Si fa presto a dire letteratura e soprattutto si fa presto a dirsi letterati oggi in un periodo contrassegnato da una produzione libraria che non conosce soste.
Basta andare in una libreria per trovarsi davanti a centinaia di titoli per provare un senso di smarrimento al punto che anche il lettore più accorto finisce col perdere l'orientamento non sapendo cosa scegliere: copertine accattivanti, sottotitoli invitanti, riviste librarie sono solo alcuni degli strumenti che costituiscono le sirene a cui i più sensibili non riescono a resistere.
Ma cosa c'entra Jean Paul Sartre con un saggio come "Cos'è la letteratura?" con questa situazione di ingorgo librario? C'entra eccome perché permette di dare una risposta ad una domanda che da sempre i critici si sono fatti da quando sono stati codificati i cosiddetti "generi letterari"
Il modo di maneggiare l'immaginario si è espresso in modi molto diversi eppure le pagine di alta letteratura sono davvero poche, quando parliamo di alta letteratura mi riferisco agli autori che impropriamente vengono definiti dei "classici; il rapporto, poi del lettore con quelle pagine, è quello del co-protagonista che parteggia con violenza e con amore a storie che sono diventate universali; la stessa cosa si può dire per la composizione pittorica che ricorda certe inquadrature di pellicole entrate nell'imaginario collettivo. Eppure non c'è una sola pagina della letteratura contemporanea che possa dirsi davvero originale, non troveremo davvero niente che non si possa considerare come del tutto nuovo al punto che tutti gli autori devono ricorrere al citato se non addirittura al copiato e al rimandato
Gli stili di riferimento utilizzati nella narrativa sono sempre e solo al servizio del racconto, tuttavia anche in questo eterno ritorno è diffcile comprendere le ragioni della scrittura e soprattuto dare una definzione di letteratura; la domanda poi che Sartre si fa è la seguente: "perché si scrive?", una domanda che potrebbe apparire leziosa ma il modo in cui Sartre sviscera la questione costituisce anche una sorta di indagine psicologica sulle ragioni che stanno alla base dell'attività di qualsiasi letterato.
Dalla risposta alla domanda "Cos'è la letteratura?" emerge anche un nuovo modello di intellettuale che è innovativo rispetto al passato, Sartre fa in questo saggio una vera e propria opera di demistificazione nei confronti del concetto tradizionale di letterato (e di letteratura).
A che cosa serve la letteratura? Qual'è la sua funzione all'interno di una società complessa come quella moderna?
Per Sartre non può esistere lo scrittore che scrive per sè e che si esercita nell'arte dell'eloquenza solo per soddisfazione personale ma scrive per essere letto. E' quella di Sartre una virata nei confronti della concezione idealistica ma è anche una ricerca critica ricchissima di sviluppi che si intreccia con un modello di rappresentazione dell'uomo visto secondo l'ottica del critico militante.
Sartre individua il nucleo essenziale della letteratura nella prosa ritenendo la poesia una sorta di arte minore in conflitto con le ragioni della prosa.
Non è una questione di poco conto perché è solo in epoca moderna che si sono incominciate ad elaborare delle teorie sulla letteratura mentre in epoca classica non esiste un termine corrispondente a letteratura.
I Greci, ad esempio, usavano il termine grammatica in un senso completamente diverso da come lo intendiamo noi: con "grammata" loro intendevano qualsiasi documento scritto in quanto ignoravano l'idea dei generi letterari.
La stessa cosa si può dire per la cultura latina nella quale il termine "litteratura" indicava indifferentemente, capacità di elaborare un testo scritto, erudizione e conoscenza linguistica.
Bisognerà attendere il 1200 per trovare i primi testi nei quali si trovano termini come letteratura o littérature, ed è proprio a partire da questo periodo che va affermandosi l'uso di lettres nel senso di cultura.
Quando allora il termine letteratura ha assunto il significato odierno? Solo a partire dall'Illuminismo, è proprio infatti dal '700 che furono elaborate le prime teorie di "critica letteraria".
Gli intellettuali francesi dell'Illuminismo che furono gli "inventori" della prima enciclopedia e dei primi dizionari, diedero la prima definizione moderna di letteratura intesa nel senso di "insieme di testi scritti in una determinata lingua aventi una certa rilevanza culturale".
Sartre parte da questa concezione per elaborare una teoria che fornisce una spiegazione a diversi interrogativi e in particolare a quelli riguardanti il tipo di rapporto che si instaura tra uno scrittore e i suoi lettori. Ciò che attira l'attenzione è quindi lo stacco operato da Sartre nei confronti non solo della concezione classica della letteratura intesa come eloquenza, ma anche nei confronti della definizione di letteratura di origine illuministica che riservava tale termine solo alle opere aventi "rilevanza culturale".
La raccolta di scritti contenuti in questo saggio non è tuttavia monotematica, Sartre affronta problematiche inerenti la filosofia, l'arte, la musica e la cultura intesa nel senso di tutto ciò che gli uomini fanno. Si tratta quindi di una raccolta che consente al lettore di conoscere l'evoluzione del pensiero critico di Sartre la cui intenzione originaria era quella di salvaguardare la razionalità scientifica anche in campi che sembrano non avere dei vincoli metodologici.
LA DIFFERENZA TRA PROSA E POESIA
In questa raccolta Sartre affronta poi il rapporto tra la letteratura e le altre arti e in particolare con la pittura e con la musica; nelle righe precedenti ho evidenziato come Sartre faccia una distinzione tra la prosa e la poesia: la prima è "il regno dei segni" che ha a che fare con i significati, mentre la seconda è il regno della creatività e quindi va messa sullo stesso piano della musica e della pittura.
E' interessante a tal proposito la seguente affermazione "I poeti sono uomini che rifiutano di utilizzare il linguaggio" si badi bene che ciò non equivale a dire che la poesia non sia disciplinata da regole ma che la poesia è il regno della creatività e fa l'esempio del "cavallo di burro" per indicare che l'uso di tale espressione non è altro che il trionfo della creatività che non vuole esprimere niente se non la soggettività dell'autore che non ha, a differenza dello scrittore, l'obiettivo di ricercare la verità.
"Il poeta si ferma alle parole - scrive Sartre- come il pittore ai colori" indicando come il poeta gioca con le parole in quanto è avulso dalla realtà e proprio questo costituisce la bellezza della poesia che è pura creatività a differenza della prosa che è utilitaria.
Basta scrivere per definirsi artista? Ecco la risposta di Sartre:
"Il signor Jourdain scriveva in prosa per chiedere le pantofole, Hitler per dichiarare guerra alla Polonia".