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7 novembre 2014 5 07 /11 /novembre /2014 11:10

La lettura de "L'armata scomparsa. L'avventura degli italiani in Russia" di  Arrigo Petacco è l'occasione per conoscere un periodo tragico del nostro passato recente.
Il libro non è un racconto romanzato ma è Storia vera che si legge con interesse grazie all'autore che  ha il pregio  di saper raccontare anche le cose più tragiche in modo appassionante con il talento del grande scrittore di romanzi.
Oltre a questo aspetto che rientra nelle caratteristiche dello storico/giornalista Petacco, penso che il libro possa servire alle nuove generazioni per non dimenticare un evento tragico che forse non si potrà ripetere nello stesso modo ma che potrebbe sempre ripresentarsi sotto altre spoglie.
Ciò che ho trovato apprezzabile ed interessante nell'impostazione dell'autore è il fatto che la campagna italiana in  Russia venga raccontata dall'inizio e non dalla fine, lo stesso autore fa notare al lettore questa scelta specificando che gli avvenimenti narrati partono dall'estate del 1941 per fare si che che lo stesso lettore possa comprendere in modo "più facile......le ragioni che spinsero Mussolini a compiere quella scelta rovinosa". (la frase in virgolettato è quella usata dall'autore).
Ricorda Petacco che prima di intraprendere la campagna di Russia, l'esercito italiano era stato già colpito da una "serie umiliante di sconfitte", eppure ciò non bastò e la decisione di Mussolini fu quella di  incominciare un'avventura rovinosa di cui  gli italiani non potevano immaginare gli esiti.
Petacco poi fa una serie di domande che ancora oggi non trovano un'adeguata risposta, prima fra tutte: Perché Mussolini volle partecipare a quella campagna?. Apprendiamo dal libro che l'Operazione Barbarossa lanciata da Hitler non presupponeva un coinvolgimento italiano ma solamente quello di Finlandia, Ungheria e Romania, ma -è questo secondo me il punto interessante- Petacco avanza l'ipotesi che Mussolini intraprese la campagna di Russia con in beneplacito degli ambienti economici internazionali che non vedevano l'ora di sbarazzarsi del paese simbolo del socialismo reale.



Dopo la sconfitta è singolare il fatto che un certo numero di italiani insofferenti al fascismo, quando vennero fatti prigionieri in Russia, si convertirono al comunismo che presentava metodi di indottrinamento simili a quelli impiegati dallo stesso Regime fascista. Petacco racconta questo episodio nella sua "Storia del fascismo" di cui consiglio la lettura per integrare e ampliare le conoscenze apprese nel libro.
I soldati italiani che avevano dimostrato simpatia verso il comunismo, venivano considerati degli "illuminati" venivano prelevati e condotti a Mosca dove vi era la "Scuola Superiore di antifascismo"; a Mosca studiavano una serie di materie altrettanto singolari per l'argomento trattato, Petacco ne fa un elenco: storia d'Italia, economia politica, materialismo storico e dialettico, storia del Partito Comunista Italiano e del Partito Comunista Bolscevico. Gli insegnanti di questo particolare corso antifascista erano dei fuoriusciti italiani.
Petacco racconta una fase della storia dell'armata scomparsa e sulla quale vi sono sempre state reticenze e omissioni un mistero, non bisogna dimenticare, infatti che per molti soldati italiani la storia è continuata dopo la guerra d di molti di loro, infatti, non si è saputo più niente.
 I sovietici non volevano dei convinti sostenitori del comunismo ma dei pedissequi servitori della causa staliniana ed arrivarono persino a sostenere che la radio non venne inventata da Guglielmo Marconi ma da tale Aleksandr Popov. Gli italiani che hanno tanti difetti ma non difettano certo di ironia reagirono davanti a questa assurdità e incominciarono a scrivere sui muri Viva Marconi, Abbasso Popov e un marconista disse " D'ora in poi chiamatemi popovista" (l'episodio è riportato alla pagina 202 del libro).
Molti italiani avevano un terrore della Siberia, l'idea stessa del freddo che da sempre accompagna questa zona della Russia li faceva impazzire al punto che -racconta Petacco- molti si uccisero con un colpo di pistola alla bocca. Altri che non avevano la pistola, prendevano il moschetto 91, appoggiavano la canna sotto il mento e sparavano. Fine della paura del freddo.
Gli italiani dimostrarono una grande capacità di adattarsi alle circostanze; non avendo nessun attrezzo a disposizione, i prigionieri con una semplice lama arruginita realizzavano "bastimenti, giocattoli, pettini d'osso, fermacapelli, medaglioni, cinghie intrecciate che poi venivano usati come merce di scambio con la popolazione civile". Addirittura due ufficiali italiani riuscirono a costruire un orologio a pendolo fatto di chiodi e ingranaggi di legno.
Gli italiani erano poi abili anche a nascondere questi manufatti in modo da non farli trovare dai sorveglianti e cosa incredibile a dirsi crearono un mercato che incominciò a tirare tra i russi.
Questo episodio dovrebbe essere divulgato perché è sintomatico della straordinaria inventiva degli italiani capaci di adattarsi anche alle situazioni più estreme.

Molto interessante è la parte terza del libro intitolata "Davai" (camminare in russo), leggendo questa parte del libro si apprende un dato che fa ancora impressione: furono  83.430 i soldati dell'ARMIR morti e dispersi. Di questi più di 69 mila hanno oggi un nome, degli altri non si sa più niente. Dalla lettura del libro emerge un quadro completo di quella immane tragedia di cui solo in parte conosciamo le storie personali di tanti italiani che vi parteciparono.


ULTERIORI INFORMAZIONI SUL LIBRO

"L'armata scomparsa. L'avventura degli italiani in Russia" di  Arrigo Petacco è un libro pubblicato nel 2010 nella collana "Oscar Storia" della Mondadori , il libro è stato pubblicato per la prima volta nel 1998 nella collana "Le Scie" sempre della Mondadori.

Il libro si divide in tre parti dove vengono raccontati quattro distinti periodi: quello dell'inizio della campagna di Russia e della momentanea vittoria delle truppe dell'asse, la resistenza degli italiani quando i russi incominciarono il contrattacco, la ritirata disastrosa e la prigionia nei gulag. Il libro si conclude con un sottocapitolo intitolato "L'ultimo treno dal Gulag" dove viene raccontato il ritorno di uno degli "ultimi" italiani dai campi di prigionia sovietici. Il periodo comprende 5 anni di una storia che per certi versi non è ancora terminata dato che i resti mortali di molti italiani non sono mai stati ritrovati.
Il lettore potrà trovare nel libro un racconto dove fioriscono tutta una serie di particolari sconosciuti ai più, particolari di storie vissute,  storie vere che rappresentano un capitale umano di cui si ignora l'esistenza; eppure i fatti  narrati sono accaduti davvero e Petacco con abilità e singolare maestria riesce a raccontarli in modo vivace evitando di riportare dei freddi bollettini. In tal modo il lettore affronterà, senza cali d'attenzione,  una delle più belle ricostruzioni fatte su un periodo tragico della nostra storia.



Bel libro, di cui consiglio la lettura.

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Published by Caiomario - in Libri
31 ottobre 2014 5 31 /10 /ottobre /2014 09:18

 

 

GLI AUDIOLIBRI, I PRIMI APPROCCI

Ho seguito moltissimi romanzi alla radio, ascoltare un libro narrato a voce alta  è un'esperienza completamente diversa dalla lettura di un libro e la trovo altrettanto appassionante; le primissime  narrazioni a voce alta  che ho ascoltato sono state le "Fiabe sonore" quelle di "A mille ce n'è una favola bella da narrar.... " edite dai Fratelli Fabbri Editori; ho ancora i dischi originali che ascoltavo nel mangiadischi.
Non mi soffermerò pertanto sul libro "Il ritatto di Dorian Gray". libro che pur merita qualche riflessione personale, altri mi hanno preceduto, pertanto non racconterò per l'ennesima volta il riassunto del romanzo.
 Riguardo a ciò sarebbe interessante invece sentire il parere sulle varie edizioni del libro che si sono succedute nel tempo comprese quelle edite in lingua inglese, ma è un argomento che non è stato affrontato ancora in modo sistematico.
Piuttosto ammetto che preferisco leggere le critiche  letterarie sul romanzo di Wilde,  alcune sono davvero di grandissimo spessore come quelle scritte da insigni studiosi e pubblicate su riviste universitarie,  in questo caso non ci si trova davanti alla banalità di un "rissuntino" ma  al cospetto di studi filologici  stimolanti che permettono di conoscere le "parti anatomiche" del racconto di Oscar Wilde.

LA DIFFICOLTA' DEL ROMANZO E LA VERSIONE NARRATA: COMPARAZIONE

Su  "Il ritratto di Dorian Gray" di Oscar Wilde si sprecano sempre parole mirabolanti ed enfatiche, il più delle volte chi le pronuncia non ha letto il romanzo ma ha letto dei sunti, credo che leggere un sunto dei sunti con tantissime parti mancanti è inutile e fa perdere tempo.
Penso che  il romanzo di Wilde sia difficile da seguire, la trama è complessa, Wilde racconta due ordini di realtà che si sovrappongono e comportano una continua attenzione da parte del lettore.
 Quello di Wilde è un racconto critico-ragionativo che va oltre il romanzo tradizionale, non si riesce ad apprezzare la prima volta, bisogna ritornarci più volte.
 Se vogliamo però restituire a questo romanzo la sua capacità di significazione la scelta dell'Audiolibro è quella migliore perché non si ha il tempo di porre troppa attenzione ai singoli periodi, ma si ha un racconto continuo dove la variazione della voce del narratore imprime un ritmo naturale che difficilmente un lettore medio riesce a riprodurre.

Ho l'edizione de "Il ritratto di Dorian Gray" edito dai "Nuovi Acquarelli" con la traduzione di L.Pirè, uno dei migliori traduttori di opere classiche in lingua inglese molto rispettoso, filologicamente parlando. del testo originario.
 Anche su questo aspetto manca un'opinione dei "lettori", non vi è alcun accenno sulla qualità del testo relativamente alle varie edizioni pubblicate in Italia. Quella di Pirè pur essendo una delle traduzioni più aderenti al testo originario espressa con termini moderni, Wilde rimane -a mio parere- sempre uno scrittore barocco, il suo romanzo d'invenzione richiede una ipersensibilità notevole anche quando il racconto diventa interessante nelle sue parti più paradossali.

Tutte queste criticità spariscono invece nell'audiolibro, il romanzo è letto dalla bellissima voce di Luigi Marangoni, una voce professionale che rende il romanzo fluido e sempre avvincente per chi lo ascolta. Le pause, il rispetto della punteggiatura, la variazione del tono della voce, la dizione perfetta senza alcuna inflessione dialettale sono gli elelementi che rendono questa edizione prodotta dalla "Narratore audiolibiri" , il modo migliore per approcciarsi a "Il ritratto di Dorian Gray".


La versione audiolibro è consigliata a chiunque e in particolare:

* A chi non riesce ad impegnarsi troppo nella lettura;
* Ai non vedenti;
* A persone anziane che faticano a leggere ma amano ascoltare i classici senza tempo;
* A tutti coloro che seguono i romanzi raccontati alla radio;
* A chi non è riuscito mai a leggere "Il ritratto di Dorian Gray";
* A chi ha letto solo il riassunto.


INFORMAZIONI SULL'AUDIOLIBRO

Il racconto di Dorian Gray letto ad alta voce dura 8 ore 6 minuti e 40 secondi.

Costa euro 10,40, è scaricabile in download in versione mp3 direttamente dal sito de "Il Narratore Audiolibri" oppure può essere richiesto su supporto compact disc.


Consiglio di ascoltare un'anteprima della narrazione direttamente sul sito dell'editore: il narratore.com





 

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Published by Caiomario - in Libri
28 ottobre 2014 2 28 /10 /ottobre /2014 11:33

POVERO CERVO MA LA SUA MALEDIZIONE  HA COLPITO GIULIANO
 
Strana figura di santo questo San Giuliano ospitaliere raccontato da Gustave Flaubert, ma pur non togliendo nulla all'emozione di leggere un'opera come  "La leggenda di san Giuliano l'ospitaliere", quando si è arrivati alla fine si prova una certa angoscia perché il Santo è in realtà un assassino che, dopo avere ucciso il figlio e la compagna di un maschio (cervo), viene maledetto dal cervo pensante e per errore uccide suo padre e sua madre con inaudita ferocia. Se i fatti fossero veri e  dovessero accadere oggi, il Santo  verrebbe condannato ad almeno 30 anni di carcere e magari verrebbe richiesta anche la perizia psichiatrica.
Flaubert riprende la leggenda, il nucleo primitivo quindi non è suo, ma ha saputo arricchire con dovizia di particolari quella che era una storia scarna di poche righe seguendo lo schema delle antiche tragedie greche.
Con la sua smagliante fantasia Falubert descrive un San Giuliano assassino che ad un certo punto prende l'ascia e fa a pezzi al buio i suoi genitori perché pensa che i due corpi siano quelli della moglie e del suo amante. Lui il vero cervo sapeva a aspettava solo di agire, è questo che si desume dal racconto di Flaubert.

*SECONDO IL CODICE PENALE DI OGGI: Giuliano commette quello che nel diritto penale si chiama "omicidio volontario", se uccido uno pensando di uccidere un altro, non per questo sono meno colpevole; se poi oltre l'omicidio è duplice omicidio e  si aggiungono  le modalità terribili con cui è stato perpetrato il delitto (i corpi fatti a pezzi con inaudita violenza) c'è l'aggravante della crudeltà.

SECONDO L'ARTE STRAORDINARIA DI FLAUBERT: Giuliano  è uomo vittima della vendetta e della maledizione del cervo che volendo vendicarsi dell'affronto si comporta come un oracolo. Tutto avviene come l'oracolo ha comandato e Giuliano dopo l'orrendo delitto -sempre per volontà di un destino cieco- deve attraversare prove terribili.
La leggenda raccontata da Flaubert è la storia dell'anima, la quale non si contenta di soffrire, ma deve espiare, il destino vuole vedere Giuliano patire atroci pene e si vuole sincerare della sua natura (la colpa deve essere sofferenza) che deve essere condannata a fatiche e dolori inenarrabili.

Che sia questo il fondamentale significato voluto da Flaubert lo si comprende dal fatto che Giuliano alla fine appare un'anima purificata. Ma prima di essere un'anima che ha espiato in terra deve passare attraverso il giudizio di Dio. Bisognoso fra i bisognosi Giuliano vive prima la sua animalità, ma prima di arrivare al paradiso e alla perenne beautitudine deve passare l'inferno in terra tra gli ultimi.


San Giuliano ospitaliere è patrono di Macerata,  viene festeggiato il 31 agosto.




***Breve ma intenso libretto di Gustave Flaubert che si scagiona facilmente, e con la consueta maestria anche se l'argomento della storia si discosta dal Flaubert narratore che ama gli effetti coloristici.
Raccontando la storia si può -a mio parere- tutt'al più rendere la scena, ma non certo il suo pathos, il libro insomma  va letto, per la sua brevità (90 pagine) è un capolavoro che si legge ancora con piacere e nei confronti del quale non si prova alcun senso di posticcio. Non si può disconoscere che alcune volte certe cose saziano ma infastidiscono.
L'edizione con testo a fronte consta di 168 a pagine, utile a chi si vuole fare sedurre dallo stile e dalla lingua di Gustave Flaubert.

 

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Published by Caiomario - in Libri
25 ottobre 2014 6 25 /10 /ottobre /2014 07:01

UNA LUNGA SCIA DI FORMICHE E CICALE, I FORMICHIERI NON GRADISCONO

"Anche le formiche nel loro piccolo s'incazzano. Anno 2002"  è un volumetto scritto da Gino Vignali e Michele Mozzati e rappresenta la versione aggiornata di "Anche le formiche nel loro piccolo si incazzano" pubblicato per le edizioni Einaudi nel 1991. Sulla scia del clamoroso successo del numero uno, i due autori hanno scritto altri libri dando orgine a una lunga serie di volumetti in cui protagoniste sono le formiche, a partire dal 2003 le protagoniste diventano le cicale.
L'edizione del 2002 è stata pubblicata per la prima volta da "Baldini & Castoldi" nel 2001 e successivamente da "Mondolibri" nel 2002, consta di 143 pagine o 144 o 146 a seconda dell'edizione.
Gli "aforismi" mordaci sono esattamente 540 a cui si aggiungono numerose battute, stroncature e frasi "mozze" di altri autori "formiche" che in poche parole sintetizzano il loro pensiero (e anche la loro stizza), ecco qualche esempio:

* "Non ho mai avuto problemi con l'alcol, almeno fino a quando non cominciava a scarseggiare". (Tom Wait).

*  "La TV è il cesso degli occhi" (Oliviero Toscani)

ecc, ecc, ecc.....

Tra le numerose formiche presenti nell'antologia menziono a titolo esemplificativo i seguenti: Aldo Busi, Luciana Littizzetto, Giobe Covatta, Giorgio Gaber, Mel Gibson,Totò, Tom Wait etc

La battuta che più mi è piaciuta tra le 540?  È difficile sceglierne una, ma quella che spiega il consenso politico dato a Silvio Berlusconi a partire dal 1994 è quella pronunciata da Giorgio Gaber che disse: "Non temo Berlusconi in sé ma Berlusconi in me"....è o non è straordinario questa aforisma di Gaber? Per me vale più di mille pagine che spiegano il fenomeno de consenso a Berlusconi.

MA I FORMICHIERI SI SONO INC***** DAVVERO

È vero e, sebbene non ci sia un vero concept, nel senso di una storia che si svolge con un inizio e una fine, il libro ha quella dimensione tutta teatrale, mordace e velenosa delle battute che non si dimenticano.
Penso semplicemente che questo volumetto come tutti quelli della serie compresi i libretti sulle "cicale",  rappresenti  il modo migliore per affrontare in modo ironico una realtà come quella italiana che è ormai una farsa di detti e contraddetti.
 Forse l'unico modo per evitare di  "un fegato grosso così", è leggere un volumetto come questo;  ci sono tanti modi per affrontare il dramma italiano, serve anche questo, serve anche ridicolizzare e mettere alla berlina con poche battute una società colpita dall'apocalisse della politica.
I nostri incuranti delle critiche indignate dei "censori moralisti" da cui vennero colpiti nella prima edizione di "Anche le formiche nel loro piccolo s'incazzano", hanno continuato,  nel corso degli anni, a curare delle bellissime antologie improntate sullo stesso stile  regalandoci  una "compilation" di  aforismi da incorniciare e mostrando  una grande carica di energia, di humor, di passione e di visceralità anche in questa edizione  datata 2001 (2002 nel libro).
E poi dicono che i comici sono solo comici: loro -i comici- ci fanno sorridere e ridere dei guitti della politica che ormai non hanno più niente da dire, loro i comici in una battuta mozzano teste e stroncano i presuntuosi e gli stupidi.
Gino & Michele amano spesso ricordare che le formiche sono degli animaletti ostinati e cocciuti che non tengono in conto i consigli degli altri e proseguono diritti nella loro strada anche quando i fatti gli danno contro. E' meglio essere testardo come un asino o come le formiche di Gino & Michele? Ognuno scelga il suo tipo di testardaggine, personalmente preferisco le seconde.


Vi sentite più formiche che qualche volta si in****** o più cicale che portano dietro di sè un'ondata di qualunquismo difficile da scrollarsi dalle spalle? Oppure vi sentite formichieri che si indignano?

Io mi sento formica e come disse Oreste Del Buono nella prefazione dell'Opera Ominia di "Anche le formiche nel loro piccolo si incazzano":

 "L'istinto a fare il Bastian Contrario, per fortuna, è ancora abbastanza diffuso".


"La fervida creatività umana porta a inventare cose straordinarie, la mediocrità di certi umani porta a inventare solo banalità".

Caiomario




 

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Published by Caiomario - in Libri
23 ottobre 2014 4 23 /10 /ottobre /2014 15:31

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ALCUNI CENNI SULL'AUTORE

Personalità geniale e multiforme Niccolò Tommaseo è oggi uno degli autori dimenticati non solo dai lettori moderni, ma  anche ingorato completamente nei prgrammi scolastici;  probabilmente pesa su di lui il giudizo negativio sulla sua proposta di educazione, una proposta pedagogica forse ormai inattuale e inadeguata per questi nostri tempi, ma i valori di fondo proposti dal pensatore dalmata non sono tutti da archiviare, anzi il suo pensiero può essere considerato come un punto di riferimento e di mediazione tra i valori morali e religiosi della Chiesa Cattolica e quelli dello Stato civile.
Tra le sue moltissime opere vanno menzionate senz'altro quelle di carattere educativo, vale a dire: Dell'Educazione; Bellezza e civiltà; Studi morali; La donna; I doveri e i diritti d'ogni buon italiano e "Fede e Bellezza".

PER CAPIRE IL SIGNIFICATO DEL LIBRO

Prima di entrare nel vivo di "Fede e Bellezza" è opportuno fare conoscere i capisaldi dell'educazione di Tommaseo, questo agevolerà la comprensione del libro e la sua linea di fondo:
Per Tommaseo non si può impostare l'attività educativa come se fosse un sapere, non esiste una scienza dell'educazione che può essere appresa attraverso la teoretica e non esiste un metodo precostituito, neanche lo stato può trasmettere un metodo educativo attraverso la forza coattiva delle leggi o attraverso la sua autorità.
L'educazione è quindi un vincolo religioso e morale attraverso il quale si crea un'unione tra coloro che educano e coloro che sono educati, il compito del maestro è quindi quello di cogliere la parte intima di ciascuno tralasciando qualasiasi metodo emprico che per Tommaseo è sempre inadeguato alla formazione delle coscienze.

Attraverso questo metodo educativo è possibile cogliere nel modo più approfondito possibile alle umane capacità l'individualità di ciascuno ed è possibile, poi, riuscire ad adattare ad ognuno il miglior modo di educazione.
Tommaseo anticipa quindi il concetto moderno di "educazione differenziata" che deve essere diretta ad  allievi normali, subnormali e supernormali ( i termini per quanto oggi siano desueti, sono quelli utilizzati all'epoca).

FEDE E BELLEZZA, UN ROMANZO D'AMORE DI GRANDE SPESSORE

"Fede e Bellezza"  è un romanzo che è stato definito "romanzo-confessione", ma potremo definirlo un'auto-confessione in quanto alcuni episodi narrati traggono spunto da vicende vissute dallo stesso Tommaseo.
Il racconto è appassionante sin dalle prime battute, inizia con le dichiarazioni confessionali dei due protagonisti: Maria e Giovanni. Entrambi si raccontano l'uno all'altro, in particolare il protagonista maschile decide di fare conoscere tutto di sè attraverso un diario dove svela ogni suo segreto ed esperienza a Maria.

Il romanzo è diviso in 6 libri (capitoli): nel primo i due si incontrano in Bretagna a Quimpec ed è subito amore fulminante. Maria confessa a Giovanni la sua triste storia: un'infanzia disperata trascorsa da orfana e una giovinezza piena di errori a causa dell'assenza di una guida morale.
Nel secondo libro è Giovanni/Nicolò Tommaseo a raccontarsi; chi è Giovanni? E' un esule italiano che vive in Francia dove si è rifugiato perché è un perseguitato politico.
Nel terzo libro troviamo narrate tutte le difficoltà che impediscono ai due di vivere un amore tranquillo, ma i due poi arrivano finamente al matrimonio che viene raccontato nel quarto libro ( è uno dei capitoli più belli di "Fede e Bellezza").
Nel quinto Giovanni e Maria si separano per poi riunirsi; infine nel sesto libro -quello più drammatico ed intenso- Giovanni sfida a duello un francese che aveva offeso gli italiani restando gravemente ferito; in questo ultimo libro viene poi raccontata la morte di Maria.


LA MALATTIA DI MARIA E LA NOTTE D'AMORE CON GIOVANNI PRIMA DELLA MORTE

È questo il libro  più intenso e drammatico di "Fede e Bellezza" : Giovanni purtroppo scopre che Maria ha la tubercolosi, Giovanni viene preso dalla disperazione, poi dall'angoscia e infine dall'eccitazione sessuale.
Il racconto originale si trova nelle edizioni moderne del libro, nella seconda edizione invece questo episodio venne censurato in quanto era ritenuto morboso.
Ma non è un episodio per niente morboso, va interpretato invece come l'angoscia di un uomo che vede la propria donna morire e che sa che non la avrà più accanto...per sempre!
La conclusione vale più di mille commenti, ecco le parole pronunciate da Giovanni:

"Quante memorie vietate, fin ne' concessi abbracciamenti! Perdono, o terribile Iddio dell'amore severo! Non mi punit: non togliete a me questa ch'è ormai conglutinata con l'anima mia!".


Splendido termine: "conglutinata" e splendida espressione: "conglutinata con l'anima mia".

Conglutinata ossia unita, attaccata con la propria anima vale a dire incollata, dal latino "cum" con, insieme e "gluten" colla.

Se non è amore questo!


Libro consigliato a tutti gli amanti romantici......"Oh per carità non vi spaventate"

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Published by Caiomario - in Libri
8 ottobre 2014 3 08 /10 /ottobre /2014 06:24

"La notte della Repubblica" è il libro più famoso di Sergio Zavoli e prende il titolo dalla famosa trasmissione condotta dallo stesso Zavoli nel 1989 e andata in onda sulla Rai; quel programma documentario, da cui nacque l'idea del libro, rimane  ancora oggi uno dei migliori esempi di giornalismo di alto livello a cui  si sono ispirate poi tutte le trasmissioni televisive di inchiesta.
L'obiettivo del libro come della trasmissione era quello di raccontare e di spiegare che cosa accadde in Italia dal 1968 alla fine degli anni '80, l'obiettivo di  Sergio Zavoli che fu anche quello di Enzo Biagi era ambizioso purtroppo dei tentativi di colpo di stato che ci sono stati italiani e delle varie stragi che hanno insanguinato piazze, strade, stazioni e treni sappiamo poco e in tutti i casi non si sono mai conosciuti né i colpevoli né i mandanti.

Rimane però l'aspetto cronachistico e il valore storico dei fatti raccontati che partono dal progetto di golpe militare organizzato nel 1964 dal generale Giovanni De Lorenzo, l'evento centrale da cui nacque tutto fu la strage di Piazza Fontana del 1969, non poteva sapere Zavoli in quel periodo gli sviluppo dell'inchiesta giudiziaria ma i dubbi di oggi sono quelli di allora: chi ha ordinato di mettere la bomba? Non basta la parziale verità processuale a dare spiegazioni e il capitolo sulla minaccia di destra golpe e golpisti aiuta parzialmente, se letto oggi, a fare chiarezza sulle collusioni dei servizi segreti con le frange più estreme della destra eversiva e della sinistra più estrema.
Il problema purtroppo irrisolto è quello del cosiddetto "segreto di stato" che riguarda tutti gli avvenimenti descritti nel libro, su questo aspetto probabilmente il lettore si sarebbe aspettato di più, l'attacco al cuore dello stato è stato condotto proprio da esponenti delle istituzioni e della politica.

Nella carrellata di fatti e personaggi intervistati da Zavoli forse l'unico personaggio che avrebbe potuto fare chiarezza era Giulio Andreotti che in quegli anni era l'esponente più importante e più addentro nel potere. Nessun ministro dell'interno e nessun presidente della Repubblica a partire dalla bomba di Piazza Fontana ha mai tolto il velo sul segreto di stato, ancora oggi le indagini sono destinate ad arenarsi proprio perché ci si appella a chissà quali ragioni di sicurezza e a quali assurdi interessi di Stato che a quanto pare non sono quelli dei cittadini. C'è il peggio del peggio dell'Italia che ci portiamo dietro e che ci ha portato dove siamo ora, non bisogna dimenticarlo e non dovrebbero dimenticarlo le nuove generazioni.
Cosa sappiamo dell'omicidio Calvi e di quello Ambrosoli? Cosa sappiamo di Manuela Orlandi e del supposto coinvolgimento dello IOR oppure ancora cosa sappiamo della Strage di Ustica? Niente, assolutamente niente.

Se non partiamo da lì allora di cosa vogliamo parlare? Il tentativo di Zavoli però è onesto e aiuta a comprendere il clima di quegli anni a partire dalla contestazione giovanile e dalla protesta operaia.
Letto con gli occhi di oggi il libro di Zavoli può essere utile, soprattutto in un paese che ha la memoria corta e che dimentica troppo facilmente.
Chi sono i mandanti? Ci hanno detto per decenni che solo abolendo il segreto di stato è possibile saperlo, ma avere reso pubbliche le carte processuali su fatti per altro noti, non ha tolto il velo. Il mistero su fatti e misfatti della Repubblica rimane. Un libro purtroppo non basta anche se l'ha scritto Sergio Zavoli.

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Published by Caiomario - in Libri
7 ottobre 2014 2 07 /10 /ottobre /2014 13:15

"La condanna. Storia di Silvia Baraldini" è un libro scritto da Riccardo Bocca, giornalista, autore di numerosi libri di inchiesta e blogger; nel libro viene ripercorsa la storia personale di Silvia Baraldini che, agli inizi degli anni '90,  fu al centro di un caso giudiziario internazionale che vide da una parte gli Stati Uniti d'America e dall'altra il movimento di sostegno per la liberazione della stessa Baraldini. I fatti sono noti e si trovano in rete numerose informazioni dettagliate  sulla vicenda, meno nota è invece la storia personale di Silvia Baraldini. Manca quindi nel libro tutto il seguito della vicenda giudiziaria della Baraldini che si concluse solo nel 1999 quando venne estradata dagli Stati Uniti in Italia.

A differenza di opere che rappresentano la storia, il libro di Bocca racconta la vita vera della Baraldini a partire dall'infanzia romana fino al trasferimento negli Stati Uniti dove frequentò la scuola superiore e l'università. Proprio in quegli anni inizia l'impegno politico della Baraldini, per il lettore la conoscenza delle  sue vicende biografiche è anche l'occasione per conoscere l'incastro tra la sua storia individuale e gli avvenimenti collettivi che rappresentarono il vissuto di una generazione.
La Baraldini da giovane abbracciò la causa dei neri d'America diventando  attivista del "Movimento dei diritti civili" fino alla decisione di difendere alcuni militanti delle "Pantere nere" una gruppo rivoluzionario  che in quegli anni era in totale opposizione con le autorità politiche statunitensi, nonostante nella società americana incominciassero ad esserci dei cambiamenti grazie alle battaglie pacifiste che erano iniziate con Martin Luther King.

In realtà la Baraldini non aderì mai al movimento delle Pantere Nere in quanto ciò avrebbe costituto una scelta di campo dirompente perché avrebbe significato  tagliare ogni collegamento con le istanze non violente di Martin Luther King.
Silvia Baraldini negli anni '70 si concentrò su quella era per lei diventata una missione che andava al di là dei confini degli Stati Uniti sostenendo la causa della lotta di liberazione dello  Zimbabwe.
Poi accadde un evento che cambiò per sempre la vita della Baraldini; come attivista del movimento dei diritti civili prese le difese di alcuni militanti dell'Esercito di liberazione nero (BLA) e, come spesso accade negli Stati Uniti, fu gioco forza coinvolgerla in una faccenda di cui era totalmente estranea.
La giustizia americana l'accusò di attività terroristica e applicò nei suoi confronti la normativa più dura dell'intero sistema normativo statunitense: la legge contro i reati di mafia.
Una legge che le comporterà una condanna definitiva a 43 anni di carcere.


Per i dettagli dei contenuti descritti rimando alla lettura del libro.


La biografia raccontata Riccardo Bocca è stata utilizzata più volte, visto che le notizie diffuse successivamente  in forma ridotta sono  in larga parte presenti nel libro che pur essendo stato pubblicato prima dell'estradizione in Italia permette di conoscere una storia intensa e dolorosa (almeno per quanto riguarda la detenzione nelle carceri statunitensi)* di Silvia Baraldini.
La scrittrice Dacia Maraini ebbe a definire l'intera vicenda come "l'inganno americano", l'aspetto più sconcertante della vicenda fu infatti il modo in cui venne trattata in carcere la Baraldini  equiparata ai  più pericolosi terroristi; quando si è definita la storia della detenzione dell'attivista italiana un "calvario personale" non si è esagerato, la Baraldini venne infatti colpita da un tumore maligno e, nonostante la grave malattia i giudici americani non la tolsero dall'isolamento carcerario, il motivo lo spiega in poche parole la stessa Maraini che osservò che tutto ciò era dovuto al fatto che i giudici statunitensi non volevano perdere la credibilità nei confronti dell'opinione pubblica. Non c'è dubbio che quella forma assurda di inflessibilità della giustizia americana faccia riflettere  e ponga degli interrogativi perché niente da allora è cambiato rispetto a dodici anni fa  e probabilmente niente cambierà in futuro sul modo di intendere la pena, una pena spesso non proporzionata ai reati commessi...da noi, invece, accade il contrario.



"Mi chiedo, ma non riesco a immaginarlo,
e penso a questa donna forte
che ancora lotta e spera perché sa
che adesso non sarà  più sola
la vedo con la sua maglietta addosso
con su scritte le parole
che sempre l'ignoranza fa paura...
ed il silenzio è uguale a morte
che sempre l'ignoranza fa paura...
ed il silenzio è uguale a morte!
ed il silenzio è uguale a morte!
"

(Per Silvia - Francesco Guccini)

* Il libro è stato pubblicato nel 1998, l'accordo tra le autorità italiane e quelle statunitensi è avvenuto poco dopo e si concluse con il ritorno in Italia di Silvia Baraldini nel 1999.

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Published by Caiomario - in Libri
6 ottobre 2014 1 06 /10 /ottobre /2014 07:26

L'AUTORE

La singolarità di Anthony De Mello sta nel fatto che è l'unico prete al mondo che parla per metafore utilizzando, in perfetta aderenza con lo spirito del Fondatore, la parabola quale strumento di comunicazione. Come il Fondatore che sapeva moltiplicare pesci e pani, anche questo gesuita di Bombay  è riuscito a fare un miracolo: il suo "Messaggio per un'aquila che si crede un pollo" in un anno è arrivato a vendere oltre 200 mila copie e il suo "breviario" di successo in soli 12 mesi è andato in stampa per ben 10 volte arrivando a toccare le 10 edizioni. Una performance straordinaria considerando che De Mello, prima della pubblicazione del libro, era un perfetto sconosciuto.
La caratteristica  più evidente dello stile di Anthony De Mello è l'umorismo, egli affronta argomenti interessanti senza farli pesare, non è uno psicologo di professione ma come il Fondatore capisce gli uomini e sa parlare al cuore delle persone e non c'è modo migliore, davanti all'imprevidibilità della vita, che quello di usare un linguaggio semplice e comprensibile a tutti.
Questo contraddistingue lo scrittore di talento da quello mediocre, il suo "Messaggio per un'aquila che si crede un pollo" come il seguente "Istruzioni di volo per aquile e polli" sono due capolavori di semplicità ma non di banalità.
De Mello assume le vesti del primatologo e va a scavare nel'intimo dell'uomo, i suoi libri pur non essendo dei testi di religione attingono a piene mani dal "Libro dei libri", il suo è un messaggio di speranza che potrebbe essere sintetizzato in questa frase:

"Talvolta mi trovo a dire alle persone): Voi resterete a bocca aperta quando arriverete lassù e scoprirete che non c'è alcun peccato che Dio non possa perdonare".

"Messaggio per un aquila che si crede un pollo" è quindi un libro di speranza che parte dal concetto di peccato depurandolo di tutto ciò che di negativo questo termine si porta dietro. De Mello ci vuole dimostrare che credendo in noi stessi, ma vivendo intensamente.

De Mello ama citare il Budda e racconta un episodio, un giorno un anziano si avvicinò a Budda che si trovava circondato dai suoi discepoli  e gli chiese quanto tempo avrebbe voluto vivere, precisando che avrebbe potuto chiedere anche di vivere 1 milione di anni,  Budda guardando il vecchio gli rispose con decisione: 8 anni.
Si trattava di una strana risposta, quanto mai paradossale e ciò apparve tale anche ai suoi discepoli; uno di loro chiese al Maestro perché non avesse chiesto un milione di anni, osservando che in tal modo avrebbe potuto fare del bene a centinaia di generazioni. Ma ecco la risposta di Budda: "Se vivo un milione di anni, gli uomini saranno interessati più a prolungare la propria vita che a ottenere la sapienza".
Ecco l'essenza del pensiero di Budda condiviso da De Mello: gli uomini sono più interessati a prolungare la propria esistenza che a migliorarne la qualità.
Se prendiamo coscienza del nostro valore -sostiene l'autore- è il momento di spiccare il volo, smettere di essere un pollo e diventare un'aquila; inizia allora un vita totalmente nuova e possiamo trasformare la nostra vita in un'esperienza di gioia e di serenità. Questo non dipende dagli avvenimenti, ma dal modo in cui li affrontiamo e li percepiamo. La chiave della felicità quindi sta dentro di noi, ecco la morale dell'insegnamento di De Mello.


CI SONO UOMINI CHE PENSANO.......

.......di essere vivi perché respirano, mangiano, parlano etc, ed è chiaro che non sono morti , ma cosa significa essere vivi.
La regola fondamentale della vita non è quindi vivere di sensazioni, ma vivere le sensazioni in quanto è l'emozione la regola fondamentale della vita, gli animali hanno bisogno di stimoli sensitivi, ma l'uomo ha bisogno di stimoli emotivi, senza stimoli noi ci deprimiamo, ci blocchiamo e allora abbiamo bisogno di fare sgorgare le emozioni cessando di avere timore e credendo nella ricchezza che abbiamo in noi.
Se le paure bloccano gli uomini questi vivranno come polli non saranno liberi, non riusciranno a volare.

Le idee esposte in "Messaggio di un pollo che si crede un'aquila" non costituiscono quindi una sorta di prontuario di formazione ad uso aziendale,  ma sono una serie di insegnamenti che aiutano a scegliere l'amore, a desiderare qualcosa e a essere liberi.
De Mello sviluppa poi questi temi nel libro seguente intitolato "Istruzioni di volo per aquile e polli", ma  in "Messaggio per un'aquila che si crede un pollo" se ne trova larga anticipazione

ATTENZIONE AI COLLEZIONISTI

Da buon divulgatore De Mello non segue la via facile delle solite e improbabili istruzioni per raggiungere la felicità, se avete letto un romanzo come "Il collezionista" di John Flowes potete comprendere cosa significa non saper volare; il collezionista è un tizio che amava le farfalle al tal punto che le teneva infilzate e le ammirava impedendogli di volare. Un bel giorno si innamora di una ragazza di nome Miranda, la rapisce e le fa fare la fine delle farfalle. Chi era il collezionista? Uno che non aveva un buona opinione di sé stesso e  che per ottenere i suoi fini imprigionava tutto ciò che gli piaceva.

La ricetta di De Mello è esattamente il contrario, per stare meglio non bisogna sacrificare gli altri, ma cercare un proprio equilibrio.


Concludo con una frase di De Mello che secondo me  è una vera e propria perla di saggezza:

"Esperienze gradite rendono piacevole la vita, esperienze dolorose la fanno crescere".

NOTA FINALE: Fino a qualche anno fa Anthony De Mello era uno dei miei scrittori preferiti e devo ammettere che ho attinto molto dalla sua visione di vita per creare il mio universo di valori. La suggestione che avevano su di me i suoi valori mi ha spinto a mettere in pratica alcuni suoi insegnamenti, spesso ci sono riuscito, altre volte no. Non sempre, infatti, riusciamo a vincere, la parte debole di noi e la vita che è un'esperienza meravigliosa,  può dare anche delle  cocenti delusioni, ma credo che alla fine non serva ragliare come un asino; e come dice De Mello "se vogliamo essere felici, possiamo esserlo immediatamente, perché la felicità sta nel momento presente".


"Messaggio per un'aquila che si crede un pollo"  di Anthony De Mello è edito da:


EDIZIONI PIEMME SpA

15033 Casale Monferrato (AL) - Via del Carmine, 5
Tel. 0142/3361     Fax 0142/74233



Ne consiglio vivamente l'acquisto per smettere di essere polli e diventare AQUILE.

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Published by Caiomario - in Libri
22 settembre 2014 1 22 /09 /settembre /2014 04:28

LA POETESSA CHE SI CHIUSE IN UNA STANZA

Emily Dickinson è stata una grande poetessa ma era molto strana, dicono che fosse una donna dalla personalità complessa e che non era capace di comunicare con il mondo esterno, insomma era un'introversa, chissà quali era il motivo per cui presentasse un carattere così difficile; la cosa più strana è che questa poetessa americana non ha mai pubblicato nulla, a parte sette poesie, tutto il resto è stato pubblicato dopo la morte. Non ha avuto insomma la possibilità di "godere" dei diritti d'autore.
Nella sua biografia si legge che ad un certo punto della sua esistenza si chiuse nella sua stanza e visse da reclusa, non ebbe mai alcun contatto con il mondo esterno, rifiutò il contatto con gli uomini,  insomma  non si interessò di nulla a parte la poesia. Mi sono ovviamente fatto una domanda: ma Emily di cosa viveva visto che non lavorava e viveva chiusa in una stanza per tutto il giorno? probabilmente c'era qualche parente stretto, forse il padre che era un deputato al Congresso che pensava a lei. Si tratta ovviamente di curiosità che poco aggiungono o tolgono alle sue poesie.

Nel Natale del 2001 (me lo ricordo perché c'è la dedica con data sulla prima pagina) mi venne regalato un libro intitolato "Tutte le poesie" curato da Marisa Bolgheroni con la traduzione di Silvio Raffo, amando la poesia mi sono dilettato a leggere le poesie di Emily Dickinson nella speranza di cogliere qualche elemento che mi facesse comprendere la sua personalità; francamente non ci sono riuscito e un poco questa "morta" mi turba.
Ho letto, ad esempio, una poesia senza titolo che per catalogarla è stata intitolata "Conosci quel ritratto nella luna" , titolo ricavato dalla prima strofa della poesia.
La poesia è malinconica come tutte le altre contenute nella raccolta, ha un ritmo lento e a tratti spezzettato, l'autrice si rivolge alla luna ma si vede che sta pensando ad un uomo amato, venne respinta? Non si sa, chi era quest'uomo? non lo si capisce, come non si comprende se questo allontanamento fosse dovuto ad una partenza, alla fine dell'amore o a delle incomprensioni. Sta di fatto che dopo aver letto questa brevissima poesia si chiude il libro con molta amarezza.
Probabilmente se io mi rivolgessi alla luna in una notte stellata non avrei niente da dirle, però devo ammettere che Emily Dickinson riesce a comunicare emozioni, si è vero procede per monologhi però è come ascoltare qualcuno da cui non ci si riesce a staccare per educazione.

Il libro non va letto in sequenza, ma semplicemente aperto incominciando a leggere la prima poesia che capita, leggete questi versi:

ll paradiso non è più lontano
della camera accanto -
se in quella camera
un amico attende
felicità o rovina.

Che forza c'è nell'anima
che riesce a sopportare
l'accento di un passo che si appressa -
una porta che si apre.


Che sentimenti vi provoca? Non c'è nessun riferimento temporale, ma quel "passo che si appressa" nella camera accanto, mi turba; c'è molta sofferenza in questa donna,  a me pare un'anima che sembra vagare senza pace e  che trasmette tanta angoscia.

Emily Dickinson morì giovane, aveva solo 46 anni, per l'epoca era una donna alla soglia della vecchiaia, per 23 anni visse una vita solitaria, riservata, fuggendo da tutti, in tutta la sua vita  scrisse 1775 poesie.

Concludo con questi bellissimi versi della triste Emily:

"Portami il tramonto in una tazza
conta le anfore del mattino
le gocce di rugiada
dimmi fin dove arriva il mattino
"

Difficile comprendere fino in fondo questi versi? Sono belli, ma sono enigmatici, misteriosi, difficili da decifrare.

E se l'amato fosse scappato perché Emily era troppo complicata? Chissà può essere anche questo

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Published by Caiomario - in Libri
21 settembre 2014 7 21 /09 /settembre /2014 22:23

Ci sono due libri che hanno caratterizzato un'epoca, quella degli anni '70: "Porci con le ali" di Marco Lombardo Radice e Lidia Ravera e "Padre e padrone" di Gavino Ledda, prima e dopo la loro pubblicazione vi è  un lungo elenco di opere letterarie: diversi capolavori, parecchi libri ordinari e una quantità sterminata di libri che non meritano neppure di essere ricordati.
La differenza che passa tra un best seller e un fenomeno letterario risiede nel fatto che il best seller sta nelle classifiche dei libri per venduti per un periodo più o meno lungo, poi viene dimenticato; il fenomeno letterario, invece, "cannibalizza" tutto  e diventa linguaggio oppure un esempio (buono o cattivo non ha importanza).
"Padre Padrone" è stato ed è un  libro cult perché prima di tutto è un libro autobiografico e racconta una storia aspra e poi per il fatto che ancora  oggi colpisce l'immaginario collettivo la storia di un pastore analfabeta che partendo dall'ovile arriva ad un clamoroso successo letterario al punto che il suo libro venne trasposto su pellicola diventando a sua volta uno dei film più visti degli ultimi decenni.

Ma cosa succede all'autore, Gavino Ledda dopo la pubblicazione di  "Padre e Padrone"? Se il libro che ha portato al successo Gavino Ledda reca come sottotitolo "l'educazione di un pastore", "Dopo Padre e padrone" è la  storia di quella realizzazione  e di di quell'aspirazione che Gavino Ledda espresse con queste parole: "La mia strada per diventare uomo la troverò nello studio. 'E uscirò al più presto da questa palude di sangue venduto dove noi siamo le rane  e i canti sono gli ordini ululati qua e là: concerti di pazzia. I miei compagni sono felici di essere dentro una divisa. E qui tutti ti dicono: io sono un sergente, io sono un capitano. Va bene, io strumentalizzerò questa. Mi pagano e avrò i mezzi per studiare".

Nel libro curato dallo storico  Manlio Brigaglia viene raccontato  tutto quello che accadde dopo il successo letterario di "Padre e padrone", il titolo  completo del libro è: "Gavino Ledda dopo Padre padrone: il libro, il film, la Sardegna". I libro costituisce per il lettore l'occasione per conoscere nei dettagli cosa Gavino Ledda intendesse dire quando scrisse "La mia strada per diventare uomo la troverò nello studio"; e quella che sembrava una semplice aspirazione diventò  "una profezia autoavverantesi" e infatti tutto si realizzò così come Gavino Ledda sperava fin da quando partì per il continente per fare il servizio militare obbligatorio.
 Lo scrittore di Siligo  con una feroce determinazione difficile da riscontrare nelle persone comuni, riuscì a laurearsi  in glottologia fino a diventare assistente di "Filologia romanza e linguistica sarda" presso la facoltà di lettere e filosofia dell'Università degli studi di Cagliari; Manlio Brigaglia racconta nei dettagli la storia di quel periodo successivo alla pubblicazione del  celebre libro fino alla realizzazione del film omonimo prodotto da F.lli Taviani che, nel 1977, vinse la Palma d'oro al Festival di Cannes.
Ciò che ancora sorprende è il percorso di crescita personale intrapreso da Gavino Ledda il quale riuscì ad  entrare nell' Accademia della Crusca, il tempio della lingua italiana; la prestigiosa istituzione agli inizi degli anni '70 era diretta da uno dei più grandi studiosi della lingua italiana, il glottologo e linguista Giacomo Devoto autore di molte libri e del celebre vocabolario utilizzato da migliaia di studenti di ogni ordine e grado.

E' una bella storia quella di Gavino Ledda, ma è anche la metafora di chi si ribella alla schiavitù e fa di tutto per uscire dalla sofferenza, non tutti ci riescono ma alcuni si. Leggendo "Padre e padrone" fui affascinato da quella storia autobiografica, ma mi mancava il dopo, il libro ha colmato questa mia lacuna facendo conoscere molti dettagli che contribuiscono  a far conoscere l'uomo Gavino Ledda il quale dimostrò una capacità di resistere alla sofferenza  tipica di tutti gli uomini che hanno un carattere forte e determinato.

Anche il rapporto conflittuale che Gavino Ledda ebbe con il padre durante gli anni della sua infanzia e della sua giovinezza, negli anni della maturità venne letto in modo diverso dallo scrittore di Siligo; il rapporto con la sua terra si trasformò in un riscatto individuale che fu anche riscatto di una comunità e che gli permise manifestare senza reticenze il proprio amore verso la Sardegna e il forte attaccamento alle proprie origini, attaccamento che in realtà non venne mai scalfito e che è stato sempre vissuto con fierezza.

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