Storia della filosofia, letteratura e recensioni librarie
Il PROFILO DEL MINISTRO DI MUSSOLINI, TRA CULTURA E INTRANSIGENZA POLITICA
Probabilmente non è stato facile per Arrigo Petacco scrivere la biografia di Alessandro Pavolini, un personaggio che pur subendo la damnatio memoriae non è esente dal fascino che caratterizza gli uomini dalla personalità complessa che hanno fatto la storia.
Ogni studioso che ha parlato di Pavolini ne ha sempre evidenziato la differenza rispetto agli altri uomini del regime, soprattutto del "primo regime" che vide un coacervo di anime confluire nel fascismo.
Diversi storici hanno detto che lell'uomo Pavolini erano presenti due anime: da una parte l'uomo di cultura, l'intellettuale plurilaureato che inventò il "Maggio Musicale", dall'altra parte il segretario del Pfr e il comandante delle famigerate Brigate Nere.
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In realtà la dicotomia tra l'uomo di cultura, l'intellettuale e il comandante intransigente delle Brigate Nere, è solo apparente; Pavolini fu un uomo intelligentissimo: cultore di arte e di letteratura, iscritto contemporaneamente a due facoltà universitarie ( Legge e Scienze Sociali), a 26 anni è federale a Firenze e inventa quella straordinaria manifestazione culturale che si chiama "Maggio Musicale" e che è passata indenne tra l'inevitabile livore che colpisce chi è sconfitto.
Oltre ad aver creato il "Maggio Musicale, Pavolini inventò la mostra dell'artigianato a Ponte Vecchio, organizzò per primo la Fiera del Libro, si prodigò per fare rivivere la partita di calcio in costume e poi fu un instancabile organizzatore di convegni culturali con intellettuali del calibro di Papini, Soffici, Bargellini, Ojetti.
Fondò un giornale "Il Bargello" organo della federazione fiorentina che vide tra le sue firme molti esponenti del cosiddetto fascismo di sinistra e al quale collaborarono Ottone Rosai e Indro Montanelli ( uno che non fu mai destrorso a differenza di quanto si possa pensare ma che nell'anima continuò ad essere un eretico molto vicino alle posizioni dell fascismo di sinistra), era il periodo in cui insieme a Pavolini c'era sia Vasco Pratolini che Elio Vittorini che troveremo alla fine della guerra tra le file antifasciste ma è bene ricordarlo il loro antifascismo era nei confronti del fascismo regime e anche loro, come Montanelli provenivano da quella stagione fiorentina ricca di sollecitazioni e feconda sul piano culturale.
Come ricorda Petacco, Pavolini realizzò i Littoriali a Firenze che furono una palestra straordinaria di confronto tra intellettuali anche critici nei confronti del fascismo.
IL GRANDE MALINTESO
Numerosi espoenenti di destra hanno liquidato troppo velocemente come voltagabbana molti degli intellettuali che nel dopoguerra si trovarono in posizioni diverse aderendo al Partito Comunista, giova però ricordare che i giovani fascisti di sinistra volevano che il fascismo approfondisse le proprie radici popolari, per loro il popolo era sinonimo di cultura, di energia, di umanità, rivendicavano l'anima socialista del fascismo e rigettavano una visione elitaria quale era quella propugnata dall'ala gentiliana del regime.
Pavolini era tra questi giovanotti tra cui ricordiamo oltre a Elio Vittorini e Vasco Pratolini, Berto Ricci, Dino Garrone, Romano Bilenchi, questi erano gli amici di Alessandro Pavolini.
Scrittore giovanissimo nel 1927 pubblicò il suo primo libro "Giro d'Italia" e quando divento Ministro del "Minculpop" ebbe occasione di dimostrare sensibilità, cultura e grande intelligenza, comprendendo che le becere prescrizioni emanate contro film e musica non italiane erano assurde e per quanto fu nelle sua possibilità incoraggiò la visione di film americani compreso l'ascolto della musica jazz.
Amante del cinema, a Pavolini devono molto Rossellini, De Sica e Visconti che pur fascisti non erano e che da lui furono incoraggiati agli esordi.
Ma esiste anche il Pavolini comandante delle Brigate Nere che ordinò la fucilazione dei suoi uomini, rei di tradimento e che praticò la rappresaglia ma erano i tempi duri e feroci della guerra, gli americani forse non hanno applicato la stessa logica in Iraq e non fanno la stessa cosa in Afghanistan?.
Senza dubbio quelle furono le esigenze del momento e Pavolini si fece carico di quello che oggi ha scatenato tutto il livore possibile.
Non possiamo dimenticare gli orrori della guerra civile di cui Pavolni fu uno dei protagonisti ma la sua figura ricorda molto quella dei capitani di ventura tipo Erasmo da Narni detto il Gattamelata; alla fine della sua parabola, Pavolini aveva capito che combattere, nonostante la sconfitta imminente, era un salvare l'onore e questa lucida consapevolezza gli fece esclamare come ricorda Petacco: "Alla fine di questa avventura mi aspetta il plotone di esecuzione".
La sera del 25 aprile 1945, 5000 fascisti ( uomini e donne) si riunirono a Milano con l'intento di marciare per la Valtellina per l'ultima grande battaglia prima del massacro finale, bloccati dai partigiani i capi del fascismo restarono isolati dalle forze che stavano confluendo in Valtellina, prima di essere catturato Pavolini tentò l'ultimo disperato tentativo di resistere, passeranno solo 24 ore, verrà fucilato a Dongo insieme agli altri gerarchi, un fimato sbiadito dell'epoca lo ritrae con un impermeabile bianco mentre va incontro al suo destino.
Un Che Guevara in camicia nera che trovò la morte a Dongo insieme a Nicolino Bombacci, uno dei fondatori del Partito Comunista Italiano.
Dal mucchio di uomini fucilati si alzò Alessandro Pavolini, forse si dice nel tentativo di fare l'ultimo saluto romano prima che una raffica di mitra lo abbattesse definitivamente.
Un altro bel libro di Petacco in cui quanto esposto precedentemente viene sviluppato con dovizia di particolari, interessanti le informazioni biografiche, le relazioni, le amicizie e gli aneddoti, un ritratto quello fatto da Petacco che pur senza indulgenza ne riconosce la coerenza fino in fondo.
Si consiglia la lettura di "Pavolini, l'ultima raffica di Salò" sempre scritto da Arrigo Petacco.
Per la figura di Pavolini si veda anche:
http://alessandropavolini.blogspot.it/
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