La casa editrice genovese il melangolo ha dato avvio, da qualche anno, ad un'iniziativa veramente lodevole scegliendo di pubblicare, nella collana opuscula, dei libri che definire minori sarebbe fare un torto ai grandi autori presenti nella stessa ma che sono certamente poco conosciuti, sia perchè di un autore si ricordano le opere più significative sia perchè per travagliate vicende storiche, spesso molte opere sono cadute ingiustamente nel dimenticatoio.
Fare conoscere pertanto queste opere non solo è l'occasione per arricchire il proprio patrimonio di conoscenze allargando orizzonti culturali spesso troppo condizionati da scelte editoriali che potremmo definire da best seller ma anche per misurarsi con idee nuove che possano essere da stimolo alle nostre scelte valoriali.
Charles de Bovelles (il cui nome latinizzato che troviamo nelle sue opere è Carolus Bovillus) è un filosofo che non troverete in nessun manuale di filosofia semplicemente perchè non è stato determinante nella storia del pensiero filosofico e anche per il fatto che le sue riflessioni sono ascrivibili al campo della riflessione teologica.
I confini tra filosofia e teologia sono stati per molto tempo inesistenti, tutti i filosofi del passato, certamente fino ad arrivare ad Hegel, hanno compiuto studi di teologia questo perchè da Aristotele in poi, ragionare intorno ai massimi sistemi è stato quasi un obbligo a cui nessun pensatore si poteva sottrarre.
Benedetto Croce usò l'espressione di filosofia teologizzante per descrivere le trattazioni o i discorsi che hanno per oggetto Dio, per Croce era inconcepibile occuparsi di problemi che non potevano avere una soluzione costruendo dei sistemi del tutto astrusi frutto della più fervida immaginazione.
Croce è stato un pensatore che ha vissuto nel XX sec., de Bovelles era figlio del suo tempo ma aveva una mentalità aperta e agli studi di teologia, giovanissimo, accostò quelli della matematica, una matematica-filosoficache risentì delle influenze di Cusano (1)
Grande viaggiatore, de Bovelles girò in mezza Europa entrando in contatto con gli intellettuali dell'epoca da Raimondo Lullo a Raimondo di Sebunda passando da Ermete Trismegisto fino a Ficino e Pico della Mirandola, un personaggio curioso de Bovelles che scrisse moltissimo, poi l'oblio durato secoli e la riscoperta che ha stimolato una vivace lettratura critica sulla sua vita, il pensiero e la sua opera.
Il libro venne scritto nel 1509 e successivamente pubblicato nel 1511 a Parigi presso l'editore H.Estienne con il titolo in latino come erano usi fare a quei tempi tutti gli scrittori e gli studiosi , fa parte di un insieme di scritti che portano come parola iniziale o quella di Liber o di Libellus e la sua versione in lingua italiana "contemporanea" è abbastanza recente e si apre con una lettera dedicatoria e con un avviso rivolto al lettore, quello che veniva chiamato Octostico, scritto da Jean Pellitarius e che così recita.
Come Dio trasse tutte le cose dal nulla,Come Dio, che è senza principio nè fine,
Produsse la materia prima, creando la vasta sfera,
Lui che donò l'essere ai cori degli angeli,
Lettore che desideri saperlo, rivolgi qui la tua ampia mente:
Benchè piccolo, questo libro te lo dirà.
Se il rinoceronte dell'invidia lo minaccia col suo corno,
Proteggilo tu, che in esso troverai un sostanzioso
nutrimento (2)
Una definizione del nulla
Bisogna distinguere il piano della riflessione filosofica da quello del linguaggio comune, quando noi diciamo nulla, intendiamo dire niente ad esempio direnon fare niente dalla mattina alla sera, significa molto semplicemente che si è stati in ozio per tutto il giorno, il che non significa dire che non si sia fatto nulla oppure, sempre a titolo esemplificativo, affermare non fa niente significa dire che quella cosa non è importante, nel linguaggio comune niente e nulla hanno la stessa valenza, sono termini interscambiabili.Viceversa nel linguaggio filosofico il termine nulla ha una valenza categoriale completamente diversa, dice a questo proposito de Bovelles.
Il nulla non è in nessun luogo, nè nella mente nè nella natura delle cose, nè nelmondo intelligibile nè nel mondo sensibile, nè in Dio nè fuori di Dio in nessunacreatura. Ogni ente è, ogni è qualcosa. Tutte le cose sono piene di essere. Ilnulla è vuoto inattivo è vano...... (3)
Non ci addentreremo entro campi insidiosi e di difficile comprensione anche perchè questa non è la sede adatta ma anche ai profani è ormai noto che al di là del dibattito in campo filosofico, la fisica moderna è, da tempo, alla ricerca di quella particella infinitesimale chiamata impropriamente particella di Dio che sarebbe alla base di ogni materia presente nell'universo, non è quindi un dibattito astruso e alla base dell'odierna sperimentazione c'è un assunto filosofico in base al quale dal nulla non si genera nulla, chiamiamolo Dio o caso, sta di fatto che il principio fondamentale dell'ontologia greca è lo stesso principio che sta alla base della fisica moderna in base alla quale tutto quello che c'è nell'universo pre-esisteva sotto altra forma.
E' evidente che la polemica che a quanto pare continua ad essere alimentata dal muro contro muro che puntualmente i custodi del creazionismo acritico e gli anticreazionisti scientisti, erigono a sostegno di una o dell'altra tesi, è non solo un'inutile querelle, ma è soprattutto un volere sfuggire al problema superato da tempo anche in sede scientifica ed è veramente straordinario vedere che de Bouvelle quasi cinque secoli fa aveva capito che la materia è all'origine di tutte le cose, non ha importanza se questa materia è infinitesimamente piccola e incompiuta, il dato scientifico è che quella materia è alla base di ogni cosa.
L'unico errore da non commetttere è pensare che l'idea di creazione sia una nozione di origine vetero testamentaria, la stessa folosofia greca aveva elaborato una certa idea di creazione e lo stesso Platone da un'idea di creazione che è ex nihilo (dal nulla), una cosa è certa anche alla fisica contemporanea e cioè il fatto che non esiste un'apparizione della materia senza causa al di là di ogni congettura fideistica.
Non c'è bisogno di essere filosofi o scienziati per chiedersi cosa vuole dire tempo infinito e non essere terrorizzati dinanzi a questa idea inconcepibile per la mente umana, il concetto di tempo infinito è un concetto filosofico e matematico,de Bouvelle distinge quattro modi di durata:
- l'eternità
- l'evo
- il tempo
- l'istante
Una tetrade o quaternità che si avvale di principi matematici e che de Bouvelle così esplicita:
l'eternità è la durata illimitata, non ha principio nè fine, è come una retta mediana che viene tracciata in entrambe le direzioni senza limite nè termine, quello che noi possiamo vedere di questa retta è solo una parte, mentre le due estremità si perdono all'infinito.L'evo è una durata che non pone nessuna fine a un principio e procedendo con la stessa similitudine matematica esso è paragonabile ad una retta che ha un certo inizio ma non ha alcuna fine, de Bouvelle dice testualmente, Dalla parteanteriore è limitato, da quella posteriore è illimitato.
il tempo ha una durata limitata e puo essere rappresentato da una retta limitata ad entrambe le estremità, ha un principio e una fine, l'uomo vive nel tempo.L'istante è un limite privo di durata, l'istante non è nè il secondo, nè il millesimo di secondo, l'istante è senza parti e privo di successione e di intervallo e pur costituendo la durata è impalpabile e non si può nè cogliere nè concepire, può essere astrusa quest'idea ma il presente non esiste siamo condannati a vivere solo due momenti il passato e il futuro e istante dopo istante il futuro è contiguo al passato perchè ogni futuro appena concepito diventa subito passato..
Sapere che esiste la molecola, poi l'atomo sino ad arrivare a quell'impalpabile particella che è il bosone forse svelerà come la materia è stata formata (e ci siamo guardati dall'usare il termine creare proprio per non alimentare equivoci concettuali a cui i fideisti sono pronti a replicare con incosistenti argomentazioni), ma mai l'uomo potrà spiegare il perchè dal nulla si è formata la materia.
Si rischia di provocare un cortocircuito del cervello come ha ben rilevato Emanuele Severino quando si affrontano argomenti che appaiono essere come dei buchi neri che tutto risucchiano, il rischio esiste ma la consapevolezza che tra la forma più impalpabile della materia (il fotone) e la mente umana corre la stessa relazione che esiste tra il nulla infimo e il Sommo Bene, la nostra origine è il nulla, noi veniamo dal nulla (4) e nel nulla ritorniamo.
Considerazioni come queste possono apparire solo speculative ma la logica contemporanea continua ad occuparsene, come allora si può sviluppare un'idea del nulla senza cadere nella trappola metafisica o teologica?
Due filosofi contemporanei, Bergson e Carnap hanno cercato di illustrare al meglio questo concetto cercando di evitare tutte le magagne presenti da sempre nella metafisica.
Bergson dice che l'idea del nulla è una pseudo-idea ed è una idea assurda come quella del circolo quadrato, ciò significa che se si dice che "non c'è nulla" quando non c'è la cosa che aspettavamo che ci fosse.
Carnap critcò il concetto metafisico del Nulla e affermò che dal punto di vista della logica dire "Non c'è Nulla fuori" significa affermare che "non c'è qualcosa che sia fuori", in definitiva la logica contemporanea è molto più vicina al significato del Nulla che viene dato dal linguaggio comune che con il nulla intende indicare l'esistenza di possibilità.
E' sconsolante e crea disperazione sapere che della quasi totalità degli uomini non rimarrà nulla, non rimarrà un ricordo ( i ricordi dei cari estinti si esauriscono nell'arco di un paio di generazioni), non rimarranno opere degne di essere studiate o lette, non rimarranno neppure i frutti del loro lavoro materiale ( Nerone non avrebbe mai pensato che la sua Domus Aurea sarebbe diventata di proprietà di uno stato di cui non avrebbe mai potuto concepire l'esistenza).
Ogni creatura è quindi nulla perchè non si può dare vita da se stessa ed è puro nulla perchè non può preservare se stessa dalla distruzione.
Esiste un modo per non precipitare nel nulla e non farsi travolgere dalla sua ingombrante seppur impalpabile presenza? Dobbiamo ritornare a quel mistico che è stato Meister Eckhart che consapevole dell'impossibilità umana di cogliere la libertà del nulla suggeriva di essere liberi come il nulla, cosa significa questo? Significa che l'unica strada è quella del puro distaco da ogni forma costrittiva che ci fa precipitare nella disperazione del nulla, solo diventando nulla ci si libera dal nulla.
Attenzione che diventare nulla non significa diventare una nullità nel senso inteso dal linguaggio comune, diventare nulla per Meister Eckhart significa abbandonare il nulla per sprofondarsi nel nulla cioè in Dio che è la massima espressione del nulla, il concetto è lo stesso di tutte le esperienze insegnate dalla mistica buddista dove l'individuo si annulla trascendendo nascita, vita, vecchiaia e morte per raggungere il Nirvana.
Se il pensare il nulla è inconcepibile anche non pensare, è pensare al nulla, cosa significa questo? Che pensare positivamente ( cioè affermando) o negativamente ( cioè negando) si trovano esattamente sullo stesso piano, se pensare il nulla è impensabile l'unica strada per liberarsi da questo orrore metafisico è percorrere la strada indicata da Epicuro che
*dinanzi alla morte e al nulla disse: Non aver paura della morte, quando c'è la morte noi non ci siamo, quando noi ci
siamo non c'è la morte
dinanzi al nulla proclamato dai filosofi patrocinatori di catastrofi per evitare di farsi adescare su vie impervie e seducenti della dialettica , sosteneva che bisognava vivere con un immensa e superba imperturbabilità'; sempre al di là ......E restare padroni delle nostre quattro virtù, coraggio, perspicacia, simaptia, solitudine. (5)
Non è la strada, è una strada che può essere terapeutica per evitare qualsiasi cortocircuito mentale e per non perdersi nei labirinti inestricabili del....nulla.
De Bovelles dedicò questo libro a Jacques Vitry che era il cancelliere del duca di Borbone e anche il suo protettore e mecenate, la sua dedica può essere fatta propria da ogni lettore e si distingue per una grande delicatezza anche nei confronti di chi deve leggere quelle poche cose che si possono dire del nulla; era in uso all'epoca e lo è stato per secoli scrivere dedicando un'opera a chi ne era stato il patrocinatore e aveva finanziato la stampa di un libro, al di là del tono elegante di de Bovelles è da evidenziare il fatto che egli con l'affermazionetutte le cose furono tratte dal nulla dimostra implicitamente di credere in quella teoria della creatio ex nihilo che dal punto di vista esegetico non compare nella Bibbia.
La nota posta a piè di pagina è di particolare interesse perchè spiega che in nessuna fonte biblica si parla di creazione dal nulla, non è una cosa di poco conto perchè su questo punto vi sono sempre stati scontri anche violenti, in realtà solo l'esegesi e il confronto con i primi testi scritti toglie ogni dubbio sul fatto che nella tradizione ebraica quest'idea non esistesse e che è stata introdotta solo a partire dal V sec, nella versione latina.
Nella collana opuscula della casa editrice il melangolo si trovano molti titoli che costuiscono delle perle che sicuramente i bibliofili hanno già raccolto ma che possono essere l'occasione per ampliare le proprie conoscenze e perchè non leggere dopo "Il piccolo libro del nulla" di de Bovelles, lo stupendo libro di Stefan Zweig intitolato Gli occhi dell'eterno fratello? ...
Un piccolo libro che tu, forse riconoscerai come frutto di una fatica non vana nè inutile, purchè a questo opuscolo si aggiunga qualche lustro e purchè questo
minerale grezzo, lavorato senza sosta, venga forgiato sul tuo incudine. Addio
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(2) Charles de Bovelles, Il piccolo libro del nulla,il melangolo, 1994, p. 17
(3) Ibidem, p.214) Meister Eckhart affermava che tutte le creature sono un puro nullaperchè vengono dal nulla e la precarietà del nostro essere è tale che ritorniamo nel nulla.
(5) Friedrich Nietzsche, Al di là del bene e del male, Adelphi, 1977, p.199
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