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3 giugno 2012 7 03 /06 /giugno /2012 04:29

storie-e-storiette-tascabili.jpg

 

 

 

Luigi Malerba è un favolista moderno che sembra continuare la tradizione di Esopo e di La Fontaine, è stato autore di molti romanzi e racconti dove viene privilegiato lo stile satirico ma anche di molti testi per la televisione e di volumi di filastrocche e favole per bambini.

Di particolare interesse il volumetto "Storiette e storiette tascabili" dove troviamo una raccolta di favole basate sull'equivoco e sull'inganno al punto da cagionare situazioni assurde o comiche.

Divertente è tra le altre storie quella de "Il cane di Giuseppone":

Giuseppone aveva un cane al quale non dava mai da mangiare e questo cane ogni tanto acchiappava una gallina e se la mangiava dietro una siepe. Per impedire al cane di mangiare le galline, Giuseppone prese il cane e lo infilò dentro a un sacco pieno di penne di galline e bastonò il cane. Il povero cane pensò che fossero le penne a fargli male e iniziò ad avere paura delle galline.
Giuseppone pensò di aver raggiunto lo scopo ma ecco il paradosso:

"Le galline, quando si accorsero che il cane aveva paura di loro, si divertivano a corrergli dietro e a dargli delle beccate nel sedere e credettero di essere così feroci che si ribellarono anche a Giuseppone e gli correvano dietro e gli davano delle gran beccate nel sedere anche a lui" 

"Storie e storiette tascabili è un libretto che può essere regalato ai bambini o acquistato  per leggere delle favole moderne che si concludono  sempre con  una morale, una morale semplice...ma molto profonda.

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Published by Caiomario - in Libri
28 maggio 2012 1 28 /05 /maggio /2012 06:47

La-passione.-Via-Crucis-copia-1.png

E' forse uno dei libri più belli di Mario Luzi che ha scritto il testo in occasione del venerdì santo del 1999; più che un testo letterario è un testo di lirica altissima che si snoda attraverso dei versi liberi di rarissima intensità.
poetica.

In particolare queste meditazioni sulla Via Crucis rappresentano nel loro insieme un lungo componimento dove il singolo quadro rappresenta un momento della passione di Cristo.

Con un azzardo dall'esito ben riuscito, Luzi si cala nell'animo di Cristo e rivive i vari momenti della Passione dalla preghiera all'Orto degli Ulivi sino al momento di massima intensità rappresentato dalla salita che porta al Calvario.

Qual'è la caratteristica principale dello stile narrativo del libro? E' uno scrivere semplice, pratico ma non privo di poesia che ha uno specifico intento: quello di essere compreso dal grande pubblico ma soprattutto dalle tantissime persone che seguono la processione del Venerdì Santo.

I versi de "La passione. Via Crucis al Colosseo", furono letti durante la processione da un attore, leggiamo uno stralcio di queste meditazioni:

Forse, Padre mio, mi sono affezionato alla terra più del giusto.
E' bella e terribile la terra.
Io ci sono nato quasi di nascosto,
ci sono cresciuto e fatto adulto
in un suo angolo quieto
tra gente povera, amabile e esecrabile................................


     

Commento

E' Gesù che parla durante la Passione e si rivolge a Dio chiamandolo Padre mio e ripercorrendo le tappe della sua esistenza ed esprime il suo stato d'animo da cui traspare tutta la tristezza per dover abbandonare una vita terrena piena di gioia ma anche di tanto dolore e alla quale, da uomo, si è legato al punto da esclamare con passione "è bella e terribile la terra".
Ricorda di essere nato senza scalpore nè clamori, "quasi di nascosto" tra gente povera e nel contempo gioiosa ed esecrabile dove Luzi non cede alla retorica che scivola nell'identificazione del povero e buono ma anzi il povero può anche essere degno di disprezzo perchè non necessariamente ad una condizione sociale corrisponde anche una nobiltà d'animo e un'onestà interiore.

Ma qual'è il Cristo che ci rappresenta Luzi? E' un Cristo da cui traspare anche il momento doloroso del distacco, un Cristo da cui trapela la contraddizione e che esclamerà:

Congedarmi mi dà angoscia più del giusto.
Sono stato troppo uomo tra gli uomini o troppo poco?
Il terrestre l'ho fatto troppo mio o l'ho rifuggito?
La nostalgia di Te è stata continua e forte,
tra non molto saremo ricongiunti nella sede eterna.

Un libro che consiglio vivamente perchè riesce ad infondere un forte sentimento religioso seppur vissuto nella problematicità.

     

    Riflessioni  profonde vissute e sentite in un momento di fortissimo dolore

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Published by Caiomario - in Libri
18 maggio 2012 5 18 /05 /maggio /2012 17:46




Il romanzo è ambientato nella Firenze di fine Ottocento, nel periodo delle prime lotte operaie. Il protagonista, Metello Salani, rimasto orfano dei genitori, è allevato in campagna nella casa della nutrice. 

Quando è poco più che adolescente decide di ritornare a Firenze dove trova lavoro dapprima come uomo di fatica e poi come muratore. 

Fa il servizio militare, ha le prime esperienze di vita, matura a poco a poco un carattere fiero e indipendente che lo porta a propugnare idee nuove volte alla riaffermazione della giustizia. 

Ed ecco che ad un certo punto le idee di giustizia sociale si intrecciano con le vicende personali quando conosce e sposa la figlia di un compagno anarchico: Ersilia. 

Con Ersilia, Metello affronta tutte le privazioni dovute a uno sciopero, conseguenza delle prime lotte operaie durante le quali, Metello si distingue per essere uno dei più leader più ascoltati e seguiti e riuscendo ad ottenere per sè e per i compagni, i primi aumenti salariali. 

Metello.jpg

E' un romanzo che può essere definito come il più fiorentino tra quelli della letteratura italiana perchè in "Metello" Firenze è sempre sullo sfondo come lo è il fiume Arno dove il padre svolgeva il mestiere di renaiolo, un mestiere antico della Firenze passata che consisteva nello scavare la rena e trasportarla verso i luoghi di raccolta.

Pratolini racconta la Firenze di piazza Mercato con tutte le sue le vicende e i suoi personaggi: i facchini del mercato vengono descritti con la loro ruvidezza, ma anche con la loro enorme generosità; grazie a Pratolini i vecchi quartieri fiorentini sono fissati per sempre nel tempo diventando eterni assurgendo  a immagine di una città che nei secoli è sempre riuscita a non perdere la fisionomia che l'ha resa celebre nel mondo

Metello è un  romanzo dove l'ideologia socialista vicina alle classi proletarie è sempre sullo sfondo ma è anche un racconto in cui è fortemente presente il filone introspettivo: i primi amori di Metello, i suoi rapporti con Ersilia e infine la sua avventura extraconiugale dalla quale esce un uomo nuovo che riece ad affrontare le difficoltà della vita. 

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Published by Caiomario - in Libri
10 maggio 2012 4 10 /05 /maggio /2012 04:38

UNA CHIAVE DI LETTURA 

C'è un misterioso segreto che affonda le radici in ognuno di noi, un segreto impalpabile, intuito ed "inseparabile" e che si intreccia con il nostro presente: è il legame con i nostri affetti. 
La memoria del nostro passato personale e familiare ci plasma e si sovrappone alla realtà quotidiana e costituisce la logica del nostro vivere, dei nostri valori condivisi e convissuti. 
Noi siamo gli unici custodi di quell'intreccio fatto di cose inspiegabili, di fantasie "inseparabili" che ci fa scoprire tradimenti, bugie e amore. 
Non possiamo neanche scegliere quello che vogliamo ricordare, ricordiamo e basta anche senza capire mentre rincorriamo giorno dopo giorno ciò che è quell'altro di noi che non c'è più. Ecco le nostre emozioni più scure si nascondono nel profondo della nostra anima e si mischiano al nostro istinto di sopravvivenza così ricco di umanità anche quando egoisticamente arriva alle più grandi aberrazioni. E l'amore può essere un'aberrazione quando diventa esclusivo e quando nella sua accezione più "animale" diventa amore di sé eccessivo, assurdo, un amore che si realizza in modi a volte impensabili fino a quando riusciamo a rimetterlo in discussione tra amarezze, sconfitte e discussioni. 
Scoprire i sentimenti che abbiamo sempre sfuggito è forse il prezzo più terribile che dobbiamo pagare.Ma spesso basta ascoltare un "ti voglio bene" pronunciato con semplicità per ripagarci di tutto ciò che la vita ci nega. 
inseparabile.jpg
UN LIBRO ATTUALE, FORTE CHE ARRIVA DRITTO ALL'ANIMA 

"Inseparabile" di Lalla Romano è un libro che mi piacerebbe definire con una sola parola "notevolissimo" e poi invitare a leggerlo. Nell'opera della scrittrice piemontese vi è una "lieve" tensione che si insinua all'interno della nostra anima, una tensione che riesce a scavare e che, arrivando al cuore, ci pone degli interrogativi. 
Il nostro essere figli e genitori o adulti ci porta a scoprire i segni del rapporto che abbiamo con ognuna di queste situazioni a seconda del periodo in cui ci troviamo nella nostra esistenza; così quando siamo figli guardiamo i nostri genitori con gli occhi di chi è spettatore e non sa spiegare, quando invece diventiamo genitori, adulti e vecchi tentiamo di legare le nostre memorie familiari arricchendole con le nostre speranze attuali. 

Nel romanzo si intrecciano diversi piani: quello della nonna, un io narrante che getta turbamento per la sua capacità di raccontare con precisione ed essenzialità, quella del padre Piero, quello della madre e quella di Emiliano, un bambino che diventa il coagulo di tutte le aspettative familiari. 
Nonostante però l'amorevole aspettativa di un legame che diventa "inseparabile" e che esercita un discreto fascino, scaturiscono molti interrogativi e non è la figura della nonna che li pone ma è il lettore stesso a farsene carico. Quando la nonna parlando del nipotino lo definisce un "alimento, una piccola miniera, di fantasia" e lo mette in parallelo con Piero piccolo suo figlio, il padre di Emiliano, emerge tutto quel complesso di aspettative che ognuno di noi sperimenta quando in un bambino viene riposta la nostra speranza di un futuro migliore. 
E' questo un sentimento che ci portiamo dietro per sempre e che fa parte della naturale "vocazione" dell'essere umano a riporre nei figli e nei nipoti le speranze di un futuro che dia il meglio che ci si possa aspettare. A questo punto si entra nella dimensione mitica, fantastica dove non si riesce più a distinguere la realtà dal desiderio e dove capire diventa impossibile. 
La figura di Emiliano è quella di un bambino normalissimo, probabilmente viziatissimo che "forse" vive queste eccessive attenzioni che poi sfoga in comportamenti inquieti a scuola al punto da avere un pessimo voto in condotta. Questa sua "stranezza" può essere interpretata in diversi modi, ma la Romano non è incline allo psicologismo spicciolo, si limita a raccontare, il commento è a margine ed è quello del lettore che ha spesso la percezione di ritrovare fatti, sfumature e situazione della propria esistenza. 
Emiliano il bambino "amante del silenzio", irrequieto a scuola non può essere in grado di distinguere il suo mondo da quello degli adulti. 

E' difficile arrivare ad una conclusione ma è questa la bellezza del libro, se propendiamo verso l'interpretazione di una storia commovente daremo al racconto una chiave di lettura sbagliata, ma se ci identifichiamo con la figura della nonna che racconta le vicende, arriviamo alla conclusione che con un figlio o con un nipote si può instaurare un rapporto emotivamente intenso ed unico che trova nel racconto il suo momento più alto nell'episodio della dichiarazione di amore del nipote: Emiliano rivolgendosi alla nonna le dice "Ti voglio bene, sai nonna"......basta solo questo per saper ascoltare quell'insieme di emozioni che ci fanno tacere ed amare e che rendono superfluo il capire. 


"Inseparabile" è un'altra perla di Lalla Romano, grande penna e degnissima rappresentante della nostra migliore letteratura. Libro consigliato e...senza difetti


 

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Published by Caiomario - in Libri
29 aprile 2012 7 29 /04 /aprile /2012 06:47
Fenomenologia dell'indolente semiprofessionale

incubo di conoscenti, amici, affini e collaterali...............

Dopo il feudatario, il mercante, l'uomo di corte, il borghese, il rivoluzionario,
lo yuppy,era fatale che alla ribalta della storia europea si presentasse lo"scazzato", il personaggio emergente di questo inizio millennio. La sua missione storica: farsi gli scazzi suoi...........

...così recita la presentazione presente nel retro copertina del libro, un best seller che non conosce crisi di vendite, frutto dell'arguzia di Alessandra Appiano che tra il serio e il faceto passa in rassegna tipi umani, stati d'animo riconducibili a quello che nel linguaggio comune viene chiamato scazzo.

Neologismo di inequivocabile origine, che senza alfa privativa indica lo stato d'animo di chi è in potenza ma appare impotente dinanzi alle circostanze della
vita e annoiandosi cede all'indifferenza

che non è da non confondere con quella gli indifferenti di Moravia, Sartre e dintorni.

L'esordio del libro contiene a questo proposito una precisazione che libera il campo da qualsiasi equivoco:

Stati d'animo scazzati si possono nascondere ovunque e in chiunque. Il tipo
scazzato autentico però, quello che vive lo scazzo in modo consdapevole, è invece un animale raro, intelligente e feroce. ( p.11)

La Milano da bere

In questa fenomenologia arguta e intelligente per capire con chi abbiamo a che fare, dobbiamo necessariamente riportare l'orologio della storia agli inizi degli anni Ottanta quando si viveva un clima che aveva contagiato tutto e tutti: è il periodo dello yuppismo.
Un periodo dove tra nani e ballerine, tra riviste come Capital che ritraevano i rampanti di turno, trionfava la filosofia del tutto e subito.

Erano gli anni dell'apoteosi dei manuali che indicavano la strada della felicità, la scorciatoia per fregare tutti: chiesa, nobili e terzo stato ( espressione presente nella canzone di Francesco Guccini Il sociale e l'antisociale ).
Ma erano anche gli anni che nel cinema la figura di Gordon Gekko, magnificamente interpretata da Michael Douglas nel film Wall Street, assurgeva a idolo del rampantismo e similari.

Nasce il mito del:

"Come vivere per cento anni felici", "Come diventare ricchi senza fare nulla""Come non invecchiare mai ( titoli ricordati dalla Appiano).

E' l'epoca del nulla, delle rapine legali, delle truffe piramidali, dei primi telefonini, di coloro i quali volevano diventare top manager ( ricordate la parodia interpretata da Sergio Vastano?) di quelli che si distinguevano per gli abiti firmati e per frequentare le località più in..., era nato uno stile, si preparava la botta che avrebbe bevuto tutto..scolato anche l'ultimo goccio.


Emuli di Gordon Gekko i borsisti si preparavano a borseggiare, il parco buoi degli imbecilli elevati a sistema era pronto per andare al macello..sappiamo come è finita!
La favola di Ali Babà e i quaranta ladroni ha un finale certo, chi viveva allora questa euforia non poteva minimamente immaginare la squallida fine che avremmo fatto ( vil razza dannata)...l'avidità avrebbe divorato se stessa.

....nasce il contrario dello yuppy

Possiamo anche trattare male la natura, il mercato etc..ma questi organismi viventi ( perchè tali sono) reagiscono e sono in grado di fornire un correttivo, è l'adattamento alle circostanze, la darwiniana selezione naturale.

Dal ventre putrido dell'ipocrisia ottimistica a tutti i costi nasce il tipo scazzato e vediamo come Alessandra Appiano lo tratteggia:

Il tipo scazzato autentico ha costanza, grinta, memoria e determinazione, e tutte le arti lecite per deprimersi vengono da lui usate senza remore. Non dimentica
mai di farsi tutte le mattine al risveglio quelle domande che rovinerebbero la vita
a chiunque, nè di memorizzare con accanimento tutti i disgusti, le disillusioni e
le fregature capitategli, nè di arrabbiarsi ferocemente per le schifezze della vita.

Spesso non sposandosi e non accompagnandosi con un suo simile-osserva la Appiano- lo scazzato sembrerebbe che stia correndo verso un precipizio che porterà all'estinzione del suo genere, ma non è così perchè il mostro si rirpoduce nelle situazioni più impreviste e lo si vede già quando piccolo mostra atteggiamenti da scazzato:

Quando meno te lo aspetti, dai genitori più terrificanti, dalle situazioni più squallide, di una tetra noia serenizzata, lui il bimbo scazzato si erge inconfondibile ( pag.14 ).

Il bimbo scazzato è compulsivo, urla ha sempre in mano un aggeggio della spazzatura elettronica, piange...poverino, urla poverino, è al centro dell'attenzione, non sa camminare da solo, è circondato da nonni, parenti e affini, genitori premurosi, è stato nevrotizzato:

Ovviamente detesta tutto quello che una famigliola felice fa, con un avversione incontrollata e incontrollabile per i picnic campagnoli, per i Natali festaioli e soprattutto per quel terribile circo equestre dove lo portano perchè si diverta
e dove lui inevitabilmente si deprime a morte. (pag.14)


Quando diventa adolescente lo troviamo perdere il suo tempo tra spazzatura high tech, niente lo stimola, nè letture, nè film, nè sensazioni nuove, salvo che strumentalizzare i grandi della depressione a suo uso e consumo: legge Leopardi ma non è Leopardi, usa Sartre ma non lo comprende, pensa di essere un hacker ma si stanca anche del computer per poi passare al touchscreen. è sempre più compulsivo, la sua schizofrenia raggiunge il parossisimo quando si rende conto del suo nulla:

...il poeta o il musicista sanno trarre spunto per produrre le loro opere, mentre lo
scazzato non produce assolutamente niente, si strazia e basta: in questa mancanza di strumentalizzazione sta la sua nobiltà (pag.15)

nel suo produrre nulla, l'individuo del nuovo millennio è stanco, non ha scopi se non quello di tormentare chi gli sta accanto, tediando ad ogni istante gli animi allegri, provocando scompiglio, è un untore dell'ansia, è un depresso semiprofessionale a cui la valeriana non non fa nessun effetto: è uso consumare benzodiazepine ( non uso il nome commerciale del famosissimo farmaco).

Il nostro ha bisogno di ansiolitici, di antidepressivi e spesso di eccitanti che lo fanno salire su e scendere giuù, salire su e scendere giù......................

Le cause dello scazzo secondo la Appiano (e secondo me)

 

Bisogna rendere merito all'autrice che in questa fenomenologia, non usa mai uno stile letterario greve e noioso anzi spesso si sorride, quando si legge il libro, perchè la descrizione e le considerazioni non scadono mai nel gergo paramedicale, nello psicologismo da talk show pomeridiano, nel sociologismo da psichiatri presenzialisti.

E anche quando analizza le cause, lo fa provocando nel lettore il sorriso!!!

Ma quali sono queste cause? Sono molteplici:

Le ambizioni deluse: volevo diventare un cantante ma sai......volevo fare una cosa ma gli altri......

Mancanza di novità (condivido, condivido): tutto è riprodubcibile, tutto è fotocopiabile, non c'è più il gusto di plasmare, di creare:

Tutto è ripetuto e ripetibile, tutto è fotocopiato, tutto in fondo è scontato e imitabile
e a ben pensarci, di pochissima importanza. Ogni scazzato vive nel continuo timore di non essere altro che un banalissimo scazzato come tanti. (pag.16)

E' vero!!! La clonazione è la filosofia dello scazzato e nello stesso tempo la causa della sua perdizione!!

Origini della filosofia dello scazzo

L'autrice individua il centro di questo stile di vita nell'incoerenza:

in psicopatologia, disturbo della personalità,tipico
della schizofrenia,caratterizzato dall'insorgenza di un processo ideativo che
si sviluppa fuori dei normali rapporti logici

lo scazzato può essere prolisso e poi cadere nel mutismo, dice tutto e il contrario di tutto, è censore e libertino, ha sempre ragione, nessuno lo può contraddire, è allegra comare e nello stesso tempo il suo umore sembra condizionato dal mestruo delle sensazioni, non ha capo nè coda, è infantile il suo motto è:

La vita è mia e me lo rovino io, quando lo dico io e comunque a modo mio. 
(pag 18)

 

un elenco che non finisce mai

 

Divertente l'elenco che la Appiano fa dei vari tipi di scazzato e di scazzate - non volendo rivelare il contenuto per non togliere il gusto della lettura mi limiterò a dire che non manca nessuno proprio nessuno:

L'attrice....sempre presente tra tronisti e bamboccioni, spesso cubista pentita incline a cene con i potenti di truno, un pò escort un pò Marilina ( brutta copia dell'originale Marylin) anche Marylin aveva cominciato così (pag.29).

La fotomodella fa tutti i concorsi...dalla Miss salsiccia alle selezioni per Miss sederino d'oro, crede nei book fotografici e investe un patrimonio ( da dove vengono i soldi?), lei precaria è sempre griffata.

Il critico, pontifica su tutto e da giudizi su ogni cosa, non è Sgarbi ma vorrebbe essere come lui, appioppa stroncature a tutti...poverino!!!!!

...e poi l'artista, il commercialista, la casalinga, l'analista, il sic. ( leggere chi è il sic)

 

Le manie...

 

Nella sua vita indolente lo scazzato che vorrebbe essere tronista ha manie oroscopeggianti ( chi vuole intendere, intenda), ama i trattamenti estetici e la depilazione integrale ( l'esser glabro è il suo desiderio), rincorre le imbonitrici professionali delle televendite.

L'atteggiamento degli scazzati difronte alle ciarlatanerie estetiche oscilla fra
il massimo distacco e la massima adesione: come sempre difronte a qualsiasi
scempiaggine diffusa e consumata. (pag.75)


...e così è per l'automobile veicolo di scazzo dentro la quale e nella quale si bivacca inebetiti nello scazzo, nelle file ai semafori verdi, ipnotizzati dai cafoncelli
che imperturbabilmente si scaccolano il naso, oscurati dalle multe stratificate
sui parabrezza............ ( pag.77)

 

..e infine le fidanzate degli scazzati

 

Dalla tardona alla donna topolina, dalla donna cocker alla pentita, da quelle che si vogliono sistemare alle tipologie incrociate ( fertiltardona e dintorni).

un anticipo:

LA FATALTARDONA: FATALE+TARDONA. Non è un coleottero, anche se preferisce abiti con ali da farfalla al posto delle maniche ( il suo mito vivente è la Carrà) (pag.117)

 

Finale con brio

 

Ho acquistato il libro più che altro attirato dal titolo e nel mio continuo vagare tra librerie e biblioteche ho scoperto un libro che pensavo fosse nuovo , i classici ormai mi stanno stretti a patto che non ne riesca a cogliere aspetti nuovi; questo è uno dei libri che ho letto più velocemente e divertendomi ad ogni pagina, non conoscevo l'autrice e solo dopo ho appreso che il libro va in giro dal 1992 e che in quell'anno venne pubblicato nella collana che reca il titolo Biblioteca Umoristica Mondadori.

Della stessa autrice segnalo un altro libro Sola? che non ho letto ma che mi procurerò presto...

Il libro l'ho acquistato con uno sconto del 25% rispetto al prezzo di copertina (Euro 8,80) grazie a una campagna promozionale presente in tutte le librerie Mondadori.


Alessandra Appiano
La vita è mia e me la rovino io!
Oscar Mondadori
Arnoldo Mondadori Editore
pag.134
Euro 8,80


Consigliato.

 

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Published by Caiomario - in Libri
21 aprile 2012 6 21 /04 /aprile /2012 07:02

Diamanti

ANALOGIE CON IL PRESENTE

 

Nei giorni delle grandi nevicate del mese di febbraio 2012 mi è venuto in mente un libro di Ignazio Silone che sembra "calzare a pennello" per commentare non solo l'attualità ma anche quello che ci differenzia dalle generazioni passate. 
Non voglio infierire parlando dei piagnistei da isteria collettiva che hanno paralizzato il paese  confrontando tale comportamento con la fierezza delle antiche generazioni contadine abruzzesi a cui Ignazio Silone apparteneva. 

Eppure ci sarebbe da dire molto su questa società italiana che si arrende prima di combattere ....per questioni di neve. 
A Roma sono rimasti a casa migliaia di dipendenti pubblici causa la neve, c'è da pensare e non si può gioire di questo,anche per questo siamo bersaglio di tante ironie sul nostro modo di affrontare le "emergenze". Silone raccontava in "Fontamara" la rivolta dei contadini della Marsica contro i grandi proprietari, ho l'impressione che quei "cafoni" dei romanzi del grande scrittore abruzzese fossero di un'altra tempra. 
Così mi è venuto in mente anche quell'altro grande romanzo di Corrado Alvaro intitolato "Gente di Aspromonte", gente dura, pronta ad affrontare qualsiasi avversità e che rappresenta la trasfigurazione mitico-simbolica delle antiche genti italiche. 


"Fontamara" venne pubblicata per la prima volta nel 1933, "Il seme sotto la neve" nel 1941, nel 1933 quando Silone concepì la prima opera il fascismo era nel pieno del consenso, nel 1941 con "Il seme sotto la neve" la guerra era già scoppiata da due anni e incominciavano a serpeggiare i primi dissensi tra la popolazione italiana (che in larga maggioranza aveva approvato la scellerata idea di entrare in guerra e per di più senza alcuna preparazione tecnica e militare). In questi otto anni che separano la pubblicazione delle due opere Silone non aveva dimenticato le sue origini, in mezzo c'è un'opera che fa da ponte a quelle citate nelle righe precedenti: "Pane e Vino". Partiamo da lì. 

LA RICERCA DELLA LIBERTA' E LA NEVE CHE CADE..... 

In "Il seme sotto la neve" si ritrova quel Pietro Spina di "Pane e Vino" che è il ritratto (per certi aspetti) dello stesso Silone che fu un dirigente del partito comunista (anche se ne uscì nel 1930). Ma cosa c'entra la neve? La rappresentazione che ne dà Silone è suggestiva: il viaggio di Pietro Spina è un viaggio dello spirito prima di essere un viaggio vero e proprio e la neve è il simbolo di ciò che copre e protegge prima che la natura riprenda a fruttificare. 
L'autore riesce a cogliere appieno la scissione spirituale che affligge Pietro Spina che da una parte "non rinnega le sue origini" contadine, ma dall'altra parte non vuole piegarsi alle logiche della sua famiglia che preferirebbe per lui l'abiura del suo credo politico per questioni di opportunità e di "sopravvivenza". 
Pietro non vuole dipendere dalla volontà unilaterale dello Stato fascista, ma è proprio questa sua ricerca di libertà e il suo moto di ribellione interiore che sono la causa dei contrasti familiari. 

Questo è un punto importante per capire le nostre origini e per comprendere molti comportamenti collettivi: in tutte le comunità contadine (da cui la maggior parte della popolazione italiana proviene) la povertà era la compagna inseparabile di tutta la vita; spesso questi contadini vivevano la condizione della mezzadria e le terre che gli davano il sostentamento erano o dei grandi proprietari terrieri o della Chiesa. 
Albergava in loro il senso della rivolta che però non si concretizzava mai in veri e propri moti rivoluzionari, la miseria e la necessità di fare fronte al cibo li obbligava ad accettare lo sfruttamento e la sottomissione. 

Pietro va in controtendenza a questa abitudine tipica di quelle genti, il suo senso di ribellione lo porta a non scendere a compromessi; ecco allora che entra in scena il seme sotto la neve. 
Dice un detto contadino "A gennaio tanta pioggia e poca neve fa male agli alberi" vale a dire la neve serve; Pietro da buon contadino seppellisce un seme sotto la neve e attende che germini.                                                                                     il-seme-sotto-la-neve.jpg
 

 

 

La neve lo protegge, lo "tiene in caldo" e lui attende con pazienza che la piantina cresca, è un'attesa che rispetta i tempi naturali e che non "maledice" la neve; la neve è fonte stessa della vita, consente al seme di rimanere umido in attesa della vita che presto non tarderà a venire. 
E' come se in questa condizione apparentemente infelice, la vita metta radici. 
Così Pietro attende con speranza la nascita del germoglio, nonostante i pericoli che sta correndo che sono gli stessi della natura. E così fanno da sempre i contadini che quando nevica, controllano gli impianti di copertura e controllano i semi, preparano i terricci.....nonostante la neve. 

Grande romanzo di Silone, fra i meno conosciuti, da leggere per non avere paura della neve e di tutti gli uomini della neve che vogliono privarci della libertà. 

Dobbiamo crescere tutti un po' e smettere di vedere ogni cosa come un'emergenza, ma i finlandesi, gli svedesi, i norvegesi, i danesi, i canadesi etc etc.....cosa dovrebbero fare quando nevica? 

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Published by Caiomario - in Libri
19 aprile 2012 4 19 /04 /aprile /2012 15:17

La storia di "Todo Modo", pubblicato per la prima volta nel 1974 dalla casa editrice Einaudi, si sviluppa all'interno dell'eremo di Zafer in Sicilia nel periodo degli anni Settanta.
E' un giallo senza conclusione che presenta una vicenda amara dai contenuti torbidi e ambigui in cui vengono messi a nudo gli interessi privati o pubblici, la vicenda sembra quella di un passato definitivamente finito e invece....

TRAMA E CONTENUTI DEL LIBRO


Il personaggio che racconta la storia, capita casualmente nell' eremo di Zafer, attratto da un segnale stradale, mentre sta facendo un giro in macchina e qui, con grande sopresa, scopre di essere entrato in contatto con un mondo completamente diverso da quello che sembrava essere da una prima impressione.
Il pittore scopre di essere capitato in un luogo che è al centro di uno scandalo per una speculazione urbanistica. in quanto si era deciso di costruire all'interno una struttura di lusso alberghiera.
Il pittore si rende presto conto che questo centro è frequentato da personaggi altolocati, del mondo della politica e della finanza che frequentano la struttura, con la motivazione apparente, di praticare degli esercizi spirituali.
In realtà all'interno dell'eremo-albergo questi personaggi si ritirano non solo per coltivare relazioni ed interessi d'affari tra di loro, ma anche per incontri d'amore, il luogo è infatti frequentato da giovani e belle donne.
Tutte queste tresche avvengono grazie all'accondiscendenza e alla copertura del direttore che è un sacerdote, Don Gaetano.
La situazione al'interno dell'eremo precipita improvvisamente a seguito della morte inaspettata dell'onorevole Michelozzi assassinato poco prima di assumere la direzione di un importante ente statale.
L'autorità di pubblica sicurezza, a questo punto, indaga mentre si affaccia un testimone l'avvocato Voltrano che misteriosamente viene assassinato subito dopo che si è ipotizzato che l'onorevole Michelozzi sarebbe stato al centro di finanziamenti illeciti.
Dopo questi due omicidi, accade un altro omicidio eccellente: viene ucciso il direttore dell'albergo, Don Gaetano.
Nonostante le indagini del commissario e del procuratore della Repubblica, il colpevole dei tre omicidi rimane sconosciuto. 



Il romanzo appartiene al periodo in cui Sciascia porta avanti un'analisi sulle situazione dell'Italia a lui contemporanea in cui gli argomenti di fondo riguardano le vicende politiche di quegli anni, presentate attraverso il pamphlet, per ricostruire fatti appartenenti alla cronaca politica o a fatti storici del passato.

Il titolo "Todo modo" deriva da una frase che Ignazio de Loyola, il fondatore della Compagnia di Gesù ( ordine dei Gesuiti), scrisse nell'opera "Esercizi Spirituali" e la scelta della frase riconduce immediatamente ad un mondo quello della Chiesa e dei personaggi politici del partito cattolico dominante, legati da un filo doppio in cui l'intreccio misterioso del potere rivela una dimensione inquietante e ambigua.
In questa sorta di apologo del potere, Sciascia utilizza il giallo, la struttura dell'inchiesta per lanciare un vero e proprio atto d'accusa contro la società a lui contemporanea dominata da una forte corruzione e nello stesso tempo avidamente corruttrice.
Il genere del giallo è solo un pretesto letterario per ricondurre il lettore alla sfera della coscienza individuale, della responsabilità del singolo che spesso è assalito dal dubbio, dalla perplessità ogni qual volta si presenta un aut-aut in cui bisogna ricostruire i propri punti di riferimento valoriali decidendo che cosa è il bene e che cosa è il male.
Ancora una volta Sciascia indaga sul concetto di giustizia, partendo dal fatto di cronaca per poter parlare delle trame di potere che rendono lo stesso sistema democratico disponibile, debole e nello stesso tempo fortemente condizionato.
Attuale più che mai il tema dell' estraneità della politica e del potere dalla vita dei cittadini, un tema che si mescola a quello del complotto, comune, tra l'altro, a molti sistemi democratici occidentali in cui il problema della trasparenza della democrazia è avvertito da quelle componenti della società civile ( spesso minoritarie) che credono nei valori della giustizia e nell'onestà.


todo-modo.jpg

Un altro bel libro di Sciascia, ancora oggi  molto attuale, in cui si affronta il problema della "certezza" della giustizia.

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17 aprile 2012 2 17 /04 /aprile /2012 04:40

Il partigiano Johnny è l'opera più importante e controversa del ciclo fenogliano dove protagonisti sono sempre degli eroi che vivono con passione la loro esistenza determinata e condizionata dagli eventi storici che fanno da sfondo ad ogni singola storia. 
La capacità di Fenoglio è stata quella di raccontare personaggi a volte indecifrabili ma veri, uomini che vissero il loro individualismo come scelta esistenziale portandola alle estreme conseguenze. 
La datazione de "Il partigiano Johnny" costituisce ancora oggi una questione irrisolta, secondo alcuni studiosi il romanzo sarebbe stato scritto nella seconda metà degli anni '40, secondo altri invece il romanzo sarebbe stato redatto nel biennio '56/'58. Per il lettore è una questione di poca importanza, ma per chi si occupa dello studio dell'intera opera fenogliana la questione assume una notevole rilevanza in quanto la prima redazione de "In partigiano Johnny" venne scritta in lingua inglese e da quella prima stesura venne poi estratto il materiale che andrà a costituire altri due grandi romanzi del ciclo fenogliano." Primavera di bellezza" e "Una questione privata". I termini della controversia sono quindi noti, ma a tutt'oggi non sono stati sciolti i dubbi legati alla questione della datazione. 


IL LINGUAGGIO UTILIZZATO DA FENOGLIO 

La maestria e la fervida inventiva nel saper creare "parole nuove" caratterizzano tutta l'opera, sin dalla parta iniziale del romanzo, il lettore si imbatterà nei famosi neologismi fenogliani che conferiscono vivacità all'intero romanzo. 
Esaminiamo alcuni periodi: 

  • "Come i fascisti continuavano ad inapparire", il termine "inapparire" viene usato al posto di "non apparire". 
  • "spinta su dalla vaporosa pianura dalla mano aselettiva", il secondo neologismo è presente nello stesso periodo, l'autore usa la parola "aselettiva" nel senso di "che non faceva una scelta" 


e ancora: 

  • asimpaminico nel senso di "non eccitato", il termine è formato da alfa privativa e dall'aggettivo "simpaminico" anche'esso un neologismo e derivante da simpamina, un derivato delle anfetamine che ha proprietà farmaceutiche eccitanti. 
  • sinalcolico senza alcool ossia astemio, il termine è un composto di sine (parola latina che significa "senza" e alcolico). 



Oltre all'utilizzo di numerosi neologismi, l'autore usa gli aggettivi in sequenza per spiegare e rafforzare un concetto, ecco un esempio: 

"......un puritano di inibizioni lucide e folli, atabagico, sinalcolico, asimpaminico". 

Altra caratteristica del linguaggio fenogliano è il ricorso ai termini dialettali e all'uso frequente di parole ed espressioni inglesi, come ad esempio: 


  • "trampling" nel senso che procedeva camminando con difficoltà; 
  • "went out again" che potremmo tradurre con l'espressione "che scomparvero nuovamente"; 
  • "raided" preferito alla parola italiana "attaccavano"; 
  • "hissing" per "fischio". 



COMMENTO AL LIBRO 

Del linguaggio usato ne "Il partigiano Johnny" colpisce il ricorso frequente alla descrizione impressionistica che fa dell'autore un impareggiabile narratore, Fenoglio sa raccontare i fatti conferendogli movimento e azione, immortalando ogni scena in una fotografia che fissa nel tempo le sequenze del racconto per cui il lettore è come se si trovasse a dover scorrere una pellicola che fotogramma dopo fotogramma lo fa partecipare agli eventi. Niente rimane sospeso a mezz'aria come ad esempio nella descrizione della battaglia in cui il partigiano Jonnhy partecipa alla sua prima battaglia (l'episodio è contenuto nel capitolo IX dell'opera). 
Possiamo definire l'episodio descritto un racconto della memoria crudo e tragico in cui Johnny dopo essere sfuggito alle retate dei militi della Repubblica Sociale decide di unirsi alle squadre "rosse" e darsi alla macchia. 
Quello di Johnny appare un destino fiero e tragico, lo stesso che ha accomunato tutti quegli uomini che decisero deliberatamente e per libera scelta di vivere quell'esperienza. Emerge dal racconto un impegno verso la propria vita che da individuale si fa collettiva, a tratti Jonnhy appare come un inguaribile visionario che porta dentro di sé le passione della sua scelta esistenziale; nel suo comportamento si ritrova non solo la complessità degli ideali vissuti con coerenza ma anche l'amicizia, l'amore. 
E' questo il punto che più ha creato polemiche della visione fenogliana della guerra partigiana, fino a che punto, infatti, le scelte di Johnny sono scelte che derivano da una fede politica o semplicemente da una scelta esistenziale? Il rifiuto di Johnny al fascismo non è sicuramente il risultato di una scelta ideologica nel senso di una conversione politica, l'ideologia occupa uno spazio limitato ed è comunque sempre molto approssimativa, potremo definirla "intuitiva" ma amore e morte non erano forse gli elementi costituivi di quell'epoca che rappresentò un momento cruciale per tutta la storia europea? 
Il vero protagonista del romanzo è la figura di Johnny ma sullo sfondo c'è la guerra di Resistenza che viene descritta per quello che fu veramente, un evento tragico che fagocitò tutto a partite dalle amicizie e dalle famiglie che spesso si trovarono divise su fronti contrapposti. 
Se l'opera di Fenoglio ha suscitato dibattiti infiniti questo è dovuto al fatto che la sua visione della Resistenza andava al di là dei miti ideologici del tempo, ma lo scrittore di Alba, più di ogni altro ha saputo descrivere con rara efficacia narrativa, una storia forte e violenta che forse non spiega ma racconta l'assurdo in cui si trovarono immersi molti giovani che vissero quei giorni. 

Beppe Fenoglio Il partigiano Johnny (1968)
Einaudi, 1994 - con un saggio di Dante Isella
Einaudi Tascabili, pp. 527
Euro 10,00

Il-partigiano-Johnny.jpg


 

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14 aprile 2012 6 14 /04 /aprile /2012 17:51

LA STRUTTURA DELL'OPERA 

Palomar è una delle ultime opere di Italo Calvino, pubblicata nel 1983, è un'opera complessa che potremo definire all'insegna del "Devo" e in cui la componente speculativa è il tratto distintivo di tutta la narrazione. 
Chi è il signor Palomar? E' lo stesso Calvino, la componente autobiografica di questo romanzo è evidente, è scritto in terza persona e l'anonimo narratore esterno è Calvino che racconta Calvino/Palomar. Ma Palomar è anche il nome di una famosa stazione di osservazione astronomica statunitense e il Signor Palomar è come l'osservatorio: guarda e contempla il mondo per cercare di capirlo. 

L'opera è articolata nelle seguenti tre parti: 

  • Le vacanze di Palomar; 
  • Palomar in città; 
  • I silenzi di Palomar. 


ogni parte a sua volta è divisa in nove brevi racconti e comprende in totale ventisette racconti. 

Calvino racconta Calvino e il lettore si immedesima in Calvino/Palomar, ecco il gioco straordinario di questa serie di racconti che è lo specchio perfetto dello spirito dell'uomo di ogni tempo che cerca di comprendere lo svolgimento degli avvenimenti e di capire la ragione che regola ed ordina il mondo. 



POSSIAMO CAPIRE IL MONDO IN BASE AGLI STRUMENTI CHE ABBIAMO 

Ogni volta che cerchiamo di comprendere un fatto o lo svolgersi degli eventi, noi possiamo dare una spiegazione di quel fatto, della società piuttosto che degli eventi naturali in base agli strumenti di conoscenza che abbiamo. 
Se i nostri strumenti metodologici sono rozzi e primitivi daremo una spiegazione degli eventi naturali semplice ricorrendo sempre a spiegazioni che chiamano in causa l'ordine soprannaturale, dice infatti Calvino che noi possiamo conoscere il mondo in base a "solo ciò che abbiamo imparato a conoscere in noi". 
Si tratterà quindi di una spiegazione fallace che finisce per condizionare non solo la nostra esistenza ma anche quella di tutte le persone con cui entriamo in contatto e l'errore si ripeterebbe per generazioni in quanto l'uomo spiega in base alle sue conoscenze e a quelle che gli sono state trasmesse, da questo atteggiamento nasce il pregiudizio. 
Nessun uomo quindi può dare una spiegazione esaustiva del mondo davvero obiettiva perché i suoi strumenti di percezione gli impediscono di mettere a fuoco la complessità della realtà, allora qual'è la soluzione prospettata dal Signor Palomar/Calvino? L'annullamento più totale dell'io, solo annullando la visione soggettiva è possibile dare un ordine al cosmo. 
La soluzione prospettata da Calvino è una soluzione radicale, senza ritorno perché l'annullamento dell'io coincide con la morte, se l'uomo impara a pensare alla propria morte (ed è proprio quello che fa Palomar) annulla il proprio io. Si tratta non tanto della morte fisica, anche se nel romanzo Palomar muore pensando alla morte ma di predisporsi nei confronti del mondo mettendo da parte ogni tipo di schema ideologico e scientifico. 

LA CONTEMPLAZIONE DELLE STELLE 


Uno dei passi più belli del libro è quello in cui il signor Palomar si trova in un momento di meditazione in occasione di una "bella notte stellata" e dice "Devo andare a guardare le stelle" perché dice Devo? Perché il signor Palomar non ama gli sprechi e quindi ritiene che non sia giusto sprecare quell'occasione dato che gli viene messa a disposizione una grande quantità di stelle. 

Il procedimento spiegato da Calvino è allegorico, eccone le sequenze: 

  • La prima difficoltà è quella di trovare un posto da cui osservare le stelle; 
  •  La seconda condizione necessaria è quella di portarsi dietro una mappa astronomica; 
  •  La terza condizione è quella di avere una lampadina tascabile per vedere la mappa di notte; 


Dato che il signor Palomar è miope deve continuamente togliersi gli occhiali per aggiustare il cristallino e adattarlo alla visione notturna in modo di essere in grado di spostare gli occhi dalla mappa al cielo e viceversa. 

Dopo aver fatto queste operazioni preliminari, Palomar si rende conto che non solo non è in grado di stabilire con esattezza se la stella che sta osservando è quella riportata nella mappa, ma non è nenache in grado di stabilire le dimensioni e le distanze. 

Il processo descritto da Calvino è allegorico: l'uomo non riesce a pervenire alla conoscenza e comunque quand'anche dovesse arrivare a coglierne qualche aspetto, si tratta di una visione parziale e contraddittoria. 

HA SENSO CERCARE DI CAPIRE E CONTINUARE A INDAGARE? 

Chi cerca di capire il mondo rischia di passare per un demente ( è proprio questo il termine usato da Calvino) ed è esattamente quello che accade a Palomar attorno al quale si accalca una piccola folla di persone incuriosita dal suo strano comportamento cercando di capire perché il Signor Palomar se ne sta su di una sdraio "contorcendosi verso sud o verso nord, ogni tanto accendendo la lampadina e avvicinandosi al naso le carte che tiene dispiegate sui ginocchi". 
Da quanto si evince dal testo e in particolare dall'episodio della contemplazione delle stelle la conoscenza è condizionata da tutta una serie di variabili che costituiscono un ostacolo insormontabile, ma davanti all'inconoscibile -ecco il messaggio di Calvino- dobbiamo continuare con ostinazione a cercare di capire liberandoci da tutti i pregiudizi.
La conclusione del romanzo è amara: Palomar si rende conto che non solo vive in completo isolamento ma che la società gli è ostile ed indifferente ritenendolo una persona strana e "demente". 



Il modo migliore per comprendere i temi affrontati da Calvino è quello di leggere interamente il libro, probabilmente - a parere di chi scrive- è l'opera più matura e complessa della sua intera produzione letteraria ed è quella che pone l'interrogativo che ancora oggi non sembra trovare una soluzione: qual'è il ruolo dell'intellettuale nella società? E' la domanda di sempre che ne precede la sconfitta, ma che non può condizionare la voglia di capire e di conoscere anche rischiando di passare per un demente.

 Palomar.jpg       

 

Bisogna sempre cercare di capire, nonostante tutto


 



 

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12 aprile 2012 4 12 /04 /aprile /2012 06:40

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ROMA 1943 

In molti dei romanzi di Beppe Fenoglio c'è un filo conduttore che li lega tutti: l'ambientazione. 
Tutte le storie narrate dallo scrittore di Alba hanno come scenario il paesaggio langarolo al punto che tale specificità geografica consente di poter avere un'idea ben chiara di quello che doveva essere il clima culturale e le relazioni sociali esistenti ( come ne "La malora") in quella parte della provincia di Cuneo e a differenza di Pavese, Fenoglio parlava delle Langhe non per crearne uno spazio metastorico ma perchè lì era nato, cresciuto e aveva fatto il partigiano (badogliano). 

Nel romanzo "Primavera di bellezza" lo scenario è quello di Roma a partire dalla caduta del fascismo e Fenoglio si trovava nella Capitale già provata duramente dai bombardamenti americani. 
Dal momento in cui erano cominciati i combattimenti in Sicilia, Roma era diventata il primo obiettivo perchè dagli scali ferroviari del Littorio e di San Lorenzo passavano gran parte dei rifornimenti di armi e di supporti destinati alle truppe che combattevano al Sud. 
Il bombardamento di San Lorenzo avvenne il 19 luglio 1943, piovve fuoco dal cielo, per quanto l'azione fosse centrata su obiettivi strategici, vennero duramente colpiti i popolosi quartieri corcostanti. 
Il 25 luglio il Gran Consiglio del fascismo mette in minoranza Mussolini, il fascismo regime cade per mano stessa dei fascisti , nel luglio del 1943, Roma è una città incredibile, preoccupata e nello stesso tempo allegra, nonostante le difficoltà dovute alle incertezze la vita sembra continuare. 
Impera il mercato nero, i salari sono rimasti fermi ai valori del 1939 mentre i prezzi al dettaglio della (poca) merce disponibile sono saliti dell'ottanta per cento. 
La rete idrica è fortemente danneggiata e quella elettrica a causa dei bombardamenti risulta talmente compromessa che interi quartieri ne risultano privi, la primavera di bellezza è finita è incominciata un'estate calda che da lì a poco porterà il governo Badoglio a dichiarare Roma città aperta. 

**Fenoglio appena ventunenne è a Roma dove frequenta un corso per allievi ufficiali e si trova coinvolto in questo clima surreale in cui non esisteva più alcun punto di riferimento nè politico, nè amministrativo; di colpo nessuno fu più fascista, da servire un padrone molti passarono a servirne un altro, consoli della milizia, fervidi e convinti fascisti si misero al servizio dei nuovi governanti e avvenne quello che Fenoglio, descrive molto bene, una dolorosa crisi di coscienza di alcuni ed è su quell'alcuni che bisognerebbe ragionare perchè spesso le conversioni furono frettolose e improvvise, proseguendo (o dando inizio) a quell'abitudine tutta italiana del voltagabbana dell'ultima ora. 

Crisi o non crisi di coscienza molti passarono dalla parte del re e di Badoglio e quando questi a loro volta finirono fuori dalla scena diventarono democristiani, comunisti e soprattutto antifascisti. 
Fenoglio parla di questo clima di incertezza vivendolo nella strada, da osservatore, solo dopo si è venuto a sapere a quale bassezza giunsero persino alcuni fedelissimi, basti pensare che Achille Starace quello che inventò il famoso "Saluto al Duce" proclamò che era contrario a Mussolini da molto tempo e come lui...fecero molti altri. 

**Non è un caso che il libro nella sua prima edizione è stato pubblicato in lingua inglese perchè pone un problema di forte lacerazione individuale collocato entro fatti di grande rilevanza dove spesso il singolo si trovava completamente avvolto suo malgrado, questa lacerazione individuale è probabilmente alla base di quella scarsa coscienza collettiva che caratterizza la cultura italiana che non ha mai sciolto il problema dell'identità nazionale che non è certo quella delle bandiere appese alle ringhiere dei balconi quando gioca la nazionale di calcio. 
Fenoglio si pose questo problema e non dal punto di vista di una logica teorica ma descrivendolo in tutte le sfaccetature, la descrizione della quotidianità che va avanti, nonostante tutto, risponde a questa problematica che Fenoglio visse personalmente con la scelta strema che verrà poi rappresentata ne "Il partigiano Johnny"
Il lettore che volesse avere dei collegamenti tra le diverse opere di Fenoglio dovrebbe effetturare dei flash back tra un'opera ed un altra e l'interpretazione del partigiano Johnny è in stretta relazione con la lettura di "Primavera di bellezza" in cui Johnny muore come muore Milton in "Una questione privata". 

L'ottimimismo di andare avanti, nonostante tutto, che sembra dare luce e speranza al lettore ma anche a chi si accinge a dare una logica dell'illogicità di quegli avvenimenti drammatici, alla fine si stempera nella morte del protagonista come se questa morte possa fungere da catarsi riparatrice per tutti gli eventuali torti futuri; non si spiegherebbe il motivo di questa pessimismo che caratterizza tutte le opere di Fenoglio, compresa la parte finale di "Primavera di bellezza" se non spiegando in questa direzione l'intreccio delle tematiche di carattere esistenziale con quelle dell'identità nazionale che per Fenoglio nasce nell'ambito delle vicende resistenziali. 
Su questo punto dissentiamo non per motivi ideologici ma perchè in Fenoglio sembra esserci una forte suggestione di un'impostazione che non è azzardato definire del progresso hegeliano per cui tutto il reale è razionale e ha una spiegazione come sembra averlo quello della Resistenza quale passaggio obbligato delle vicende della storia non di una nazione ma di quelle più personali o di un'umanità segnata dalla povertà e dallo sfruttamento che per potersi rigenerare ha bisogno di passare attraverso una prova tragica. 

E tragica fu anche la scelta di Fenoglio in quell'estate del '43 che poco più che ventenne, vide cadere uno dei miti con cui erano cresciuti molti adolescenti suoi coetanei, quello della vita militare di cui descrive l'inutilità e le pratiche ottuse e con cui sono spiegabili non poche vicende dovute non solo alla scarsità dei mezzi ma anche ad una mentalità contrassegnata dall'improvvisazione. 
Le vicende dell'8 settembre hanno caratterizzato non solo la liquefazione definitiva di ogni certezza ma probabilmente sono destinate a ripetersi ogni qual volta,alla fine di un ciclo, appare l'inadeguatezza di valori convissuti e condivisi e di cui, in parte, Fenoglio, fu profeta. 

Il suggerimento per chi si volesse accostare al libro è di fare una lettura ragionata attuando gli opportuni collegamenti con il "Partigiano Johnny". 

***Segnalo anche il seguente saggio critico che è propedeutico alla lettura delle opere di Fenoglio: 

05_primaverabellezza.jpg

Conclusione: A volte la tragedia diventa farsa..soprattutto nelle vicende storiche


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