Overblog
Segui questo blog Administration + Create my blog
12 settembre 2014 5 12 /09 /settembre /2014 09:37

Ho letto qualche anno fa "Il padrino" di Mario Puzo, è stata una scoperta non solo letteraria ma anche di un fenomeno che ha inciso nell'immaginario collettivo molto più di quanto si potrebbe pensare, a seguire ho letto "I diari del padrino" e "Mamma Lucia", quest'ultimo libro è stato definito dal "New York Times" un "piccolo classico" anche se è una delle opere meno conosciute dello scrittore italo-americano.
"Il siciliano" è un libro meno noto rispetto a "Il padrino" ma è altrettanto appassionante, ancora una volta nei romanzi di Puzo si  può riconoscere la sua grande esperienza "cinematografica" che lo ha portato ad elaborare libri che possono essere definiti una sorta di canovaccio per le storie da trasporre in pellicola. È un libro avvincente che  tocca temi delicati come quello del sogno separatista delle genti siciliane e del brigantismo, solo un romanziere d'eccezione come Mario Puzo poteva affrontarlo senza creare imbarazzo.



L'AUTORE

Come ha raccontato lo stesso Mario Puzo, la sua origine è stata nel "cuore del ghetto dei napoletani di New York". Da ragazzo è costretto dalle necessità economiche a cercare un lavoro, lo trova nella ferrovia e contribuisce al mantenimento della famiglia. Dopo aver vissuto la sua infanzia e la prima giovinezza nell'ambiente degli immigranti italiani, decide di allontanarsi dalla famiglia d'origine per fare l'artista e lo scrittore, non ha subito successo. Dopo la guerra trova impiego in un ufficio statale e continua con ostinata convinzione a coltivare l'idea di diventare autore di libri.
Ma passeranno degli anni prima che il successo gli si mostri favorevole, il trionfo arriverà nel 1969 con "The Godfather" (Il padrino) che gli permetterà di entrare nella Camelot letteraria americana. La notorietà arriva però con la trasposizione cinematografica de "Il padrino", Francis Ford Coppola impegò tre settimane per realizzare la sceneggiatura di uno dei film più famosi di tutta la storia del cinema.

La frase di Mario Puzo  più ripetuta: "Un avvocato con le sue scartoffie può rubare più di mille uomini con la pistola".

Una delle accuse che venne rivolta a Mario Puzo è stata quella di avere avuto rapporti con la mafia, un'accusa dimostratasi infondata, nonostante i numerosi libri dedicati alla mafia.  I libri di Puzo dedicati a Cosa Nostra sono: The Godfather (1969), The Sicilian (1984),The Last Don (1996) Omertà (2000).

 LA TRAMA (IN BREVE)

Nel libro l'autore racconta la latitanza in Sicilia di Michael Corleone, il boss mafioso si è rifugiato nella terra d'origine contando sulle protezioni delle famiglie di Cosa Nostra, qui incontra Salvatore Guiliano (il nome è stato volutamente "storpiato" e si riferisce a  Salvatore Giuliano), il famoso bandito siciliano che ebbe contiguità con le organizzazioni mafiose. L'obiettivo di Michael Corleone è quello di salvare Salvatore Guiliano e di portarlo negli Stati Uniti. La storia raccontata da Puzo è anche la storia delle origini della famiglia Corleone e quella del sogno separatista delle genti siciliane che alla fine appaiono sconfitte strette tra uno Stato di polizia e il ricatto della mafia.


L'ANGOLO PERSONALE

Puzo con la sua solita maestria riesce a far appassionare il lettore che si trova dinanzi ad una trama di una storia romanzata e mitizzata della figura del bandito siciliano; nonostante le numerose "licenze letterarie" , il romanzo è avvincente sin dalle prime battute, la tensione si mantiene alta nel corso delle quasi 500 pagine.
Non esiste in realtà un protagonista unico, il protagonista è l'ambiente delle cosche siciliane, i consigliori e le figure maschili "scioviniste".
La capacità di Puzo sta nel presentare il banditismo siciliano come un brigantismo romantico che indulge nella nostalgia, una nostalgia cinica e sbilanciata verso il un romanticismo di maniera lontano dalla verità storica.
La figura di Guiliano (Giuliano) non era ovviamente quella di un "brav'uomo" ma a distanza di 52 anni rimangono del tutte irrisolti gli interrogativi circa i rapporti di Giuliano con la politica locale siciliana e  con le cosche mafiose.
Lo scopo di Puzo non è quello di scoprire la verità su fatti che ancora oggi rimangono immersi nel mistero ma di raccontare una storia con dei personaggi con i loro pensieri, le loro ambizioni e i loro crimini; dal racconto emerge anche tutta la problematica della questione meridionale che è stata ed è anche una questione culturale.
 La mitizzazione di quel mondo da parte di Puzo è la stessa fatta da molti connazionali siculo-americani e lo stesso Puzo ebbe ad osservare che il retroterra culturale di quel mondo criminoso era da rinvenire nei valori condivisi e convissuti di una massa di italiani che non smetteva mai di maledire l'Italia ma che nel contempo era gelosa delle proprie tradizioni.
Tradizione, omertà e superstizioni religiose finiscono col  creare un brodo di cultura che Puzo descrive con maestria e lì che è nata la mafia. Ecco l'abilità di Puzo: presentare una realtà imbarazzante facendo comprendere i meccanismi del pensiero che sta all'origine del pensiero mafioso.
Se quindi i poveri che erano stati poveri per secoli avevano ereditato povertà, ignoranza e disperazione anche i figli di quella povertà come Salvatore Giuliano vengono ammantati di un'aura di dignità nonostante l'attività criminosa. Al di là del giudizio storico sul personaggio di Giuliano, va comunque  riconosciuto a Puzo di essere riuscito nell'operazione letteraria.


Consiglio la lettura de "Il siciliano", un libro avvincente scritto da un grande maestro della letteratura contemporanea.


SCHEDA DEL LIBRO

Autore: Mario Puzo
Titolo: Il siciliano
Trad. di G. Pilone-Colombo
Anno di pubblicazione: 1995
Editore: Tea Libri
Pagine: 486
Prezzo: 7,75
ISBN 88-7819-730-0

Condividi post
Repost0
Published by Caiomario - in Libri
2 settembre 2014 2 02 /09 /settembre /2014 09:25

Il Papalagi abita come la conchiglia di mare in un guscio sicuro. Vive in mezzo alle pietre, come la scoloprenda tra le fessure della lava. Le pietre sono tutte intorno a lui, al suo fianco e sopra di lui. La sua capanna è simile a un vero e proprio cassone di pietra. Un cassone con molti ripiani tutto sforacchiato. Il Papalagi passa dunque la sua vita tra questi cassoni. Ora in questo, ora in que cassone a seconda del momento della giornata e dell'ora. Questi cassoni di pietra a loro volta stanno numerosi l'uno addosso all'altro, non li separa nessun albero, nessun cespuglio, stanno come le persone, gomito a gomito, e in ognuno vivono tanti Papalagi quanti in un villaggio delle Samoa. A un tiro di pietra, sulla parte opposta, c'è un'identica fila di cassoni di pietra, di nuovo gomito a gomito, e anche questi sono abitati. E così tra due file c'è una stretta fessura che il Papalagi chiama « strada ». Questa fessura è spesso lunga quanto un fiume ed è ricoperta con due pietre. Qui sono costruite gigantesche scatole di vetro, nelle quali sono disposte tutte le cose di cui un Papalagi ha bisogno per vivere. I cassoni di pietra con tanta gente, le alte fessure di pietra, che scorrono da una parte all'altra come mille fiumi, la gente all'interno, i rumori e gli strepiti, e la sabbia nera e il fumo che tutto ricopre, senza un albero, senza l'azzurro del cielo, senza l'aria limpida e le nuvole - tutto è quel che il Papalagi chiama « città »

Tuiavii Di Tiavea

Condividi post
Repost0
Published by Caiomario - in Libri
14 agosto 2014 4 14 /08 /agosto /2014 07:59

Crimini di guerra. Quello che tutti dovrebbero sapere è un libro curato da Roy Gutman e da David Rieff, pubblicato nel 1999. Il libro tratta dei crimini di guerra un argomento che rimane purtroppo di stretta attualità in un periodo come quello del secondo millennio dove si assiste ad una accellerazione dei conflitti che sfociano in vere e proprie guerre dove si fronteggiano non solo eserciti nel senso tradizionale del termine ma anche milizie armate che costituisono un vero e proprio stato nello stato. Gli autori esaminano sotto il profilo storico come il diritto internazionale si sia evoluto a partire dalla fine della Seconda Guerra Mondiale quando con il processo di Norimberga i vincitori chiamarono gli sconfitti a rispondere dell'accusa di crimini di guerra. La linea di demarcazione del modo di concepire la guerra tra il passato e il presente è stato proprio il processo di Norimberga a partire dal quale emerse l'esigenza di dare delle regole di comportamento che evitassero stragi di civili e deportazioni di massa, purtroppo coloro i quali giudicarono a loro volta si macchiarono di crimini di guerra che vennero giustificati come il male minore rispetto al male assoluto rappresentato dall'ideologia nazionalsocialista. L'esigenza di avere un diritto internazionale condiviso da tutti gli stati rimane solo una pia intenzione, di fatto dal 1945 in poi sono stati migliaia i casi accertati di crimini contro l'umanità nei confronti dei quali la comunità internazionale rimane del tutto impotente, Se riflettiamo su concetti come "Pulizia etnica", "Armi di distruzione di massa", "Genocidio" rimaniamo disorientati davanti all'asimmetrico trattamento riservato agli attori di tragedie che non possono assolutamente giustificate ricorrendo a concetti come il diritto di difesa o di diritto di guerra. Quando poi la risposta per presunti o reali atti di ostilità armata nei confronti di ostilità diventa sproporzionata coinvolgendo la popolazione civile, l'esigenza di avere un Tribunale Internazionale credibile segnerebbe definitivamente il superamento della logica di Norimberga e del giustificazionismo ad oltranza riservato ad alcuni stati che continuano a violare qualsiasi norma del diritto internazionale. Di diritto internazionale parlano tutti a proposito e a sproposito, dimostrazione che quello che contano sono i rapporti di forza tra gli Stati, sembra che ciò che conta è la parola "differenziare" pur di non affrontare questioni intricatissime e allora il modo migliore per contrastare l'ipocrisia diffusa è quella di documentare, denunciare fatti ed eventi in modo che sia l'opinione pubblica mondiale a giudicare e a condannare i responsabili dei crimini contro l'umanità. Questo è quanto suggeriscono gli autori, questa è l'unica strada percorribile soprattutto quando il nebuloso sogno di un Tribunale Internazionale penale continua a rimanere una chimera.

.

Condividi post
Repost0
Published by Caiomario - in Libri
13 agosto 2014 3 13 /08 /agosto /2014 20:18

Rispondo alle numerose sollecitazioni circa la reperibilità delle opere di Beppe Fenoglio, opere  le cui recensioni sono presenti su questo blog. Non esistendo un'indicazione esaustiva sulle edizioni dei libri scritti da Fenoglio, ritengo opportuno dare alcune indicazioni bibliografiche che ritorneranno molto utili a tutti coloro che vogliono avvicinarsi ai romanzi dell'autore di Alba.
"Romanzi e racconti''  è l'opera omnia che contiene quasi tutti i libri scritti da Beppe Fenoglio, considerando che i singoli volumetti da acquistare sono circa una decina, è preferibile indirizzarsi su questo volume edito da Einaudi Gallimard; si tratta di un volume pubblicato nel 2001 che contiene i seguenti racconti:

 

  •  I ventitrè giorni della città di Alba;
  • La malora;
  • Un giorno di fuoco (racconti del parentado);
  • Primavera di bellezza;
  • Il partigiano Johnny;
  • L'imboscata;
  • Una questione privata;
  •  I penultimi;
  • Gli altri racconti;
  • Appunti partigiani '44-'45.


LA QUESTIONE FILOLOGICA

Nella parte iniziale del libro si trova un capitolo introduttivo intitolato "La lingua del partigiano "Jonnhy"", in cui vengono analizzate le questioni filologiche che nascono dal tipo di linguaggio usato da Fenoglio nella cui opera si trovano numerose frasi in inglese, parole e frasi dialettali, nonché  numerosi "neologismi"; ad esempio Fenoglio usa termini come "inapparire" , "aselettiva" ma anche aggettivi inventati di sana pianta come "tigresco" quando si riferisce all'umore; l'elenco delle "parole nuove" create da Fenoglio è molto lungo, ma è proprio questa la caratteristica dello stile letterario di Fenoglio che non a torto è stato definito una forma di espressionismo inserita entro i canoni del classicismo. Per il lettore dell'opera fenogliana  si tratta quindi di  essere introdotto all'interno della struttura composita del romanzo prima di iniziare una lettura a capofitto in cui si rischia di perdere proprio la ricchezza della varietà delle forme linguistiche utilizzate.

Esempio: "Una battaglia è una cosa terribile. dopo ti fa dire, come a certe puerpere primipare: mai più, no mai più".

ITINERARIO FENOGLIANO

È un altro capitolo interessante per chi si voglia avvicinare all'opera di Fenoglio, una guida ragionata sui luoghi in cui vennero ambientati i romanzi in cui sono presenti delle immagini fisiche dei paesaggi delle Langhe dove si muovono personaggi come Milton, Giorgio, Jonnhy, Ettore, Fulvia, il capitano Zucca, il tenente Biondo ecc ecc.
Fra descrizione e racconto è costante la presenza dei luoghi della memoria in cui Beppe Fenoglio crebbe ( si veda quanto già da me scritto a proposito del racconto "La malora").

CRONOLOGIA

La vicenda della datazione delle opere di Fenoglio ha sollevato non molti problemi, in quanto alcune opere sono state prima pubblicate in una prima versione, poi successivamente hanno subito una revisione; ad esempio "Primavera di bellezza" venne pubblicata per la prima volta da Garzanti nel 1959, ma è presente anche una versione all'interno de "Il partigiano Jonnhy". Secondo alcuni critici infatti esisterebbe una versione de "Il partigiano Jonnhy" scritta nell'immediato dopoguerra, intorno al 1946/47 da cui sarebbe stato estratto poi del materiale utilizzato per la redazione de "La primavera di bellezza".


BIBLIOGRAFIA A CURA DI BARBARA COLLI

L'apparato bibliografico è molto ricco, è sicuramente molto utile per chi ha necessità di fare degli studi approfonditi sull'opera fenogliana; prima di "Romanzi e racconti" facente parte de "La biblioteca della Pleiade" sempre per le edizioni Einaudi è uscito "Opere di Fenoglio" una delle migliori edizioni critiche mai pubblicate prima su Fenoglio  diretta da M.Corti e curata da M.A. Grignani, P.Tomasoni, R.Cuzzoni, C. Sanfilippo.




Per completezza, apparato critico, indicazioni bibliografiche e  numero di racconti contenuti "Romanzi e racconti" edito da Einaudi Gallimard è una delle opere più importanti per conoscere Beppe Fenoglio. Particolarmente consigliata a tutti coloro che amano Fenoglio e a studenti che devono preparare una tesi di laurea sulle sue opere.

Condividi post
Repost0
Published by Caiomario - in Libri
7 agosto 2014 4 07 /08 /agosto /2014 05:34

Robert Louis Stevenson deve la sua notorietà presso il grande pubblico in gran parte a due opere: Treasure Island (L'isola del tesoro) e The Strange Case of Dr. Jekill and Mr. Hyde (Lo strano caso del dottor Jekill e e del Signor Hide), entrambe le opere sono dei classici che resistono all'usura del tempo ma vi è anche una parte sostanziosa della sua produzione letteraria e poetica meno nota che merita di essere scoperta ed apprezzata. Stevenson si è cimentato nel genere horror con risultati sorprendenti. Quantunque il titolo di maestro del genere sia stato universalmente attribuito ad Edgard Allan Poe, Stevenson ci ha lasciato dei bellissimi racconti del terrore che dimostrano la sua grande abilità di creatore di storie capace di tenere accesa la curiosità del lettore.

Il diavolo nella bottiglia è un racconto che forse non spicca per orignalità, visto che il tema dell'anima venduta al diavolo è una costante che da Goethe in poi ritroviamo nella letteratura di ogni tempo, ma il contesto in cui si sviluppa la storia è coinvolgente. Stevenson riesce a penetrare nell'intimità più profonda dell'uomo sempre in bilico tra l'attaccamento ai beni terreni e il desiderio di volare alto oltre l'egoismo e i propri limitati bisogni. Tutta la storia ruota intorno ad una bottiglia all'interno della quale vi è il diavolo tentatore, il possessore della bottiglia, proprio grazie a questa, può appagare ogni proprio desiderio materiale : fama, ricchezza e benessere sono a portata di mano ma la condizione per ottenere tutto questo non è a titolo gratuito: una volta morto, il malcapitato finirà dritto dritto all'inferno. Se dopo la vita questa è la fine che spetta al possessore della bottiglia maledetta, anche quando egli è in vita dovrà lottare contro le insidie e gli inganni del demonio. Che l'uomo sia disposto a vendere l'anima al diavolo pur di ottenere bellezza, gloria e beni materiali fa parte dell'ordine delle cose ed è forte la tentazione di esprimere propositi moralistici sulla propensione al bene e sul rigetto del male. C'è tuttavia un altro punto che spesso sottovalutiamo quando commettiamo l'imprudenza di firmare una cambiale in bianco pur di ottenere qualcosa: il senso di rimorso che ci impedirà di godere fino in fondo quel che abbiamo ottenuto. Stevenson sa toccare i punti più profondi dell'animo umano e lo fa con uno stile umoristico e mai greve che riesce però a far breccia nel lettore che inavvertitamente, pagina dopo pagina, viene toccato nella sua coscienza e nelle sue debolezze.

.

Condividi post
Repost0
Published by Caiomario - in Libri
7 agosto 2014 4 07 /08 /agosto /2014 04:29

I VIAGGI NEI TEMPI MODERNI

I tempi moderni, nonostante tutto, sono caratterizzati da una disposizione benevola da parte del pubblico verso i viaggi anche se l'organizzazione della nostra società sembra non lasciare alcun spazio all'immaginario romantico del viaggio come momento di scoperta quasi fosse una condizione oggettiva dalla quale non si può tornare indietro in quanto tutto quello che c'era da esplorare è stato già in buona parte scoperto. Rimangono i fondi degli oceani ma nel resto del mondo c'è sempre qualcuno che è già arrivato per primo!
 Eppure nonostante questo dato di fatto, ogni viaggio può essere anche oggi una continua scoperta se viene vissuto come una condizione esistenziale personale perché ogni cosa è nuova per chi non l'ha mai vissuta.

La mia premessa iniziale è necessaria per presentarvi un libro "gustosissimo" intitolato "Era meglio non partire" che ho letto con divertimento ed interesse e che inevitabilmente mi ha portato a fare una comparazione con il modo odierno di vivere il viaggio inteso come spostamento dalla propri residenza ad altro luogo. Il raffronto  coll'oggi è inevitabile anche se sono consapevole del fatto che gli uomini e le donne  che vissero quelle situazioni di disagio (per quanto siano meticolosamente raccontate) sono lontanissimi dalla nostra mentalità che non sa più affrontare la casualità degli eventi. Forse per il nostro bene e delle generazioni che verranno, dovremmo riappropriarci di quello spazio vacuo ed incerto che rende la vita un'esperienza unica ed originale che vale la pena di essere vissuta.

LA SCOPERTA DEL VIAGGIATORE

Il viaggio come lo viviamo noi oggi non ha niente a che fare con il modo in cui era vissuto dai viaggiatori del Settecento e dell'Ottocento, eppure la nostra propensione alla scoperta è la medesima  di quella degli antichi viaggiatori anche se gli itinerari che affrontiamo sono  in linea di massima comodi rispetto a quelli che venivano intrapresi in passato; le situazioni di viaggio che  poi ci troviamo ad affrontare sono abbastanza piatte a meno che non accadano degli imprevisti. Ma avete mai pensato che cosa fosse intraprendere un viaggio in un'epoca in cui i mezzi di trasporto erano lenti, avvenivano o a piedi o in carrozza ed era impossibile comunicare con le persone che si trovavano lontane?
Avete mai pensato che cosa significasse non trovare per centinaia di chilometri un punto di ristoro e non potersi cambiare o  non poter andare in bagno?  Provate ad immaginare quelle condizioni davvero estreme e arriverete alla conclusione che "era meglio non partire"...eppure  gli uomini e le donne di allora partivano ed andavano ovunque a costo di vivere grandissimi disagi e di rischiare anche la pelle!!
La figura del viaggiatore non è una scoperta moderna, l'uomo ha sempre viaggiato e si è spostato sin dalla notte dei tempi, pensate ai viaggi di Marco Polo e ancora prima a quelli che facevano i Romani quando andavano a conquistare terre lontane dall'Urbe, ma se riflette bene su quei viaggi vi renderete conto che quei viaggi avvenivano per ragioni diverse dalle nostre: i viaggi erano mercantili, di pellegrinaggio, di conquista, di studio e di scoperta di luoghi inesplorati mai di piacere!
Solo nel '700 nasce il viaggio inteso in senso moderno visto come momento di formazione e in concomitanza con questo modo di vivere il viaggio nascono anche i romanzi in cui si racconta l'ansia esploratrice e di scoperta che animava l'uomo moderno che trova la sua emblematica rappresentazione nel viaggio di Robinson narrato magnificamente da Daniel Defoe. Poi l'uomo ha incominciato a scoprire il viaggio come momento di relax anche se le circostanze vissute per raggiungere i luoghi di destinazione non erano certe confortevoli. Tutt'altro!

Il Robinson Crusoe (titolo completo "La vita e le straordinarie, sorprendenti avventure di Robinson Crusoe") è un romanzo molto più complesso di quanto si possa pensare, una lettura veloce e superficiale non permette di cogliere tutti gli aspetti che implicitamente ed esplicitamente sono affrontati dall'autore a partire dal modo in cui l'uomo borghese del '700 viveva la conquista e l'esplorazione di terre sconosciute e di come questo modo di vivere abbia avuto delle implicazioni fortissime nelle nascenti critiche che incominciavano a mettere in discussione il primato della cultura europea nei confronti delle culture.
Sulle opere degli intellettuali e degli scrittori del '700 è stato detto molto ma non tutto, mentre poco conosciute sono le relazioni di viaggio scritte da persone reali che si trovarono a vivere delle esperienze vere la cui conoscenza è per noi motivo di riflessione.

IL LIBRO

Nel libro sono presenti 30 report che fanno esplicito riferimento alle situazioni più disparate incontrate in occasione di viaggi intrapresi  dagli autori verso terre lontane, ma al di là dell'interesse per l'aspetto narrativo del diario, quello che certamente mi pare più stimolante è conoscere gli scenari raccontati da quei viaggiatori a cui non mancava di certo un giudizio spregiudicato nei confronti di culture diverse dalla loro. Le riflessioni scritte sulle situazioni che quei viaggiatori vissero possono essere lette dal punto di vista ideologico ma prima di ragionare su questo aspetto, vorrei fare un riferimento a quanto dicevo nelle righe precedenti e che riguarda gli scenari incontrati: le condizioni delle strade erano pessime, era facile imbattersi in pericoli improvvisi che potevano anche avere degli esiti drammatici, il pericolo di essere rapinati era altissimo e i mezzi  più veloci impiegati per trasferirsi erano esclusivamente a trazione animale.

Ciò che più mi ha colpito del libro e che in un certo qual modo ha rappresentato per me una novità è la presenza di molte testimonianze di viaggio scritte da donne che appartenevano ad una classe sociale elevata come ad esempio Isabel Burton moglie di Sir Richard Francis Burton, uno degli esploratori e studiosi di etnologia più importanti dell'800; Isabel Burton è stata una figura di donna intellettuale sui generis, dinamica, vivace, osservatrice della realtà, amante dell'Italia dei suoi paesaggi e della sua cultura, pronta a seguire il marito in viaggi avventurosi dove non si aveva alcuna certezza ad arrivare a destinazione.

Nel libro troviamo un brano tratto dall'opera "In viaggio con un asino" (si trova anche la traduzione "In viaggio con l'asino" ma non è corretta in quanto il titolo originale è "Travels with a donkey" letteralmente andrebbe tradotta "Viaggi con un asino") dello scrittore inglese Robert Louis Stevenson noto ai più per avere scritto "L'isola del tesoro" ; la storia raccontata da Stevenson è stata da lui vissuta personalmente negli Stati Uniti che aveva raggiunto dall'Europa con un bastimento (già questo particolare fa capire  che cosa significasse un viaggio transoceanico a bordo di navi maleodoranti e poco sicure), da qui decise di raggiungere con mezzi di fortuna la California per ricongiungersi con una donna di nome Fanny con la quale poi si unirà in matrimonio.
Se una critica può essere mossa al libro riguarda il fatto che il taglio antologico pur funzionale allo spirito dell'argomento trattato, non permette di conoscere altri aspetti  come ad esempio la biografia degli autori che comunque il lettore potrà conoscere attraverso una ricerca personale.

CONSIGLIATO A TUTTI E IN PARTICOLARI A QUELLI DELLA VACANZA DEL TUTTO COMPRESO

Concludendo queste brevi note,  consiglio la lettura del libro, ne esistono moltissimi libri del genere narrativa di viaggio, questo invece, grazie alla scelta dei testi, ci dà uno spaccato di come il viaggio era vissuto in un recente periodo quando la sua fruizione era favorita anche da eventi nuovi; non lo definirei un libro impegnato ma  la sua lettura è utilissima a chi oggi cerca la vacanza del tutto compreso e tornando magari si lamenta della spiaggia che era troppo lontana dall'albergo in cui alloggiava.


SCHEDA DEL LIBRO

Titolo:Era meglio non partire
Autore: AA.VV.
Editore: Archinto
Anno di pubblicazione: 2007
Pagine: 160

____________________________________________________________________________



Chissà come se la sarebbero cavata all'ora i tanti personaggi che oggi  pretendono di insegnarci  come si sopravvive in condizioni estreme, quelle raccontate nel libro lo erano veramente e non c'era il trucco!!!

Condividi post
Repost0
Published by Caiomario - in Libri
6 agosto 2014 3 06 /08 /agosto /2014 04:25

Esopo è l'autore delle più celebri favole di ogni tempo, a lui si sono ispirati Fedro e La Fontaine, la sua fama era tale che le sue favole erano già note nell'antica Grecia. Ne conosciamo circa 400 (anche se non nella versione originale), sono tutte caratterizzate dalla brevità e dalla chiarezza dell'esposizione, in genere i protagonisti sono sempre gli animali che si comportano come gli uomini; l'intento di Esopo è di tipo moralistico: usa la favola per condannare o esaltare le abitudini degli uomini.
Esopo è citato anche da Aristofane e Platone che gli attribuirono  un "corpus" di favole che  loro stessi tenevano in grande considerazione proprio per il valore etico che le stesse rappresentavano e per i valori positivi che trasmettevano.
La raccolta che noi conosciamo con il titolo di "Favole di Esopo" è pervenuta sino a noi grazie ai copisti bizantini, si tratta di favole scritte in greco ellenistico e non nel dialetto ionico parlato da Esopo, è quindi probabile che rispetto alle favole originali siano state inserite delle "corruzioni" ad uso e consumo dei compilatori.
 
Uno dei libri che conservo nella mia libreria è  "Favole di Esopo" edito da Bompiani nel 1998, nel testo sono contenute comunque una parte delle favole, quelle più rappresentative e solo in parte note. Essendo impossibile in questo spazio commentare tutte le favole ne ho scelto una tra le tante,  quella che ho imparato a memoria, ecco il testo:

L'ASINO CHE PORTAVA IL SALE

"Un asino carico di sale traversava un fiume. Scivolò e cascò
nell'acqua, dove il sale si sciolse. così, quando si rialzò si sentì più
leggero. Lieto di questo caso, un'altra volta che era carico di spugne,
giunto vicino a un fiume, pensò che, se si fosse lasciato cadere, si
sarebbe di novo risollevato, più leggero; e così a bella posta scivolò
giù. Sennonchè, avvenne che le spugne s'imbevvero di acqua, ed esso,
incapace di rialzarsi morì affogato.
In modo simile, alcuni precipitano nei guai senza avvedersene, proprio in grazia dei loro maneggi".

(Favola tratta dall'opera)

Questa è una favola splendida, intanto è breve, poi è chiara, la possono comprendere tutti sia i presuntuosi che gli umili. L'asino in effetti escogita un metodo valido per fare meno fatica, ma purtroppo si tratta di uno stratagemma che non funzionava in ogni occasione e alla fine  proprio quell'espediente lo porterà alla morte.
A chi è rivolta questa favola breve? A tutti noi in modo tale che nessuno decida di sottrarsi ai propri impegni con dei trucchi perché sempre alla fine si rimane vittima dei propri inganni.
Nella favola sono presenti due episodi distinti, l'avvenimento quindi si svolge in due tempi dove il protagonista è sempre lo stesso ma è la conclusione che è differente. Anche in altre favole Esopo utilizza lo stesso metodo contrapponendo due situazioni antitetiche.

LE FAVOLE DA CONOSCERE

* Per chi è pauroso consiglio la lettura de "Il capretto e il lupo";
* Per chi è litigioso suggerisco "Il corvo ammalato";
* Chi voglia invece comprendere il valore dell'indulgenza legga "Le due
bisacce";
* Chi non si accontenta mai di niente legga "La gallina dalle uova d'oro";

e poi........

* "Il lupo e la vecchia", la favola dell'incoerenza diretta a tutti coloro che predicano bene e razzolano male;
* "La volpe con la coda mozzata" indirizzata a coloro che danno consigli che nascondono altri fini.

Infine "Il gatto e i topi" la cui morale è la seguente: gli uomini accorti e dotati di saggezza quando hanno subito la malvagità di qualcuno fanno  come i topi nei confronti del gatto, non si lasciano più ingannare dalle su ipocrisie e dai suoi tranelli.....

... e tante altre ancora.

"Il topo -dice Esopo- non si avvicinerebbe al gatto, neppure se fosse morto e dalla sua pelle fosse stato ricavato un sacco".

Condividi post
Repost0
Published by Caiomario - in Libri
31 luglio 2014 4 31 /07 /luglio /2014 18:06

BRILLANTE, NONOSTANTE KAFKA


Il libro di Isaac Bashevis Singer intitolato "Un amico di Kafka" poco c'entra con Kafka e dico meno male perché la lettura delle opere di Kafka è un'impresa da "volenterosi".
Dopo aver letto "Il castello" ho capito quanto possa essere complesso il cervello umano e come sia facile perdersi nei meandri della mente. È facile entrare nel gioco delle sovrapposizioni visionarie e soprattutto per un lettore "ingenuo" non è agevole districarsi in un labirinto in cui perdere il bandolo della matassa è quasi una certezza. Ma anche il lettore più accorto nel migliore dei casi, pur non perdendosi, rischia di annoiarsi nell'affrontare delle pagine che sembrano essere complicate anche per i più preparati.
Insomma un titolo come "Un amico di Kafka" rischia di essere evitato proprio perché il nome dello scrittore/pensatore praghese segna una rottura con la letteratura di evasione ma anche con quella sperimentale che per lo meno rappresenta una novità piacevole da affrontare anche nei momenti di "depressione" (vedi tutti i futuristi).

Nonostante questo mio pregiudizio (mai averlo quando si deve affrontare un nuovo autore!) ho trovato "Un amico di Kafka" un libro piacevole e vitale dove la creatività e l'inventiva del personaggio/autore evita (grazie Isaac B. Singer) ogni complessa concettualizzazione.
Tuttavia nonostante la trama si sviluppi lungo un equivoco che accompagna tutta la narrazione (far credere di essere amico di Kafka) è inevitabile trovare tutta quell'atmosfera yiddish che caratterizza gli ambienti delle comunità ebraiche dell'Europa dell'Est.

Ed è proprio in questa specificità culturale che va inquadrato il romanzo di Isaac B.Singer che possiede l'ironia tipica dell'ebreo polacco che pur avendo vissuto drammi generazionali tremendi, ha saputo non rimanere prigioniero del passato (pur non dimenticandolo).
Il protagonista del libro è una persona "fallita" (suo malgrado) che per darsi delle arie va a raccontare di essere stato amico di Franz Kafka e grazie alle sue doti di recitazione dovute alla sua attività di attore di teatro riesce a convincere i suoi interlocutori.
Isaac B. Singer riesce a far convivere con una forte tensione esistenziale-etico-politica sia la dimensione privata che quella psichica e corporale ( in questo senso, ma solo in questo senso c'è molto Kafka).
La lettura del libro è anche un invito a percorrere tempi diversi del secolo passato in cui emerge un dolore politico e letterario in cui Isaac B.Singer dimostra di essere consapevole della schizofrenia e dello straniamento che attraversa tutta l'umanità.
Potrebbe sembrare ovvio ma non è mai inutile sottolinearlo che molte interpretazioni su "Un amico di Kafka", mettono in evidenza la centralità del protagonista, l'espediente dell'autore è però sempre oggettivamente allusivo, a tratti surrealista e B. Singer lungo tutta la narrazione dimostra sempre la volontà di associare alla negazione della realtà presente un'alternativa "forte" che recuperi i valori della tradizione.
In questo senso l'energia negatrice (e svalutatrice) del presente diventa "attuale" per ogni lettore che riesce a mettere a nudo e criticare la sua realtà, quella che vive in modo specifico.
Possiamo definire senza cadere nell'enfasi "Un amico di Kafka" un'opera poematica evocativa, un affresco di una realtà in cui sono presenti una pluralità di voci che fanno sorridere grazie alla sottile ironia che Isaac Bashevis Singer riesce a trasmettere con la sua scrittura.
Al di là di ogni valutazione morale, il libro si può definire kafkiano nel senso che continua quella tradizione iniziata dallo scrittore praghese, ma Isaac Bashevis Singer (a mio parere) supera il maestro perché riesce a normalizzare i sentimenti e a sorridere sull'alienazione che colpisce ogni individuo.

A differenza di Kafka l'autore non scade mai in descrizioni patetiche che sfociano nel patologico se non addirittura nello "psichiatrico" anzi con l'ironia sembra prendersi beffe di quei meccanismi che spingono l'individuo a ricorrere a degli espedienti che sono l'essenza stessa della vita pratica.
Senza ricorrere a una chiave di lettura junghiana e freudiana  del racconto non si può fare a meno di andare oltre al terreno delle parole per cercare di comprendere il meccanismo che governa i comportamenti umani; spesso siamo soliti connotare come "finzioni" o "capricci" tutto ciò che la fantasia umana inventa per sopravvivere, in molti casi la bugia può diventare un meccanismo che aiuta a vivere e a superare momenti di difficoltà, altre volte è causata dalle circostanze, ma la la cosa fondamentale è sapere distinguere la finzione che non reca danno al prossimo dalla menzogna che danneggia in modo irreparabile le persone con le quali si entra in relazione.
In questi due ordini di realtà (finzione e pratica) il confine tra reticenza ed espediente (utile alla sopravvivenza) è molto labile, l'importante è saper distinguere la terminologia degli altri e Isaac B. Singer riesce a chiarire questo confine.
A volte il racconto può sembrare aggrovigliato, ma è solo un'impressione, l'autore riesce a garantire la quadratura dei periodi dando una dimostrazione di una grande capacità dai "raccontatore", quella che solo i premi Nobel per la letteratura come Isaac B. Singer  hanno.

Lettura consigliata, consiglio inoltre la lettura de "Il mago di Lublino", un'altra bellissima opera di Isaac B. Singer da scoprire e gustare!

Condividi post
Repost0
Published by Caiomario - in Libri
29 luglio 2014 2 29 /07 /luglio /2014 06:39

SCRITTRICE PER CASO O PER FORTUNA QUANDO HENRY MILLER RINUNCIÒ AL'INCARICO

Si racconta che un anonimo collezionista di libri diede l'incarico ad Henry Miller di scrivere dei libri che avessero come argomento il piacere erotico, lo scrittore americano declinò l'invito e passò l'incarico alla sua amica Anaïs Nin che più tardi raccontò come arrivò ad elaborare i suoi libri scandalosi diventati del classici della letteratura erotica.
Riporto il riferimento testuale che si trova nel libro pubblicato per l' "Espresso" nell'ottobre 1990:

"Passavo i giorni in biblioteca a studiare il Kama Sutra, ascoltavo le avventure più spinte degli amici....Tutte le mattine, dopo colazione, mi sedevo a scrivere la mia dose di pornografia..."

Immaginate una bellissima ragazza con l'inclinazione per la scrittura che appena sveglia ha bisogno della sua dose di pornografia e pensate che da questo suo stato di permanente eccitazione sono nati dei libri che non solo hanno avuto il consenso del pubblico (ma questo era immaginabile) ma anche della critica più dotta e più schizzinosa.

Il libro è stato pubblicato la prima volta nel 1969, l'edizione speciale in mio possesso riservata ai lettori dell' "Espresso"  nel momento in cui l'ho acquistata era arrivata al numero XI, se si tiene conto che la prima edizione italiana è stata pubblicata nel 1978, l'editore ha provveduto a ristampare un'edizione all'anno, le numerose edizioni succedutesi sono l'ennesima  dimostrazione di un fenomeno editoriale tra i più longevi  e del riscontro favorevole da parte del pubblico.
Anaïs Nin è stata un autrice apprezzata nel "panorama della letteratura internazionale", il motivo per cui è diventata un fenomeno editoriale, non risiede solo nell'argomento trattato (l'erotismo), ma anche perché a livello pubblico divenne un punto di riferimento importante. Il suo rapporto sentimentale e letterario con Henry Miller probabilmente influì nel suo modo di fare letteratura e la godibilità dei suoi scritti si avverte sin da subito quando si leggono le coloratissime pagine dei suoi libri.

*Nelle parte che segue anticipo alcuni contenuti del libro con le mie riflessioni, diversi capitoli sono dedicati alla figura di una donna, per curiosità del lettore, riporto i nomi e alcune curiosità  legate alla loro figura:

  • Anita, ballerina brasiliana;
  • Matilde, modista di Parigi;
  • Lilith, casalinga sessualmente fredda;
  • Marianne pittrice e prostituta part time;
  • Elena scrittrice insoddisfatta;
  • Maman interessata solo alle contrazioni di una parte dell'anatomia umana;
  • Bijou...un nome che è tutto un programma;
  • Linda che "attraeva tutti i giovani che intuivano che solo da una donna così avrebbero potuto imparare i segreti dell'amore;
  • Mafouka, uomo-donna di Montparnasse che raccontava barzellette sconce.


....e poi figure di uomini come:

  • Il Barone, un avventuriero che aveva passato tutta la vita a spogliare dai propri avere donne ricche e bellissime;
  •  Marcel che portava il fiocco a farfalla, il mantello dei guitti e i pantaloni a righe;
  • Pierre, un quarantenne ancora molto bello.

 

TUTTO PARTE DA UN AVVENTURIERO UNGHERESE

Anais Nin sa incantare quando narra, il romanzo ha inizio con il ritratto di un avventuriero ungherese che così dipinge:

"C'era un avventuriero ungherese dotato di bellezza sorprendente, di fascino infallibile, di cultura, di grazia, dell'abilità di un attore consumato, della conoscenza di molte lingue, e di modi aristocratici" E a tutto questo s'aggiungeva il genio per l'intrigo, una capacità di trarsi d'impaccio e di andare e venire nei vari paesi come se niente fosse" (p.5).

Qual'era la particolarità di questo affascinante signore che aveva come unico obiettivo quello di soddisfare i gusti di ciascuna donna che incontrava? Quando aveva bisogno di denaro, sposava una donna ricca, le rubava ogni cosa e poi scappava in un altro paese, ma ogni donna che lo aveva conosciuto, benché fosse stata spogliata di ogni bene, lo ricordava per la sua capacità di averla fatta volare e dopo questa esperienza nessuna era in grado più di scendere al livello della mediocrità.
Un ritratto che trovo originale e affascinante per quanto gli aspetti consolatori del suo comportamento rimangano solo nella testa delle donne (immaginarie) raccontate dall'autrice, mentre il lettore prova un misto di disprezzo e di invidia per i suoi modi di fare definiti dall'autrice "grandi voli d'aquila".

MA ANCHE IL BARONE VACILLA DAVANTI ALLA BALLERINA BRASILIANA

La lettura del libro è letteralmente avvolgente sin dalle prime pagine quando il Barone incontra una ballerina brasiliana di nome Anita, cosa aveva di particolarità questa donna? Il suo sesso, da qui il titolo del libro "Delta di Venere"; la fantasia di Anais non lesina i dettagli, ecco un esempio che vale molto più di mille parole: il sesso è definito come un gigantesco fiore di serra (devo dire che non ho mai sentito un'analoga descrizione che trovo bellissima e conturbante), ma era così grande che il Barone ne rimase stupito per quanto avesse conosciuto biblicamente centinaia di di donne.
Non entro nei particolari della descrizione mi limito a dire che l'autrice usa la metafora paragonando il sesso della ballerina a delle "camelie rosso sangue" (p.6).

Il Barone invece che particolarità fisica aveva? Leggete il libro per scoprirlo...vi anticipo solo che il Barone una volta diventato vecchio viene abbandonato da tutti.

ALTRO RITRATTO DI DONNA: MATILDE, UNA MISSIONARIA DELL'ELEGANZA

Fino a qualche decennio fa girava l'idea che le donne parigine fossero particolarmente apprezzate per la loro "scienza" in materia d'amore, un po' come le bolognesi sono famose per altre virtù o presunte tali ( non ditemi che non avete sentito dire in giro questa "novella" perché non ci credo, quanto poi alle natie dei luoghi citati non si sentano offese perché l'esistenza di questa fama è vera, di entrambe però non ho potuto appurare l'autenticità), ma ritorniamo al libro e parliamo di questa figura di donna.

Matilde era una modista di Parigi che all'età di vent'anni venne sedotta dal solito Barone, una volta -racconta l'autrice- "si comportò come una missionaria francese dell'eleganza" (ahahahahaha, questa definizione mi piace tantissimo!!). Il suo talento si manifestava nel saper riconoscere immediatamente un buon profumo, un buon vino, un buon taglio di vestiti, pareva una signora di gran classe e rideva sempre.
Una parte del suo tempo lo dedicava alla sua raffinata toelette: " Rimaneva sdraiata a limarsi le unghie e a dipingerle con lo smalto, si spazzolava i capelli biondi....si schiariva i peli del pube con l'acqua ossigenata per armonizzarli con i capelli" (p.17) e .....faceva tante altre cose.


... mi fermo qui per non anticipare troppo e per non togliere il gusto di scoprire i contenuti del libro.


Niente classifiche: ogni autore ha uno stile personale quindi non ha senso comparare  Anaïs Nin a Emmanuelle Arsan o a Pauline Rèage, tanto per fare due nomi importanti nel settore della letteratura erotica. L'importante è non emulare e coltivare le proprie inclinazioni letterarie e la propria creatività e così ha fatto Anaïs Nin che ha uno stile che scaturisce molto anche dalle ossessioni erotiche dell'universo maschile e femminile.
Meglio non usare l'iperbole, per me un capolavoro si può definire tale quando, per valore e complessità, è paragonabile alle opere di autori che non sono monotematici.
Il "Delta di Venere" è, se vogliamo, un ensemble fantastico e vario nel quale ci si imbatte in tipi umani differenti, figure di donne e di uomini che si ricordano per le loro stravaganze, il merito dell'autrice è quello di aver saputo indagare nell'animo umano e questo lo ha fatto con la leggerezza di chi, dispensando ironia e giocosità, sa parlare delle emozioni e dei desideri umani coinvolgendo il lettore. Non è poco.




"A volte leggiamo delle cose che ci fanno capire di colpo di non aver vissuto niente, provato niente, sperimentato niente fino a quel momento" - Anaïs Nin -


 

Condividi post
Repost0
Published by Caiomario - in Libri
5 luglio 2014 6 05 /07 /luglio /2014 05:44

L'AUTORE

Curioso, attento, narratore capace che sa attraversare la storia  camminando come un equilibrista sempre in bilico tra ricordi personali e quelli dei popoli, il premio Nobel per la letteratura Vidiadhar Suraj Naipaul riesce sempre ad avere un approccio unico nei confronti della vita.
Quando la riflessione personale diventa provocatoria per la sua disarmante sincerità o tocca le corde dell'anima riesce a fare riflettere, pone degli interrogativi ma non può lasciare indifferenti. Non c'è un libro di questo autore nato a Trinidad nel 1932 che non proponga un itinerario di viaggio geografico e della mente che non sappia regalare passione e atmosfere. Sicuramente intenso Naipaul  scrive come il chirurgo  che fa un'operazione a cuore aperto mettendo a nudo ogni aspetto dell'esistenza attraverso   una narrazione spirituale e personale efficace e travolgente.


RISALIRE AL NOSTRO PASSATO

Scrive l'autore "Quasi tutti noi sappiamo chi sono i nostri genitori e i nostri nonni", aggiungo che tutti noi forse riusciamo a risalire alla terza generazione dei nostri avi, poi  ad un certo punto ci troviamo dinanzi al vuoto. Non siamo in grado di sapere da dove veniamo. Giunti al numero otto, perché sono otto i genitori dei nostri nonni, il nostro impegno è messo a dura prova, forse l'opera di alcuni zelanti appassionati tenta la strada dei registri anagrafici e degli archivi, ma solo i più fortunati  possono arrivare alle quinta e alla sesta generazione poi....nuovamente il vuoto. Dietro i nomi che eventualmente riusciamo a scoprire, poi, non ci sono i ricordi. Quando l'autore scrive "Ma risaliamo a un tempo molto, molto più antico, noi, si potrebbe andare indietro nel tempo all'infinito; risaliamo tutti quanti proprio agli inizi; nel nostro sangue, nelle nostre ossa, nel nostro cervello portiamo i ricordi di migliaia di esseri." Ognuno di noi è quindi il risultato di migliaia di ricordi, ma non sappiamo quali sono questi ricordi, è un'eredità che ci portiamo dietro senza sapere chi ce l'ha lasciata e non possiamo comprendere i tratti che abbiamo ereditato.

Il racconto che Naipaul fa della sua prima giovinezza è autobiografico ma è anche l'occasione per parlare della gente di Trinidad, gente senza denaro e senza lavoro che non conosceva l'inglese e che non aveva nessun tipo di tutela, giunta nell'isola caraibica dopo "settimane e settimane di navigazione".
La prosa di Naipaul è incisiva, il ritratto che fa dei suoi inizi lavorativi come impiegato di seconda classe è anche il ricordo di quell'umanità che popolava gli uffici governativi e della percezione di un tempo che scorreva lentamente, un ricordo che è anche metafora della propria vita ricca di incontri e di luoghi così diversi ma sempre intrisi di umanità.
Non c'è  un solo luogo che viene descritto dall'autore in cui non si trova qualcuno che  lo viveva, questa è la differenza che passa tra un racconto geografico e un racconto in cui l'uomo è il protagonista, parlare delle montagne, dei fiumi, dei mari non permette di conoscere un luogo, è la gente che lo abita a formarne l'anima.
Nella parte del libro dedicata a Trinidad si trova un clima da fine impero, c'è tutta l'atmosfera coloniale che ancora oggi pervade quei luoghi mai completamente affrancati e c'è molta Africa, un'Africa presentata senza stereotipi, senza ingenuità incontrata nei residui che vivono in quelle terre dove si avverte "in anche un certo isterismo, l'isterismo delle isole, espresso per lo più sottoforma di autoironia, di facezia, di fantasia, di eccessi religiosi". Perché questo sono le isole caraibiche da sempre, luoghi dove ogni tanto esce fuori l'uomo che si fa portatore della "redenzione africana o nera", luoghi che da quando sbarcò "il primo schiavo africano diventarono un pezzo di territorio nero" costellato da storie drammatiche, da false speranze, popolato da falsi leader e dalla presenza ingombrante degli ex colonialisti oggi come allora sempre presenti come in una storia circolare che si ripete sempre eguale a se stessa.
La parte centrale del libro è incentrata sul racconto del periodo spagnolo del Venezuela, ne esce fuori una storia mai scritta dove la figura di Francisco de Miranda "il sudamericano, o ispano-americano, più famoso del suo tempo" che lottò per l'indipendenza del Venezuela, non c'è mitizzazione nel descrivere il generalissimo venezuelano che viene anche "bollato" come un truffatore; un uomo figlio del suo tempo che visse ad un certo punto con le sovvenzioni dei britannici interessati moltissimo ai traffici con le Americhe e pochissimo dell'indipendenza del Venezuela.

Ma......il resto del libro va letto e non raccontato, un libro che non è un'autobiografia romanzesca ma un taccuino, un diario storico e geografico, ricchissimo di annotazioni personali, di curiosità che permette di sopravvivere ad un passato duro vissuto da decine di generazioni ormai dimenticate.


INFORMAZIONI SUL LIBRO

TITOLO:Una via nel mondo. Una sequenza
AUTORE: Naipaul Vidiadhar S
EDITORE: Einaudi (collana fabula)
Prezzo: 25 euro (al lordo degli sconti)

Condividi post
Repost0
Published by Caiomario - in Libri

Presentazione

  • : Condividendoidee (Filosofia e Società)
  • : Storia della filosofia, letteratura e recensioni librarie
  • Contatti

Cerca

Archivi

Articoli Recenti

  • Malombra - Antonio Fogazzaro
    FOGAZZARO TRA SCAPIGLIATURA E NARRATIVA DECADENTE Per chi ama la letteratura decadente "Il piacere" di Gabriele D'Annunzio rappresenta l'inizio non solo di un genere, ma anche il metro di misura di un modus vivendi che nel tardo Ottocento era molto diffuso...
  • Epistula secunda ad Lucilium - Seneca
    SENECA LUCILIO SUO SALUTEM 1. Ex iis quae mihi scribis et ex iis quae audio, bonam spem de te concipio: non discurris nec locorum mutationibus inquietaris. Aegri animi ista iactatio: est primum argumentum compositae mentis existimo posse consistere et...
  • Elogio Della Donna Erotica. Racconto Pornografico - Tinto Brass
    46 PAGINE DI APPASSIONATO TRIBUTO AD UNA DONNA EROTICA: NINFA Non vi è traccia nella letteratura di opere esplicative in cui un regista spiega le sue scelte filmiche, per questo motivo "Elogio Della Donna Erotica. Racconto Pornografico" scritto da Tinto...
  • Favole - Jean de La Fontaine
    Come leggere le favole di La Fontaine Tra le note presenti in molte edizioni de "Le Favole" di La Fontaine, troviamo due raccomandazioni che dovrebbero indicare la tipologia di lettori: la prima consiglia la narrazione del libro ai bambini di quattro...
  • La scoperta dell'alfabeto - Luigi Malerba
    TRA LIEVE IRONIA E IMPEGNO MORALE Luigi Malerba nato a Berceto ( Parma ) nel 1927 , sceneggiatore, giornalista ha partecipato al Gruppo 63 e fa parte di quel movimento intellettuale che è stato definito della Neoavanguardia, partito da posizioni sperimentaliste...
  • La Certosa di Parma - Stendhal
    Ambientato in un Italia ottocentesca in parte fantastica, in parte reale, le avventure di Fabrizio del Dongo si snodano in una serie di incontri e peripezie al termine dei quali si trova il luogo ... ECCO L'ITALIA CHE TROVÒ MARIE-HENRY STENDHAL QUANDO...
  • Il nuovo etnocentrismo in nome della lotta al razzismo
    Sino al 1492 esistevano in America delle genti chiamate genericamente Amerindie (aztechi, maya, toltechi etc.) che costituivano il patrimonio umano e culturale di quelle terre. Sappiamo come le cose sono andate dopo quella data, da quel momento è iniziato...
  • Il ritratto di Dorian Gray - Oscar Wilde
    Letteratura, cinema e teatro, un ritratto che non invecchia. Il ritratto di Dorian Gray è un classico della letteratura, almeno così viene definito e ogni volta che si deve usare questa espressione bisognerebbe farlo con una certa riluttanza perché c'è...
  • Filosofi: Bruno Giordano
    VITA, OPERE Giordano Bruno (Nola, 1548-1600), entrò a diciotto anni a far parte dell'Ordine dei Domenicani nei confronti del quale mostrò insofferenza per la disciplina e per l'indirizzo culturale. Nel 1576 abbandonò l'Ordine perché sospettato di posizioni...
  • Poco o niente. Eravamo poveri. Torneremo poveri - Giampaolo Pansa
    Pansa ha la capacità di saper leggere la realtà e non semplicemente di interpretarla, la sua "narrazione" suscita stupore ed è sempre spiazzante e al di là del fatto che i suoi libri riescano a raggiungere i primi posti delle classifiche dei libri più...

Link