"Gli imprenditori sono la classe sociale tipica delle società capitalistiche", in questo modo Luciano Gallino connota tutti coloro che "oltre a essere titolari esclusivi del diritto di esercitare una determinata impresa per la produzione di beni o di servizi per il mercato, mediante l'impiego di lavoro salariato e di appropriai mezzi di produzione, non necessariamente di sola proprietà dell'Impresa, agiscono come capi dell'azienda.....".
La definizione che ho riportato è dello stesso Professor Gallino che non solo ha curato il celebre "Dizionario di Sociologia" (pubblicato per i tipi della UTET), ma si è sempre interessato di tematiche riguardanti il mondo della produzione industriale.
Con questo breve saggio intitolato "L'impresa irresponsabile", Gallino affronta uno dei temi più delicati e di stretta attualità riprendendo alcuni temi che caratterizzano il modo di fare impresa nella realtà globalizzata tipica del secondo millennio.
Se la funzione imprenditoriale è indispensabile nelle società moderne segnando un punto di non ritorno rispetto al periodo del proto-capitalismo, è pur vero che oggi più che mai si pone il problema della responsabilità etica dell'impresa e dell'imprenditore nei confronti della società.
A differenza di quanto si possa pensare le imprese di grandi dimensioni sono sempre controllabili almeno per quanto riguarda la pianificazione, mentre le imprese piccole e medio-piccole spesso sfuggono alla logica della pianificazione, ma sono più controllabili in ambito territoriale dagli organi preposti al controllo.
È cronaca dei nostri giorni quella che riguarda le iniziative di grandi aziende che decidono di spostare la produzione dei propri beni in zone in cui il costo del lavoro è minore, tali scelte pongono problemi anche di carattere etico in quanto vanno ad investire aspetti di ordine sociale ed economico che interessano l'intera società.
Spesso infatti il consumatore acquista beni e servizi non ponendosi il problema di carattere etico, ma la questione rimane soprattutto quando uno Stato decide di non svolgere quella funzione di controllo che dovrebbe garantire la pace è la coesione sociale.
Leggendo le pagine di questo bel saggio a metà tra l'intervista e il dialogo, mi è venuta in mente la storia di una nota azienda italiana che produce calze. Questa azienda che ha avuto tanto in termini economici dalle donne lavoratrici che hanno lavorato nei suoi stabilimenti e dalle donne che hanno acquistato le sue calze, ha deciso di delocalizzare la produzione impiantando degli stabilimenti in Romania.
Tutto questo è avvenuto senza che ci sia stato un intervento dello Stato la cui funzione non poteva essere quella di intervenire nella libera iniziativa dell'imprenditore (libera iniziativa che va sempre e comunque tutelata), ma doveva essere quella di chiedere conto di quello che una comunità ha dato.
In Francia, ad esempio, le grandi case automobilistiche hanno continuato a produrre autovetture sul territorio francese avendo in cambio degli indubbi benefici di carattere fiscale, ma questi vantaggi sono stati ottenuti garantendo dei livelli occupazionali che sarebbero stati compromessi se le stesse aziende fossero andate a produrre al di fuori della Francia.
Quando infatti si parla di impresa irresponsabile non bisogna solo pensare all'aspetto occupazionale (ossia a quante persone possono essere impiegate in ambito produttivo), ma anche agli aspetti che investono tutta l'area della produzione sostenibile per quanto riguarda la salvaguardia dell'ambiente. La cronaca e la letteratura economica si sono spesso occupate delle connessioni esistenti tra il mondo dell'impresa e le organizzazioni malavitose dedite al traffico dei rifiuti e purtroppo in tale traffico sono implicate soprattutto le aziende del Nord che hanno visto il Sud come un'immensa discarica, una sorta di territorio di nessuno che ha permesso loro di eliminare i rifiuti industriali a costi contenuti.
In questo senso parlare di impresa irresponsabile potrebbe sembrare un eufemismo, ma, oltre a questo aspetto, si pone urgente il problema più squisitamente economico che riguarda le grandi società per azioni che vivono sempre di più dei proventi finanziari e non di quelli legati alla produzione di beni.
Basti pensare, ad esempio, al comportamento schizofrenico della Borsa Italiana e alla risposta positiva che c'è stata subito dopo l'annuncio degli aumenti delle bollette del gas e della luce nel mese di gennaio del 2012; il mercato (investitori istituzionali e singoli risparmiatori) hanno accolto con favore tali aumenti permettendo alle grandi aziende operanti nel settore dell'energia di aumentare la loro capitalizzazione, grazie a questo fatto (sul quale c'è poco da gioire) i titoli sono schizzati verso l'alto e solo questo aspetto apre delle problematiche sull'eticità non solo delle aziende irresponsabili, ma anche dei singoli individui che cercano di trarre profitto anche da eventi che non comportano dei vantaggi se non per i bilanci delle imprese.
Probabilmente quando si parla di irresponsabilità di certe imprese bisognerebbe sempre tenere presente che l'imprenditorialità cessa di svolgere la sua funzione indispensabile all'interno di una società complessa e articolata come quella moderna, nel momento in cui cessa di cooperare con il territorio e la comunità in cui si è sviluppata.
Sono passati ormai più di cinquant'anni da quando quello straordinario imprenditore e intellettuale che fu Adriano Olivetti dimostrò nei fatti che vi era la possibilità di fare impresa in modo diverso rispetto a quello del protocapitalismo più becero di stampo padronale.
Olivetti era un eretico ma aveva una concezione "umanistica" dell'impresa ed era ben cosciente del fatto che nessuna impresa può prescindere dal ruolo sociale che gli dà legittimità.
A chi fosse interessato al libro di Luciano Gallino, consiglio anche la lettura dei seguenti testi:
- Olmo C., Costruire la città dell'uomo. Adriano Olivetti e l'urbanistica, Edizioni di Comunità, Torino, 2001.
- L.Gallino, Personalità e industrializzazione, Torino, 1968.
INFORMAZIONI SUL LIBRO
Titolo L'impresa irresponsabile
Autore Gallino Luciano
Pagine 271
Editore Einaudi (collana Gli struzzi)
Prezzo: dai 9,50 euro a 16,50 euro.