ANALOGIE CON IL PRESENTE
Nei giorni delle grandi nevicate del mese di febbraio 2012 mi è venuto in mente un libro di Ignazio Silone che sembra "calzare a pennello" per commentare non solo l'attualità ma anche quello che ci differenzia dalle generazioni passate.
Non voglio infierire parlando dei piagnistei da isteria collettiva che hanno paralizzato il paese confrontando tale comportamento con la fierezza delle antiche generazioni contadine abruzzesi a cui Ignazio Silone apparteneva.
Eppure ci sarebbe da dire molto su questa società italiana che si arrende prima di combattere ....per questioni di neve.
A Roma sono rimasti a casa migliaia di dipendenti pubblici causa la neve, c'è da pensare e non si può gioire di questo,anche per questo siamo bersaglio di tante ironie sul nostro modo di affrontare le "emergenze". Silone raccontava in "Fontamara" la rivolta dei contadini della Marsica contro i grandi proprietari, ho l'impressione che quei "cafoni" dei romanzi del grande scrittore abruzzese fossero di un'altra tempra.
Così mi è venuto in mente anche quell'altro grande romanzo di Corrado Alvaro intitolato "Gente di Aspromonte", gente dura, pronta ad affrontare qualsiasi avversità e che rappresenta la trasfigurazione mitico-simbolica delle antiche genti italiche.
"Fontamara" venne pubblicata per la prima volta nel 1933, "Il seme sotto la neve" nel 1941, nel 1933 quando Silone concepì la prima opera il fascismo era nel pieno del consenso, nel 1941 con "Il seme sotto la neve" la guerra era già scoppiata da due anni e incominciavano a serpeggiare i primi dissensi tra la popolazione italiana (che in larga maggioranza aveva approvato la scellerata idea di entrare in guerra e per di più senza alcuna preparazione tecnica e militare). In questi otto anni che separano la pubblicazione delle due opere Silone non aveva dimenticato le sue origini, in mezzo c'è un'opera che fa da ponte a quelle citate nelle righe precedenti: "Pane e Vino". Partiamo da lì.
LA RICERCA DELLA LIBERTA' E LA NEVE CHE CADE.....
In "Il seme sotto la neve" si ritrova quel Pietro Spina di "Pane e Vino" che è il ritratto (per certi aspetti) dello stesso Silone che fu un dirigente del partito comunista (anche se ne uscì nel 1930). Ma cosa c'entra la neve? La rappresentazione che ne dà Silone è suggestiva: il viaggio di Pietro Spina è un viaggio dello spirito prima di essere un viaggio vero e proprio e la neve è il simbolo di ciò che copre e protegge prima che la natura riprenda a fruttificare.
L'autore riesce a cogliere appieno la scissione spirituale che affligge Pietro Spina che da una parte "non rinnega le sue origini" contadine, ma dall'altra parte non vuole piegarsi alle logiche della sua famiglia che preferirebbe per lui l'abiura del suo credo politico per questioni di opportunità e di "sopravvivenza".
Pietro non vuole dipendere dalla volontà unilaterale dello Stato fascista, ma è proprio questa sua ricerca di libertà e il suo moto di ribellione interiore che sono la causa dei contrasti familiari.
Questo è un punto importante per capire le nostre origini e per comprendere molti comportamenti collettivi: in tutte le comunità contadine (da cui la maggior parte della popolazione italiana proviene) la povertà era la compagna inseparabile di tutta la vita; spesso questi contadini vivevano la condizione della mezzadria e le terre che gli davano il sostentamento erano o dei grandi proprietari terrieri o della Chiesa.
Albergava in loro il senso della rivolta che però non si concretizzava mai in veri e propri moti rivoluzionari, la miseria e la necessità di fare fronte al cibo li obbligava ad accettare lo sfruttamento e la sottomissione.
Pietro va in controtendenza a questa abitudine tipica di quelle genti, il suo senso di ribellione lo porta a non scendere a compromessi; ecco allora che entra in scena il seme sotto la neve.
Dice un detto contadino "A gennaio tanta pioggia e poca neve fa male agli alberi" vale a dire la neve serve; Pietro da buon contadino seppellisce un seme sotto la neve e attende che germini.
La neve lo protegge, lo "tiene in caldo" e lui attende con pazienza che la piantina cresca, è un'attesa che rispetta i tempi naturali e che non "maledice" la neve; la neve è fonte stessa della vita, consente al seme di rimanere umido in attesa della vita che presto non tarderà a venire.
E' come se in questa condizione apparentemente infelice, la vita metta radici.
Così Pietro attende con speranza la nascita del germoglio, nonostante i pericoli che sta correndo che sono gli stessi della natura. E così fanno da sempre i contadini che quando nevica, controllano gli impianti di copertura e controllano i semi, preparano i terricci.....nonostante la neve.
Grande romanzo di Silone, fra i meno conosciuti, da leggere per non avere paura della neve e di tutti gli uomini della neve che vogliono privarci della libertà.
Dobbiamo crescere tutti un po' e smettere di vedere ogni cosa come un'emergenza, ma i finlandesi, gli svedesi, i norvegesi, i danesi, i canadesi etc etc.....cosa dovrebbero fare quando nevica?