SENECA LUCILIO SUO SALUTEM
1. Ex iis quae mihi scribis et ex iis quae audio, bonam spem de te concipio: non discurris nec locorum mutationibus inquietaris. Aegri animi ista iactatio: est primum argumentum compositae mentis existimo posse consistere et secum morari. 2. Illum autem vide, ne ista lectio auctorum multorum et omnis generis voluminum habeat aliquid vagum et instabile. Certis ingeniis inmorari et innutriri oportet, si velis aliquid trahere quod in animo fideliter sedeat. Nusquam est qui ubique est. Vitam in peregrinatione exigentibus hoc evenit, ut multa hospitia habeant, nullas amicitias; idem accidat necesse est iis qui nullius se ingenio familiariter applicant sed omnia cursim et properantes transmittunt. 3. Non prodest cibus nec corpori accedit qui statis sumptus emittitur; nihil aeque sanitatem inpedit quam remediorum crebra mutatio; non venit vulnus ad cicatricem in quo medicamenta tempantur; non convalescit planta quae saepe transfertur; nihil tam utile est ut in transitu prosit. Distringit librorum multitudo; itaque cum legere non possis quantum habueris, satis est habere quantum legas. 4.'Sed modo' inquis 'hunc librum evolvere volo, modo illum' Fastidientis stomachi est multa degustare; quae ubi varia sunt ed diversa, inquinant, non alunt. Probatos itaque semper lege, et si quando ad alios deverti libuerit, ad priores redi. Aliquid cotidie adversu paupertatem, aliquid adversu mortem auxili compara, nec minus adversus ceteras pestes; e cum multa percurreris, unum excerpe quod illo die concoquas. 5. Hoc ipse quoque facio; ex pluribus quae legi aliquid adprehendo.Hodiernum hoc est quod apud Epicurum nanctus sum (soleo enim et in aliena castratransire, non tamquam transfuga, sed tamquam explorator): 'honesta' inquit 'res est laeta paupertas. 6.Illa vero non est paupertas, si laeta est; non qui parum habet,sed qui plus cupit, pauper est. Quid enimrefert quantum illi in arca, quantum in horreis iaceat, quantum pascat aut feneret,si alieno imminet, si non adquisita sedadquirenda conputat? Quis sit divitiarum modus quaeris? Primus habere quod necesse est,proximus quod sat est.Vale
SENECA SALUTA IL SUO LUCILIO
1.Dalle cose che scrivi e dalle cose che sento, nutri per te buone speranze: non vai correndo qua là né ti inquieti a causa della voglia di cambiare luoghi. Questa agitazione è sintomo di un animo malato: penso che il primo indizio di una mente equilibrata possa consistere nel fermarsi e nel stare in compagnia con se stessi. 2. Bada poi che la lettura di molti autori e di ogni genere di libri ha qualcosa di incostante e di volubile. Occorre che tu ti soffermi e ti nutra di autori di gran talento, se desideri ricavare qualcosa che rimanga ben radicato in te. Chi è dappertutto non è in nessuna parte.Questo accade alle persone che passano la vita in viaggi, sebbene abbiano molte relazioni di ospitalità, non hanno alcuna amicizia; la stessa cosa accade a coloro i quali non si dedicano con intensità ad alcun autore ma sfogliano tutto in modo veloce affrettandosi. 3. Non è di giovamento il cibo che viene ingerito e subito dopo rigettato; allo stesso modo ostacola la buona salute il frequente cambiamento di medicine; non si cicatrizza la ferita nella quale vengono provati diversi medicamenti; una pianta se viene spostata spesso non si irrobustisce; niente è utile da dare giovamento quando è di passaggio. Una gran quantità di libri distrae, e così non potresti leggere tutti i libri che potresti avere, è sufficiente che tu ne abbia quanti puoi leggerne. 4. "Ma" -tu obietti - " io voglio sfogliare ora questo libro ora quell'altro". Mangiare molte cose è tipico di uno stomaco che prova fastidio: i cibi che sono vari e diversi non nutrono intossicano. Leggi sempre autori riconosciuti e si ti piacerà passare ad altri autori, ritorna poi ai primi. Ogni giorno procura un aiuto contro la povertà, contro la morte e, anche, contro le altre sventure; e quando avrai fatto molte letture, estrai una concetto su cui riflettere per quel giorno. 5. Anche io stesso faccio questo; apprendo qualcosa dalla pluralità di cose che ho letto. Questo è quello che oggi ho trovato per caso presso Epicuro ( ho l'abitudine infatti di attraversare gli accampamenti altrui non tanto come un fuggitivo ma come un esploratore): "Nobile cosa -dice - è una povertà gradita" 6. Quella invero non è povertà, se è gradita; non è povero chi ha poco ma chi desidera continuamente. Che cosa importa quanto uno abbia in cassaforte, quanto grano sia conservato nel granaio, quanto bestiame sia al pascolo e quanto capitale renda, se invidia le cose altrui, e non apprezza le cose acquisite ma le cose da acquisire? Mi domandi quale sia il modo giusto di porsi dinanzi alle ricchezze? Primo avere ciò che è necessario, poi ciò che basta. Sta bene.
Traduzione di Caiomario
Commento
La seconda lettera a Lucilio si articola riflettendo su tre concetti: il primo riguarda l'importanza di starsene tranquilli e in compagnia di se stessi evitando di correre qua e la e di agitarsi continuamente; il secondo, sviluppando il primo argomento, sulla necessità di non sprecare tempo ed energie affrontando la lettura di un gran numero di autori ma di concentrarsi solo su quelli di riconosciuto valore; il terzo sull'importanza della povertà quando è gradita e quanto valore abbia per la salute dell'animo non desiderare più di quello che serve. Seneca dice "primus habere quod necesse est, proximus quod sat est" " la prima cosa è possedere ciò che è necessario, poi ciò che basta" . Quest'ultimo concetto è una costante nel pensiero senecano che deriva dal disprezzo per i beni materiali sostenuto da quell'Attalo che fu il maestro di Seneca e verso il quale egli nutriva una grande ammirazione e un debito di riconoscenza. Come è sua abitudine Seneca conclude la lettera con un "munusculum" "un piccolo dono" citando una sentenza di Epicuro, sentenza che egli cita con un certo pudore con la consapevolezza che grande era la distanza esistente tra lui che viveva lo stoicismo in libertà e l'epicureismo ma nello stesso tempo proprio il suo senso di libertà consentiva a Seneca di transitare nei campi altrui non come un disertore ma come un esploratore pronto a cogliere i frutti migliori di questa o quella dottrina filosofica.
Caiomario