In occasione della ricorrenza dell'Unità d'Italia, l'agiografia si è ancora una volta scatenata parlando del Risorgimento con argomenti al limite del ridicolo perchè ignorando i fatti e i documenti si contribuisce ad alimentare un sentimento anti italiano ormai diffuso a livelli anche istituzionali.
Se il Risorgimento è stato un momento importante della storia d'Italia, la sua mitizzazione come quella di altri momenti storici cruciali delle vicende italiane, finisce col creare una cortina di intoccabilità che non solo è controproducente ma rischia di essere strumentalizzata per fini poco chiari che alimentano divisioni e contrapposizioni.
L'abitudine di scrivere la storia ad uso e consumo dei vincitori è sempre esistita da quando l'uomo ha utilizzato la memorialisitica come straordinario strumento di propaganda, da Senofonte a Tucidide, da Suetonio a Giulio Cesare parlare di storia nel senso moderno della parola non ha senso, memorie, ricordi personali, autobiografie si mischiano dando origine a un materiale a cui manca ogni criterio di scientificità che è dato dal riscontro documentale ma nel resto nel mondo classico non esisteva questa pretesa in quanto era estraneo agli storici dell'epoca il concetto della storia come scienza.
Abbiamo già avuto occasione di toccare questo argomento che riguarda la scienza storica, ne ribadiamo il concetto: la scienza storica è per sua essenza sempre revisionista, nel senso che è una continua ricerca volta a rivedere le proprie posizioni, un percorso in cui nessun dato è definitivo, non esiste una intangibilità del fatto storico quando questo accade non ci troviamo più dinanzi all'opera dello storico ma dinanzi a quello dell'agiografo cioè di colui che fa della letteratura che mira ad esaltare un avvenimento o un personaggio storico, circondandolo di un alone di leggenda e mitizzando le sue gesta al di là di ogni ragionevole proposito di edificazione.
L'agiografia patriottica, celebrativa e laudatoria è copiosa, il libro di Salera è un tentativo ben riuscito di fare una contro-storia del Risorgimento che fu prima di tutto un periodo in cui il popolo meridionale subì rapine, massacri e umiliazioni e questo tentativo parte da uno dei tanti episodi su cui l'agiografia ha scritto una storia autocelebrativa: le vicende dei piroscafi Piemonte e Lombardo nella spedizione dei Mille.
Gabriele Marzocco che ha curato l'introduzione osserva a questo proposito raccontando un episodio a titolo di esempio:
per nascondere verità meno luccicanti e più vergognose.
Ci hanno raccontato menzogne su menzogne. Un esempio fra i tanti non certod'importanza fondamentale, ma significativo: Garibaldi, dopo essere sceso dal
treno che da Salerno lo ha comodamente portato alla Stazione della Capitale,come entra in Napoli? Viene quasi sempre raffigurato in carrozza; ma c'è anche qualcuno che ce lo mostra splendidamente incedere a cavallo! lui che,tormentato dall'artrite, a cavallo non ci poteva proprio andare, visto che avevabisogno di essere aiutato perfino ad infilarsi i pantaloni! (1)
Un episodio sicuramente di poca importanza ma se le immagini sono in grado di influenzare le coscienze non c'è immagine più potente di quella che ha alimentato il mito di Garibaldi sempre rappresentato su destrieri e in campi da battaglia, un'iimaginetta simile a quella dei santi rappresentati sempre oranti o pazienti (nel senso che patiscono).
Marzocco ricorda quello che che spesso viene taciuto ( aboliamo i libri scolastici) o comunque presentato in termini completamente non rispondenti alla verità storica:il ruolo fondamentale della Gran Bretagna nella spedizione dei Mille.
Chi deportò molti africani in America non furono gli americani (che non esistevano come popolo-nazione) ma gli inglesi che con le loro navi , le navi di Sua Maestà avviarono la più grande deportazione mai avvenuta nella storia dell'umanità e per quanto questo fenomeno possa sembrare del tutto estraneo all'impresa di Garibaldi, spiega il motivo per cui la Gran Bretagna si interessò di una vicenda che apparentemente non avrebbe dovuto suscitarle alcuna attenzione.
Ma quando le deportazioni incominciarono ad essere più un fenomeno d'interesse, gli inglesi incomiciarono a spostare le loro attenzioni nel Mediterraneo ed ebbero un ruolo non secondario nell'impresa di Garibaldi.
I Borbone sono stati spesso accusati di essere una monarchia oscurantista e ancora oggi nel linguaggio comune si usa l'espressione, per esempio, metodi borbonici dove l'aggettivazione indica sempre qualcosa di arretrato, inadeguato e negativo.
Niente di più falso nell'aver accreditato questa visione negativa dei Borbone, nota e puntualizza giustamente Marzucco.
Un gran fermento e fervore di novità aveva contagiato anche la nostrapenisola:Napoli, poi, sia pur senza frenesia, s'era messa alla testa delrinnovamento. Non c'era campo in cui il nostro Regno, che si vorrebbe
"oscurantista", non si muovesse prima degli altri Stati italiani. Nel 1818
la napoletana Ferdinando I fu la prima nave a vapore a solcare il Mediterraneo
(precedendo non solo la flotta sarda e quella toscana, ma perfino quellafrancese); nel 1832 fu inaugurato, sul Garigliano, il primo ponte sospeso
in ferro dell'Europa continentale; nel 1839 la prima ferrovia, la Napoli-Portici;
in quello stesso anno Napoli, prima città italiana e terza in Europa, dopo Londra
e Parigi, fu illuminata a gas con 350 lampade; nel 1840 il primo stabilimento
metalmeccanico d'Italia per numero di operai (1050) a Pietrarsa nei pressi di
Napoli; e questi sono alcuni dei primati che il Regno di Napoli poteva vantare
(2)
L'abbandono e l'isolamento della Sicilia da parte dei Borbone fu la vera causa della crisi dei Borbone e la scelta di Garibaldi fece leva su queste contraddizioni,e malesseri ma dietro c'erano gli inglesi.
Con i Savoia che parlavano il francese ( e il piemontese) l'idea di unificare l'Italia non solo era un'idea del tutto estranea alla tradizione politica savoiarda ma era anche in contraddizione con quelle decisioni politiche che portarono a rinunciare a Nizza e alla Savoia a favore dell'idea (propugnata da Camillo Benso Conte di Cavour) delle piccole annessioni a favore del Piemonte, annessioni che potevano, secondo le intenzioni, al massimo fino ai territori dell'Italia centrale a discapito dello Stato Pontificio.
Come arrivò allora Garibaldi ad assicurarsi l'appoggio degli inglesi che avevano come obiettivo principale quello di destabilizzare i Borbone in favore della costituzione di uno stato unitario che fungesse da alleato in funzione antifrancese ma che soprattutto ridimensionasse e annullasse il potere temporale del Pontefice?
Luciano Salera esordisce con una frase sulla quale bisogna soffermarsi per comprendere come spesso la tendenza a semplificare di impostazione manualistica-scolatica , impedisce di capire lo svolgimento delle vicende storiche che si articolano in una ben più complessa trama di fatti che costituiscono poi i grandi eventi:
La storia è fatta di dettagli, piccoli episodi all'apparenza insignificanti. Facezie
però senza le quali i "grandi eventi" non si sarebbero mai verificati. (3)
Salera pur essendo uno storico non professionista ma un appassionato della storia di Napoli e del Mezzogiorno, adotta nella ricostruzione di queste vicende una metodologia squisitamente storica, iniziando la sua ricerca da un volumetto che sarebbe rimasto sconosciuto, intitolato:
Memorie documentate di Giambattista Fauchè e la spedizione dei Mille
questo libretto venne dato alle stampe dal figlio di Giambattista Fauchè conl'intento di richiamare alla memoria dei suoi contemporanei le ormaibenemerenze paterne. (4)I manuali di storia non parlano di Fauchè che era un massone amico di Garibaldi e proprio per questa ragione ebbe degli importantissimi incarichi nei governi dittatoriali voluti da Garibaldi.
In questo certosino lavoro di ricostruzione storica, Luciano Salera affronta quattro episodi che secondo le convinzioni dello stesso, sono alla base della cosiddettaEpopea dei Mille:
- L'iniziale messa a disposizione dei piroscafi Piemonte e Lombardo
- La spedizione da Quarto
- Lo sbarco a Marsala
- I fatti di Calatafimi
Avvertenza :L'intento di Salera e che condivido pienamente non è quello di mettere in discussione l'Unità d'Italia che tra l'altro definisce come intentogiusto
ed auspicabile ma di rivelare da storico una strategia che aveva come fine quello di piemontesizzare l'Italia.
La prima puntava ad accentrare tutti i poteri nelle mani del governi e di estendere la legislazione sabauda in tutto il territorio nazionale, la seconda è la famosa proposta di decentramento del ministro degli Interni, Minghetti che era sostenitore di un prudente decentramento che avesse come fine quello di formare un istituto intermedio tra comuni e province.
Venne scelta la prima soluzione: piemontesizzare l'Italia, il 22 dicembre 1861 il governo presieduto da Ricasoli con un decreto legge estese in tutto il territorio nazionale la legislazione sabauda sulle province e sui comuni e venne istituito una figura su cui si discute ancora oggi: il prefetto.
Di fatto questa politica di trasformare una realtà variegata come quella dell'Italia meridionale (che pur aveva i suoi limiti), in una nazione unitaria, fallì e i nodi irrisolti che ci portiamo ancora dietro, vengono da lontano e quest' unità fu soprattutto ottenuta con la repressione e le baionette., non dimentichiamolo!(5) La nascita della questione meridionale fu in parte largamente causata dalla durissima repressione militare voluta dai Savoia ma anche sostenuta dalla borghesia meridionale che preferì mantenere i previlegi passando dalla parte dei vincitori e provocando quella rivolta contadina che venne poi fatta passare come brigantaggio, oltre ad aver favorito, di lì a poco, la più grande diaspora mai avuta nella storia d'Italia.
L'emigrazione di forze, risorse ed intelligenze venne favorita con l'intento di togliere di mezzo il problema rappresentato da queste masse di miserabili mentre in realtà si rivelò una spoliazione premeditata che depauperò il meridione d'Italia che prima di allora non aveva mai sofferto di questi problemi.
In questi giorni si assiste ad una gran quantità di dibattiti sulla ricorrenza dei 150 anni dell'Unità d'Italia che si celebrerà nel 2011, gli interventi degli storici sono pochissimi mentre il palcoscenico è tenuto dai "politici" di opposte fazioni che lasciano dichiarazioni a favore o contro l'Unità d'Italia, ma la storia non prende posizioni partigiane, è lì immutabile e non può essere cambiata mentre si può e si deve dare una diversa chiave di lettura quando intervengono fatti e documenti nuovi., la riserva revisionista deve essere il criterio ispiratore di ogni vero storico.
Se alla storia come eventi si sostituisce la storiografia che vuole cambiare i fatti, vuole dire che il fine principale non è conoscere i fatti ma influenzare l'opinione pubblica e paradossalmente il pregiudizio antimeridionalista nasce proprio all'interno di questa logica che ha favorito le peggiori spinte disgregatrici e secessioniste.
...dando la stura a quella che poi diventerà una vera e propria campagna didenigrazione a sfondo razziale, il giornale Il Lampione di Firenze del 4 settembre 1860 .....sotto il titolo "La figura dell'esercito napoletano"pubblicò una vignetta raffigurante un esercito di Pulcinella , con in mano dei "cantari" ricoli di vermicelli
, che scappavano disordinatamente per cercar scampo dietro al Vesuvio, mentre
dal mare del golfo sbarcava trionfalmente un enorme bersagliere, piume di"gallo cedrone" al vento e con in mano la bandiera tricolore di Casa Savoia. (6)
C'è una parte della storia che è stata volutamente ignorata e taciuta, emblematico è a questo proposito l'istituzione dei campi di concentramento ( come ben ricorda Salera) in cui vennero rinchiusi i militari del disciolto Regio Esercito Napoletano,
veri e propri lager che vennero istituiti a Genova, Alessandria, Fenestrelle,
San Maurizio e di cui nessun manuale scolastico fa accenno!
Con queste premesse venne fatta l'Italia ma non vennero fatti gli italiani, come allora poteva nascere un sistema di valori condiviso e convissuto? Come potevano popolazioni vessate e lordate di sangue vedere nello Stato piemontese una soluzione alla loro disperazione e alla loro miseria? Hanno preferito andarsene dall'Italia e nessuno li ha trattenuti, anzi si è favorita la loro diaspora nella speranza di avere un problema in meno.
Se dopo 150 anni in buona parte del Sud Italia ( ma non solo!) è diffuso un sentimento antistatalista questo è dovuto esclusivamente all'assenza dello Stato e non è bastata la meridionalizzazione degli apparati burocratici e amministrativi per favorire lo sviluppo di sentimenti nazionali e unitari e ancora una volta si è creata una situazione paradossale per cui larghi strati della popolazione dislocata nella parte settentrionale della penisola, vedono tale meridionalizzazione degli apparati amministrativi (scuola, esercito, pubblica amministrazione) come un'invasione che ha solo rafforzato e favorito i sentimenti di disprezzo e di odio nei confronti del Sud.
Si è creata l'opinione pubblica settentrionale che spinge per un distacco prima di tutto amministrativo di una parte d'Italia che non solo è governata di fatto dalla criminalità organizzata ma è anche in cronico deficit di governabilità.
Ma adesso si può adottare la politica del laissez faire? Il rischio è enorme e la strada del federalismo potrebbe in parte responsabilizzare amministrazioni locali che di fatto non hanno mai amministrato e che hanno visto nello Stato solo la vacca da mungere.
* Ci si è mai chiesti perchè nonostante i colpi inferti alla criminalità organizzata di cui spesso vengono decapitati i vertici, le stesse organizzazioni malavitose si riproducono come l'idra a sette teste? E' una domanda che ha una sola risposta: la cultura dell'antistato che porta a vedere in uno stato parallelo la soluzione ai propri problemi.
Ma se tale cultura è così diffusa da diventare un sistema di vita e di relazioni, non è forse perchè quella unità forzata ha creato sin da subito un sentimento antistatale che si è cercato solo di nascondere?Se le premesse storiche sono state quelle che Salera con documentata e certosina perizia denuncia, come si poteva creare una reale mentalità unitaria?
Per non togliere il piacere della lettura, mi limito a evidenziare alcuni punti essenziali dell'opera:
- Il ruolo di Giambattista Fauchè nella vicenda dei vapori Piemonte e Lombardo.Fauchè era diventato direttore generale ed unico gerente dellaSocietà
di Navigazione R. Rubattino & C. - Come avvenne la messa a disposizione di questi piroscafi
- Il ruolo degli esuli meridionali stipendiatI dallo stato sabaudo e che avevano il compito di favorire la rivolta ovunque al fine di annettere il Regno del Sud al Regno Sardo-Piemontese.
- I rapporti burrascosi tra Garibaldi e Cavour
Si potrebbe obiettare dicendo quale importanza può avere il fatto di come siano stati messi a disposizione questi due piroscafi, l'importanza c'è ed è storica ed andrebbe riformulata in maniera diversa, chi ha finanziato l'affitto dei due vapori il cui contratto era stato registrato regolarmente presso un notaio?
Chi erano i reali finanziatori dell'impresa dei Mille e soprattutto chi erano i 1072 componenti della spedizione e come erano stati arruolati ?
Si tratta di domande di non poco conto che consentono di far luce su una vicenda che si vuole raccontare come un'epopea e che fu in realtà organizzata nella più totale improvvisazione.
Garibaldi se non fosse stato militarmente supportato non avrebbe avuto la benchè minima possibilità di successo per quanto fosse un esperto delle tecniche di guerriglia e di sabotaggio e la spedizione dei Mille in realtà giocò un ruolo di apripista per il ben armato esercito sabaudo.
Così come in queste vicende romanzate, un ruolo fondamentale lo svolse la marina britannica pronta ad intervenire per ogni evenienza e Garibaldi era ben conscio del fatto che la presenza inglese era fondamentale. (7)
Salera ricorda che la flotta inglese era massicciamente presente nelle acque del Mediterraneo e che rispondeva agli ordini di Lord Palmerston, in caso di difficoltà i garibaldini avrebbero potuto riparare a bordo delle navi inglesi.
Salera documenta tutta la vicenda facendo riferimento a numerosi documenti totalmente sconosciuti all'opinione pubblica, collegando episodi, dichiarazioni, scritti, memorie, saggi, scoprendo una galleria di personaggi minori che comunque ebbero un ruolo fondamentale in questa vicenda non fatta solo di radiose giornate.
Nel libro è presente anche una sezione fotografica con relative didascalie che arricchisce l'opera già di per se interessante.
Una curiosità tra le tante: Tra i nuovi acquisti garibaldini, vi fu anche un frate, tale Fra Giovanni Pantaleo di Castelvetrano che era solito andare in giro con una camicia rossa indossata sopra il saio, un crocifisso sul petto ed una pistola alla cintola, questo nonostante la dichiarata avversione di Garibaldi al clero che lo portò ad abolire la Compagnia di Gesù e l'odine dei Redentoristi. La patriottica impresa di Pisacane: Carlo Pisacane che precedette Garibaldi nell'impresa, si impossessò con un vero e proprio atto di pirateria del piroscafo
Cagliari, arrivò a Ponza e liberò 300 galeotti, con questo esercito improvvisato di tagliagole e ladri sbarcò a Sapri: eran trecento, erano giovani e forti e
sono morti...
Il libro è disponibile in libreria oppure direttamente presso la casa editrice che offre molti altri titoli di grande interesse, riporto di seguito i riferimenti.
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Luciano Salera, Garibaldi, Fauchè e i Predatori del Regno del Sud, Ed. Controcorrente, Napoli, 2006
ISBN 88-89015-47-0
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1) Luciano Salera, Garibaldi, Fauchè e i Predatori del Regno del Sud,Controcorrente, Napoli, 2006, p. 7
2) In op. cit., p.103) ibidem, p.27
4) Nonostante i sostenitori dell'abolizione della figura del prefetto attribuiscano al Fascismo la sua introduzione, il rappresentante del governo in ogni provincia è una creazione monarchica voluta dalla casa Savoia.Da ricordare che nei primi anni in cui si era attuata l'unificazione nazionale, la maggior parte dei prefetti erano piemontesi, funzionari leali alla corona che erano gli occhi e le orecchie del re il cui compito principale era quello di mantenere l'ordine pubblico oltre a quelo di dirigere organismi sanitari provinciali e controllare la scuola e i lavori pubblici.
Tutta la politica venne improntata sui canoni di una politica liberista di ispirazione cavouriana.
5) Il torbido episodio di Bronte fu forse il più embematico nella politica della repressione attuate dalle truppe garibaldine al comando di Nino Bixio.
Lo stesso console inglese a Catania, sollecitò Garibaldi ad intervenire e Garibaldi invio Bixio che si rese responsabile di una durissima repressione in cui non solo venne aperto il fuoco contro i rivoltosi ma furono passati per le armi tutti quelli che si riuscirono a catturare.
Bixio istituì un tribunale speciale dove furono giudicati tutti i responsabili della rivolta che non ebbero alcuna possibilità di difendersi.
Bronte fu solo l'inizio della politica delle bainette e delle esecuzioni sommarie, seguirono Randazzo,Castiglione,Regalbuto , Centorbi e altri centri minori.
Dopo l'Unità d'Italia, nel 1863, il parlamento votò le leggi marziali che portarono a 7000 condanne a morte, l'oppressione e la miseria dei contadini rimanevano, la questione meridionale costituirà un nodo irrisolto che attraverserà tutte le vicende della storia nazionale fino ai giorni nostri.
(7) Ibidem, p. 159