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1 agosto 2012 3 01 /08 /agosto /2012 18:27

 

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LA STORIA DEI TROTTA : quando i "franzosi" stavano coi sardi e i piemontesi. 

Chi era il Trotta? Era il progenitore dei Trotta che aveva combattuto nella battaglia di Solferino nel 1859, da una parte c'erano gli austriaci , dall'altra parte l'esercito franco-sardo (sardo perchè la Sardegna era parte integrante del regno Sardo-Piemontese...la Sardegna era già unita........e sardi erano molti fanti), il Trotta era uno che non sbagliava un colpo e gliele dava ai franco- sardo-piemontesi, eccome se gliele dava, dall'altra parte i sardi, piccoli e terribili ( allora i sardi erano piccoli e terribili soldati). Il Trotta salvò zio Beppe (Francesco Giuseppe) e si frantumò la clavicola, chi sparò il colpo? Forse un "franzoso", un piemontese o un sardo...sta di fatto che il Trotta diventò l'eroe di famiglia. 

Chi era il Trotta? Era un italiano o meglio era un suddito fedele agli austro-ungarici e suo nonno aveva combattutto con Radetzsky , un italiano di orgine slava, Giuseppe era coraggioso, ebbe come la massima onorificenza: l'ordine di Maria Teresa. 

 

 

 

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http://farm7.static.flickr.com/6211/6335449854_2bbf3afa0b.jpg

  • Primo inserto: L'Unità d'Italia è una cosa complessa, da studiare prima di tutto, perchè non in tutti era nel cuore l'Italia, i confini allora erano diversi e diversa era la cultura..........il Trotta era un pò come il Trota! 


....ed era uno che avrebbe preferito morire al suono di una banda militare e in particolare quello della MARCIA DI RADETZSKY. 

  • Secondo inserto: Sul significato degli inni.....ci sarebbe da dire molto, tuttavia è curioso conoscere aspetti che sono stati "addomesticati" ad uso dei contemporanei, non sempre sono dei momenti identificativi di un paese e le ragioni storiche, non si può far finta che non esiste una polemica nei confronti dello stato unitario. A Bolzano c'è il presidente della provincia che non ha voluto festeggiare, dica allora da che parte vuole stare.........se dalla parte dei Balilla o di Radetzsky.........Trotta non aveva paura di essere corente e le scelte le fece in modo chiaro..........è proprio su questo che dobbiamo fare chiarezza!!!!!! 


Joseph Roth ci porge con eleganza uno spaccato di quel mondo e lo fa con la padronanza di chi potrebbe essere un eccellente soggettista come Mazzini lo fu per l'Unità d'Italia, c'è uno spirito nostalgico nel ripensare al periodo dell'Impero e il suo è forse un romanzo apologetico? C'è molto odore di cavalleria in queste magnifiche pagine dove il particolare diventa il "metodo" per illustrare quel mondo che oltre che di cavalli sa di tabacco vecchio, tabacco da presa e di zuppa fumante. 

I grandi scrittori no sono soliti usare la retorica, vergano con la penna come il pittore fa con il pennello. 

  • Terzo inserto: Roth, ritaglia dei quadretti che entrano nell'immaginario e ci fanno sentire l'odore della zuppa fumante e del tabacco da presa e poi di legumi, spinaci scuri e teneri ravanelli. 


Leggere la storia dei Trotta e del sottotenente, Carlo Giuseppe, barone di Trotta è scorrere la storia di quel periodo in cui l'Italia era austriaca....un bel libro che merita di essere letto. 

  • Quarto inserto: Abbiamo parlato di Balilla........avete mai letto il testo di Goffredo Mameli? Quello che si canta è una parte, un'altra parte è stata tolta, riporto alcune strofe: 


"i bimbi d'Italia/si chiaman Balilla" 

"Già l'Aquila d'Austria /le penne ha perdute" 


....................versi dimenticati ed omessi....scritti da Goffredo Mameli, ma il pennuto austriaco.....con i "franzosi" e i sardi piemontesi le penne le aveva davvero perdute.

 

INFORMAZIONI SUL LIBRO

 

Titolo: La marcia di Radetzky

Autore: Joseph Roth

Editore: Adelphi

Collana: Gli Adelphi

Pagine: 432

Data di pubblicazione: 24/04/1996

Prezzo. 13 euro



 

 

La Marcia di Radetzky

 

Fonti Immagini: http://farm5.static.flickr.com/4154/5084954064_b1b3915a5a.jpg;

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Published by Caiomario - in Libri
1 agosto 2012 3 01 /08 /agosto /2012 18:01

LA POETESSA CHE SI CHIUSE IN UNA STANZA 

Emily Dickinson è stata una grande poetessa ma aveva un carattere molto particolare , dicono che fosse una donna dalla personalità complessa e che non era capace di comunicare con il mondo esterno, insomma era un'introversa, chissà quali era il motivo per cui presentasse un carattere così difficile; la cosa più strana è che questa poetessa americana non ha mai pubblicato nulla, a parte sette poesie, tutto il resto è stato pubblicato dopo la morte. Non ha avuto insomma la possibilità di "godere" dei diritti d'autore. 
Nella sua biografia si legge che ad un certo punto della sua esistenza si chiuse nella sua stanza e vi visse da reclusa rifiutando qualsiasi contatto con il mondo esterno: non incontrò mai nessun uomo, non si interessò più di nulla a parte la poesia. Sorge spontanea una domanda: ma  Emily Dickinson di cosa viveva,  visto che non lavorava e viveva chiusa in una stanza per tutto il giorno?  probabilmente c'era qualche parente stretto, forse il padre che era un deputato al Congresso che pensava a lei. Si tratta ovviamente di curiosità che poco aggiungono o tolgono alla bellezza delle sue poesie. 

Tutte le poesie

 
"Tutte le poesie" curato da Marisa Bolgheroni con la traduzione di Silvio Raffo, raccoglie tutte le poesie della poetessa statunitense, vale la pena riflettere su una poesia  senza titolo che per esigenze di catalogazione è stata intitolata "Conosci quel ritratto nella luna" , titolo ricavato dalla prima strofa della poesia. 

La poesia è malinconica come tutte le altre contenute nella raccolta, ha un ritmo lento e a tratti spezzettato, l'autrice si rivolge alla luna ma si vede che sta pensando ad un uomo amato, venne respinta? Non si sa, chi era quest'uomo? non lo si capisce, come non si comprende se questo allontanamento fosse dovuto ad una partenza, alla fine dell'amore o a delle incomprensioni. Sta di fatto che dopo aver letto questa brevissima poesia si chiude il libro con molta amarezza. 

Probabilmente se ci si  rivolgessimo alla luna in una notte stellata non avremo niente da dirle, però dobbiamo ammettere che Emily Dickinson riesce a comunicare emozioni, si è vero procede per monologhi però è come ascoltare qualcuno da cui non ci si riesce a staccare per educazione. 

Il libro non va letto in sequenza, ma semplicemente aperto incominciando a leggere la prima poesia che capita, leggete questi versi: 

l paradiso non è più lontano 
della camera accanto - 
se in quella camera 
un amico attende 
felicità o rovina. 

Che forza c'è nell'anima 
che riesce a sopportare 
l'accento di un passo che si appressa - 
una porta che si apre. 

Che sentimenti vi provoca? Non c'è nessun riferimento temporale, ma quel "passo che si appressa" nella camera accanto, mi turba; c'è molta sofferenza in questa donna, a me pare un'anima che sembra vagare senza pace e che trasmette tanta angoscia. 

Emily Dickinson morì giovane, aveva solo 46 anni, per l'epoca era una donna alla soglia della vecchiaia, per 23 anni visse una vita solitaria, riservata, fuggendo da tutti, in tutta la sua vita scrisse 1775 poesie. 

Concludiamo con questi bellissimi versi della triste Emily: 

"Portami il tramonto in una tazza 
conta le anfore del mattino 
le gocce di rugiada 
dimmi fin dove arriva il mattino

Avete capito questi versi? Sono belli, ma sono enigmatici, misteriosi, difficili da decifrare. 

E se l'amato fosse scappato perché Emily era troppo complicata? Chissà può essere accaduto anche questo.

 

Articolo di proprietà dell'autore, pubblicato anche altrove e adattato per questo spazio.

 

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Published by Caiomario - in Libri
1 agosto 2012 3 01 /08 /agosto /2012 11:00

Diamanti

La prima definizione che  ci viene in mente quando si parla de "Il Borghese" è quella di giornale storico e storico lo è perchè da quando venne pubblicato il primo numero,  il 15 marzo 1950, sono passati  oltre sessanta anni. 

Ripercorrere la storia del periodico significa ripercorrere un pezzo della storia italiana attraverso il punto di vista di firme molto prestigiose: già nel primo numero gli articoli pubblicati vedevano le firme di Indro Monatanelli, Giuseppe Prezzolini e Giovanni Ansaldo. 

Oggi molto è cambiato nella società italiana da quando il periodico  venne fondato da Leo Longanesi, all'epoca il periodico aveva un taglio che si poneva, almeno inizialmente, su una linea politica vicina a quella dell'uomo qualunque di Guglielmo Giannini; ma subito dopo Il Borghese si caratterizzò per colllocazione ideologica ben precisa  nella variegata galassia della destra, una destra che non sempre era in continuità ideale con le istanze del fascismo che solo dieci anni prima era ancora al potere. 

La svolta editoriale arrivò con Mario Tedeschi che divenne poi deputato del Movimento Sociale Italiano, fu proprio Tedeschi che rivitalizzò il giornale fino a farlo diventare il punto di riferimento per tutte le campagne e le inchieste sulla corruzione che già allora dilagava in Italia. 
Paradossalmente, secondo quanto da più parti rilevato, la straordinaria capacità organizzativa e il fiuto giornalistico di Mario Tedeschi non riuscirono  però a salvare dal declino il giornale che incominciò a perdere lettori nel momento in cui proprio Tedeschi decise di dedicarsi all'attività politica. 
Eppure quella di Tedeschi fu la migliore direzione del giornale che in quel periodo vide anche la collaborazione di Gianna Preda, autentica giornalista di razza, che ebbe il merito di condurre delle importanti campagne giornalistiche di denuncia del malcostume dilagante nell'Italia della ricostruzione (ieri come oggi). 
Bisogna riconoscere onestamente che la fortuna editoriale del periodico, diventato settimanale, lo si deve a Mario Tedeschi ma anche a Gianna Preda che tenne una seguitissima rubrica di posta per circa venti anni. 

Dopo un lungo periodo di oblio , Il Borghese riprese le pubblicazioni a partire dal 1995 prima con Daniele Vimercati e poi con Vittorio Feltri, grazie a Feltri conobbe una terza stagione editoriale che incontrò i favori non solo dei vecchi lettori ma anche di quelli delle nuove generazioni; un successo spiegabile grazie anche alle numerose iniziative editoriali come la diffusione di videocassette e di libri riconducibili alla cultura di destra.

Attualmente "Il Borghese" esce mensilemnte ed è pubblicato per le edizioni "Nuove Idee".

 

Oggi nel panorama editoriale manca un giornale non asservito a logiche padronali, molti tentativi di occupare quello spazio che occupava Il Borghese di  MarioTedeschi e di Gianna Preda sono  miseramente falliti forse perché manca, rispetto ad allora,  un pubblico autenticamente di destra; il centro-destra è un'altra cosa e molto avrebbe avuto da dire  il Tedeschi di quegli anni formidabili su una parte politica che è diventata  ormai un coacervo di esperienze politiche che vede ex missini militare con ex socialisti,  democristiani e nominati.

 

Per maggiori informazioni si consiglia di visitare il sito:

 

www.il-borghese.it/

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Published by Caiomario - in Libri
1 agosto 2012 3 01 /08 /agosto /2012 07:24

"La figlia del reverendo" (titolo originale A Clergyman's Daughter) è un romanzo di George Orwell scritto nel 1935. La narrazione del romanzo è incentrata sulla storia  di una giovane donna di nome Dorothy Hare, figlia del reverendo Charles, un pastore anglicano che dirige la parrocchia di St.Athelstan nel Suffolk, a Knype Hill. Tra padre e figlia vi è una distanza caratteriale evidente: Dorothy è una ragazza che agisce con impegno e serietà, non dà nell'occhio e il suo aspetto fisico è trascurabile, il reverendo Charles ha invece un carattere dispotico, è un accentratore, è fiero e si trova a combattere contro i pregiudizi della gente a partire dai suoi parrocchiani.

Il reverendo è oberato dai debiti e per fare fronte ai suoi obblighi, si adatta a svolgere una molteplicità di lavori che gli creano un continuo stato di delusione, inoltre intorno a lui crescono tutta una serie di discorsi malevoli e inopportuni alimentati da un carattere che non accetta compromessi e che non gli permette di mettersi sullo stesso livello delle persone tutto sommato semplici e ignoranti che vivono nel piccolo centro agricolo di Knipe Hill.

 Dorothy è una ragazza remissiva che per tutta la vita è sempre stata ligia agli ordini del padre, il suo tempo è impegnato a tenere in ordine la casa, si dedica poi all'attività caritatevole e alla preghiera. Inoltre, quando Dorothy sente di aver commesso qualche cosa di sbagliato si autoaffligge colpendo le proprie mani con un grosso spillo per espiare atteaverso il dolore.

Un giorno accade un episodio che cambierà per sempre la sua vita: viene insidiata da un uomo, il signor Warburton, presa dal terrore perde i sensi e e la memoria. Non ricorda il suo nome, dove abita e perde persino la fede in Dio, una fede incrollabile vissuta più per abitudine che per spontanea adesione.

Per Dorothy è l'inizio di una vita di vagabondaggio che si trascina nelle zone malfamate e lorde di sporcizia di Londra,  la ragazza entra in contatto con un mondo fatto di disperati e di emarginati, vivendo nella più assoluta miseria conosce la fame e il freddo e  per sopravvivere si si umilia fino al punto di chiedere l'elemosina.

Si adatterà a lavorare come raccoglitrice di luppolo, dormirà con altri compagni di lavoro e si renderà conto, vivendo questa terribile esperienza, com'è la realtà dei poveri e dei disperati fino al giorno in cui recupererà la memoria persa, ma non riuscirà a riconquistare la sua profonda fede in Dio.  Infine Dorothy dopo aver recuperato il suo equilibrio interiore decide di tornare a Knipe Hill dove vi vivrà per sempre.

 

La  figlia del reverendo forse non si può ascrivere tra i capolavori di ogni tempo ma conserva intatta la sua attualità, i poveri non sono diminuti e sono molti coloro i quali da un momento ad un altro possono trovarsi nella situazione di vivere con gli ultimi degli ultimi. L'emarginazione non è sempre una condizione voluta e spesso non c'è un autore come Orwell che perlomeno gli dà dignità letteraria;  la povertà è qualcosa di terribile che dimostra come la nostra società sia in realtà dominata dall'egosimo e dalla carità pelosa. Leggere il libro permette poi di fare un viaggio nel degrado materiale e umano, condizioni queste per molti sono solo delle parole vuote di significato e in particolare per chi  parla a sproposito di sviluppo e di crescita solo in termini di consumi. Purtroppo quando ci sono molti che consumano inutilmente, ci sono tanti che vivono di privazioni, sarebbe bene che questo fatto venisse tenuto in considerazione da coloro i quali parlano di favorire i consumi al oltranza non preoccupandosi di coloro i quali vengono esclusi dai consumi essenziali per vivere.

 

 

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31 luglio 2012 2 31 /07 /luglio /2012 07:34

 

 

Rinfrescare un ambiente è una cosa gradevole e i condizionatori sono la soluzione ideale per controllare la temepratura, tuttavia per evitare che il loro utilizzo nuoccia alla salute è importante adottare alcune accorezze, vediamo come usarli per ottenere il massimo beneficio:

 

  • Regolazione della temperatura: deve essere regolata su valori che non siano troppo bassi rispetto alla temperatura presente nell'ambiente esterno;
  • Temperatura interna: Regolarla tra i 24 e i 26°C, per l'ambiente domestico è l'ideale;
  • Manutenzione dei filtri: devono essere cambiati regolarmente per evitare che spore e batteri contamino gli ambienti;
  • Porte e finestre: Si consiglia di non aprire le finestre mentre sono in funzione climatizzatori e condizionatori, è opportuno poi usare delle protezioni oscuranti per evitare che il calore del sole influisca sulla temperatura dell'ambiente domestico. 
  • Forni, phon e ferri da stiro: producono calore, quindi è bene usarli per poco tempo per evitare che alzino la temperatura dell'ambiente domestico refrigerato. 
  • Deumidificatore: può essere un'alternativa da utilizzare al posto del condizionatore soprattutto in quelle zone della casa in cui i valori della temperatura non sono particolarmente elevati.
  • Consumi: utilizzare condizionatori e consumatori per un tempo prolungato e continuativo, determina un sensibile aumento dei consumi elettrici, questo vale anche per gli apparecchi di ultima generazione. Fare un uso accorto di condizionatori e climatizzatori porta un beneficio economico, l'importante è non sprecare.
  • Timer: Per evitare inutili sprechi è preferibile acquistare solo condizionatori provvisti di timer come quelli di ultima generazione; programmare l'accensione o lo spegnimento del condizionatore evita di utilizzarlo quando non serve.                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                     
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Published by Caiomario - in Libri
31 luglio 2012 2 31 /07 /luglio /2012 06:36

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Quando a partire dagli anni '50 e '60 il movimento della Beat Generation incominciò a diffondersi in tutto il mondo, nessuno avrebbe potuto prevedere che la sua onda lunga sarebbe arrivata fino ai nostri giorni. Per quanto poco rimanga di quell'antico anticonformismo beat, nessun movimento di contestazione e rottura può prescindere da quello straordinario momento (e movimento) di liberazione che caratterizzò un'epoca andando oltre i confini geografici degli Stati Uniti d'America.
E se oggi con un certo conformismo ipocrita, si cerca di stupire con tatuaggi mostrati nelle parti sensibili, nel 1955 le coscienze pie e beghine si scandalizzarono veramente con quello che è l'antesignano di tutti i romanzi di rottura: Lolita del russo Valdimir Nabokov.
Ma la necessità di scandalizzare e provocare caratterizzò tutto il movimento della Beat Generation e trovò i suoi mentori in scrittori come William Burroughs e Jack Kerouac, ma l'ultimo ha avuto la capacità di saper distillare irrequietezza, bisogno di libertà e di vivere una vita all'aria aperta  senza nessun tipo di costrizione.

Per conoscere una personalità, un artista, uno scrittore ecc, bisognerebbe sempre leggere gli archivi e in particolare le "carte", le lettere; oggi che abbiamo potenti strumenti di archiviazione, le missive digitali non hanno più il fascino che avevano i vecchi scatoloni pieni di carte e Kerouac fu attento in tutta la sua esistenza a conservare ogni traccia, ogni scritto, ogni copia di una lettera che servisse poi per rafforzare il mito letterario che da sempre circonda il suo nome ed evoca esattamente quello che ho spiegato nelle righe precedenti. E' noto poi che Kerouac  conservava anche delle lettere che non spedì mai e che secondo lui sarebbero servite ai posteri, ma non ai critici bensì ai suoi lettori (e naturalmente estimatori).
Un'abitudine questa che potrebbe sembrare una civetteria, ma che in realtà è stata molto utile per capire non solo Kerouac ma anche il movimento della Beat Generation.

"Lettere dalla Beat Generation" è un libro atipico, non è un romanzo organico ma è una narrazione di una generazione, scritto con un apparente impulso (vedi sopra), ricco di frasi compiute alla maniera dell'aforisma in cui Kerouac mette tutto, ma da anche delle indicazioni di genere a chi vorrebbe seguire le sue orme di scrittore contro e maledetto. Ecco la bellezza della scrittura di Kerouac, il suo gusto fabulatorio lo porta ad elaborare un discorso metanarrativo che finisce per coincidere con il suo stesso stile di vita. Ecco allora che questa raccolta irriproducibile può diventare un punto di incontro e un luogo di discussione per tutti gli appassionati non solo della letteratura ma anche della musica, di quella musica che fu profondamente influenzata dai profeti come Kerouac.

"......scrivi di getto, come Céline, come tu stesso una volta mi dicevi di fare, dio santo impara a battere mille parole al minuto, compra due registratori, sconvolgi le stupide leggi, frega i giudici, fomenta le rivoluzioni dalla tua soffitta, tira fuori tutto, porta tutto avanti, in alto, vinci, stelle, Ah, rivolgimenti, appendici, galassie, tempo, etichette, scatenato" (Tratto da "Lettere della Beat Generation).

Bel libro simile al contrappunto.....

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Published by Caiomario - in Libri
28 luglio 2012 6 28 /07 /luglio /2012 04:51

 

 

 

 

 

 

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"La condanna. Storia di Silvia Baraldini" è un libro scritto da Riccardo Bocca, giornalista autore di numerosi libri di inchiesta e blogger, nel libro viene ripercorsa la storia personale di Silvia Baraldini che agli inizi degli anni '90 fa fu al centro di un caso giudiziario internazionale che vide da una parte gli Stati Uniti d'America e dall'altra il movimento di sostegno per la liberazione della stessa Baraldini. I fatti sono noti e si trovano in rete numerose informazioni dettagliate sulla vicenda, meno nota è invece la storia personale di Silvia Baraldini. Manca quindi nel libro tutto il seguito della vicenda giudiziaria della Baraldini che si concluse solo nel 1999 quando venne estradata dagli Stati Uniti in Italia. 

A differenza di opere che rappresentano la storia, il libro di Bocca racconta la vita vera della Baraldini a partire dall'infanzia romana fino al trasferimento negli Stati Uniti dove frequentò la scuola superiore e l'università. Proprio in quegli anni inizia l'impegno politico della Baraldini, per il lettore la conoscenza delle sue vicende biografiche è anche l'occasione per conoscere l'incastro tra la sua storia individuale e gli avvenimenti collettivi che rappresentarono il vissuto di una generazione. 
La Baraldini da giovane abbracciò la causa dei neri d'America diventando attivista del "Movimento dei diritti civili" fino alla decisione di difendere alcuni militanti delle "Pantere nere" una gruppo rivoluzionario che in quegli anni era in totale opposizione con le autorità politiche statunitensi, nonostante nella società americana incominciassero ad esserci dei cambiamenti grazie alle battaglie pacifiste che erano iniziate con Martin Luther King. 

In realtà la Baraldini non aderì mai al movimento delle Pantere Nere in quanto ciò avrebbe costituto una scelta di campo dirompente perché avrebbe significato tagliare ogni collegamento con le istanze non violente di Martin Luther King. 
Silvia Baraldini negli anni '70 si concentrò su quella era per lei diventata una missione che andava al di là dei confini degli Stati Uniti sostenendo la causa della lotta di liberazione dello Zimbabwe. 
Poi accadde un evento che cambiò per sempre la vita della Baraldini; come attivista del movimento dei diritti civili prese le difese di alcuni militanti dell'Esercito di liberazione nero (BLA) e, come spesso accade negli Stati Uniti, fu gioco forza coinvolgerla in una faccenda di cui era totalmente estranea. 
La giustizia americana l'accusò di attività terroristica e applicò nei suoi confronti la normativa più dura dell'intero sistema normativo statunitense: la legge contro i reati di mafia. 
Una legge che le comporterà una condanna definitiva a 43 anni di carcere. 



Per i dettagli dei contenuti descritti rimando alla lettura del libro. 


La biografia raccontata Riccardo Bocca è stata utilizzata più volte, visto che le notizie diffuse successivamente in forma ridotta sono in larga parte presenti nel libro che pur essendo stato pubblicato prima dell'estradizione in Italia permette di conoscere una storia intensa e dolorosa (almeno per quanto riguarda la detenzione nelle carceri statunitensi)* di Silvia Baraldini. 
La scrittrice Dacia Maraini ebbe a definire l'intera vicenda come "l'inganno americano", l'aspetto più sconcertante della vicenda fu infatti il modo in cui venne trattata in carcere la Baraldini equiparata ai più pericolosi terroristi; quando si è definita la storia della detenzione dell'attivista italiana un "calvario personale" non si è esagerato, la Baraldini venne infatti colpita da un tumore maligno e, nonostante la grave malattia i giudici americani non la tolsero dall'isolamento carcerario, il motivo lo spiega in poche parole la stessa Maraini che osservò che tutto ciò era dovuto al fatto che i giudici statunitensi non volevano perdere la credibilità nei confronti dell'opinione pubblica. Non c'è dubbio che quella forma assurda di inflessibilità della giustizia americana faccia riflettere e ponga degli interrogativi perché niente da allora è cambiato rispetto a dodici anni fa e probabilmente niente cambierà in futuro sul modo di intendere la pena, una pena spesso non proporzionata ai reati commessi...da noi, invece, accade il contrario. 



"Mi chiedo, ma non riesco a immaginarlo, 
e penso a questa donna forte 
che ancora lotta e spera perché sa 
che adesso non sarà più sola 
la vedo con la sua maglietta addosso 
con su scritte le parole 
che sempre l'ignoranza fa paura... 
ed il silenzio è uguale a morte 
che sempre l'ignoranza fa paura... 
ed il silenzio è uguale a morte! 
ed il silenzio è uguale a morte!" 

(Per Silvia - Francesco Guccini

* Il libro è stato pubblicato nel 1998, l'accordo tra le autorità italiane e quelle statunitensi è avvenuto poco dopo e si concluse con il ritorno in Italia di Silvia Baraldini nel 1999.

 

Se ne consiglia la lettura.

 

Recensione di proprietà dell'autore, pubblicata anche altrove.

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Published by Caiomario - in Libri
28 luglio 2012 6 28 /07 /luglio /2012 04:12

 

 

 

 

 

 

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Non c'è dubbio che in 70 anni è cambiato il modo di concepire il turismo che da fenomeno riservato a pochi è diventato un movimento di massa, leggere pertanto le vecchie guide del Touring Club è un'occasione per capire come il turismo era concepito all'epoca. Prima di tutto le vecchie guide suggerivano itinerari che potrebbero essere paragonati a quelli paragonati alle "mille miglia", si trattava di percorsi oggi in parte scomparsi o comunque secondari lontano dalle grandi direttrici attuali; la stessa cosa dicasi per i ristoranti che si trovavano lungo quelle vie, sono ovviamente tutti scomparsi come non esistono, nella maggior parte dei casi, gl edifici che li ospitavano. 
Un'esame della cartografia dell'epoca mostra che l'Italia è cambiata moltissimo in 70 anni a partire dalla rete stradale, la diffusione delle autostrade ha cambiato anche il modo di viaggiare, di partire ed arrivare utilizzando un'autovettura. I tempi odierni sono veloci e la maggior parte delle persone non consulta più la cartina stradale ma utilizza un navigatore satellitare, eppure una guida come quella del proposta dal Touring Club continua ad avere il suo fascino e a svolgere una funzione che -secondo noi- non potrà mai essere sostituita da alcun navigatore satellitare per quanto possa essere preciso e aggiornato. 


LA GUIDA 

L'impostazione della versione moderna della guida delle Marche segue la proposta di un percorso che parte da Ancona, una proposta "saggia" per chi arriva con il treno e non possiede altro mezzo di locomozione, la permanenza e la visita del capoluogo delle Marche e della provincia omonima; la destinazione crediamo sia indicata anche per chi proviene in auto dalla vicina dorsale appenninica.

La visita alla chiesa di San Domenico è tappa obbligata come anche quella alla chiesa romanica di San Ciriaco, un edificio che risale al XII secolo di impareggiabile bellezza artistica. 
Sul piano della qualità e quantità di informazioni presenti anche sul territorio circostante la città marchigiana sono più che sufficienti per avere una buona guida anche per quanto concerne la parte costiera, sicuramente la guida è poco interessante per quanto concerne le informazioni  sulla parte monumentale ma si rivela utilissima per quanto riguarda il territorio 
Eventuali altre integrazioni possono essere ottenute dalle pubblicazioni gratuite distribuite dalle locali pro loco. 

La guida Marche del Touring Club Italiano propone 22 itinerari, sono tutti interessanti, i luoghi da visitare suggeriti sono senza dubbio quelli più rappresentativi , quelli che non possono mancare per chi voglia organizzare un viaggio nelle Marche. 
Di particolare interesse è la parte che riguarda la visita a rocche e castelli per la maggior parte concentrati nel territorio del Montefeltro, la visita nella provincia urbinate richiede comunque almeno un paio di giorni per visitare alcuni dei luoghi suggeriti. 
Particolare poi è l'itinerario della fede proposto dal Touring, un itinerario dove si trovano elencati i principali luoghi di culto della regione, non nuovo per i locali ma sicuramente molto suggestivo per i turisti che vengono da fuori regione.

ALTRE INFORMAZIONI  

La guida Marche si compone di 192 pagine dove sono indicati tutti gl itinerari con le informazioni più significative di ogni singola zona; a queste 192 pagine vanno aggiunte 96 pagine della sezioni dove si trovano le "informazioni pratiche": vengono suggeriti nomi di hotel, ristoranti, osterie e strutture ricettive di agriturismo in cui soggiornare; si tratta di un ampio ventaglio di possibilità che permette di scegliere la destinazione più adatta alle proprie esigenze e alle proprie tasche. 

La guida ha un prezzo di copertina di 22,00 euro, per i soci del Touring Club Italiano il prezzo è di euro 17,60. 

Data l'accuratezza del contenuto ne consigliamo l'acquisto. 

A chi consigliamo la guida? A tutti ed in particolare a coloro che praticano quello che il Touring Club Italiano ama chiamare il "turismo dolce" ossia quel turismo in bicicletta e a piedi che permette di riscoprire luoghi dimenticati, angoli spesso trascurati di ogni luogo. Perché allora non riscoprire il "turismo dolce" proprio nelle Marche? Una bellissima regione ricca di bellezze architettoniche, monumentali e paesaggistiche che merita più di una fugace visita.

 

Scritto di proprietà dell'autore adattato per questo spazio.

 

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27 luglio 2012 5 27 /07 /luglio /2012 22:50

 

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UN UMORISMO GRAFFIANTE E FUORI DAL COMUNE 


Per molto tempo la letteratura di intrattenimento è stata offuscata dal giudizio negativo dei critici che l'hanno vista come un genere non colto adatto solo al pubblico che oggi definiremo "nazionalpopolare". 
In realtà gli autori che si dedicano a questo genere letterario e Achille Campanile era tra questi, hanno solo uno scopo che è quello di divertire. 
Sarebbe quindi un errore quello di derubricare la letteratura d'intrattenimento ad un genere residuale che non ha alcuna dignità artistica e questo discorso si potrebbe allargare ad altre forme di espressione quali il cinema e il teatro, un romanzo, un film o un'opera teatrale potrebbero avere come obiettivo di rivolgersi ad un pubblico di massa e nel contempo farlo con dei fini artistici. 

"Povero Piero" è un racconto fondato sull'equivoco, dove ogni comportamento diventa ambiguo, subdolo e che suscita dubbio, la trama è semplice: il protagonista Piero esprime la volontà testamentaria che i parenti e gli amici debbano venire a conoscenza della sua morte, solo a funerali avvenuti. 
Per un motivo banale la notizia trapela all'esterno ed è da quel momento che la fiera dell'ipocrisia di parenti, amici, conoscenti assume quei contorni di finzione e di doppiezza che circondano ogni funerale: frasi di circostanza, di sentita (ma apparente) partecipazione al dolore, ognuno fa a gara ad esprimere il rammarico più lamentevole e di compiacere la vedova. 
Ma al lutto di Piero se ne aggiunge un altro, per cui si crea l'assurda situazione in cui vengono pianti due morti di cui uno (Piero) suscita un serioso e lamentevole condolersi da parte degli amici, conoscenti e parenti mentre l'altro, essendo persona simpatica e allegra, provoca anche il riso quando si rievocano alcuni episodi della sua vita. 

Il romanzo ha avuto numerose riduzioni teatrali proprio perchè il contenuto esilarante ben si presta ad

una commedia d'intrattenimento non legata ad una particolare stagione storica. 

Achille Campanile è uno scrittore pungente che riesce ad essere mordace ridicolizzando tutti quei comportamenti che fanno parte di una ritualità che sembra ormai meccanica, scontata ma a cui nessuno sembra voler rinunciare. 

Il funerale è uno di questi momenti in cui la ritualità assume la sua massima forma, se pensiamo, per esempio, al doversi sentire obbligati di fare pubblicare un necrologio o di mandare un telegramma alla famiglia con la motivazione di fare tutto ciò per "rispetto del morto", sopraggiunge una tristezza e nel contempo verrebbe da ridere, il morto non c'entra niente, è solo la considerazione dei vivi che conta, quello che pensa la famiglia.... 

*Vicini al dolore porgiamo sentite condoglianze 

*Affranti per la perdita del........siamo vicini al Vostro dolore 

*Il grave lutto che vi ha colpito ci vede vicini al vostro dolore 

*Sentite condoglianze per la perdita dell'amato.... 


........e tutti sono stati mariti esemplari, mogli oneste, funzionari integerrimi........... 




Povero Piero........

Non fiori ma opere di bene...........Povero Piero

 

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27 luglio 2012 5 27 /07 /luglio /2012 22:18

 

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I romanzi d'avventure e molti dei classici della letteratura dei ragazzi, sono stati determinanti nella formazione di molte persone; per un adolescente di qualche anno fa i libri di Emilio Salgàri e di Jules Verne erano le letture più frequenti e, a distanza di anni, possiamo dire che quei romanzi sono ancora validi come lettura d'evasione. Forse il genere potrebbe apparire datato sotto il profilo della formazione ma questo dipende escluivamente dal convincimento dei formatori, in ogni caso penso che leggere Verne e Salgàri arrcchisca molto di più che dedicarsi solo ed esclusivamente alle attività ludiche multimediali. 


L'AUTORE 

Jules Verne nacque a Nantes nel 1828, considerato il maestro dei romanzi d'avventura, pubblicò nel 1863 il romanzo che lo rese celebre: "Cinq semaines en ballon", "Cinque settimane in pallone", è il primo romanzo di quel ciclo celeberrimo di racconti che va sotto il nome di "Viaggi straordinari". 
Verne fu figlio del suo tempo, visse il clima delle magnifche sorti e progressive del positivismo riponendo un'ottimistica speranza nelle capacità della scienza, grande divulgatore delle scoperte tecnologiche ne anticipò in larga misura la realizzazione. E' sorprendente notare che prima di lui solo Leonardo da Vinci immaginò cose che poi gli uomini realizzarono, forse traendo spunto proprio dalle sue intuizioni. 
I suoi romanzi più noti sono: Ventimila leghe sotto i mari, Il giro del mondo in ottanta giorni, L'isola misteriosa e  Michele Strogoff. 


L'ANGOLO PERSONALE 

L'isola misteriosa è un romanzo che piace per la sua carica di suggestione che possiamo accostare a quell'altro strardinario racconto che è "Robinson Crusoe"
Pur non essendoci analogie tra le due storie, il tema del viaggio e dell'incerto è presente in entrambi, se Robinson approda dopo un naufragio in un isola anch'essa misteriosa e si adatta alla nuova vita, i protagonisti del romanzo di Verne sono anch'essi dei sopravissuti che finiscono in un isola altrettanto misteriosa (e deserta), il mezzo di approdo in questo caso non è però un'imbarcazione ma una "navicella" aerostatica. Sono le 4 del pomeriggio del 23 marzo 1865, il pallone va in avaria in seguito ad una terribile tempesta, la mongolfiera incomincia a perdere quota fino a cadere nei pressi di un'isoletta solitaria. 

Alla ricerca di un luogo in cui trovare ricovero, i "sopravissuti" si dedicano a soddisfare la prima esigenza di qualsiasi uomo: costruirsi un rifugio. Questo è il punto comune ad entrambi i romanzi: la rierca di un luogo sicuro dove poter costruire una casa dove poter abitare e dove poter mettere le cose salvate dal naufragio, cose preziossime per affrontare la nuova vita. 
Le due materie prime essenziali per costruire la casa sono la pietra e il legno degli alberi, ma ecco la differenza tra il Robinson Crusoe di Stevenson e il gruppo di sopravvisuti raccontati da Verne: il primo ritorna allo stato primitivo ed utilizza solo le materie prime (pietra e legno) per costruirsi gli utensili di cui ha bisogno, i secondi invece riproducono la tecnologia di cui hanno bisogno servendosi di tutte le loro conoscenze. Un ulteriore differenza risiede nel fatto che "la casa" è in realtà una grotta, esiste di già e il legno serve per costruire gli utensili. 
Il problema dell'illuminazione, ad esempio, venne risolto fabbricando delle steariche con del grasso, ma sono innumerevoli le soluzioni "tecnologiche" trovate dal gruppo dei naufraghi per affrontare la vita nell'isola. E' curioso che Verne -grande anticipatore del futuro-descrive nel romanzo un vero e proprio telefono, è probabile che fosse venuto a conoscenza dell'invenzione di Antonio Meucci che costruì il primo apparecchio nel 1871, mentre "L'isola misteriosa" venne pubblicata per la prima volta nel 1874. 

Troviamo affascinante la figura dell'ingegnere Cyrus Smith che come Verne aveva un sincero entusiasmo per le conoscenze scientifiche e per la scienza. Cyrus Smith era un americano originario del Massachusetts il quale aveva la cultura di uno scienziato e nel contempo si era formato da sè lavorando con martello e piccone. Uomo di fine intelletto e di grande manualità rappresenta l'ideale di uomo concepito da Verne. Non solo grande mente dalle fervide intuizioni ma anche un uomo in possesso di grande abilità manuale in grado di realizzare ogni cosa. 
Un altro personaggio che anima la storia è Ayrton, un personaggio che viene trovato nell'isola dove vive allo stato primitivo, dopo averlo incontrato, lo portano nel loro rifugio, lo lavano, gli tagliano i capelli e le unghie e gli fanno recuperare la memoria. Ayrton racconta di essere stato abbandonato nell'isola perchè era un ladro, ma in realtà è un perseguitato che non ha niente a che fare con la figura del criminale; in un certo senso ispira tenerezza e il lettore non può che provare simpatia per questo uomo regredito allo stato selvaggio, una sorta di barbone dell'isola che non ha più una vita sociale. 

La mente fertile di Verne descrive una società nella quale , all'interno dell'isola inispitale, ognuno svolge un ruolo funzionale agli altri, niente si perde, ogni conoscenza è utile, ogni componente della compagnia si rivela essenziale alla vita degli altri anche nelle cose più semplici; ad esempio Pencroff, uno dei membri della compagnia, conosceva 52 modi di cuocere le uova. 
I naufraghi -scrive Verne- "non dovevano aspettarsi nulla se non da se stessi", essere dei risolutori anche nelle circostanze estreme è l'insegnamento di questo romanzo che più che un romanzo di avventure è un vero e proprio manuale di sopravvivenza. 





In conclusione consiglio la lettura del libro a tutti a prescindere dall'età, piuttosto che vedere improponibili "isole dei famosi" questo bellissimo romanzo di Jules Verne stimola la fantasia e resterà sempre famoso ad imperitura memoria, mentre i "famosi" e meno famosi cadranno nell'oblio.

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