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26 giugno 2018 2 26 /06 /giugno /2018 14:09

Gli uomini condannano l'ingiustizia perché temono di poterne essere vittime, non perché aborrano di commetterla - Platone.

 

Preambolo

Normalmente i lettori che si avvicinano ad un autore classico come Platone pensano erroneamente di dover affrontare una lettura pesante e ostica da comprendere. Niente di più sbagliato, perché nessuna elaborazione concettuale e -aggiungo con piena consapevolezza- nessun valore civile e morale può prescindere dalla filosofia. Anche coloro che mai si sono avvicinati alla filosofia greca sono figli di quella cultura così come lo sono della "cultura giuridica romana" su cui sono improntati i fondamentali del diritto.
Pertanto la lettura di un'opera straordinaria come " La Repubblica"  è l'occasione per riflettere su una concezione di Stato che al di là delle "bizzarrie" espresse dal filosofo greco, può rappresentare un'occasione per ragionare su cosa può essere lo Stato inteso come sistema in cui esistono dei valori condivisi e convissuti.


Platone dedicò allo Stato un'opera che intitolò La Repubblica", questo termine nel suo significato etimologico vuole dire "costituzione" vale a dire "ordinamento della polis". Non si tratta quindi di un'opera in cui vengono affrontati temi "esistenziali" e in cui vengono poste delle domande ma di un vero e proprio trattato di filosofia politica elaborato in forma utopica.
Platone spiega innanzitutto l'origine dello Stato quale forma di aggregazione fondamentale degli uomini che lo costituiscono per bisogno; dando questa argomentazione egli anticipa in un certo senso una delle tesi del modello giusnaturalistico dell'origine dello Stato che verrà poi sviluppata in forma compiuta nel seicento e nel settecento. Tuttavia ciò che differenzia Platone rispetto a quelle teorie che partono da una concezione negativa della natura umana è proprio la sua idea positiva nei confronti dell'uomo.
L'uomo - secondo Platone- non è infatti in grado di essere autosufficiente e quindi ha bisogno di unirsi agli altri per soddisfare tutti i suoi bisogni, non solo quelli materiali ma anche quelli spirituali.
Il fondamento base dello Stato è la natura socievole dell'uomo e in questo egli si dimostra un inguaribile ottimista dotato di una rigorosa e lucida razionalità ed è proprio lui ad aver per primo elaborato quel concetto di "divisione del lavoro" che Marx, in epoca moderna, descrisse come la caratteristica prima del sistema capitalistico (e non solo).

Platone afferma:

"Le singole cose riescono più e meglio e con maggiore facilità quando uno faccia una cosa sola, secondo la propria naturale disposizione e a tempo opportuno, senza darsi pensiero delle altre".

Ogni individuo quindi ha bisogno di soddisfare i bisogni primari (cibo, vestiti) ed è quindi conveniente che ognuno si specializzi nella produzione di ciò che serve agli altri.
Le varie categorie quindi nascono da questa esigenza iniziale di dividere il lavoro e di specializzarsi nella produzione di questo o quel bene, Platone parla di commercianti, artigiani, agricoltori e tutte queste categorie di cittadini costituiscono la polis, ne sono l'essenza stessa.
Ma oltre a queste professioni che servono per soddisfare i bisogni dei cittadini, nasce anche l'esigenza di difendere lo Stato dai tentativi degli altri Stati di impadronirsene.
La categoria dei guardiani e dei custodi è quella che detiene la forza ma il requisito fondamentale per appartenere a questa categoria è quello di essere sapienti, cioè filosofi.
In sintesi ecco le categorie delineate da Platone:

  •  I produttori (commercianti, agricoltori, artigiani) ossia coloro che si dedicano alle attività che servono a soddisfare le esigenze di tutti gli altri cittadini.
  •  I guerrieri o custodi che si dedicano alla difesa dello Stato.
  •  I filosofi o guardiani che si dedicano al buon governo.


PILLOLA DI CICUTA

Nella visione dello stato ideale platonico non esistono (e non poteva essere diversamente) i parassiti come proliferano invece nella società odierna, possiamo definire i parassiti tutti coloro che hanno fatto dell'attività finanziaria l'unica e sola attività che deve governare il mondo, ma parassiti sono anche coloro che in un modo o nell'altro vivono la propria condizione come una fonte di diritti inestinguibili e non discutibili.
Platone dava importanza alla produzione come forma di attività concreta di lavoro utile a tutta la comunità. In questo senso Platone dimostra di essere molto più sociale rispetto alle forme di riformismo politico che non riescono a fare a meno della cattiva finanza da cui attingono risorse.
Pur volendo storicizzare l'epoca  in cui rgli visse, non possiamo fare a meno di prendere come punto di riferimento il concetto espresso da Platone che vedeva nella componente lavoro uno dei cardini del vivere in comune.

I FILOSOFI OSSIA I GUARDIANI, I GOVERNANTI DEVONO VIVERE IN COMUNE (secondo Platone), PLATONE ERA CONTRO I PRIVILEGI DELLA CASTA.

I guardiani e i filosofi devono vivere in comune, ossia devono non solo mangiare insieme ma anche vivere nello stesso luogo e soprattutto non devono possedere beni personali.
Cosa averebbe pensato il Nostro dei vitalizi, dei doppi incarichi, delle prebende e dei privilegi.
A tal proposito si parla di comunismo platonico, un comunismo che non è dettato da ragioni economiche (o perlomeno non solo economiche) ma da ragioni di carattere etico e politico.
Ogni categoria deve realizzare la propria virtù: i produttori la temperanza, i guerrieri il coraggio e i filosofi la sapienza; solo quando ciascuna categoria avrà realizzato la sua virtù si potrà parlare di armonia e giustizia.

IL COMUNISMO DELLE DONNE

È  sicuramente la parte più utopica dell'opera di Platone ed è quella che piacerà sicuramente meno alle donne.
Tuttavia bisogna darne una chiave di lettura partendo dal concetto di educazione che aveva Platone: prima di tutto -secondo il Nostro- vi doveva essere una perfetta identità tra uomini e donne, questo equilibrio tra i due sessi comportava anche il dovere di svolgere i medesimi compiti e le medesime attività tra cui anche gli esercizi ginnici.
La famiglia come forma di aggregazione primaria veniva abolita, l'unica grande famiglia era lo Stato perciò le donne dei guardiani dovevano avere come unico compito quello di dedicarsi alla difesa dello Stato.
Ciò non va inteso come una sorta di esaltazione del libero amore, niente di più sbagliato intendere il "comunismo delle donne" in senso hippy; ma vediamo come Platone esprime questo concetto:

"Queste donne di questi nostri uomini siano tutte comuni a tutti e nessuna abiti privatamente con alcuno, e comuni siano poi i figli, e il genitore non conosca la propria prole, né il figlio il genitore".

Si tratta di un concetto non realizzabile e in questo senso è utopico, ma resta comunque l'idea di fondo: assicurare la massima concordia nello Stato evitando qualsiasi motivo di divisione e la famiglia era da Platone intesa come una forma di divisione.
Prendendo di buono quello che Platone ha espresso, fa pensare però l'idea di famiglia che hanno le organizzazione malavitose come la mafia, la n'drangheta e la camorra dove per la famiglia (per la propria famiglia) si arriva a sterminare tutti coloro che si frappongono agli interessi della stessa.
L'idea di fare andare avanti la propria famiglia e solo i propri figli è la forma peggiore di antistato che si manifesta anche nella nostra epoca. Tra le due posizioni sarebbe auspicabile una forma di equilibro e qui entra in gioco la cultura compresa quella cattolica che parla si di famiglia ma anche e sopratutto di famiglia universale.

IL COMPITO DEI FILOSOFI (AL POTERE)

In questo grande affresco i filosofi di cui parla Platone NON SONO I PROFESSIONISTI DELLA FILOSOFIA (insegnanti, docenti universitari, pseudo filosofi ecc) ma coloro che conoscono la verità e il bene, ossia coloro che sono i più esperti e i saggi, noi diremo i tecnici.
Platone aborriva i politici di professione ed era favorevole al governo dei più competenti, senza dubbio oggi "molti sinceri democratici" interessati a mantenere i propri privilegi sostengono che deve essere il popolo ad eleggere i propri rappresentanti, ma questa idea è "pelosa" perché con la scusa della democrazia vogliono solo governare per fare i propri interessi.

IL COMPITO DELL'EDUCAZIONE

Nella forma di Stato prospettata da Platone, l'educazione assume un ruolo fondamentale: per i produttori si realizza imparando a svolgere bene il proprio mestiere, i guerrieri dovranno coltivare invece la cura del corpo e dello spirito e i filosofi dovranno dedicarsi alla matematica e all'arte della dialettica intesa come disciplina finalizzata al superamento degli opposti.
In questa attività i filosofi devono essere quasi costretti in quanto amando contemplare le idee potrebbero disinteressarsi del buon governo dello Stato.

LE VARIE FORME DI DEGENERAZIONE DELLO STATO, PLATONE AVEVA INDIVIDUATO ANCHE IL GOVERNO AD PERSONAM

Platone sosteneva che la prima forma di degenerazione dello Stato è la timocrazia, ossia il governo di coloro che aspirano a ricevere onori e privilegi.
La seconda forma di degenerazione è lo Stato oligarchico ossia quello Stato in cui a governare sono pochi ricchi il cui unico fine è il denaro e il potere.
La terza forma è la democrazia in cui l'unica cosa che domina è l'appetito e in cui ognuno cerca le sue libertà, questo "popolo delle libertà" era, secondo Platone- una delle minacce maggiori all'unità dello Stato.
La quarta forma è la tirannide, ossia la forma peggiore di governo in cui uno solo insieme alla cricca che lo ha sostenuto, prende il potere per soddisfare "ad personam" i propri desideri.

.....LA SINTESI
La aggiungo io ed è più recente, ossia il nostro Stato che riassume tutte queste forme di governo.

 



Tra le varie edizioni presenti nel vasto panorama editoriali segnalo quella pubblicata nella Collana economica dell'editore Laterza.
Costa euro 8,50.....è da collocare sicuramente nella propria biblioteca personale, ognuno potrà decidere di collocarsi tra i "guerrieri", i "filosofi" o i "sudditi", questi ultimi sono la maggior parte e sono pronti sempre a seguire il coppiere di turno che si impossessa di uno Stato, ma Platone scrisse anche delle pagine memorabili sulla tirannide e purtroppo, tale tendenza, si manifesta anche nei sistemi democratici sotto mentite spoglie.



 

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Published by Caiomario - in Filosofi: Platone
8 giugno 2014 7 08 /06 /giugno /2014 17:12

PLATONE

 

Nella dottrina dello Stato elaborata da Platone è sempre presente il fine trascendentale che accompagna l'attività dei reggitori, questo fine può essere raggiunto a condizione che si mantenga l'unità dello Stato. Secondo Platone i due fattori che mettono in pericolo l'unità dello Stato sono la ricchezza e la povertà. Nella Repubblica Platone sostiene la sua teoria facendo degli esempi in modo da non limitare l'estensione e la portata delle sue affermazioni; a proposito della ricchezza Platone rivolgendosi ad Adimanto suo interlocutore pone questa domanda: «Se un vasaio diviene ricco, ti pare che vorrebbe occuparsi ancora del suo mestiere?» La risposta è che un vasaio troppo ricco di giorno in giorno il vasaio diverrebbe sempre più trascurato ed inoperoso. Parimenti alla ricchezza la povertà è un limite che impedisce di agire e di avere i mezzi necessari per produrre un bene di valore, l'artigiano che non ha i soldi per acquistare i mezzi necessari al suo lavoro, finirà col produrre beni di pessima qualità e addestrerà operai scadenti.

Platone insegna che quando povertà e ricchezza coesistono nello stesso Stato è come se vi fossero due Stati in uno, uno nemico dell'altro: lo Stato dei poveri e lo Stato dei ricchi a loro volta suddvisi in tanti altri Stati. Un altro pericolo per l'unità dello Stato potrebbe provenire dall'incapacità dei custodi, Platone condanna senza mezzi termini la trasmissione ereditaria delle cariche: il figlio degenere di un custode non può nè deve fare il custode ma deve essere relegato ad una classe inferiore, così come un cittadino che dimostra di avere delle qualità deve essere promosso alla carica di custode no tenendo minimamente conto della sua classe di provenienza.

Per quanto riguarda l'educazione e la formazione Platone sostiene che ogni cittadino debba essere indirizzato verso ciò per cui è nato ossia verso quella che è la sua vocazione naturale in modo che «esso stesso sia uno e non si frantumi in molti; soltanto così uno sarà lo Stato senza spezzarsi in molteplicità».

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Published by Caiomario - in Filosofi: Platone
7 giugno 2014 6 07 /06 /giugno /2014 06:44

PLATONE

 

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Nella filosofia di Platone la dottrina dello Stato riveste un ruolo centrale, la politica intesa come scienza è essenzialmente conoscenza e allo Stato viene attribuita la funzione di orientamento verso il Bene-Bellezza; questa funzione viene svolta dai filosofi che devono educare il cittadino a privilegiare il bene pubblico rispetto al proprio interesse privato. Bene pubblico e giustizia coincidono e costituiscono una risposta alla tesi sofistica in base alla quale parlare di giustizia è cosa illusoria dato che ciò che viene definito giusto è in realtà cio che è utile e ciò che è utile è solo il risultato di un rapporto di forze.

Platone ritiene invece che lo Stato debba garantire l'unitarietà della comunità e deve svolgere una funzione di moralità realizzando la giustizia, lo Stato è uno strumento del mondo intelligibile e può essere governato solo sapendo ciò che è benee non vi può essere bene senza armonia e senza equilibrio. Lo Stato per Platone è un organismo che vive grazie alla cooperazione dei diversi gruppi di cittadini che lo compongono; questi tre gruppi corrispondono alle tre anime dell'uomo e alle virtù ad esse connesse:

  1. La classe dei produttori di beni (artigiani, commercianti, agricoltori) che corrisponde all'anima concupiscibile dell'uomo, la virtù connessa è la temperanza.
  2. La classe dei guerrieri il cui compito è quello di difendere l'ordine interno ed esterno e che corrisponde all'anima irascibile, la virtù ad essa collegata è il coraggio.
  3. La classe dei reggitori o sapienti corrispondente all'anima intellettiva dell'uomo, la cui virtù connessa è la saggezza o sapienza.

 

LO STATO FELICE

La divisione in parti dello Stato non è per Platone fonte di ingiustizia, ma al contrario è il motivo ispiratore di collaborazione tra le classi. Nella Repubblica Platone spiega che nella fondazione dello Stato giusto o felice non si può favorire la felicità di una parte ma quella di tutti. È importante chiarire questo aspetto che riguarda la felicità dei cittadini così come è intesa da Platone che non propone uno Stato costituito da cittadini che passano il loro tempo gozzovigliando e non facendo niente ma al contrario indica la strada dell'impegno e della competenza; ecco cosa dice Platone a tal proposito:

«...non ci costringere a dar ora ai difensori una felicità che tutto li farebbe tranne che difensori. Perché anche noi sapremmo, rivestiti di strascichi i contadini e ricopertili  d'oro, dar loro il permesso di lavorar la terra soltanto come un divertimento, e fatti sdraiare in fila i vasai, dinanzi al fuoco, farli beree mangiare, la loro ruota accanto liberi di lavorare a proprio piacimento, e così rendere beati anche tutti gli altri, allo stesso modo, sì che fosse felice la città intiera. Ma non ci dare tali consigli, perché se ti ascoltassimo, il contadino non sarebbe più un contadino, non più vasaio il vasaio, e non ci sarebbe più nessuno che si manterrebbe in quei tipiin cui lo Stato si costituisce. Per gli altri la conseguenza di un simile disordine sarebbe sempre meno grave; se infatti dei ciabattini divengono cattivi ciabattini, si viziano e, pur non essendo più, si spacciano per tali , niente di grave per lo Stato, ma se i custodi delle leggi e dello Stato non sono davvero, ma appaiono tali, vedi bene che trascinerebbero lo Stato tutto ad una totale rovina, mentre essi soliavrebbero la possibilità di organizzarlo bene e renderlo felice»¹.

Felice è quello Stato dove ognuno fa il suo dovere con competenza in vista del bene pubblico e il compito dei reggitori è quello di dare ad ogni classe la possibilità di partecipare a «quella parte di felicità che la natura concede ad ognuna».Qualunque sia la classe di appartenenza  ciò che è importante nell'impianto politico di Platone è che lo Stato debba mettere ogni cittadino nelle condizioni di svolgere il suo lavoro tenendo conto della sua vocazione naturale, dei suoi mezzi e delle sue capacità intellettuali.

Articoli correlati:

Platone: La morte di Socrate e lo Stato fondato secondo giustizia

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NOTE

(1) Da Platone, Opere politiche, a cura di F.Adorno, vol. I, Utet, Torino 1970.

 

Fonte immagine: https://www.flickr.com/photos/41099823@N00/2526824813

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Published by Caiomario - in Filosofi: Platone
5 giugno 2014 4 05 /06 /giugno /2014 15:12

PLATONE

 

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Secondo il pensiero platonico l'uomo appartiene a due realtà: quella del mondo intelligibile o delle idee e quello del mondo sensibile,  il primo è il mondo eterno e perfetto, il secondo è quello delle cose mutevoli e imperfette quindi il fine ultimo dell'uomo è quello di ricongiungersi al mondo intelligibile. L'uomo essendo attratto da entrambi i mondi tuttavia è chiamato alla trascendenza, in quanto il corpo è una prigione dell'anima, è il corpo la sede delle pulsioni e delle scelte irrazionali, è il corpo che impedisce all'uomo di elevarsi se non si fa guidare dall'equilibrio che è una caratteristica dell'anima intellettiva.

Nonostante questa condanna del corpo e della realtà materiale, Platone ritiene che il mondo sensibile debba essere valorizzato e governato. Queste indicazioni trovano una loro completa teorizzazione nel celebre mito dell'auriga illustrato in una delle opere più suggestive di Platone: il Fedro. In questa opera il filosofo greco spiega che l'anima intellettiva è simile all'auriga che guida un carro trainato da due cavalli: l'anima irascibile e l'anima concupiscibile, l'auriga sa quando deve frenare, pungere o trattenere i deu cavalli e in tal modo fa sì che il carro non venga rovesciato dal loro impeto selvaggio. Si potrebbe obiettare che la vita morale secondo Platone deve essere indirizzata verso l'ascetismo come supremo ideale di vita, tuttavia le passioni non sono negative in sè in quanto rappresentano un'opportunità, l'importante è non farsi travolgere da esse. La virtù è quindi essenzialmente capacità di equilibrio, la virtù coincide con la razionalità nel senso che rappresenta il vero argine nei confronti delle forze irrazionali, ma la virtù è anche giustizia nel senso di equilibrio tra le parti.

Il concetto  di Stato organico espresso da Platone è la forma esterna della prima virtù a cui deve essere improntata la vita dell'uomo: la giustizia. Vive secondo giustizia l'uomo che sta al suo posto e che rispetta la gerarchia, vive secondo giustizia l'uomo che instaura rapporti  equilibrati  con gli altri uomini . Le altre virtù dell'anima dell'uomo sono:

  • la saggezza, la sapienza e la prudenza  sono virtù proprie dall'anima intellettiva, l'uomo che saggio, sapiente e prudente è l'uomo che sa dirigere le passioni.
  • la fortezza e la virilità virtù  necessarie per affrontare le difficoltà della vita e che corrispondono dall'anima irascibile.
  • la temperanza necessaria a non farsi travolgere dai piaceri della vita prodotti dall'anima concupiscibile.

 

L'uomo gettato nel mondo e  la cui anima proviene dal mondo intelligibile si trova così ad affrontare un viaggio dove il cavallo  nero dell'anima concupiscibile deve essere continuamente domato, il cavallo nero è quello che tende a trascinare l'uomo verso le passioni ma che nello stesso tempo alimenta la vita e ne permette il suo perpetuarsi. L'uomo morale è quindi colui che riesce a tenere in perfetta armonia le tre parti dell'anima in modo che egli possa raggiungere la realizzazione del valore supremo del Bene-Bellezza.

 

Fonte immagine: https://www.flickr.com/photos/41099823@N00/2526824813

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Published by Caiomario - in Filosofi: Platone
2 giugno 2014 1 02 /06 /giugno /2014 08:32

 

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PLATONE

È curioso vedere come nel linguaggio comune si consolidino credenze difficili da estirpare, oggi si usa un termine moderno che è quello di "leggende metropolitane" , eppure da sempre l'uomo parla senza sapere che è cosa ben diversa dal sapere di non sapere, se io so di non sapere non parlo senza sapere, verifico quanto sto sostenendo o per lo meno mi accerto che quello che sto sostenendo non sia una "velina" (notizie riportate da altri) eppure tutti hanno usato l'espressione "amore platonico", è difficile conoscere le conquiste amorose del filosofo ateniese ma è probabile (e questa è una supposizione più che plausibile) che Platone come tutti i greci godesse dell'amore fisico, secondo taluni Platone era gay, non lo sappiamo, alcune frasi e teorizzazioni filosofiche sono state prese, tolte da un contesto e utilizzate per sostenere questa teoria ma una cosa è certa Platone teneva in grande considerazione l'Eros ( non Eros).

Chi è Eros? Eros è un dio greco che viene immaginato come un fanciullo alato, una specie di angioletto precoce che è munito di un arco ed è responsabile di ogni vicenda amorosa.
Ma qualcuno obietterà che la dea dell'amore era Afrodite (Venere per i Romani), ma Eros era figlio di Afrodite (tale madre, tale figlio) e in talune rappresentazioni lo troviamo come compagno (amore incestuoso?)  ed Eros era per i Greci e quindi, come vedremo anche per Platone, una potenza divina che permetteva la coesione della natura, spingendo gli elementi a fondersi tra loro e dare vita alle varie forme della realtà.
Eros era quindi il dio primigenio, non procreato da alcuno e dal quale aveva origine il mondo e forse nella mitologia veterotestamentaria non troviamo lo stesso concetto raccontato in dodicesimo o, per altri, elevato a potenza? Adamo ed Eva (ah quella mela quanti problemi ha dato!) non hanno generato due figli di cui uno degenere grazie all'amore, a Eros?

PER COMPRENDERE IL SIMPOSIO

Per comprendere questa straordinaria opera di Platone non possiamo che non fare riferimento ad un celebre dialogo, contemporaneo alla "Repubblica", il "Convito" dove Platone espone nell'ambito della sua teoria dell'etica, l'idea del bello.
Qui troviamo una definizione dell'amore che è il tema del dialogo, l'Amore è inteso come tendenza al possesso infinito del bene e del bello ( i greci parlavano di καλὸς καὶ ἀγαθός, bello e buono), un 'idea che secondo la mentalità greca riteneva i due concetti equivalenti.

L'AMORE SESSUALE

Fatte queste premesse, per Platone l'amore sessuale è amore per un bel corpo  e meglio ancora. l'amore sessuale non èaltro che il desiderio di dare origine ala vita (noi oggi diremmo procreare) nel bello attraverso l'unione del corpo al fine di rendersi immortali.
E questo è innegabilmente l'impulso che spinge gli individui di sesso maschile e femminile ad unirsi: il desiderio di vivere oltre l'individualità, nella specie.

Amare un bel corpo è quindi amare il bello che è comune a tutti i corpi. Secondo Platone era di bocca buona,  a tutti i corpi è comune il bello, belle e brutte portano al bello, ma anche belli e brutti conducono alla medesima meta) e arrivando al bello, questo può portare successivamente ad amare una bella anima, perché la bellezza dell'anima è più importante della bellezza del corpo che in quanto tale è effimera. L'amore ( l'Eros) per una bella anima è quindi tendere al bello e desiderio di procreare il bello, cioè unendosi ,quando si uniscono due corpi belli, si uniscono anche due anime belle e da questa unione nascono belle opere.
L'amore cos'è allora? L'amore fisico non è dunque altro che amore del bello, è pedagogia dell'anima ed è questo amore che produce le scienze e in particolare la scienza delle scienze. la scienza del bello del sè.

Nel "Simposio" troviamo Socrate e la sacerdotessa Diotima, chi è Diotima? La sacerdotessa dell'Eros, una sorta di maitresse greca; il Simposio  è un racconto che ci fa comprendere meglio chi sia Eros, Eros abbiamo detto che era figlio di Afrodite ma chi era il padre di Eros? A  questo punto sorge un problema di legittimità che la mitologia greca non ci aiuta a risolvere, per Platone Eros non era figlio di Afrodite ma del Bisogno e della Povertà ( Penia e Poros), il Bisogno ha sedotto  Povertà e dalla loro unione carnale è nato Eros che piano piano dall'amore fisico si sposta verso la filosofia intesa nel senso etimologico della parola quale amore della conoscenza.

Ma allora se Platone non ha mai parlato di questo amore contemplativo chi lo ha inventato? Sono stati gli umanisti, gli stessi che si sono inventati l'idea del Medioevo come età dei secoli bui.
Platone intendeva l'Amore come lo intendevamo tutti i Greci quale forza universale e armonizzatrice e con Amore intendevano:

  •  L'Amore sessuale
  •  La pace politica
  •  L'amicizia


Riepilogando... la teoria di Platone è la seguente:

  • l'Amore è desiderio quindi mancanza, bisogno e nel medesimo tempo desiderio di mantenere ciò che non si ha;
  • l'Amore si muove verso la Bellezza;
  • l'Amore spinge l'individuo olttre la morte, il desiderio di perpetuarsi oltre se stesso non è altro che il desiderio di sconfiggere l'estinzione di se stesso.



.Fonte immagine: https://www.flickr.com/photos/41099823@N00/2526824813

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Published by Caiomario - in Filosofi: Platone
1 giugno 2014 7 01 /06 /giugno /2014 21:39

PROTAGORA

 

 

 

LA VIRTU' DI CUI PARLA PROTAGORA NON E' SCIENZA

 Questo dialogo che gli storici della filosofia collocano nel primo gruppo di dialoghi socratici insieme all'Apologia, al Critone e al Lachete , ha come interlocutore principale Socrate, Platone ancora una volta si fa interprete della filosofia socratica e della personalità del suo maestro.
Senza dubbio non bisogna commettere l'errore di pensare che la filosofia socratica sai sovrapponibile a quella platonica, tuttavia è un tema costante dell'intera produzione filosofica di Platone quello di approfondire la figura di Socrate che ha rappresentato il filosofo per eccellenza in perenne ricerca del significato delle cose.

IL SOCRATE DEL PROTAGORA, E' IL SOCRATE CHE METTE IN PRATICA L'ARTE DELLA DISCUSSIONE

Per quanto si continui a dire che Socrate fu il maestro di Platone, Platone continua a fare ripetere allo stesso Socrate che egli non fu maestro  e che non insegnò niente a nessuno e in effetti il vero insegnamento di Socrate non sta in un una dottrina ma nell'aver insegnato di non sapere ( so di non sapere) e la sua attività fu principalmente quella di essere un indagatore della realtà in tutti i suoi molteplici aspetti.
È curioso sapere che Socrate non era un filosofo di professione per quanto insegnasse "l'arte della discussione", promuovere quest'arte era però anche all'epoca un'attività mal vista dal potere politico che inventò e pratico la demagogia come arte del governare.
È noto l'episodio susseguente alla battaglia navale di Arginuse in cui i generali vittoriosi furono accusati di non aver salvato i soldati che si trovavano in mare e di non averli sepolti. Il popolo voleva la loro testa e li voleva condannare tutti sotto un unico capo d'imputazione, Socrate si oppose, alla demagogia opponeva la sua arte della discussione.
Socrate era un soldato che ritornato alla vita civile parlava con i suoi amici e discuteva, faceva delle interrogazioni, insomma era un gran "rompiscatole" che dava fastidio e l'unica accusa che gli si poteva fare era quella di aver voluto introdurre divinità nuove e di corrompere i giovani.
Fra questi giovani "corrotti" da Socrate c'era Platone che scrisse la famosa Apologia nella quale difendeva la figura di Socrate e le sue ragioni, ecco perchè il Protagora può essere ascritto in continuità con quanto affermato nei dialoghi che trattano l'illustrazione e l'insegnamento di Socrate.

LA PRESUNZIONE DI PROTAGORA

Per Socrate ( e per Platone) i sofisti rappresentavano gli assertori della pura opinione, Protagora si definiva maestro di virtù ma in realtà la virtù così come lui la intendeva non era altro che un insieme di abilità che il singolo ha acquisito attraverso la propria esperienza personale e che non possono essere insegnate.
Nasce quindi il problema dell'insegnabilità delle virtù e della coincidenza della virtù con la scienza, la scienza si può insegnare e le virtù diventano insegnabili solo se sono scienza.
Nel Protagora quindi viene negato ogni valore educativo all'insegnamento dei Sofisti ridotto a pura opinione e si pone l'insegnamento socratico  con la ricerca di un fondamento oggettivo della scienza.

FARE PARTORIRE LE IDEE

Non è sufficente quindi fare semplicemente gli esaminatori che si pongono degli interrogativi, per Platone bisogna passare al passo successivo dando forza all'arte della discussione, sviluppando e portando alle estreme conseguenze il momento confutatorio, sviluppare, in altre parole, quell'arte della MAIEUTICA che consiste nella capacità di fare partorire le idee portando alla luce un ordine intelligibile che è alla base del tutto.
E' chiaro che a questo punto Platone va oltre l'insegnamento socratico, quindi non si tratta solo di domandarsi  "Che cosa siano le virtù" nell'ambito dei valori morali e politici : in che cosa consiste il bene o il giusto ma prendere come termine d'inizio la seguente domanda. "Che cosa è".
Che cosa è che permette di conoscere le cose, di definirle, di dare una definizione scientifica che sia insegnabile a tutti?
Come sfuggire al regno dell'opinione in cui si trovava Protagora? Platone proporrà che per dare una definizione di una cosa, cioè che cosa permette di dire che cosa è quel determinato oggetto, bisogna esaminare l'essere stesso della cosa, andare a definire quegli aspetti che  se non ci fossero non permetterebbero alla cosa di essere e questi aspetti riguardano la forma, l'aspetto della cosa, in poche parole l'idea di quella cosa.

In greco "aspetto" si dice "éidos" ( riportiamo la traslitterazione e non il temine  in originale) che noi traduciamo idea ma idea così come la intendiamo noi e cioè qualcosa di impalpabile ed impercettibile non ha lo stesso significato per Platone, per Paltone l'idea non è una semplice rappresentazione della mente ma un ente anteriore alle cose stesse.
È quanto abbiamo evidenziato a proposito del "Cratilo" e sul linguaggio, le cose precedono i nomi e non sono i nomi a creare le cose, il cane esiste prima del termine stesso in quanto animale che ha un aspetto e una forma.
Protagora fu un personaggio storico  e uno dei più importanti esponenti della sofistica, non, quindi, un prodotto della fantasia filosofica di Platone ed è interessante sapere che la base del suo pensiero era la negazione dell'inconoscibilità delle relazioni dei fatti, Protagora era in definitiva un relativista che negava persino che i suoi piedi si muovessero contemporaneamente  mentre camminava e per quanto la nostra epoca sia un' epoca in cui il relativismo sembra dominare ogni aspetto della vita, bisogna rilevare che un  sano atteggiamento relativista è quello che fa progredire la scienza almeno fino a quando un dato, un fatto, una legge non siano dimostrati scientificamente, ma una volta che quei dati diventano patrimonio dell'ordine intelligibile, il relativismo rischia di diventare ostinazione se perseguito come  criterio per misurare di tutte le cose.


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Published by Caiomario - in Filosofi: Platone
1 giugno 2014 7 01 /06 /giugno /2014 21:16

CRATILO

 

 

 

 

IL PROBLEMA DELLA DATAZIONE DEGLI SCRITTI

È interessante sapere che molti degli scritti dell'antichità che ci sono pervenuti provengono da una tradizione che è a noi pervenuta grazie a quell'attività di trascrizione che dobbiamo all'attività dei monaci in gran parte benedettini, Platone probabilmente non ha mai scritto niente di suo pugno e le famose "Leggi" è verosimile che furono scritte stto dettatura da un suo discepolo in una tavoletta di cera; tuttavia il problema della datazione è solo successivo a quelllo dell'autenticità di uno scritto, per quanto riguarda Platone in particolare la tradizione ci ha consentito di conoscere un'Apologia di Socrate, 34 dialoghi e 13 lettere grazie ad un grammatico di nome Trasillo che ne dispose una prima catalogazione.
Questo ha costituito quel problema platonico che ha appassionato filologi e critici e che è la base per conoscere un testo nell'edizione che noi conosciamo, naturalmente potrebbe apparire supefluo notare che buona parte della storia dell'umanità si trova sotto un cono d'ombra che spesso diventa oscurità totale per quanto riguarda opere, scritti e vite di autori che rimangono in grande parte sul fragile terreno delle supposizioni.
Dobbiamo in gran parte a uno studioso di nome Filodemo una compilazione degli scritti di Platone, Il famoso "Indice dei filosofi accademici" venne scoperto nei papiri di Ercolano, ma anche ad Apuleio che scrisse "Su Platone e la sua dottrina" e a Diogene Laerzio che dedicò un intero libro a Platone.
L'elenco è lungo, notizie su Platone ci sono state fornite anche da Plutarco e da Cicerone  (solo per citare i più noti) ma bisognerà aspettare il periodo rinascimentale per vedere un'opera che può essere considerata fondamentale per conoscere Platone ed è quella in 3 volumi scritta dall'erudito Enrico Stefano, nessuno studio critico può prescindere da questa edizione fondamentale pubblicata nel 1578.
Oltre al problema dell'autenticità degli scritti , c'è anche quello della cronologia, cioè quando datare gli scritti di Platone, sono stati adottati diversi criteri che tengono in conto di questi tre aspetti:

  •  Il confronto tra un'opera ed un altra
  • Lo stile
  • La forma dello scritto


LA POLEMICA CONTRO I SOFISTI

Essendo stata divisa la produzione filosofica di Platone in quattro periodi, il Cratilo fa parte di quel periodo che è stato definito di trapasso  quello caratterizzato dalla. polemica contro i Sofisti.
Platone era critico nei confronti dei Sofisti e aveva negato al loro insegnamento ogni valore educativo e didattico, questa fu l'eredità del suo maestro Socrate che fu vittima dei Sofisti  e che dedicò il suo filosofare ad insegnare i veri fondamenti della vita morale.
Il "Cratilo" può quindi essere accomunato per i temi trattati ad altri tre famosi dialoghi: il "Protagora", il "Gorgia" e l' "Eutidemo".

IL CRATILO, IL DIALOGO CONTRO IL VERBALISMO

Verbalismo nell'accezione platonica non significa prolissità, anche in questo caso come più volte rilevato in altri articoli il linguaggio del senso comune non va di pari passo a quello filosofico.
Platone si pose il problema se il linguaggio fosse in grado di spiegare la natura delle cose e se questo intento sostenuto da Cratilo e dagli altri sofisti rispondesse ai criteri che lui riteneva essere in linea con l'insegnamento socratico.
Il linguaggio per Platone non è frutto  solo di una convenzione ma ha anche una natura riflettente nel senso che in qualche modo riflette il carattere di una cosa, ma non e la cosa, non è l'essenza della cosa stessa.
L'esempio più frequente che viene riportato è quello del termine "mamma" che a parte poche varianti è simile in moltissime lingue rivelando un'universalità non contaminata dalla Babele di nomi in cui si trova immersa la specie umana. Tuttavia se è possibile trovare dei nomi che si avvicinano nelle lettere e nella traslitterazione alle cose, vi sono dei nomi che sono del tutto artificiali come quelli che riguardano i numeri.
Per Platone è quindi da respingere totalmente la tesi di Cratilo che sovrappone alla scienza dei nomi quella delle cose perchè dice Platone:
«I primi uomini che diedero i nomi alle cose dovevano conoscere prima le cose, le cose quindi sono anteriori ai nomi e prima viene la conoscenza delle cose poi quella dei nomi. Il nome è quindi solo un'immagine e per conoscere una cosa dobbiamo andare alla cosa stessa».

La tesi esposta nel Cratilo sta alla base di tutti gli studi di linguistica. Nel Cratilo quindi Platone arriva a fissare tre possibilità per quanto riguarda il linguaggio che così si possono riassumere:

  1. I nomi sono una pura convenzione, sono frutto della pura immaginazione degli uomini, noi per esempio chiamiamo il  cane con il termine "cane" ma gli inglesi usano la parola "dog", sia cane che dog sono dei termini che qualcuno per primo usò e poi dopo questa "prima volta", il  termine fu usato da tutti gli altri, conosciamo il risultato, ma non l'autore.
  2. La tesi di Cratilo e dei sofisti secondo la quale il linguaggio è prodotto dalle cose.
  3.  Il linguaggio è frutto di una convenzione e serve come strumento per avvicinarsi a conoscere le cose ma non a coglierne l'essenza.


LA TESI DI FONDO DEL CRATILO

Queste notazioni sono utili per comprendere la tesi di fondo del Cratilo esposta da Platone: il linguaggio può essere usato per sostenere o una cosa giusta o una cosa vera e di per sè il linguaggio non rivela la verità delle cose, a differenza di quanto sosteneva Cratilo secondo cui il linguaggio coincide con le cose ed è sempre veritiero.
Platone alla fine ridicolizza Cratilo e lo fa attraverso la logica combattendolo con le parole le tesi di tutti i sofisti...chissà cosa avrebbe detto dei nostri politici che del sofismo  (e questa volta nel senso del linguaggio comune) ne sono i più fedeli interpreti.






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Published by Caiomario - in Filosofi: Platone
1 giugno 2014 7 01 /06 /giugno /2014 18:59

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PLATONE

Platone sostenendo l'appartenenza dell'uomo a due mondi: il mondo dell'Essere e quello della realtà sensibile, insegna che l'uomo è attratto da entrambi. L'attrazione verso il mondo intelligibile è l'attrazione verso il Bene-Bellezza cosituito dall'Eros. La funzione dell'Eros è quella di mediazione tra il mondo intelligibile e quello della realtà sensibile, è l'Eros che dà l'impulso all'uomo di muoversi verso la Bellezza. Questo movimento avviene gradatamente, l'uomo accostandosi alle scienze  vive una tensione incessante che passo dopo passo  lo avvicina alla  Bellezza in sè.

Questa aspirazione verso il Bene Supremo non è però di tutti gli uomini, ma solo di chi fa filosofia, attività che non è propriA del sapiente e neanche di chi è ignorante presumendo di sapere tutto, ogni uomo che si sente nello stato di bisogno e si sente povero nei confronti del sapere è un filosofo. Filosofo in senso lato è quindi colui che è in continua ricerca e tensione verso il Bene Supremo, è colui il quale aspira a conoscere la Bellezza in sè che in quanto ordine ed armonia lo libera dall'ignoranza e dalla caducità del mondo sensibile.

Articoli correlati:

Platone: Il problema antropologico

Platone: La dottrina delle idee

 

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1 giugno 2014 7 01 /06 /giugno /2014 11:44

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PLATONE

 

 

Secondo Platone l'uomo è una realtà duale composta da anima e corpo, l'anima a sua volta è composta da tre parti:

  • l'anima intellettiva che costituisce il principio della volontà e dell'intelligenza;
  • l'anima irascibile dalla quale si origina l'attività dell'osare contro le difficoltà;
  • l'anima concupiscibile che presiede a tutte le operazioni istintive che conservano l'uomo  soddisfandone i bisogni.

Sia l'anima irascibile che quella concupiscibile mettono l'uomo  sullo stesso piano degli altri esseri viventi, ciò che lo differenzia dagli animali è l'anima intellettiva che ha le stesse qualità delle Idee. L'anima intellettiva appartiene al mondo sovrasensibile e non va confusa con il corpo nel quale viene solo ospitata temporanemanente. Platone sostiene la preesistenza dell'anima che non è generata ma già esiste prima, il corpo serve al'uomo per vivere nella realtà sensibile ma la materia è una prigione per l'anima. La ragione per cui le anime vengano imprigionate nei corpi viene spiegata attraverso il mito di una colpa originaria, spiegazione che trova delle analogie con l'idea del peccato originale che sarà utilizzata da S.Agostino per sostenere la decadenza dell'uomo rispetto alla  sua perfezione originaria. Altro aspetto importante del modo in cui Platone risolve il problema antropologico riguarda la teoria dell'immortalità dell'anima illustrata nel Fedone dove il protagonista è Socrate  che instaura con i discepoli un dialogo sull'anima e sulla sua  immortalità. La tesi centrale che scaturisce dal Fedone è che l'anima è immortale e che partecipa all'Essere e non alla molteplicità e al divenire del mondo sensibile. La teoria dell'immortalità dell'anima risolve il problema antropologico in un dualismo anima corpo, l'uomo quindi appartiene a due mondi: quello eterno dell'Essere e quello caduco della realtà terrena.  

 

 

Articoli correlati:

Fedone - Platone

Platone: L'immortalità dell'anima

Platone: La reminiscenza

 

Fonte immagine: https://www.flickr.com/photos/41099823@N00/2526824813

 


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Published by Caiomario - in Filosofi: Platone
31 maggio 2014 6 31 /05 /maggio /2014 21:01

PLATONE

 

La domanda  socratica del «che cos'è» trova in Platone una soluzione nel passaggio dal concetto all'affermazione della realtà assoluta,  in base a questa teoria oltre alle cose belle o buone esiste anche il bello e il buono. Il bello e il buono sono la realtà e costituiscono il significato intelligibile delle cose sensibili, questa realtà  costituisce il modello o la forma di ogni cosa che si ritrova nell'esperienza quotidiana. Il termine idea non va inteso nel senso di concetto ma come Essere vero che si caratterizza per il suo essere immutabile e per il suo esistere al di sopra del cielo sensibile. Platone da una parte conserva il concetto del divenire così come inteso da Eraclìto e nel contempo definisce meglio l'immutabilità dell'Essere  teorizzato da Parmenide. Le dottrine precedenti vengono fuse ed integrate con l'introduzione del Bene inteso come Idea suprema che permette di conoscere le cose sensibili rendendole intelligibili all'uomo.

Ciò che esiste nella natura è una maschera dell'Essere, Platone usa diversi termini per spiegare la relazione tra Essee e cose: metéssi (partecipazione) e mìmesi (imitazione). Le idee sono gli archetipi della realtà e tutto ciò che esiste nell'esperienza sensibile partecipano ed imitano l'Essere; ad esempio le cose belle partecipano all'idea del bello in sè.

Nel Sofista Platone affronta le dottrine precedenti (sofismo ed eleatismo) concentrandosi su due aspetti: il problema della possibilità dell'errore e quello dell'essere parmenideo, La possibilità dell'errore  così come presentata dai sofisti viene affrontata e risolta con la critica alla dottrina parmenidea sull'essere in base alla quale chi pensa dice l'essere. Per i sofisti  invece chi pensa e dice, pensa e dice l'essere e non il non essere e quindi non può sbagliare.

Platone ritiene che il non essere può venire inteso in questi due modi: 1) il non-essere inteso come nulla assoluto quindi opposto all'essere, 2) il non-essere inteso come diverso  o altro dall'essere . A è diverso da B nel senso che uno è ciò che l'altro non è, quindi sia l'essere che il non essere possono esistere nella loro alterità. In tal modo Platone  teroizzando l'esistenza della molteplicità delle cose sensibili  e delle Idee, spiega la possibilità dell'errore:  chi pensa e dice, pensa e dice l'essere mentre chi sbaglia non pensa il non-essere assoluto ma pensa ad un essere che non è l'essere vero, ma un essere diverso. Dimostrando la possibilità dell'errore, Platone dimostra che la sofistica stessa è fallace in quanto ivece di presentare l'essere, presenta ciò che non è e creando immagini false pretende che vengano rienute come l'Essere vero.

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