ROMA 1943
In molti dei romanzi di Beppe Fenoglio c'è un filo conduttore che li lega tutti: l'ambientazione.
Tutte le storie narrate dallo scrittore di Alba hanno come scenario il paesaggio langarolo al punto che tale specificità geografica consente di poter avere un'idea ben chiara di quello che doveva essere il clima culturale e le relazioni sociali esistenti ( come ne "La malora") in quella parte della provincia di Cuneo e a differenza di Pavese, Fenoglio parlava delle Langhe non per crearne uno spazio metastorico ma perchè lì era nato, cresciuto e aveva fatto il partigiano (badogliano).
Nel romanzo "Primavera di bellezza" lo scenario è quello di Roma a partire dalla caduta del fascismo e Fenoglio si trovava nella Capitale già provata duramente dai bombardamenti americani.
Dal momento in cui erano cominciati i combattimenti in Sicilia, Roma era diventata il primo obiettivo perchè dagli scali ferroviari del Littorio e di San Lorenzo passavano gran parte dei rifornimenti di armi e di supporti destinati alle truppe che combattevano al Sud.
Il bombardamento di San Lorenzo avvenne il 19 luglio 1943, piovve fuoco dal cielo, per quanto l'azione fosse centrata su obiettivi strategici, vennero duramente colpiti i popolosi quartieri corcostanti.
Il 25 luglio il Gran Consiglio del fascismo mette in minoranza Mussolini, il fascismo regime cade per mano stessa dei fascisti , nel luglio del 1943, Roma è una città incredibile, preoccupata e nello stesso tempo allegra, nonostante le difficoltà dovute alle incertezze la vita sembra continuare.
Impera il mercato nero, i salari sono rimasti fermi ai valori del 1939 mentre i prezzi al dettaglio della (poca) merce disponibile sono saliti dell'ottanta per cento.
La rete idrica è fortemente danneggiata e quella elettrica a causa dei bombardamenti risulta talmente compromessa che interi quartieri ne risultano privi, la primavera di bellezza è finita è incominciata un'estate calda che da lì a poco porterà il governo Badoglio a dichiarare Roma città aperta.
**Fenoglio appena ventunenne è a Roma dove frequenta un corso per allievi ufficiali e si trova coinvolto in questo clima surreale in cui non esisteva più alcun punto di riferimento nè politico, nè amministrativo; di colpo nessuno fu più fascista, da servire un padrone molti passarono a servirne un altro, consoli della milizia, fervidi e convinti fascisti si misero al servizio dei nuovi governanti e avvenne quello che Fenoglio, descrive molto bene, una dolorosa crisi di coscienza di alcuni ed è su quell'alcuni che bisognerebbe ragionare perchè spesso le conversioni furono frettolose e improvvise, proseguendo (o dando inizio) a quell'abitudine tutta italiana del voltagabbana dell'ultima ora.
Crisi o non crisi di coscienza molti passarono dalla parte del re e di Badoglio e quando questi a loro volta finirono fuori dalla scena diventarono democristiani, comunisti e soprattutto antifascisti.
Fenoglio parla di questo clima di incertezza vivendolo nella strada, da osservatore, solo dopo si è venuto a sapere a quale bassezza giunsero persino alcuni fedelissimi, basti pensare che Achille Starace quello che inventò il famoso "Saluto al Duce" proclamò che era contrario a Mussolini da molto tempo e come lui...fecero molti altri.
**Non è un caso che il libro nella sua prima edizione è stato pubblicato in lingua inglese perchè pone un problema di forte lacerazione individuale collocato entro fatti di grande rilevanza dove spesso il singolo si trovava completamente avvolto suo malgrado, questa lacerazione individuale è probabilmente alla base di quella scarsa coscienza collettiva che caratterizza la cultura italiana che non ha mai sciolto il problema dell'identità nazionale che non è certo quella delle bandiere appese alle ringhiere dei balconi quando gioca la nazionale di calcio.
Fenoglio si pose questo problema e non dal punto di vista di una logica teorica ma descrivendolo in tutte le sfaccetature, la descrizione della quotidianità che va avanti, nonostante tutto, risponde a questa problematica che Fenoglio visse personalmente con la scelta strema che verrà poi rappresentata ne "Il partigiano Johnny".
Il lettore che volesse avere dei collegamenti tra le diverse opere di Fenoglio dovrebbe effetturare dei flash back tra un'opera ed un altra e l'interpretazione del partigiano Johnny è in stretta relazione con la lettura di "Primavera di bellezza" in cui Johnny muore come muore Milton in "Una questione privata".
L'ottimimismo di andare avanti, nonostante tutto, che sembra dare luce e speranza al lettore ma anche a chi si accinge a dare una logica dell'illogicità di quegli avvenimenti drammatici, alla fine si stempera nella morte del protagonista come se questa morte possa fungere da catarsi riparatrice per tutti gli eventuali torti futuri; non si spiegherebbe il motivo di questa pessimismo che caratterizza tutte le opere di Fenoglio, compresa la parte finale di "Primavera di bellezza" se non spiegando in questa direzione l'intreccio delle tematiche di carattere esistenziale con quelle dell'identità nazionale che per Fenoglio nasce nell'ambito delle vicende resistenziali.
Su questo punto dissentiamo non per motivi ideologici ma perchè in Fenoglio sembra esserci una forte suggestione di un'impostazione che non è azzardato definire del progresso hegeliano per cui tutto il reale è razionale e ha una spiegazione come sembra averlo quello della Resistenza quale passaggio obbligato delle vicende della storia non di una nazione ma di quelle più personali o di un'umanità segnata dalla povertà e dallo sfruttamento che per potersi rigenerare ha bisogno di passare attraverso una prova tragica.
E tragica fu anche la scelta di Fenoglio in quell'estate del '43 che poco più che ventenne, vide cadere uno dei miti con cui erano cresciuti molti adolescenti suoi coetanei, quello della vita militare di cui descrive l'inutilità e le pratiche ottuse e con cui sono spiegabili non poche vicende dovute non solo alla scarsità dei mezzi ma anche ad una mentalità contrassegnata dall'improvvisazione.
Le vicende dell'8 settembre hanno caratterizzato non solo la liquefazione definitiva di ogni certezza ma probabilmente sono destinate a ripetersi ogni qual volta,alla fine di un ciclo, appare l'inadeguatezza di valori convissuti e condivisi e di cui, in parte, Fenoglio, fu profeta.
Il suggerimento per chi si volesse accostare al libro è di fare una lettura ragionata attuando gli opportuni collegamenti con il "Partigiano Johnny".
***Segnalo anche il seguente saggio critico che è propedeutico alla lettura delle opere di Fenoglio:
Conclusione: A volte la tragedia diventa farsa..soprattutto nelle vicende storiche