Papia di Gerapoli (70 circa- dopo il 130 circa) che fu vescovo di Gerapoli in Frigia, non è importante tanto per il fatto che era millenarista (millenarista significa che basandosi sull'Apocalisse, accettava la convinzione che dalla morte di Cristo dovessero passare 1000 anni prima del Giudizio Universale, periodo nel quale avveniva la resurrezione dei cristiani morti uccisi nel 64 da Nerone e nel 95 da Domiziano) ma per il fatto che scrisse la Spiegazione dei detti del Signore. Nel periodo che va dal 100 al 200 d.C sono molti gli autori che si preoccupano non tanto delle azioni, ma dei detti di Cristo perché di ogni maestro i discepoli ricordano le massime, basti pensare alle massime di Epicuro e di Socrate delle quali massime abbiamo conoscenza grazie all'opera di compilazione che fecero i loro seguaci.
Secondo la teoria delle due fonti, oltre a Marco, vi è la fonte Q che riguarda i detti del Sgnore di cui si occupò Papia il quale tenne un discorso riportato da Eusebio di Cesarea nella sua Ἐκκλησιαστικῆς ἱστορίας:
«Ecco cosa diceva il presbitero, questa è tradizione non scrittura, allora Marco interprete di Pietro, scrisse con esattezza ma senza ordine. Giacchè egli non aveva ascoltato né accompagnato il Signore. ».
Nel passo citato Papia dice che Marco scrisse con esattezza ma senza ordine in quanto essendo seguace di Pietro, riportò ciò che questi raccontava tutto quanto ricordava delle opere e della azioni del Signore. Papia dice anche che Matteo: «ordinò in lingua ebraica i detti del Signore e ciascuno poi li interpretò come meglio potette ». Papia parla di lingua ebraica, ma sappiamo che l'ebraico non era più la lingua parlata in quel momento ma l'aramaico che sta all'ebraico come l'italiano sta al latino
Papia secondo quanto racconta Eusebio espresse le sue preoccupazioni sul fatto di non stravolgere quanto aveva udito: «Semmai era venuto qualcuno che era stato in compagnia dei presbiteri, io mi informavo delle parole dei presbiteri, che cosa aveva detto Andrea o Pietro, Filippo o Tommaso, Giacomo o Giovanni».
Alcune questioni che sorgono dalle parole di Papia:
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Quando parla di Marco interprete di Pietro significa che Pietro pescatore di Galilea non conosceva il greco e Marco sì? In questo senso interprete andrebbe inteso come traduttore, se possiamo intendere interprete nel senso di interprete del pensiero di Pietro?
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Quando parlando di Marco dice «scrisse con esattezza ma senza ordine», Papia si riferiva al fatto che Pietro narrava fatti e azioni realmente accaduti ma senza rispettare un ordine cronologico e quindi secondo l'opportunità del momento?
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Con il termine presbiteri cosa vuole indicare? Sono i preti come li intendiamo noi o sono gli episcopi, visto che sino al 100 d.C i due termini erano equivalenti? Infatti solo più tardi, intorno al 120 d.C., il collegamento tra i presbiteri verrà diretto da un episcopo.
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Papia parla di due Giovanni, a quale Giovanni fa riferimento visto che in un gruppo include Giovanni discepolo di Gesù e in un altro Giovanni il presbitero che visse in un periodo diverso da quello che la Tradizione ritiene l'autore del IV Vangelo?
Papia di Gerapoli rientra nel primo periodo della Patristica caratterizzato dall'attività dei Padri Apologeti, dal punto di vista storico è un periodo del quale abbiamo documenti frammentari e che, per quanto riguarda l'ambito filosofico, è povero di stimoli interessanti in quanto i cristiani erano i più preoccupati di difendersi dalle accuse di ateismo, di rinnegare il culto mitologico tradizionale e di immoralità. Il più importante pensatore della filosofia patristica di questo periodo è san Giustino che passò attraverso varie scuole filosofiche prima di convertirsi alla religione cristiana.