articolo troviamo diverse citazioni tratte dall'opera di Pareto "Trattato di sociologia generale", Evola riporta alcuni brani tratti  dalla 2^ edizione pubblicata nel 1923 a Firenze.

Condividendo e facendo proprie le posizioni di Pareto, Evola cita un passo in cui viene criticata l'idea che il feudalesimo fosse un sisteme imposto solo con la forza, al contrario si manteneva per "sentimenti di vicendevole affetto". In altri paesi come ad esempio il Giappone dove esiste un ordine gerarchico della società tale imposizione si verifica quando il sistema volge alla fine e solo allora l'uso della forza sostituisce l'adesione spontanea.

 

IL REALISMO DI PARETO

 

Evola loda  (e condivide) il realismo di Pareto circa l'uso della forza da parte di tutti gli stati a prescindere dal fatto che adottino o no il suffragio universale. Il monopolio della forza è utilizzato dalle oligarchie per difendere i propri interessi.

 

Nel passo § 2183 vengono espressi i seguenti punti:

 

  • Tutti i governi usano la forza e affermano che il loro sistema è fondato sulla ragione.
  • In tutte le forme di governo è sempre un'oligarchia che comanda.
  • La volontà popolare viene indirizzata dalle oligarchie.
  • Il suffragio universale viene sapientemente guidato dopo aver conquistato il potere lasciando l'illusione al popolo di scegliere.
  • Come la teologia il suffragio universale è pieno di contraddizioni.

 

 

LA TATTICA DEGLI OPPOSTI

 

Il passo citato da Evola ( § 1561) è uno dei più interessanti per quanto riguarda la conoscenza delle tattiche utilizzate dal potere per legittimare o delegittimare una determinata tesi.

 

  •   La prima tattica è quella che consiste nel distinguere un vero A dal semplice A a tal segno, in modo da trasformarli in due opposti. Questo accade per la libertà. Si parla della vera libertà per imporre il suo contrario, si usa la stessa parola ma l'intento è quello di raggiungere  il contrario della libertà.
  • La stessa tattica si può utilizzare per altri A: il vero cristianesimo viene "cucinato im modo proprio per potersi dire sempre cristiani anche quando del cristianesimo reale ben poco resta"; la vera democrazia rivendicata dalle cosiddette repubbliche popolari non è altro che una tirannide.

 

"Ti voglio costringere a fare ciò che piace a me; allora chiamo bene ciò che mi piace, male ciò che piace a te; e quindi dico che non ti devi dolere se ti costringo al bene".

 

LA VIA DELL'IPOCRISIA

 

La riflessione di Pareto sulla guerra è attualissima: nei tempi antichi quando si faceva una guerra si mettevano a ferro e fuoco le città, si saccheggiava un paese e gli si rubavano le risorse, oggi si fa esattamente la stessa cosa ma si giustifica la guerra in nome di "vitali interessi" facendo ricorso a concetti come il diritto, gli ideali o i valori morali; oggi potremmo aggiungere a questo elenco quello delle cosiddette "missioni umanitarie" fatte con le armi e in nome della pace.

 

Un'altra ipocrisia verso la quale Pareto rivolge i suoi strali è quella che riguarda la cosiddetta "volontà popolare" a cui si accompagna la demagogica e servile adulazione del popolo. Nessuno osa attaccare il popolo, anzi si fa tutto in nome di esso, "il che non  toglie che lo rigirino, lo ingannino, lo sfruttino come già un tempo sicofanti e demagoghi sfruttavano il "demos" ad Atene, e come, in tempi a noi meno lontani, i cortigiani operavano coli loro padroni". Ecco l'ipocrisia.

 

L'IPOCRISIA DELLA LIBERTÀ DI PENSIERO

 

La libertà di pensiero propugnata nei tempi moderni la si invoca per sè ma la si nega per gli altri, un caso emblematico è quello mantenuto nei nostri giorni nei confronti del fascismo:

 

"Un atteggiamento analogo, nel campo politico, ai nostri giorni, lo si può accusare nella "libera democrazia", la quale rassomiglia impressionantemente ad un fascismo (nel senso cattivo) col segno invertito".

 

Questa è l'essenza della democrazia dove si propugna una libertà di pensiero condizionata e controllata, l'amore per la libertà è sostanzialmente l'amore per la propria libertà.

 

 

 

 

 

 

 

 

 

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