Storia della filosofia, letteratura e recensioni librarie
A QUEI TEMPI SI COMUNICAVA E SI SCRIVEVA
Di Giacomo Leopardi ci sono pervenute 931 lettere, un corposo epistolario che permette di ricostruire i rapporti con tutta una serie di personaggi dell'epoca e con i suoi familiari: il severo conte Monaldo, reazionario e conservatore che con il figlio ebbe sempre un rapporto freddo e distaccato, l'amatissima sorella Paolina e il fratello Carlo con il quale si confidava e cercava complicità e amicizia.
Le lettere leopardiane rivolte ai destinatari-familiari oltre a permettere di ricostruire la personalità del poeta, costituiscono un esempio di comunicazione settecentesca dove è prevalente non l'aspetto ideologico volto all'autorappresentazione di se stessi ma quello dialogico, autentico e genuino e in cui non vi è nessuna mediazione.
CARLINO MIO CARO
Tra le lettere scritte da Leopardi, assumono una grande importanza quelle scritte al fratello Carlo che rappresentò spesso la valvola di sfogo di Giacomo, non uso ad avere rapporti profondi con altre persone che non fossero della propria strettissima cerchia familiare.
La prima lettera rivolta al fratello Carlo, fu quella inviata da Roma dove Giacomo si trovava da appena due giorni, dalla lettera emerge tutta la delusione per l'ambiente romano e tutte le difficoltà conseguenti al viaggio dove scrive di avere sofferto tutto il soffribile ma di avere anche goduto del mutare di queste sofferenze.
Queste difficoltà proseguirono una volta giunto a Roma e furono causate dalla mancanza di conoscenza della città e di questo Giacomo si lamentava perchè a causa di ciò era costretto sempre ad uscire accompagnato da un familiare.
IERI FUI DAL CANCELLIERI QUEL COGLIONE........
Un Leopardi che usa il termine co****ne, è insolito e sicuramente non si studia a scuola, eppure con questo epiteto apostrofa Francesco Cancellieri, ecclesiastico edd erudito romano, studioso di archeologia e di cose letterarie e con cui Leopardi ebbe dei rapporti che oggi definiremo professionali.
La sua insofferenza nei confronti di Cancellieri è antipatia, totale discordanza di vedute al punto che, oltre alla parolaccia per apostrofarlo, lo definisce come "il più noioso e disperante uomo della terra" al punto che si confiderà con Carlo scrivendogli che l'unica cosa che gli rimaneva da fare era dormire.
IL SIGNOR PADRE E LE CANAGLIE IESINE E FABRIANESI
Un'altra curiosità riguarda il modo di rivolgersi al padre che viene sempre chiamato Signor padre, è noto che l'uso del voi sia stato diffuso in molte aree d'Italia anche in tempi recentissimi, eppure in quel "Signor padre" ci sono tutti gli indizi di un rapporto freddo e distaccato in cui il formalismo era perfettamente conseguente ad una estraneità totale tra Giacomo e il severo Monaldo.
Riguardo alle canaglie iesine e fabrianesi di cui parla Giacomo, sarebbe interessante sapere se le canaglie erano individui con i quali era entrato casualmente e così sembrerebbe perchè parla di un soggiorno in Umbria a Spoleto e di tavola, alludendo a un pranzo oppure se pensava tale epiteto sia simile a quello che taluni utilizzano per apostrofare qualcuno che ritengono essere disprezzabile come ad esempio quando si mette in evidenza la regionalità o il luogo di provenienza come fattori di discriminazione a priori; insomma non sapremo mai se Giacomo sopportava gli iesini e i fabrianesi...
"LE DONNE ROMANE ALTE E BASSE FANNO PROPRIO STOMACO E GLI UOMINI FANNO RABBIA E MISERICORDIA"
***Curiosa anche questa frase che esprime un giudizio secco e negativo sull'umanità che c'era a Roma ma quello che ancora più colpisce è lo sfogo di Giacomo che dice testualmente:
"Ho bisogno d'amore, amore, amore, fuoco, entusiasmo, vita"
Una frase che se non nascondesse una drammaticità a tratti commovente farebbe pensare al "Voglio una donna" che il personaggio intepretato da Ingrassia in Amarcord, urlava da sopra un albero.
Eppure Giacomo amava le donne ma non ne era ricambiato e le ragioni, senza fare dello psicologismo spicciolo possono essere tra le più disparate, certamente Giacomo non si presentava bene.
Un aspetto questo che è stato approfondito laddove si è potuto ricostruire la storia degli amori desiderati e non corrisposti e degli amori letterari.
In un articolo apparso sul quotidiano Repubblica a firma di Corrado Ruggiero viene riportato il giudizio impietoso che Fanny Targioni Tozzetti diede di Leopardi confidandosi con Matilde Serao alla quale spiegava le ragioni del perchè non ci si poteva innamorare, questa è la terribile frase:
"Mia cara puzzava"...
Eppure Giacomo sin da ragazzino cercò l'amore e forse il fatto di non essere corrisposto, lo portò a trascurarsi in un periodo in cui diventò adulto, tra gli amori lettrari non si può non ricordare quello con Gertrude Cassi Lazzari, sua cugina carnale della quale si innamorò quando lei andò a Recanati ospite della famiglia Leopardi.
Bellissima l'elegia che le dedicò intitolata "Il primo amore" e inserita nei Canti, un Giacomo proteso all'amore, tutto perso e trepidante.
La differenza tra quanto espresso nelle lettere e gli amori lettari sta tutta qui, con Carlo si confida e si sfoga, nelle poesie idealizza.
Il libro si compone di 128 pagine e permette di scoprire il vero Leopardi, quello che non traspare dagli scritti, un Leopardi fragile, dubbioso, deluso e amareggiato, tutto questo non può cambiare la grandezza del poeta ma ce lo fa sentire più vicino a noi, perche come noi poteva in un momento di sfogo dire una parolaccia.
Cinque stelle meritate all'iniziativa editoriale della Osanna Venosa:
Giacomo Leopardi, Lettere al fratello Giacomo, Osanna Venosa, 1997