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5 agosto 2012 7 05 /08 /agosto /2012 10:38

 

 

UN ESEMPIO DI NARRATIVA MERIDIONALISTICA

Le opere di Ignazio Silone rientrano il quel filone letterario che viene definito della "narrativa meridionalistica" e che è appieno inserita, riflettendola, nella situazione drammaticamente in bilico tra abbandono e impegno intellettuale in cui versava il Sud Italia negli anni Trenta.
Tale precisazione introduttiva è necessaria perchè Silone sembra voler indicare non la strada del disimpegno e degli astratti furori ma quella dell'impegno politico e sociale, non solo scandalo e denuncia, quindi, ma anche impegno ideologico, un impegno che diventerà critico e che porterà Silone a rivedere le sue scelte di adesione partitica ed ideologica.
Tale percorso è ben evidente nel romanzo "Fontamara" ma anche nel secondo suo romanzo "Pane e Vino" composto intorno agli anni 1935-36 e che sarà completamente revisionato negli anni '50 per assumere il titolo definitivo di "Vino e pane".

Le problematiche poste da Silone in "Vino e pane" riflettono la situazione dell'intellettuale inserito nel mondo contadino e che da quel mondo proviene, Silone è stato spesso accusato di ingenuità ma le sue riflessioni se sono uno sprone verso l'impegno sociale, lo sono anche dal punto di vita della reazione individuale nei confronti delle tematiche di sempre tra cui quella della libertà come condizione esistenziale del singolo individuo.

A questo proposito è necessaria la citazione letteraria perchè riteniamo questo passo del romanzo di straordinaria attualità, scrive Silone:

"La libertà non è una cosa che si possa ricevere in regalo..Si può vivere anche in un paese di dittatura ed essere libero, a una semplice condizione, basta lottare contro la dittatura. L'uomo che pensa con la propria testa e conserva il suo cuore incorrotto è libero. Per contro, si può vivere nel paese più democratico della terra, ma se si è interiormente pigri, ottusi, servili, non si è liberi, malgrado l'assenza di ogni coercizione morale si è schiavi. Questo è il male, non bisogna implorare la propria libertà dagli altri. La libertà bisogna prendersela, ognuno la porzione che può" (Vino e pane, p.67)

La libertà non è quindi qualcosa che ci viene data dall'alto ma è una condizione esistenziale, colui che è pigro e aspetta che gli altri agiscano al suo posto non è un uomo libero perchè è succube delle decisioni degli altri, oltre a ciò il servilismo e l'ottusità si riproducono in qualsiasi sistema a prescindere dalle condizioni politiche esistenti.
L'impegno sociale quindi non può essere l'alibi per coprire la propria vigliaccheria che tende a vendere se stessi, vendendo gli altri anzi, l'impegno sociale, in questo caso, diventa solo un'azione illusoria che serve a giustificazione della propria ottusità.
Quanta attualità in queste parole!
C''è chi la libertà la invoca e che poi una volta che l'ha ottenuta, non fa altro che riprodurre gli stessi meccanismi presenti nella condizione di assenza libertà: la libertà è impegno corale ma è prima di tutto una condizione esistenziale!

Un altro aspetto presente nel romanzo è quello che riguarda la vocazione della Chiesa intesa come comunità ma anche come istituzione ai cui rappresentanti Silone ricorda la vera missione autenticamente cristiana.
E' questo un nodo irrisolto e se vogliamo ancora di grandissima attualità e che costituisce una delle ragioni dell'allontanamento da parte di molti che vedono nella Chiesa una struttura verticistica intenta solo a fare dichiarazioni e a cui manca la coerenza di comportamenti.
La Chiesa non può che non essere Chiesa di poveri, dei poveri materiali e dei poveri di fede che si sono allontanati perdendo ogni speranza, questa è una delle ragioni storiche per cui una parte del mondo cattolico aderì a posizioni ideologiche socialiste che nascevano da quest'ansia di giustizia sociale che molti videro tradita nell'incoerenza dei comportamenti del clero, spesso lontano da una visione autenticamente vangelica.
L'essere cristiani è quindi, prima di tutto, coerenza di comportamenti ed è un discorso analogo a quello della libertà, l'opera della Divina Provvidenza non si attua con il servilismo e l'ottusità nei confronti del potere, sia esso politico o ecclesiastico, ma attraverso l'impegno personale aderente e coerente alla missione evangelica.

Silone aveva avuto un'educazione religiosa in cui il ruolo della madre era stato fondamentale nella trasmissione dei racconti evangelici, nella maturità crebbe la convinzione che il Vangelo si debba realizzare nella carità, nella testimonianza, nella coerenza dei comportamenti, un Cristianesimo vissuto senza testimonianza è solo formalismo, culto esteriore, servilismo.

Figura centrale del libro è quella di Pietro Spina che sotto le false generalità di Don Paolo Spada vive la clandestinità travestito da prete e le tematiche descritte nelle righe precedenti rientrano in questa scelta di commistione di ruoli dove il falso prete finisce per ragionare come un vero sacerdote.

E' un bel romanzo, forse troppo snobbato dalla critica, in cui Silone fa autocritica, rivede le proprie scelte ideologiche e giustifica i propri sbagli ma è anche un accorato invito a non rinunciare alla libertà anche se apparentemente l'impegno del singolo sembra non portare risultati immediati ed emblematica sembra essere la seguente frase:

"In ogni dittatura..un solo uomo, anche un piccolo uomo qualsiasi, il quale continua a pensare con la propria testa, mette in pericolo l'ordine pubblico".

  • Vino e pane, il vino offerto in sacrificio, simbolo di sacrificio nei riti del giudaismo antico, il vino simbolo del sangue di Cristo, il vino consustanziale, il pane corpo di Cristo, dono di Dio ed emblema della vita, vino e pane il pasto del Signore........

Prima di leggere l'ultimo best seller bisognerebbe scoprire le opere della nostra letteratura.......

 

Titolo: Vino e pane

Autore: Ignazio Silone

Editore: Mondadori

Collana: Oscar classici moderni

Pagine: 302

Anno di pubblicazione: 2001

Codice EAN: 9788804496045

 

  • Prezzo di copertina: euro 9,50.

 

 

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Published by Caiomario - in Libri
5 agosto 2012 7 05 /08 /agosto /2012 09:27

Se si potesse fare un'immaginaria classifica dei libri più complessi del Novecento questo è senza dubbio "Finzioni" di Jorge Luis Borge, un libro che è molto difficile ridurre nel breve spazio di una recensione non foss'altro per i passi a volte oscuri che nascono dal gusto della metafora del grande scrittore argentino. 

Il libro contiene un racconto scritto da Borge nel 1941 e pubblicato in Italia per le edizioni Einaudi nel 1955;   Borges immagina di riprodurre il manoscritto di un anonimo, non narra una vera e propria storia ma descrive una Biblioteca che corrisponde in realtà all' universo.Il tema trattato è quello del caos e del tentativo dell'uomo di dare un ordine, un significato alla molteplicità di cose che si sovrappongono senza una apparente connessione logica. 


Il mondo è quindi come una Biblioteca e questo paragone ha un alto valore simbolico come tutto il racconto che procede per allegorie: l'uomo si trova dinanzi a questo insieme di segni apparentemente ordinati che sono in realtà incomprensibili. 
Ma oltre ad essere indecifrabile il mondo si manifesta come una realtà illusoria e Borges parla della presenza nella Biblioteca di uno "specchio che fedelmente duplica le apparenze", è questo un ulteriore elemento di inquietudine in quanto il mondo stesso appare come una duplicazione di una realtà vastissima ma non certo infinita. 

E' un concetto questo non nuovo nella storia della letteratura e che ritroviamo, per sempio in Kafka che utilizzava nei suoi romanzi particolari surreali e inquietanti: la realtà è sempre tutta quanta presente dinanzi agli occhi dell'uomo che, tuttavia, non la riesce a comprenderla sino in fondo. 

Tanto questo è vero che nel tentativo di cercare un senso l'uomo è alla ricerca di quello che Borges chiama "il catalogo dei cataloghi", un libro che racchiuderebbe il significato di tutti gli altri libri, ma lo stesso Borges nella duplice veste di autore e narratore non sembra nemmeno certo della sua esistenza. 

Così ogni uomo intraprende un lungo viaggio, fatto di ostacoli e di difficoltà che lo porterà a conoscere solo una parte minima della biblioteca: in questo senso Borges rifiuta sia l'atteggiamento degli idealisti secondo cui le cose sono manifestazioni di principi eterni sia la posizione dei mistici che pretendono di avere nell'estasi una risposta a ciò che è inconcepibile e assurdo. 

Non esiste quindi una spiegazione comprensibile alla mente dell'uomo e lo stesso tentativo di dare un ordine all'universo attraverso delle leggi fisiche non è che il tentativo maldestro di coprire questa sua incapacità a comprendere. 

Il linguaggio dell'universo appare criptico, le leggi vere sembrano delle crittografie: l'origine dell'universo come quella del tempo rimane un mistero insondabile a cui il linguaggio dei filosofi non ha saputo dare esaurienti risposte ma ha solo contribuito ad aumentare la confusione ponendo nuovi interrogativi. 

L'uomo che abita questo mondo è un imperfetto bibliotecario che cerca inutilmente di dare ordine a ciò che vede e da qui anche la nascita delle religioni che Borges definisce come il culto dell'Uomo del libro. 

E' un libro che lascia l'amaro in bocca perchè rivela sotto forma di una splendida allegoria, quella della Biblioteca, l'eterna e vana ricerca dell'uomo che dinanzi agli eterni interrogativi, nonostante il progresso tecnologico, finisce coll'assomigliare ad un eterno viaggiatore senza meta che continua a tentare una scommessa che non sarà mai vinta. 

Un capolavoro che consigliamo a chi desidera leggere un bel libro che sarà spesso sfogliato, consultato e riletto...senza tempo!

 

Finzioni

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5 agosto 2012 7 05 /08 /agosto /2012 07:04

Diamanti

Definire Antonio Tabucchi come il narratore italiano più importante che si è imposto nel panorama letterario tra la fine degli anni '70 e l'inizio degli anni '80 non è un'esagerazione. 
Scrittore molto raffinato che si abbandona volentieri alla citazione, riesce a comunicare, attraverso la forma scritta, in maniera chiara e scorrevole prediligendo una scrittura agile e fluida rispetto allo stile letterario ampollloso e pesante.
L'opera che ha reso famoso Tabucchi in Italia e all'estero è stata "Sostiene Pereira", opera uscita nel 1994 per le edizioni Feltrinelli. 

TRAMA 

Il romanzo narra la storia di Pereira, un giornalista di mezz'età, vedovo, grassoccio, mite e incline alla solitudine che si trova a vivere in un particolare periodo storico: nel Portogallo della dittatura di Salazar mentre in Spagna è appena avvenuta una terribile guerra fratricida. 
Siamo nel 1938, di lì a poco sarebbe scoppiata la seconda guerra mondiale. 

Pereira non è un giornalista politico, al contrario ha sempre curato la pagina culturale di un giornale che viene pubblicato il pomeriggio, il "Lisboa". 

Ad un certo punto avviene un incontro del tutto casuale e inaspettato, Pereira conosce un giovane di origine italiana, Monteiro Rossi e lo assume per fare del praticantato nel giornale e Pereira ha talmente fiducia in questo giovane che decide di mantenerlo a proprie spese. 
Ma sarà questo incontro che cambierà molte cose nella vita di Pereira il quale incomincerà a pensare che sarebbe stato necessario agire contro la dittatura. 

Ma in questo giovane Pereira non vede il personaggio appassionato di politica ma rivede se stesso con le sue ansie e i suoi desideri e vede anche quel figlio mai nato e in fondo sempre desiderato. 
Ma l'evento che muterà per sempre la vita di Pereira è la morte di Monteiro Rossi, morte che Pereira vivrà come un dramma personale anche perchè si rende conto dell'impotenza dinanzi a un fatto dinanzi al quale Pereira non può fare nulla. 

Ed ecco quindi l'idea di far conoscere al mondo le modalità della morte del giovane che si concretizzerà con un articolo sul giornale nel quale Pereira firmando con il proprio nome, fa conoscere a tutto il mondo come sono avvenuti i fatti. 
Alla fine scoperto, sarà costretto a rifugiarsi in Francia. 

Il libro è articolato in 25 capitoli e in tutti i capitoli ricorre una frase: 

"Sostiene Pereiradi averlo conosciuto in un giorno d'estate. La ragazza che arrivò, sostiene Pereira, portava un cappello di rife

L'intero romanzo, comunque non è frutto della fantasia di Tabucchi ma si ispira a un personaggio realmente vissuto, un giornalista che aveva pubblicato un articolo contro il regime e che poi venne costretto a rifugiarsi all'estero. 
Quando la dittatura terminò, Pereira decide di tornare in Portogallo dove morirà dimenticato da tutti. 


Possiamo definire "Sostiene Pereira" un romanzo all'incontrario nel senso che le parti sono rovesciate: una persona matura riacquista la coscienza di sè grazie a un giovane che gli fa capire che bisogna guardare al futuro e ribellarsi alle ingiustizie e all'oppressione e tutto questo senza rassegnazione e pagandone l'inevitabile costo. 

Il problema realtivo al ruolo dell'intellettuale e alla sua funzione nella letteratura è un problema che è stato affontato innumerevoli volte e Tabucchi da una sua chiave di lettura: l'intellettuale non deve essere acquiscente, anzi deve stimolare le coscienze, ponendo degli interrogativi al fine di non accontentarsi di una visione unica che infonde artificiosamente sicurezza ai cittadini. 

L'intellettuale deve essere , quindi,uno stimolatore di coscienze per aiutare le persone a scrollarsi di dosso quel conformismo dinanzi alla realtà che porta all'accettazione e alla rassegnazione anche dei peggiori soprusi. 

Un libro di grande coscienza civile che induce il lettore a pensare che non c'è età per aderire a nuovi ideali umani, politici e civili e che questa adesione può nascere solo quando ci riappropriamo della nostra coscienza anche perdendo qualcosa che ci da sicurezza , nonostante il succedersi inesorabile dei giorni. 


 L'impegno è per chiunque non solo per l'intellettuale.

 

Sostiene Pereira - Antonio Tabucchi Libri

 

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4 agosto 2012 6 04 /08 /agosto /2012 09:01

saldatrici

 

 

 

 

"La notte della Repubblica" è il libro più famoso di Sergio Zavoli e prende il titolo dalla famosa trasmissione condotta dallo stesso Zavoli nel 1989 e andata in onda sulla Rai; quel programma documentario, da cui nacque l'idea del libro, rimane ancora oggi uno dei migliori esempi di giornalismo di alto livello a cui si sono poi ispirate tutte le trasmissioni televisive di inchiesta. 

L'obiettivo del libro come della trasmissione era quello di raccontare e di spiegare che cosa accadde in Italia dal 1968 alla fine degli anni '80, l'obiettivo di Sergio Zavoli che fu anche quello di Enzo Biagi era ambizioso purtroppo dei tentativi di colpo di stato che ci sono stati italiani e delle varie stragi che hanno insanguinato piazze, strade, stazioni e treni sappiamo poco e in tutti i casi non si sono mai conosciuti né i colpevoli né i mandanti. 

Rimane però l'aspetto cronachistico e il valore storico dei fatti raccontati che partono dal progetto di golpe militare organizzato nel 1964 dal generale Giovanni De Lorenzo, l'evento centrale da cui nacque tutto fu la strage di Piazza Fontana del 1969, non poteva sapere Zavoli in quel periodo gli sviluppo dell'inchiesta giudiziaria ma i dubbi di oggi sono quelli di allora: chi ha ordinato di mettere la bomba? Non basta la parziale verità processuale a dare spiegazioni e il capitolo sulla minaccia di destra golpe e golpisti aiuta parzialmente, se letto oggi, a fare chiarezza sulle collusioni dei servizi segreti con le frange più estreme della destra eversiva e della sinistra più estrema. 
Il problema purtroppo irrisolto è quello del cosiddetto "segreto di Stato" che riguarda tutti gli avvenimenti descritti nel libro, su questo aspetto probabilmente il lettore si sarebbe aspettato di più, l'attacco al cuore dello stato è stato condotto proprio da esponenti delle istituzioni e della politica. 

Nella carrellata di fatti e personaggi intervistati da Zavoli forse l'unico personaggio che avrebbe potuto fare chiarezza era Giulio Andreotti che in quegli anni era l'esponente più importante e più addentro nel potere. Nessun ministro dell'Interno e nessun presidente della Repubblica a partire dalla bomba di Piazza Fontana si è mai adoperato per  togliere il velo sul segreto di Stato, ancora oggi le indagini sono destinate ad arenarsi proprio perché ci si appella a chissà quali ragioni di sicurezza e a quali assurdi interessi di Stato che a quanto pare non sono quelli dei cittadini.

C'è il peggio del peggio dell'Italia che ci portiamo dietro e che ci ha portato dove siamo ora, non bisogna dimenticarlo e non dovrebbero dimenticarlo le nuove generazioni. 
Cosa sappiamo dell'omicidio Calvi e di quello Ambrosoli? Cosa sappiamo di Manuela Orlandi e delle collusioni con lo IOR oppure ancora cosa sappiamo della Strage di Ustica ? Cosa sappiamo oggi sulla trattativa Stato-Mafia o sulla Strage di Bologna?  Pochissimo e in molti casi nulla, assolutamente nulla.  La verità processuale non è la verità, questo bisognerebbe tenerlo a mente ad ogni ricorrenza

Se non partiamo da lì, allora di cosa vogliamo parlare? Il tentativo di Zavoli però è onesto e aiuta a comprendere il clima di quegli anni a partire dalla contestazione giovanile e dalla protesta operaia. 

Letto con gli occhi di oggi il libro di Zavoli può essere utile, soprattutto in un paese che ha la memoria corta e che dimentica troppo facilmente. 

 Quando si vogliono trovare dei colpevoli a tutti i costi e non i colpevoli, quando rappresentare un'associazione delle vittime diventa una professione, quando non si chiede ai rappresentanti delle istituzioni che cosa significa apporre il segreto di Stato su certe vicende, la ricerca della verità è inutile.

Chi sono i mandanti? Solo abolendo il segreto di stato è possibile saperlo, un libro purtroppo non basta  per superare la cortina fumogena che avvolge i tragici fatti della nostra recente storia....anche se l'ha scritto Sergio Zavoli.

 

Per maggiori informazioni sul prezzo e la disponibilità del libro consultare:

http://www.amazon.it/notte-della-Repubblica-Oscar-bestsellers/dp/8804401907/ref=sr_1_1?s=books&ie=UTF8&qid=1344069175&sr=1-1 

 

 

La notte della Repubblica (Oscar bestsellers)

 

 

Articolo di proprietà dell'autore, modificato per questo spazio.

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Published by Caiomario - in Libri
3 agosto 2012 5 03 /08 /agosto /2012 07:10

 

 

 

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Di Jules Verne scrittore anticonformista che sapeva raccontare il mondo fantastico delle avventure è stato detto tutto, non esiste però una proposta organica delle sue innumerevoli opere a differenza di quanto è accaduto per Emilio Salgari del quale sono state pubblicate delle validissime opere con apparato critico. 

Ci siamo formati sui libri di avventura e sui fumetti e da allora è nato l'amore verso tutti i libri di narrativa di viaggi e di avventure non solo quelli destinati ai ragazzi, ma anche quelli scritti per un pubblico adulto. 
E' opportuno tuttavia che il lettore moderno respinga  l'artificiosa distinzione che ha portato ad inquadrare i libri di avventura come genere letterario destinato ad un pubblico di adolescenti come se queste opere appartenessero ad un genere minore, solo in tal modo si dà la giusta importanza a delle opere letterarie che spesso sono dei capolavori.

"Il giro del mondo in ottanta giorni" è considerato, non a torto, il capolavoro di Jules Verne e sicuramente è quello più rappresentativo. Intanto è un libro dal quale si apprende molto per via dei numerosi riferimenti geografici e scientifici, oltre a questo aspetto "didattico" è apprezzabile il modo in cui Verne presenta i personaggi ricorrendo sovente alla caricatura e all'umorismo. 
Il romanzo è imperniato sulle gesta di Phileas Fogg, un gentiluomo dalla flemma immarcescibile che decide di fare il giro del mondo dopo aver fatto una scommessa nel club esclusivo di cui è socio. 
L'alter ego di Fogg e Passepartout, un factotum francese estroso e nel contempo turbolento. 

Il gioco narrativo è tutto tra le due figure che danno anima al racconto, la contrapposizione tra Flogg e Passepartout dà vita a due caratteri diversi che si completano a vicenda:da una parte il distaccato gentiluomo, preciso, sempre pronto a ricondurre tutto alla ragione e dall'altra il simpatico maggiordomo pronto alla chiacchiera facile, ma anche astuto e rapido nel prendere decisioni. 

Lo schema che utilizza Verne è un capolavoro di bella letteratura: prima vi è l'esposizione a cui segue l'esordio di un fatto o di alcuni personaggi su una determinata scena e poi la narrazione delle peripezie. Verne ricorre poi frequentemente alle pause descrittive, ai dialoghi e riesce in un modo unico a dare la sensazione al lettore di come scorre il tempo in questi ottanta giorni. 
Lo scrittore francese, poi, dà un'immagine articolata dei due personaggi e riesce a mantenere alta la tensione in ogni circostanza non rivelando mai del tutto la personalità di Fogg che rimane fino ad un certo punto del racconto un personaggio enigmatico e misterioso. 

Da Emilio Salgari a Robert Lewis Stevenson, da Jules Verne a Jonhatan Swift, sono numerosi gli autori che hanno scritto di viaggi ed avventure, uno dei generi letterari più affascinanti che secondo me rappresenta anche un momento di formazione oltre che un'occasione di evasione che merita di essere gustata anche in un'epoca in cui l'immagine prevale sulla parola scritta.

..e non dimenticate "Ventimila leghe sotto i mari", altro grande racconto di Jules Verne.

 

Articolo di proprietà dell'autore presente anche altrove.

 

 

Il giro del mondo in ottanta giorni - Jules Verne Libri

 

 

Fonte immagine in alto: http://farm3.static.flickr.com/2279/2145882179_7b476d8048.jpg

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Published by Caiomario - in Libri
3 agosto 2012 5 03 /08 /agosto /2012 06:54

saldatrici

 

La lettrice dei destini nascosti

 

 

 

 

 

La conversione di un attore o di un'attrice alla scrittura è spesso il naturale approdo di un'artista che non si accontenta solo di rappresentare ed interpretare, ma vuole anche dare libero sfogo alla creatività lasciando la propria impronta in una sua opera. Ed è questa probabilmente la ragione che sta all'origine dell'attività di scrittrice di Adriana Asti, già bravissima interprete di pellicole che hanno fatto la storia del cinema italiano. 
Ricordiamo sempre con grande piacere le sue interpretazioni in film come "Salon Kitty" e "L'eredità Ferramonti", ma dopo la lettura de "La lettrice dei destini nascosti" si apprezza lo stile chiaro e piacevole che riesce a comunicare efficacemente una storia che interessa, attrae e induce alla riflessione  il lettore. 

Abbiamo nella trama un mondo con il quale ho avuto occasione di conoscere da vicino quando ero piccolo: quello dei ciechi; un mondo dove vi è molta più luce di quanto si possa comunemente pensare e dal quale si può sempre cogliere un messaggio di speranza anche per i normalissimi che pensano di vedere tutto e soprattutto di sentire ogni cosa. La storia ha come protagonista una giovane donna, Augusta che svolge un lavoro particolare: legge per i ciechi. I problemi legati all'handicap però sono solo un particolare, è la protagonista che vive la mancanza, una mancanza illusoria e fatta di certezze solo apparenti. Augusta è infatti pienamente occupata ha i suoi libri, la sua attività, una vita tutto sommato tranquilla ma la sua bontà messa volutamente a disposizione degli altri non può bastarle. 
Fino a quando decide di rispondere ad un'offerta di lavoro che le permette di continuare il suo lavoro di lettrice mettendola in contatto con una donna malata di tumore fino a quando anche Augusta in quel contesto familiare fatto di dolore e in cui si preannuncia una fine scontata, scopre l'amore per sé. 

Sono possibili diverse chiavi di interpretazione del racconto, ma anche volendo essere aderenti al testo, abbiamo tratto alcune brevi e personalissime considerazioni: non basta la pietà per avvicinarci alle persone escluse a meno che questa pietà non basti a se stessa.

E ad Augusta questa pietà e questa vocazione non basta per quanto il suo mondo le dia un apparente senso di soddisfazione e sia pieno di interessi che la riempiono. L'uomo non è infatti qualcosa che vive solo di se stesso, ha bisogno degli altri ma ha bisogno soprattutto di ricevere amore e non solo di darlo. 
Se è consentito un paragone la storia di Augusta assomiglia a quella di una pianta che per vivere ha bisogno della fotosintesi: quel processo in cui le piante verdi trasformano l'anidride carbonica e l'acqua in ossigeno e carboidrati per vivere. 

Un bel libro, una bella storia ben scritta e dal finale non scontato.

 

INFORMAZIONI SUL LIBRO

  • Autore: Adriana Asti
  • Titolo: La lettrice dei destini nascosti
  • Editore: Piemme
  • Pagine:112
  • EAN 9788856606232

 

 

Articolo di proprietà dell'autore già pubblicato altrove 

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Published by Caiomario - in Libri
2 agosto 2012 4 02 /08 /agosto /2012 15:46

 

 

 

 

"L' operaio fra gli dei e i titani. Ernst Junger 'Sismografo' dell'era della tecnica" di Alain de Benoist è uno dei saggi più interessanti del filosofo della "novelle droite"; anche chi non conosce il pensiero del filosofo tedesco può trovare nel libro di de Benoist uno dei saggi più stimolanti sulla modernità e su Junger che è stato un anticipatore della critica verso il concetto di progresso e in particolare di quello di lavoro così come viene inteso nella logica di produzione del meccanismo industriale moderno. 
L'opera nella quale si trovano inserite in maniera geniale le posizioni di Junger con quelle di de Benoist, esamina tutte le questioni irrisolte connesse ai mutamenti avvenuti nel mondo della scienza e della tecnica e soprattutto alle implicazioni di tipo filosofico e sociale che detti cambiamenti hanno comportato. 
Il libro è complesso e richiede una preconoscenza. 
Una volta che sono stati messi in discussione i cardini del modello sociologico di Marx, restano tuttora irrisolti i problemi connessi alle condizioni strutturali che condizionano la società umana e in particolare quella del lavoratore in epoca moderna. 

L'OPERAIO SOLDATO 

Pensando alla profonda ristrutturazione in atto nel mercato del lavoro non solo in Italia ma in tutto il mondo industriale è inevitabile l'aggancio con le posizioni di Junger/de Benoist e il riferimento alle contraddizioni legate al concetto di sviluppo delle forze produttive. 
Le tesi comunque esposte nel libro vanno decodificate come va compreso senza equivoci il richiamo alla distinzione che Junger fa tra soldato e guerriero ossia tra la concezione di guerra tradizionale e quella moderna. 
Nel modello filosofico di Junger la società è pensata come totalità, un tutto dove ogni organo svolge una funzione e in cui l'uomo è concepito come qualcosa costruito da cima a fondo, nella società dominata dalla tecnica l'operaio soldato è invece un esecutore che fa parte del gigantesco ingranaggio della struttura economica. 
Se chi possiede gli strumenti di produzione è anche chi determina la cadenza del tempo e dell'organizzazione del lavoro è inevitabile che si crei un conflitto tra coloro che producono e sono esclusi da tale controllo e i detentori del monopolio. 
A questo punto per comprendere i passaggi del libro di de Benoist è necessario comprendere la figura dell'anarca così come lo delineava Junger; l'anarca non è l'anarchico così come lo intendeva Michail Bakunin, ma è colui il quale è profondamente integrato in una società tradizionale e ne condivide i valori. 
Probabilmente -e questa è una questione scottante- Junger nei suoi rapporti con il nazionalsocialismo pensava di riproporre la figura dell'anarca accostandola a quella dell'operaio tedesco che partecipava ai disegni del regime hitleriano. 
Questo è l'aspetto che visto a posteriori è più deprecabile anche se il contenuto delle sue tesi, depurate dagli aspetti più ideologici e dalle grossolane analogie con il sistema industriale tedesco nazionalsocialista, contiene degli spunti di riflessione interessanti per quanto concerne la realtà odierna. 
Purtroppo lo scrittore francese lega troppo il pensiero di Junger alle suggestioni della volontà di potenza di Nietzsche ignorando la tematica del dolore che venne posta dallo stesso Junger come motore dell'agire umano. 
Resta invece tuttora ricca di fascino la differenza che de Benoist coglie tra anarchismo e ribellismo ossia tra libertà intesa come azione individuale e libertà manipolata ed inquadrata; è questo uno dei tratti distintivi del pensiero di Ernst Junger che mantiene intatto il suo fascino. 

Lungi dall'essere tuttora adeguatamente elaborato, quello delineato da de Benoist è comunque uno sforzo notevole per comprendere il pensiero di un filosofo, poeta e scrittore che viene sistematicamente ignorato dai manuali di filosofia esattamente come è accaduto e accade per Julius Evola che è stato forse l'interprete più rigoroso del pensiero jungeriano. 

Le 110 pagine del libro di  Alain de Benoist sono dense di concetti, ma pur nei limiti evidenziati costituiscono l'occasione per conoscere il pensiero di Ernst Junger definito con un termine efficace "sismografo dell'era della tecnica".

Tesi paradossali ma che esercitano ancora il loro fascino.

 

Articolo di proprietà dell'autore pubblicato anche altrove.

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Published by Caiomario - in Libri
2 agosto 2012 4 02 /08 /agosto /2012 15:02

Il fenomeno della "migrazione" analizzato con l'indagine sociologica - Sociologia delle migrazioni - Maurizio Ambrosini Libri

 

 

 

 

Nell'epoca dei formidabili cambiamenti come l'attuale, il fenomeno della migrazione assume dei contorni di straordinaria complessità, un fenomeno come quello della immigrazione non può essere liquidato con ricette che abbiano come solo obiettivo quello di soddisfare la pancia degli elettori alimentando una xenofobia latente che da tempo si va diffondendo nelle società occidentali. 
Dall'altro canto, ormai da tempo, si assiste anche al fenomeno inverso della "carità istituzionale" che lascia altrettanto perplessi perché non solo non favorisce l'integrazione degli immigrati ma ne auspica paradossalmente la marginalizzazione. 

Anche sul piano linguistico il titolo del libro sembra aver ceduto alla tendenza linguistica di definire la "migrazione" e i cosiddetti "migranti" come immigrazione e come immigrati, assimilando (inconsciamente) questi spostamenti di massa al fenomeno della migrazione degli animali, i soli a migrare per ragioni di carattere climatico finalizzate alla ricerca del cibo. 
Non si tratta di una questione da poco perché le definizioni assumono sempre un valore culturale e quando il linguaggio cambia significa che cambia anche il modo di percepire un fenomeno. 

Nella dialettica culturale che anche in Italia si è sviluppata negli ultimi vent'anni sul tema dell'immigrazione si è spesso elusa l'analisi delle cause provocanti l'immigrazione e nello stesso tempo, paradossalmente, ci sono stati consistenti strati della società italiana che l'hanno favorita. 
E' innegabile che la mancanza di programmazione di una seria politica dell'immigrazione che fosse meno conflittuale, avrebbe sicuramente favorito una maggiore integrazione di individui che vivono ai margini della società o che sono venuti in Italia solo per delinquere (vedi il fenomeno dello sfruttamento della prostituzione nigeriana o dello spaccio degli stupefacenti in mano a bande si sudamericani o magrebini), ma è altrettanto vero che in due decenni la "migrazione" si è trovata a competere con vasti strati della popolazione occidentale dalle risorse economiche sempre più limitate. 

Per comprendere il fenomeno andando al di là dei soliti luoghi comuni la lettura del libro "Sociologia delle migrazioni" di Maurizio Ambrosini è la risposta migliore per comprendere il fenomeno; la lettura del volume esige certamente impegno e applicazione ma nello stesso tempo sgombra il campo da quella "percezione negativa" che si ha del fenomeno ricomponendo quella frattura insanabile che ha dei riflessi anche sulla vita politica. 

Senza dubbio il prof. Ambrosini è uno specialista della materia che sviscera tutta la problematica andando al di là della superficiale rappresentazione largamente diffusa in una parte della pubblica opinione, ma anche il "non specialista" poco avvezzo ai metodi dell'indagine sociologica potrà trovare nella lettura del libro una risposta a un fenomeno che da sempre caratterizza la società degli uomini. 
A differenza di quanto si possa pensare le società antiche erano molto meno chiuse di quelle postindustriali contemporanee e i fenomeni migratori facevano parte di quelle società, basti pensare, ad esempio, a Roma che vide letterati, artisti, imperatori e comuni cittadini provenienti dalle più svariate parti delle province romane, diventare parte attiva della vita politica e sociale. 
Gli esempi, a questo proposito sono innumerevoli, è sufficiente pensare che l'atteggiamento di Roma fu lungimirante e pragmatico nei confronti della migrazione dell'epoca, ai Romani non interessava il colore della pelle o la religione di appartenenza, le uniche due cose importanti erano che i cittadini pagassero le tasse e rispettassero (formalmente) l'imperatore. 
E' bene ricordarlo come è bene rammentare che l'immigrazione può diventare uno straordinario fenomeno di ricchezza se si abbandonano le politiche dell'assistenzialismo che continuano a mantenere poveri quelli che già in partenza non avevano niente. 

La sociologia ha sempre dedicato e continua a dedicare i maggiori sforzi per comprendere i cambiamenti che avvengono nelle società, a tal proposito è interessante riportare quanto scrive Ambrosini nel sito da lui curato: 

"L'Italia non sta diventando multietnica perché qualche scriteriato ha aperto le frontiere. Il cambiamento avviene per dinamiche ed esigenze che hanno origine all'interno della nostra società, e in modo specifico nel mercato del lavoro. Discriminare o ritardare l'accesso alla cittadinanza rischia di portare acqua proprio al mulino di quel fondamentalismo che si vorrebbe contrastare. Mentre la legge che definisce reato la permanenza nel nostro territorio senza permesso di soggiorno è inapplicabile per mancanza di strutture e mezzi adeguati, prima ancora che anticostituzionale". 

La chiave di lettura del fenomeno del cambiamento è tutta qui: il mercato del lavoro è cambiato e sono cambiate anche le richieste della società. 
Una siffatta interpretazione non può che derivare dalla riflessione globale di un determinato fenomeno in una determinata società. 
Non c'è dubbio che ogni interpretazione sociologica riflette la visione di chi l'ha costruita, nessuna riflessione sociologica può quindi essere neutrale dal momento che viene proposta una chiave di lettura dei termini ritenuti essenziali per la spiegazione di un fenomeno; in questo senso l'analisi sociologica di Ambrosini non può definirsi neutra in quanto l'impostazione socio-economica del fenomeno potrebbe sembrare l'unica chiave di lettura del fenomeno, ma il condizionale è d'obbligo in quanto la riflessione si sposta anche su tutti gli effetti della causa come ad esempio le relazioni familiari, la politica migratoria e il fenomeno della xenofobia. 
Resta qualche dubbio sulle soluzioni pragmatiche da applicare in quanto storicamente nessuna società è in grado di accogliere illimitatamente grandi numeri di immigrati, così è stato in passato anche per gli immigrati italiani che dopo un primo periodo in cui "bastava partire" perché erano sufficienti le braccia, hanno dovuto fare i conti con le politiche dei flussi introdotte dai vari stati di destinazione (Stati Uniti e Australia tra tutti). 

 

INFORMAZIONI SUL LIBRO

  • Titolo: Sociologia delle migrazioni
  • Autore: Ambrosini Maurizio 
  • Prezzo: Euro 24,00 
  • Anno di pubblicazione: 2005 
  • Editore: Il Mulino (collana Manuali. Sociologia)

La materia è trattata da uno studioso serio che conosce bene il fenomeno.

 

Per conoscere gli altri libri scritti da Maurizio Ambrosini si consiglia di visitare il seguente sito internet:

 

http://www.libreriauniversitaria.it/libri-autore_ambrosini+maurizio-maurizio_ambrosini.htm

 

Articolo di proprietà dell'autore che si riserva di pubblicarlo ovunque.

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Published by Caiomario - in Libri
2 agosto 2012 4 02 /08 /agosto /2012 06:52

Chi ben inizia è a metà dell'opera 

Mentre proliferano i siti che consigliano come è possibile guadagnare attraverso l'uso della rete, l'offerta editoriale di "manuali" su come realizzare concretamente dei guadagni è altrettanto ricca di "soluzioni chiavi in mano" per fare affari. 
Molte delle indicazioni presenti in entrambi i canali (web e libri) sono valide e potrebbero essere prese in considerazione da quella generazione che è attualmente tagliata fuori dal mercato del lavoro, altre soluzioni appaiono piuttosto bislacche soprattutto considerando il fatto che la conoscenza media degli strumenti informatici è piuttosto bassa e  gli utilizzatori di internet semplicemente si limitano, nella maggior parte dei casi, a navigare sul web.

In questa enorme offerta editoriale dal sapore "obamiano" (yes, we can..) si inserisce il libro di Luigi Sabbetti intitolato "Come guadagnare su internet realizzando un sito di incontri", il titolo già di per se appare stimolante e quel "Come" iniziale si inserisce nel filone delle guide che spiegano passo dopo passo come fare una cosa. 
Sabbetti si pone l'obiettivo di spiegare in termini semplici e facilmente comprensibili i vari passaggi che servono per diventare "amministratori e proprietari" di un sito di incontri. 

PARTIRE DA ZERO PER REALIZZARE UN SITO 

Partire da zero per raggiungere l'obiettivo non significa incominciare senza niente, intanto è necessario avere gli strumenti necessari a partire dal mezzo informatico che deve essere sufficientemente potente per completare il proprio percorso di novello "web designer". 
Quando si parla di Web designer attualmente si intende qualcosa di diverso rispetto a quello che si indicava agli albori di internet, in passato il Web designer era essenzialmente una figura tecnica che possedeva due doti: la capacità di programmazione e la piena padronanza delle conoscenze grafiche. 
Oggi sono necessarie altre competenze primo fra tutti l'usabilità dei contenuti e l'accessibilità e lo studio delle interazioni. 

Se infatti date uno sguardo ai maggiori siti di incontri, noterete che il primo aspetto importante è l'accessibilità e l'usabilità, la realizzazione di un sito di incontri deve infatti stabilire come punto di partenza la grafica, il contenuto e le interazioni e le tecnologie da utilizzare. 
Sapere come pubblicizzare il proprio sito significa valorizzarlo e consentirne una buona penetrazione in un mercato che potenzialmente sembra non avere fondo. 
Nel manuale vengono affrontate tutta una serie di questioni che riguardano la scelta degli strumenti più idonei, quali soluzioni digitali, tecniche e funzionali adottare per rispettare determinati standard tecnici e come poter utilizzare tutti quei contributi multimediali che permettono di realizzare un sito che permette di raggiungere un bacino d'utenza allargato. 
Il pregio del manuale è quello di essere utile per il neofita che è in grado di comprendere tutti i meccanismi di interazione, volendo poi si possono utilizzare i sistemi di comunicazione a distanza ma anche dei programmi per collaborare a distanza (aggiunta di chi scrive). 

Al di là degli aspetti tecnici ben affrontati nel libro resta da sciogliere l'aspetto "legale", un aspetto da non sottovalutare per chi deve gestire un sito nel quale si muovono dei soldi. Sono numerose infatti le conflittualità che nascono intorno a questi siti che spesso suscitano molte aspettative da parte che li frequentano. 
Se l'aspetto tecnico è infatti superabile da chiunque abbia un minimo di intelligenza, più difficile e insidioso è quella parte di imponderabile che, purtroppo, esiste nel settore. 

SITO DI INCONTRI MATRIMONIALI O SITO EROTICO? 

Il neofita potrà scegliere se realizzare un sito finalizzato alla conoscenza tra persone di sesso diverso per finalità "matrimoniali" o un sito che serve per favorire incontri secondo le più diverse combinazioni (la fantasia umana nel campo dell'erotismo non manca); tra le due soluzioni, quella hard o quella soft, si potrebbe aprire una querelle senza fine e non è il caso di affrontarla in questo spazio. 
Tuttavia -a mio parere- al di là delle interpretazioni e delle convinzioni personali resta il dato obiettivo dell'enorme potenziale del settore anche se l'idea di fare il sensale non mi aggrada troppo, ma le considerazioni di carattere etico sembra che non vadano per la maggiore. 
Anche volendo trovare una motivazione "sociale" sulla funzione utile ed indispensabile di un sito per incontri, la motivazione principale per i proprietari di siti del genere è economica. Che c'è di male qualcuno potrebbe obiettare? Giusta obiezione visto il proliferare negli anni passati delle agenzie matrimoniali che hanno favorito incontri e matrimoni reali, ma anche "predisposto" molti cacciatori e cacciatrici ad incontri finalizzati ad altri meno nobili obiettivi (coniugali). 

Il libro "Come guadagnare su internet realizzando un sito di incontri" di Luigi Sabbetti è scaricabile anche nella versione ebook al prezzo di 15,00 euro.

 Un buon manuale che mette nero su bianco le soluzioni ottimali per guadagnare con gli incontri

 

 

Estetica ed usabilità ecco come realizzare un sito per (favorire) gli incontri - Come guadagnare su internet realizzando un sito di incontri - Luigi Sabbetti Libri

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Published by Caiomario - in Libri
2 agosto 2012 4 02 /08 /agosto /2012 06:45

I rapporti tra letteratura ed industria sono stati da sempre a doppio filo con l'impegno politico e civile, basti pensare ad un grande narratore come Paolo Volponi (1924-1994) che elabora tutta la sua produzione letteraria dopo avere avuto un'importante esperienza lavorativa all'interno del mondo industriale prima con Adriano Olivetti e poi con la FIAT. 
L'idea di una letteratura che trattasse i temi dell'industria e del mondo del lavoro non è nuova nel panorama culturale italiano, già Elio Vittorini nel 1961 sulla rivista letteraria "Menabò" aveva sentito l'esigenza di delineare un quadro programmatico di una letteratura che fosse adeguata all'industria; i risultati sul piano letterario non sono mancati come anche quelli che hanno riguardato saggi e studi sulla materia. Per quanto riguarda l'ambito letterario meritano senz'altro una menzione Ottiero Ottieri che scrisse "Tempi stretti" e "Donnarumma" e Goffredo Parise con "Il padrone", entrambi gli autori possono essere considerati come i rappresentanti di una letteratura che ha affrontato sul piano letterario la tematica industriale partendo da un solido retroterra culturale in cui si era da tempo formata una coscienza nei confronti della realtà moderna della fabbrica. 

Sul versante della saggistica "Scritti e discorsi di cultura industriale" di Libero Bigiaretti si può inscrivere in quel filone di scritti critici che hanno affrontato la tematica industriale nel quadro di un forte impegno politico inteso nel senso più nobile della parola, ma Bigiaretti ha sicuramente il merito di avere apportato una novità rispetto ai saggi "militanti": quello della valorizzazione di un certo modo di fare industria intesa come "struttura aperta" alla comunità e al territorio. 

Libero Bigiaretti dopo l'esperienza lavorativa nella Olivetti di Ivrea con Adriano Olivetti affrontò delle tematiche dando una chiave di lettura che è stata precorritrice dei tempi rispetto proponendosi come avanguardia di quella coscienza critica propositiva di cui -a mio parere- sentiamo urgente bisogno soprattutto oggi. 
Io penso che l'industria non sia un moloch da combattere, ma questa idea non la avevano neanche i protomarxisti, credo che ogni forma di luddismo vada contro i tempi e non sia in sintonia con gli inevitabili cambiamenti che il progresso tecnologico impone, purtroppo oggi si parla troppo a sproposito di impresa, mancano figure come quelle di Adriano Olivetti e di Libero Bigiaretti. 
Sul piano del linguaggio delle immagini (il tema affrontato nel libro) si nota immediatamente l'inconsistenza di certe proposte quando si parla di "riforma del mercato del lavoro". Oggi si avverte un vero e proprio vuoto di rappresentanza non solo sindacale ma anche culturale, manca uno stile di serietà e credibilità perché lo stesso linguaggio delle immagini è basato esclusivamente sull'effimero e non riesce a trasmettere quella solidità che una struttura d'impresa dovrebbe avere per competere sul mercato. 
La verità è che molti imprenditori hanno smesso di produrre beni e si sono concentrati nella finanza, questa distorsione del modo di fare impresa ha distrutto il lavoro e depauperizzato il paese che manca di una politica industriale seria e che sappia vedere lontano. 
Anche questi aspetti rientrano nel modo di fare comunicazione e trasmettere informazioni tramite il linguaggio delle immagini: un caso emblematico è quello di Sergio Marchionne che probabilmente in futuro sarà ricordato come l'uomo che indossava un maglione blu e che ha voluto togliere i 10 minuti di pausa ai lavoratori, più efficace invece, pur nella estremizzazione caricaturale, è il Marchionne di Crozza che con il suo "Non mi dovete dire grazie" è riuscito a sintetizzare un modo di comunicare che riesce a tramettere solo arroganza e chiusura, siamo lontani anni luce da una personalità potente come quella di Adriano Olivetti. 

Libero Bigiaretti nel trattare il linguaggio delle immagini si dimostra modernissimo perché la sua riflessione non è teoria ma nasce da quell'esperimento di fare impresa e di organizzare l'industria che fu in parte attuata da quello straordinario intellettuale che fu Adriano Olivetti, caso più unico che raro nel panorama industriale italiano. 
Lo stile di scrittura del libro è agile, la brevità del libro (solo 152 pagine) non scade nella superficialità, al contrario la scelta di trattare diverse questioni e in particolare quello del linguaggio delle immagini, stimola la riflessione sul modo di comunicare le informazioni, un modo che è profondamente cambiato negli anni segnando un'involuzione del linguaggio che è anche segno di quella crisi di valori morali che investe il mondo dell'impresa. 
E' vero, ogni epoca ha le sue specificità la reclame degli anni Venti del secolo XX usa un linguaggio che è profondamente diverso rispetto a quello utilizzato negli spot pubblicitari odierni, ma è cambiato anche profondamente il modo di concepire l'impresa e si comunicare così come è mutato il modo di narrare i prodotti. 

In molte aziende si è sentita la necessità di introdurre la figura del "Responsabile delle relazioni esterne" la cui funzione è quella di tenere i rapporti con la stampa, con gli organi di informazione e con quelli istituzionali (enti, sindacati ecc), ma il progresso tecnologico ha ancora una volta sconvolto il linguaggio delle immagini che oggi passa attraverso i social network e i siti di opinione dei consumatori. 
Non basta più l'immagine serve la concretezza, il consumatore è più smaliziato, più informato, il tam tam che passa attraverso la rete è in grado di vanificare una campagna pubblicitaria, oggi in definitiva contano i fatti perché è andata affermandosi una coscienza critica che bada al sodo e va oltre la scorza delle immagini e dell'effimero. 
E' bene che le aziende e il mondo dell'industria ne tenga conto, per vendere i propri prodotti bisogna domandarsi anche quali siano i fini aziendali, Libero Bigiaretti da buon profeta lo aveva capito, abbiamo bisogno di fatti. 

  • Titolo: Scritti e discorsi di cultura industriale 
  • Autore: Libero Bigiaretti 
  • Editore: Hacca 
  • Tipo: Saggio 
  • Pagine: 152 
  • Anno di pubblicazione: 2010 
  • Prezzo. 12 euro 


Articolo di proprietà dell'autore, pubblicato anche altrove.

Scritti e discorsi di cultura industriale - Libero Bigiaretti Libri
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