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3 aprile 2014 4 03 /04 /aprile /2014 08:12

 

 

 

 

 

 

 

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https://www.flickr.com/photos/61429029@N05/5904435402

 

 

 

"La morte, il più atroce di tutti i mali, non esiste per noi. Quando noi viviamo la morte non c'è, quando c'è lei non ci siamo noi. Non è dunque nulla nè per i vivi nè per i morti. Per i vivi non c'è, i morti non sono più.

Invece la gente ora fugge la morte come il peggiore male, ora la invoca come requie ai mali che vive."

 

IL COMMENTO DI CAIOMARIO

 

In questo celeberrimo passo presente nelle  Lettere sulla felicità il filosofo greco Epicuro  presenta la sua posizione  e quella della scuola epicurea (per noi) nei confronti della morte. Epicuro annuncia che la morte non esiste per l'uomo e poi argomenta quanto è stato enunciato nei seguenti termini:

 

La morte quale male peggiore di tutti i mali è un evento che non può interessare chi è in vita in quanto quando l'uomo è vivo la morte è lontana da lui.

 

L'idea che la morte sia qualcosa che non dovrebbe interessare i vivi comprende anche i morti stessi che, in quanto tali, non hanno più nulla da temere proprio per il fatto che l'evento si è già verificato.

Al contrario la gente comune o cerca di fuggire dalla morte ritenendola il peggiore dei mali oppure paradossalmente (aggiungiamo noi) la invoca come soluzione al male di vivere.

 

Epicuro non si limita ad enunciare una tesi ma la argomenta con un argomento forte e indiscutibile, l'uomo non sa e non può sapere cos'è la morte, perché allora preoccuparsi di qualcosa che quando si è in vita non dovrebbe interessargli?

 

La posizione di Epicuro nei confronti della morte si ricollega alla nota XI Massima Capitale nella quale  egli dice:

 

"Se non ci turbasse la paura delle cose celesti e della morte, nel timore che esse abbiano qualche importanza per noi, e l'gnoranza nei limiti dei dolori e dei desideri, non avremmo bisogno della scienza della natura".

 

Se l'uomo non deve preoccuparsi della morte, dall'altro canto Epicuro individua proprio nella paura della morte il tentativo da parte dell'uomo di conoscere ogni cosa al fine di liberarsi dal timore dei dolori e dei desideri.

Tuttavia Epicuro non considera il desiderio di conoscenza un male per l'uomo in quanto è proprio la scienza che consente all'uomo di liberarsi dalle superstizione, dal timore degli dei e dalla morte stessa in modo che egli possa avere pieno godimento della vita terrena.

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Published by Caiomario - in Filosofi: Epicuro
12 ottobre 2012 5 12 /10 /ottobre /2012 04:40

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Siamo sempre tesi tra sostenere Epicuro o Seneca, anche chi non ne ha mai approfondito il pensiero inconsciamente oscilla tra le due posizioni. Questo accade perché l'uomo dinanzi allo scorrere della vita, ai suoi imprevisti, alle sue gioie e ai suoi dolori, non ha una ricetta precostituita e cerca delle risposte ora in una, ora in un'altra strada. 
Quale sia la strada giusta da seguire non si può dire ma è possibile dire che non tutte le persone sono pronte ad accettare l'epicureismo come via alla felicità e al piacere. 
Per frequentazione dovuta a motivi di studio prima e di interesse dopo, ho letto sia i testi che numerose critiche alla dottrina di Epicuro. 
A differenza di quanto si possa pensare Epicuro è semplice da comprendere in quanto era solito pronunciarsi con delle sentenze brevi, attraverso delle massime che sono diventate celebrerrime e spesso -mi preme sottolinearlo- citate a sproposito, sono pochissimi infatti coloro i quali possono definirsi seguaci di Epicuro e fedeli ai dettami della sua dottrina. 

 

 

 

 

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Fonte immagine: http://www.flickr.com/photos/61429029@N05/5904435402

Tratta da Album di Javier Almodóvar

 

 


L'equivoco nasce da una cattiva interpretazione del pensiero di Epicuro dovuta alla malevola dannazione che lo ha "perseguitato" nei secoli. 
La lettura del volume può quindi costituire occasione per sgomberare il campo da questi equivoci e soprattutto dalla vulgata comune che epicureo significhi "crapula" che si abbandona ai piaceri dei sensi, niente di più falso e niente di più lontano dalla dottrina di un pensatore che continua ad affascinare per le sue teorie che trovo invece equilibrate e forse le unich percorribili quando non si riesce a dare risposta ad un termine come felicità e quando non si riesce a vivere con coerenza impegno e responsabilità. 

IL LIBRO 

  • Titolo: La felicità e il piacere 
  • Autore Epicuro 
  • Editore: Barbera (pubblicato nella collana "Parole per sempre" 
  • Anno di pubblicazione: 2005 
  • Pagine: 59 
  • Prezzo Euro 6,90 


L'ANGOLO PERSONALE 

Il volumetto ha il pregio di raccogliere tutte le massime e gli scritti distesi di Epicuro, la brevità del libro si spiega per il fatto che i testi che ci sono pervenuti sono assai scarsi; dobbiamo essere grati a Diogene Laerzio se possiamo conoscere una piccola parte delle sentenze di Epicuro. 
Anche se esistono una serie di fonti autentiche che ci permettono di integrare e conoscere la sua dottrina, leggere direttamente il suo pensiero continua ad esercitare una pregnante suggestione a distanza di oltre 2200 anni. 
Il pensiero di Epicuro ebbe nell'antichità un grande seguito, si pensi che in una villa di Ercolano vennero ritrovati dei papiri carbonizzati (ma ancora leggibili) dove erano contenuti testi epicurei ossia di coloro che -seguaci del maestro di Samo- elaborarono delle dottrine perfettamente aderenti al suo pensiero. 

Il concetto espresso da Epicuro è semplice: non possiamo raggiungere la conoscenza per se stessa, tanto vale cercare di ragiungere la massima felicità possibile. Non si può comprendere lo spirito del pensiero epicureo e il significato delle sue massime se non si comprende questo presupposto: non possiamo sapere più di tanto, non resta allora che cercare di essere felici. 

Epicuro parla di felicità e di piacere, è la felicità che porta piacere e non viceversa. Ecco il punto centrale del suo pensiero: non dobbiamo agitarci, è necessario garantire la tranquillità dell'anima da tutte le minacce esterne, bisogna quindi raggiungere una calma che Epicuro paragona quella che si può riscontrare in un mare tranquillo. E' questo l'obiettivo, il resto non conta. 
L'uomo deve vincere la paura ma anche la passione e il dolore (che deriva dalla passione), trovo la via indicata da Epicuro saggia perchè ogni passione distrugge l'uomo e lo fa vivere nel turbamento anche se è facile da dirsi, ma è diffcile da applicare con coerenza la sentenza epicurea. 

PORCUS DE GREGE EPICURI 

Chi è il porco del gregge di Epicuro? E' un'idea che non appartiene ad Epicuro, sono stati i suoi detrattori ad aver messo in giro questa definizione fuorviante, chi usa questa epsressione per il pensiero del filosofo di Samo, si sta riferendo in realtà (senza saperlo) ad Orazio Flacco che teorizzava il "carpe diem" cosa diversa dalla calma interiore di cui parlava Epicuro. 



APPLICAZIONE PRATICA DEI PRECETTI DI EPICURO 

Possono trovare applicazione nella vita quotidiana i precetti di Epicuro? Senz'altro a mio parere. Oggi più che mai. 

Cosa avrebbe fatto Epicuro davanti alle notizie negative che ci bombardano ogni giorno attraverso la televisione o la radio? Avrebbe spento la televisione quale fonte di agitazione e di angoscia. 
Cosa avrebbe fatto Epicuro dinanzi a una cartella esattoriale? Se poteva pagarla l'avrebbe pagata, se no non si sarebbe turbato più di tanto. 
E dinanzi alle azioni degli uomini quali dispetti ed invidie? Si sarebbe messo sopra una collina e avrebbe guardato senza farsi distrarre ne "appassionare" da queste piccolezze. 

E quale è il comportamente da tenere davanti alle leggi dello Stato? Vanno rispettate per motivi pratici, ma -sostiene Epicuro- volta le spalle alle beghe della politica e vivi nascosto. 
Discutibile questa posizione perché in tal modo niente cambierebbe, ma può essere una strada saggia, trasgredire per essere puniti non è da saggio -sostiene Epicuro- m vedere affondare gli ingiusti nelle sabbie mobili e non intervenire lo è. 


Libro da leggere, consultare e tenere come un prontuario per l'uso quotidiano, ognuno può trovare la sua massima e la sua sentenza da applicare nella vita di ogni giorno. 

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Published by Caiomario - in Filosofi: Epicuro

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