Lettera ad un soldato della classe 40 di Robert Brasillach è un'opera la cui diffusione la si deve ad Adriano Romuladi, figlio di Pino, scomparso in maniera tragica nell'estate del 1973 in un incidente stradale.
L'edizione in nostro possesso è stata pubblicata nel 1975 da Giovanni Volpe Editore nella collana L'ARCHITRAVE diretta da Gianfranco de Turris. Il volumetto si compone di 63 pagine e comprende:
- la premessa scritta dal de Turris (da pag. 5 a pag. 8);
- un capitolo introduttivo intitolato "ROBERT BRASILLACH, POETA DEL FASCISMO" scritto da Adriano Romuladi (da pag.9 a pag. 31);
- la "Lettera ad un soldato della classe 40" scritta da Robert Brasillach (da pag. 35 a pag. 57) comprensiva di una nota in cui si spiega la differenza che c'è tra la Francia e l'Italia per quanto concerne il modo di concepire la leva militare;
- la bibliografia che comprende le opere e gli scritti di Robert Brasillach (da pag. 61 a pag. 62).
Sovrapporre un commento su Brasillach alle riflessioni che Adriano Romualdi fece quando decise di curare la ristampa di un libretto che in Italia era del tutto sconosciuto, ci sembra presuntuoso, ma a distanza di anni una rilettura aggiornata di quello scritto permette di ragionare con più serenità su quella che rimane prima di tutto una toccante testimonianza umana.
Brasillach prima di essere giustiziato per collaborazionismo scrisse una lettera rivolgendosi idealmente ad un indeterminato ragazzo nato nel 1940; è il 5 novembre del 1944, Robert Brasillach si trova nella cella 344 della prigione di Fresnes decide di scrivere delle note in ordine sparso sotto forma di lettera scritta, è il suo testamento spirituale, ma è anche uno sfogo accorato verso un atto che considera profondamente ingiusto.
Brasillach spiega i motivi per cui è in prigione e fa una distinzione tra gli accusatori: i partigiani da una parte e i magistrati dall'altra; mentre ai primi riconosce il ruolo di avversari politici, ai secondi riserva delle parole sprezzanti e polemiche definendoli come coloro "che hanno prestato giuramento, in qualità di funzionari, al Governo del Maresciallo Pètain, pronti a pronciare una requisitoria contro i comunisti se ne avessero ricevuto l'ordine" e continua:
"E' il caso, penso di certi giudici d'oggi. Poveri diavoli, preoccupati solo della carriera, e pronti a sacrificare con allegra indifferenza la vita di un giovane di 22 anni -lo abbiamo visto- pur di non perdere la promozione e mille franchi in più al mese".
Brasillach pone il problema della Giustizia e degli errori giudiziari e ricorda che è stata proprio la Giustizia ad aver condannato Socrate, Gesù Cristo e Andrea Chénier, dopo quasi 70 anni il problema della Giustizia ha assunto altri contorni, è vero siamo in un'epoca storica diversa da quella terribile della prima metà degli anni '40, ma gli errori giudiziari continuano ad esserci e purtroppo chi non ne è colpito non si rende conto quale devastazione umana possano provocare.
Adriano Romualdi nella parte introduttiva ricorda che quando il 19 gennaio 1945 Brasillach venne portato davanti ai suoi giudici, si difese "con dignità e coraggio", ma tutto fu inutile nonostante la difesa appassionata dell'avvocato Isorni. La decisione di condannare a morte Brasillach venne presa prima del pronunciamento finale dei giudici, il processo fu una farsa come lo furono molti processi celebrati in quel periodo tragico. Giusto è ricordare che da ambo le parti vennero condannate persone che non avevano commesso alcun reato, è grave invece pensare che questo possa avvenire ancora oggi in un sistema democratico che dovrebbe salvaguardare la pluralità delle opinioni politiche.
Robert Brasillach si macchiò di qualche delitto? No, è storicamente accertato che l'unica colpa di Brasillach fu quella di aver scritto per un giornale collaborazionista. Insomma i suoi furono dei cosiddetti reati d'opinione che come si sa, sono considerati tali, sempre da chi la pensa diversamente; Il pubblico ministero durante il processo disse: "i suoi articoli hanno fatto più male alla Resistenza di un battaglione della Wermacht".
Ora che tutto è ormai così lontano, se ne potrebbe parlare con meno astio, ma dovrà passare ancora del tempo per leggere diversamente la tragica vicenda umana di Robert Brasillach.
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