MONSIGNOR DELLA CASA NORME PRATICHE DI BUONA EDUCAZIONE
Il "Galateo ovvero de' costumi" venne scritto da Monsignor Giovanni Della Casa fra il 1551 e il 1556 e venne pubblicato postumo nel 1558; inquadrare il periodo storico in cui l'opera venne scritta ci consente di affrontarne la lettura con un certo distacco valutando le indicazioni dell'autore come istruzioni ad uso e consumo dell'uomo comune della sua epoca. L'idea di sapersi ben comportare è giunta fino a noi grazie a Dalla Casa che ha, comunque, avuto un merito: quello di aver per primo parlato di norme comuni e di regole di convivenza, ma è stato anche colui che ha teorizzato la supremazia dell'apparenza sulla realtà. Sotto questo punto di vista nessuno meglio di lui ha saputo elevare il conformismo sociale a valore di vita a cui ispirarsi per convivere senza conflitti. È su quest'ultimo punto che vorrei concentrare l'attenzione del lettore, punto che a mio parere rappresenta l'anima stessa dell'opera di Della Casa, il criterio generale a cui il gentiluomo si deve uniformare per vivere in società: non deve mai creare alcun dispiacere agli altri.
Nel capitolo II del Galateo, l'autore scrive:
"IN CHE CONSISTA L'ESSERE SCOSTUMATO: QUALI ATTI SIENO SPIACEVOLI A QUE' CO' QUALI SI USA, SI DIVIDONO QUESTI SECONDO IL NUMERO DELLE POTENZE DELL'ANIMA, ALLE QUALI SI PUÒ RENDERE NOIA" (Il titolo è scritto in maiuscolo, lo cito come viene riportato nell'edizione pubblicata dall'editore Le Monnier, edizione curata da P.Pancrazi).
Il titolo si presta a diverse riflessioni, intanto Dalla Casa individua gli elementi che fanno sì che uno possa definirsi scostumato, nell'accezione del monsignore scostumato è quello che commette atti spiacevoli agli altri e introduce una personalissima classificazione di questi atti che dipendono dalle "potenze dell'anima" vale a dire non sono uguali in tutti gli individui, c'è che chi commette atti scostumati più o meno gravi, ma tutti questi atti -secondo Dalla Casa- recano offesa agli altri.
Consiglia Dalla Casa di temperare ed ordinare i modi ossia i comportamenti non secondo la propria voglia ma in modo che non siano mai di cattivo gradimento agli altri.
Le due parole d'ordine sono quindi: moderare (temperare) e controllare (ordinare); il principio è valido e lo dice il buon senso, non possiamo, ad esempio, andare a casa di una persona e fare le stesse cose che facciamo a casa nostra in assoluta libertà. Gli esempi che si possono fare a tal proposito sono innumerevoli, non ne vale la pena elencarli.
Quel che invece è importante sottolineare è la raccomandazione che Dalla Casa dà circa il modo in cui ciò si deve realizzare: è necessario che il gentiluomo non crei dispiacere ma non deve esagerare al punto da apparire un buffone (è proprio questo il termine usato dall'autore).
Avere riguardo per il piacere altrui è una cortesia ma chi esagera diventa fastidioso esattamente come lo zotico che Dalla Casa definisce "scostumato" e "disavvenente"(sgradevole).
Dalla Casa non amava il linguaggio colorito e non approvava coloro i quali usavano le male parole, sotto questo punto di vista era un moralista; insomma il suo giudizio era negativo davanti a un Dante che, ad esempio, nel canto XVIII dell'Inferno, quello dedicato a ruffiani e seduttori usa il termine "P****na". Dalla Casa non poteva capire Dante, si era fermato alla forma e da buon curiale guardava la parolaccia e non il resto, possiamo quindi dire che Dalla Casa sta al moralismo come Dante sta al giudizio morale.
CURIOSITÀ
- Monsignor Della Casa aveva una sola ambizione: venire nominato cardinale, il papa Paolo IV lo nominò segretario di stato, ma il suo desiderio di diventare porporato non fu mai esaudito.
- Uno degli incarichi a cui Della Casa dedicò le sue energie fu quello di censore librario.
- Galateo è l'italianizzazione del termine "Galatheus" ossia Galeazzo, il libro venne dedicato al vescovo Galeazzo Florimonte. Chissà se sua eccellenza Galeazzo era un uomo gentile, non lo sapremo mai!
- Nel "Galateo, overo De' costumi" di Giovanni Della Casa il precettore che insegna i buoni costumi è un "vecchio idiota" ignorante ma gentile; monsignore ci vuole dare un messaggio: "Non serve aver studiato per imparare a stare con gli altri e non sempre chi ha studiato è una persona cortese".
"Adunque con ciò sia cosa che le nostre maniere sieno allora dilettevoli, quando noi abbiamo risguardo all'altrui e al nostro diletto" ( Giovanni Della Casa).