La dottrina di Spinoza si presta a diverse definizioni: è al contempo un panteismo naturalistico totalizzante e un razionalismo dogmatico. Proprio per questa duplice caratteristica, la filosofia di Spinoza presenta non poche contraddizioni, tuttavia vi sono moltissimi aspetti delle sue riflessioni che ancora oggi costituiscono delle autentiche "perle di saggezza" che conservano la loro validità ed utilità sul piano della condotta almeno per quanto riguarda lo stimolo a migliorarsi dal punto di vista comportamentale.
Nelle società moderne la cultura si è ramificata in settori sempre più specialistici pertanto alcuni dei temi affrontati da Spinoza prestano il fianco alla critica (spesso impietosa) specialmente per quanto riguarda la sua teoria della conoscenza. Come è noto Spinoza costruisce la sua teoria della conoscenza utilizzando un procedimento deduttivo matematico e facendo ricorso ad un massiccio impianto di assiomi e definizioni che sul piano formale costituisce un capolavoro di logica. Dal punto di vista formale il modo di procedere di Spinoza è oggi sconfessato dal metodo scientifico basato sulla dimostrazione e sulla falsicabilità, metodo a cui nessun intellettuale moderno si può sottrarre pena l'accusa di vaneggiamento e di sproloquio fine a se stesso.
Spinoza compie sì un analisi puntuale e metodica ma tutte le argomentazioni utilizzate sono funzionali a giustificare ciò che egli sostiene, per questo vizio la sua filosofia è dogmatismo razionalistico. Il ricorso sistematico a teoremi, assiomi e sillogismi inscrive la sua filosofia nel solco della tradizione aristotelica e sotto questo punto di vista Spinoza ne segue i dettami, la sua metafisica poi non rappresenta una novità non essendo altro che una variante, nella sua versione panteistica,del pensiero di Giordano Bruno. L'aspetto formale prende il sopravvento sulla realtà che diventa una sorta di grande meccano che l'uomo deve accettare in modo passivo e remissivo; l'accettazione dell'ordine naturale non è una novità nella storia del pensiero, i più fermi sostenitori di questa posizione erano gli stoici, ma Spinoza introduce a giustificazione del tutto: Dio. Siccome l'ordine della realtà è così e non può essere cambiato, all'uomo non rimane altro che accettare la natura senza opporvisi. Se da un punto di vista logico Spinoza sembra avere ragione perché l'uomo non può mutare l'ordine naturale, dall'altro lato vi sono tutta una serie di eventi tipicamente umani dove l'azione continua e progressiva della conoscenza è in grado di mutare ciò che sino a qualche secolo fa era visto come ineluttabile. Il problema della libertà dell'uomo è nella filosofia di Spinoza liquidato come un falso problema in quanto l'uomo non è libero nel suo agire. Il Dio spinoziano o se si preferisce la Natura, è onnipresente in ogni aspetto della realtà ed anche qualora l'uomo porti a termine il processo di liberazione dalle passioni raggiungendo uno stato di tranquillità e di indifferenza (apatia), la libertà si risolve in una totale accettazione dell'ordine naturale. L'uomo di Spinoza non solo non è libero ma deve necessariamente partecipare intellettualmente all'unità che è Dio, un Dio con il quale non ci possono essere rapporti se non quelli del mistico che perdendosi nella visione beatifica della sostanza divina, annulla sé stesso.
Una delle accuse rivolte a Spinoza è stata quella di ateismo che nell'accezione comune è la presa di posizione consapevole di coloro i quali negano l'esistenza di Dio, se Spinoza per spiegare ogni cosa ricorre a Dio, non si comprende su quali basi si possa fondare questa accusa. Semmai Spinoza poteva essere accusato di "eresia" in quanto era uno strenuo difensore del panteismo naturalistico (Dio è la Natura nella quale perdersi senza riserve) ma l'accusa di eresia poteva valere per un cattolico e non certo poteva essere un deterrente per lui, spirito libero, che proveniva da una famiglia ebrea. Tuttavia non bisogna dimenticare che Spinoza venne profondamente non solo avversato dagli ambienti ortodossi ebraici con la conseguente espulsione dalla Sinagoga ma anche da quelli calvinisti, una beffa per chi come lui, ebbro di Dio, teorizzava di perdersi proprio in Dio, unica sostanza a cui tutto riconduce.