Pubblicato per la prima volta nel 1993 dall'editore Rizzoli, "Bagheria" è un romanzo autobiografico, molto suggestivo dove Dacia Maraini racconta della sua terra, la Sicilia e lo fa senza reticenze, esponendo critiche che nascondono disapprovazione ma che svelano anche un garnde amore, mai rinnegato per la propria terra.
Lo spirito del libro potrebbe essere riassunto in questa bellissima espressione poetica della Maraini che quando parla della Sicilia, la definisce:
"l'isola dei gelsomini e del pesce marcio,dei cuori sublimi e delle lame taglienti".
Il racconto è anche intimamente rivolto a parlare delle sue origini, della sua famiglia e della non facile infanzia vissuta.
Il racconto parte da lontano, dal 1947 quando la piccola Dacia scopre il paese di Bagheria dopo aver terminato il periodo di prigionia in un campo di concentramento nipponico dove era stata condannata alla deportazione insieme alle sue sorelle e ai suoi genitori in quanto non avevano voluto aderire alla Repubblica sociale.
Il rientro a Napoli dopo essere transitata per Tokio è una scoperta che è prima di tutto dell'Italia e poi di quei luoghi della memoria, in questo la Maraini riprende la grande tradizione novecentesca del memoriale e del racconto autobiografico che ha visto autori di grande rilievo tra cui sono da annoverare Natalia Ginzburg, Lalla Romano e Giorgio Bassani.
Molto toccante è la descrizione della vita nel campo di prigionia ma molto suggestivo è quel ritornare nei luoghi dell'infanzia che ci immergono in una dimensione mitica che l'inevitabile distorsione dovuta al tempo trascorso rende narrativamente poetica.
La Sicilia viene descritta nei suoi aspetti naturali e culturali e il piano descrittivo si confonde al continuo rimando alla figura del padre e al rapporto profondo e sincero che legava padre e figlia.
Un altra figura straordinaria in questa rievocazione dominata dal sentimento è la figura della madre che viene descritta come una donna dal carattere forte e dal temperamento ribelle che aveva avuto il coraggio, lei figlia di un nobile, di sposare "uno qualunque".
Eppure se la Maraini guarda con affetto alle suo origini non manca di vedere proprio nei suoi avi aristocratici, una delle cause che hanno contribuito alla rovina dell'Isola, rinvenendo proprio nello sfruttamento delle genti contadine, quel clima che, poi più tardi, avrebbe portato al fenomeno mafioso.
Questo insorgere di un sentimento di ripugnanza e di irritazione tocca punte di indiganazione quando la scrittrice siciliana parla dell'omertà degli abitanti e della speculazione edilizia che è stata la causa principale della perdita di un inestimabile patrimonio archeologico e culturale.
Ritorna anche l'antica militanza femminista quando la Maraini denuncia il ruolo della donna nella società siciliana che finisce col mortificare e tenere a freno la donna negandole la possibilità di essere autonoma e di scegliere il proprio cammino nella vita.
Straordinaria la capacità narrativa quando la Maraini passa in rassegna una galleria di personaggi alquanto bizzarri e nello stesso tempo tragici.
Emblematica è la conclusione del romanzo che è anche un momento di riflessione per un qualcosa che non può più ritornare: contemplando il quadro di Marianna Ucria ( figura femminile che ispirò il romanzo pubblicato nel 1990 e intitolato "La lunga vita di Marianna Ucria") il dipinto appare come l'unica cosa rimasta di un mondo ormai decaduto simboleggiato dalla villa di Valguarnera prossima alla rovina.
Il romanzo però non è solo un racconto dei luoghi della memoria ma anche l'occasione per denunciare lo sfascio causato dalla speculazione edilizia ed è anche l'occasione per citare con documenti e atti ufficiali le responsabilità politiche ed individuali che hanno detrminato tale situazione.
Il riferimento al presente è un atto di coraggio e di grande impegno civile che ben si sposa con il tono della narrazione che è predominata da un alto senso della poesia che a tratti commuove ed affascina.
Bagheria: Una narrazione autobiografica di intenso e raro lirismo.