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30 gennaio 2013 3 30 /01 /gennaio /2013 18:56

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LA SCRITTURA EPISTOLARE, UNA GENTILEZZA ORMAI MESSA DA PARTE


Le ragioni per cui non si scrive più sono molteplici e rintracciarle ci porterebbe fuori tema, resta il fatto che è difficile che oggi qualcuno decida di comunicare i propri sentimenti attraverso una lettera, il telefono prima e la posta elettronica poi, hanno soppiantato completamente questa forma di comunicazione che è diventata obsoleta ma solo per quanto riguarda il mezzo impiegato (il cartaceo).
In realtà l'uomo non ha mai cessato di voler comunicare e pur utilizzando altri mezzi, continua a volersi relazionare con i propri simili, paradossalmente anche il più misantropo degli individui quando compila un diario con certosina puntualità, lo fa per due ragioni fondamentali: per comunicare con se stesso o perchè spera che un futuro lettore possa leggere quanto lui ha scritto.

Gli epistolari sono la forma più autentica di comunicazione che l'uomo possa avere mai impiegato perchè attraverso il ripiegamento su se stessi, consentono di svelare la parte più nascosta e autentica della persona.

LA GENTILE SIGNORA LUCIA

Con "Lettere a una gentile signora" ci troviamo dinanzi ad un'opera minore di Carlo Emilio Gadda, è una raccolta di lettere che spesso non viene citata nel corpus dell'opera gaddiana, considero Gadda il più filosofo dei letterati ma anche quello che più di ogni altro ha spaziato nei generi più disparati: si va dagli scritti teorico-filosofici come "I viaggi della morte" a romanzi di grande spessore come "Quer pasticciaccio brutto di via Merulana", dal diario personale come "Il Giornale di guerra e di prigionia" a raccontini di tipo favolisitico come "Primo libro delle favole" sino a queste "Lettere a una gentile signora" , un libro elegante e raffinato alla continua ricerca di nessi e cause.

Per capire il significato dell'opera bisogna comprendere il rapporto che Gadda ebbe con la malattia e il dolore, quando morì la madre, Gadda incominciò ad elaborare il proprio rapporto con il dolore e riversò le sue riflessioni su quello straordinario romanzo che è "La cognizione del dolore".
Questo elaborazione di Gadda fu innazitutto dovuta a un movente che potremmo definire psicoanalitico dove dolore, malattie vere e presunte diventano la causa che lo porta ad utlizzare la scrittura come una vera e propria terapia e la gentile signora Lucia diventa la destinataria di tutti i suoi dubbi, paure e nevrosi che, come abbiamo visto, sono nevrosi che nascono all'interno del proprio nucleo familiare originario.

Quel che più mi ha colpito è lo stile di Gadda in queste "Lettere...", mentre in altre opere Gadda privilegia la frammentazione del linguaggio, l'analisi della realtà che a sua volta viene smontata e che tratta come un pittore cubista, qui Gadda è diretto, immediato, confessa alla gentile signora le proprie frustrazioni mostrando anche una sorta di esibizionismo narcisistico che sfiora un vittimismo quasi coltivato nei minimi particolari.

Sempre facendo un paragone con la già citata "Cognizione del dolore", Gadda si comporta con Lucia come si comportava il personaggio principale del libro, quel Gonzalo Pirobutirro d'Eltino che è un campione di nevrosi senza riscatto, un asociale e un disadattato che oltre alla conoscenza non va, Gonzalo critica la società, ne esce fuori perchè conosce i meccanismi della socità borghese ma non fa nulla per superare questa situazione.
Esattamente questo fa Gadda solo che alla insofferenza verso i limiti della società borghese, aggiunge la propria condizione che arriva a definire di mummificazione fisica, difatti spesso parla di malattia, di rinunce e di impossibiltà di muoversi.
Le lettere vengono scritte da Stresa, a partire dal 1935, ma chi è Lucia Rodocanachi? La gentile signora è un'amante della letteratura, una traduttrice che segue riviste letterarie liguri, un personaggio realmente esistito che aveva delle importanti frequentazioni oltre a quella di Gadda, tra cui quella di Elio Vittorini e di Montale.

Oltre all'aspetto evidenziato queste "Lettere alla gentile signora" sono interessanti perchè contengono tutta una serie di riferimenti a situazioni vissute dallo stesso Gadda o di cui era venuto a conoscenza, ciò permette anche di conoscere cosa avveniva in quegli ambienti, curiosa per esempio, la seguente circostanza :spesso gli scrittori e i traduttori erano in bolletta per il perenne ritardo nei pagamenti da parte degli editori, curioso anche il fatto che la signora Lucia abitava ad Arenzano e quando Gadda andò a Sestri Levante gli scrisse una lettera, fatto questo sicuramente impensabile ai nostri giorni.


.....Che pazienza signora Lucia...

tra dolori, mummificazione fisica e tanta sofferenza la paziente Lucia leggeva le lettere, chissà cosa pensava veramente, forse non lo sapremo mai, ma era gentile e in quella gentilezza che Gadda aveva immediatamente avvertito sin dai primi incontri c'era soprattutto la virtù di coloro che sopportano con rassegnazione le persone o le cose moleste.

Un giudizio positivo sul libro che è anche un'occasione per conoscere sia una parte del vasto e importante epistolario di Gadda sia alcuni aspetti della sua complessa personalità.
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Published by Caiomario - in Libri
30 gennaio 2013 3 30 /01 /gennaio /2013 06:16

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Fonte immagine:http://www.flickr.com/photos/30453880@N04/4428712962 (album di cdrummbks)

 

 

QUELLA NOSTALGIA PER IL RIBELLISMO FASCISTA 

Quando il fascismo diventò regime abbandonò quella natura ribelle che aveva attratto tanti giovani sin dal suo sorgere, il fascismo delle origini non solo non era moralista ma l'inclinazione fuurista per lo schiaffo ed il pugno mal si armonizzava con le spinte moraliste cattoliche che provenivano da larghi settori della società civile, oggi si parla di cattocomunismo allora esisteva il cattofascismo, molti esponenti di questo cattofascismo che predicavano la morale e andavano poi nei bordelli diventarono, nell'Italia repubblicana, democristiani, molti di quei giovani che appartenevano al fascismo di sinistra o morirono a Salò o diventarono comunisti, poi anche il comunismo venne risucchiato dalla acque paludose di quel moralismo che sembra da permeare da sempre l'Italia da quando non esiste più lo Stato Pontificio. 


Elio Vittorini era un fascista di sinistra convinto e quando scrisse"Il garofano rosso", incominciava a mostrare insofferenza verso quell'Italia dove la censura metteva il naso ovunque e che stava bruciando i suoi figli migliori, li bruciò allontanandoli dallo spirito originario del fascismo, li bruciò poi in una guerra nei confronti della quale gli italiani non erano preparati nè per i mezzi nè per la mentalità. 

 

 

 



E' noto che "Il garofano rosso" subì delle forti tagli rispetto alla stesura originaria e non per ragioni politiche ma di morale, di pubblica morale, eppure non c'era niente di triviale e di offensivo nel linguaggio usato da Vittorini, bensì alcuni temi trattati dovevano essere ammorbiditi primo fa tutti quello del'amore del protagonista, Alessio, con una procace e attraente prostituta dal nome quasi felliniano Zobeida, una Gradisca letteraria che pur non avendo le fattezze della nave scuola su cui fare esperienza non poteva che attrarre le voglie adolescenziali di quei ragazzi passionali come i giovani di tutte le generazioni. 
È probabile che molte delle vicende narrate nel libro ripercorrano sul piano letterario alcuni momenti di Vittorini primo fra tutti l'ammirazione di Alessio/Elio per Rosa Luxemburg, un'ammirazione questa condivisa da molti giovani soprattutto per un sentimento antiborghese che da sempre era presente in una parte del fascismo. 
Quando il fascismo decise di schierarsi con Franco, per molti giovani questa fu una posizione incomprensibile e l'avere gettato nelle mani sovietiche la Spagna repubblicana portò molti giovani ad essere critici nei confronti del regime esattamente come Alessio il protagonista de Il garofano rosso. 

L'aspetto politico comunque in questo romanzo è forse secondario mentre l'aspetto letterario più interessante è quello che riguarda questa sorta di passaggio di iniziazione che viene descritto da Vittorini dal punto di vista dei giovani che vivono separati la loro realtà rispetto ad un mondo degli adulti con il quale non si aveva alcuna comunicazione (ma è ancora così!). 
Ecco questo è l'aspetto narrativo più interessante, parlare del periodo dell'adolescenza dal punto di vista di chi l'ha vissuta e usa il suo linguaggio, certo che se una considerazione immediatamente diventa inevitabile è quella che riguarda la comparazione del mondo di quell'adolescenza con il mondo dell'adolescenza del terzo millennio, eventuali considerazioni ulteriori rischiano di diventare banali ma il ripiegamento che i giovani hanno oggi, li ha privati della cosa più bella che quell'età dovrebbe avere, la capacità di sognare. 

C'è una vittoria del tempo storico che inevitabilmente porta a superare le varie fasi dell'età ma il bisogno rimane il medesimo anche quando passano le generazioni, Vittorini ci da uno spaccato di quell'Italia così lontana attraverso l'esperienza di apprendistato che un giovane Alessio compie per rendersi definitivamente emancipato dal padre..cambiano i tempi ma il bisogno rimane lo stesso... 

Temiamo che questo percorso si sia fermato da tempo, i giovani oggi non hanno speranza e non riescono più a staccarsi dal cordone ombelicale che li lega alla loro famiglia di provenienza, questo per ragioni economiche prima di tutto ma anche per assenza di spinte vitalistiche ormai compresse da un mammismo dilagante e pericoloso .....meglio Alessio che sognava Zobeide.......

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Published by Caiomario - in Libri
27 gennaio 2013 7 27 /01 /gennaio /2013 19:22

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Fonte immagine: http://www.flickr.com/photos/33147718@N05/8078503145 (album di Australian National Maritime Museum on The Commons)

 

 

STORIA DI UN MARINAIO CHE DIVENTO' SCRITTORE 

In un periodo in cui latitano gli scrittori e i pensatori di razza e in cui coloro che dovrebbero insegnare letteratura non sono in grado di scrivere neanche una lista della spesa, leggere la vita di Joseph Conrad è di sprone a tutti coloro che, fuori da circuiti dei vari premi più o meno organizzati volessero intraprendere la carriera dello scrittore. 
Una carriera che spesso ha un riconoscimento postumo perchè, salvo rarissime eccezioni, il destino dello scrittore (come del resto quello dei filosofi e degli artisti) è quello di non essere compresi dai contemporanei e questa vale ancor di più nei tempi di oggi in cui i lettori sono usi a consumare e a considerare il romanzo come qualcosa che deve essere consumato a tutti i costi, una frenesia da best seller a cui gli editori si dedicano con sempre maggiore frequenza e che sembra incontrare il favore di lettori da ombrellone che distrattamente consumano le letture di pagine che vengono sfogliate come se si leggesse un rotocalco. 

Se nella vita di uno scrittore, di un artista o di un pensatore si ritrovano delle corrispondenze con quello che è lo spirito delle sue opere, allora ciò significa che l'opera è l'autore e questa immedesimazione di opera e autore distingue l'opera autentica dall'opera costruita, l'opera che è l'artista dall'opera finalizzata esclusivamente e solamente alla vendita ecco perchè spesso il best seller non è un capolavoro, con qualche rarissima eccezione. 

Joseph Conrad non sfugge a questa regola aurea dell'immedesimazione opera-artista e questo è il motivo di un successo che va oltre la contingenza delle logiche editoriali per quanto la pubblicazione dei suoi romanzi abbia portato lauti profitti ai vari editori che hanno pubblicato le sue opere. 

Joseph Conrad è spesso preso come campione della letteratura inglese contemporanea eppure la sua formazione culturale non era anglosassone, era slavo di nascita e slava può essere considerata la sua iniziale educazione non solo familiare ma anche culturale. 
Figli odi un intellettuale polacco che partecipò alla lette per l'indipendenza della Polonia, frequentò l'Università di Cracovia e rimasto orfano di padre poco più che diciottenne, lasciò la Polonia, andò in Francia e da Marsiglia si imbarcò in quello che fu il primo di una serie di lunghi viaggi. 
Questa decisione segnò profondamente Conrad che da quel momento incominciò un rapporto privilegiato con il mare e con il viaggio, da quel momento per vent'anni Conrad navigherà tra Europa, Asia, Africa e America accumulando un'epserienza che riverserà poi nei suoi romanzi. 

**Il viaggio come è stato vissuto da Conrad è diverso da quello di un Salgari per esempio perchè ogni suo romanzo contiene molti tratti autobiografici e tutta la materia e così impregnata di conoscenza di luoghi, tecniche, caratterizzazione dei personaggi che il lettore coglie immediatamente la creatività presente in una sua opera che è sempre vissuta dall'improvvisazione di altre opere sul mare e sui viaggi i cui contenuti scenici sono del tutto artefatti e costruiti. 

Prima marinaio, poi capitano di lungo corso della Marina britannica è su una nave e in mezzo al mare che Conrad comincia a scrivere la sua prima opera, un romanzo la cui elaborazione fu lenta e tormentata: "La follia di Almayer" e quando venne edito il romanzo, Conrad si rivelò uno scrittore che oltre ad avere elaborato una trama originale, si esprimeva con uno stile elegante e magnifico. 
Il libro contiene già tutti i temi di fondo che saranno poi ripresi nei romanzi successivi e che costituiranno il motivo esistenziale e contenutistico di molte delle sue opere: il tema dei progetti inattuati, della rivalsa. 
Conrad giovanissimo non sfuggì all'attenzione dell'editore inglese Fisher & Unwin che ne intuì il talento e solo un anno dopo Conrad pubblico il suo secondo romanzo intitolato "Un reietto delle isole", prima della pubblicazione Conrad scrisse ad un amico dove, oltre ad aver annunciato il suo imminente matrimonio, gli comunica presto sarà dato alle stampe quello che lui stesso definirà, con una punta di civetteria, il suo capolavoro. 
E' interessante a questo proposito notare che Conrad spiegando le motivazioni della sua nuova attività, dice " devo scrivere per vivere", la decisione infatti di lasciare la Marina britannica per dedicarsi interamente alla letteratura fu coraggiosa e in un primo momento si rivelò giusta in quanto il successo e la consacrazione non mancarono, ma successivamente seguirono degli anni di povertà e di indigenza ma questo non mutò affatto la sua forte vena creativa. 

Nel 1897, pubblica il suo terzo romanzo "Il negro di Narciso" e nel 1900 "Lord Jim", è interessante il fatto che abbiamo dei documenti nei quali Conrad parla delle sue opere in quanto era solito confidarsi con qualche amico circa i contenuti delle stesse e dimostrando di essere in critico delle sue opere a cui dedicava una puntigliosa revisione dove si rivela non solo l'autore ma anche il lettore di se stesso. 
Definisce "Il negro di Narciso" "una storia violenta che tratta di uomini violenti contro uno sfondo immenso" e forse è una delle sue opere migliori in quanto risponde il fatto, da lui stesso confessato, che penetra l'essenza della vita. 

A Conrad accade esattamente quello che accennavamo nelle righe iniziali, per quanto abbia un riconoscimento della critica a lui contemporanea, non riesce a vendere abbastanza, i suoi libri non sono best sellers, ha difficoltà, in un certo momento, persino a farsi comprendere dal pubblico, Conrad è disperato e racconta lui stesso che certi giorni è così in preda alla disperazione che gli accade di stare seduto delle ore senza fare assolutamente nulla mentre è preso dalla volgi di sfogarsi urlano e che si trattiene solo per non svegliare la moglie e il bambino. 
Conrad era consapevole di questa situazione al punto da esternarla sfogandosi con gli amici più cari e spiegando che nel suo scrivere la motivazione principale era quella di voler servire la verità e questa esigenza di aderenza alla verità è forse il motivo principale che ha animato la sua forza crativa che si mantenne costante nel tempo. 

A partire da questo momento,Conrad, scrisse dei libri in collaborazione con Ford Madfox Ford : "Gli eredi" (1901), "Romanzo" (1903 ), e quando lo stesso Ford Madfox Ford, rievocherà quella collaborazione ne spegherà i motivi: la ricerca di una nuova forma. 
Proprio in questa ricerca di nuove forme espressive, Conrad continuò la sua ricerca introspettiva affinando sempre più la forma stilistica e dando origine a quello che molti critici considerano il capolavoro di Conrad: Typhoon, "Tifone" (1903). 

Se la prima opera fu tormentata e pervenne al termine dopo un elaborato percorso, l'opera che senza dubbio, fu laboriosa e faticosa è "Nostromo", dobbiamo considerare che fino a pochissimo tempo fa scrivere era ritornare soprattutto sui propri passi, il manoscritto era un continuo revisionare, cancellare, riconsiderare, spesso scrivere una frase non riuscita comportava riscrivere interi periodi, intere pagine e Conrad nella stesura dell'opera, non fu esente dalla parte più impegnativa che sta alla base di ogni romanzo e che riguarda la prima stesura. 

 

 

 

 

 

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Fonte immagine:http://www.flickr.com/photos/58668786@N00/539124896 (album di Pablo Sanchez)

DAI VIAGGI IN ISOLE E TERRE LONTANE ALL'EUROPA 

Se buona parte dell' attività letteraria di Conrad riguarda isole e terre lontane, a partire dal 1907, Conrad sposta i suoi scenari in Europa e muta anche la trama dei suoi romanzi, ne sono esempio i romanzi intitolati "L'agente segreto" e "Sotto gli occhi dell'Occidente" in cui i protagonisti sono i deboli e non più personaggi di viaggi lontani, il suo impegno letterario si muove su uno sfondo vagamente politico. 
Ma questa parentesi durerà poco, l'antico marinaio riprenderà il tema delle isole e dei mari lontani come in "Vottoria" e come nei numerossimi libri autobiografici che darà alle stampe tra cui va annoverato il bellissimo romanzo intitolato "La linea d'ombra". 
Nel 1923 uscirà il suo ultimo romanzo "L'avventuriero" in cui la tematica sarà quella storico-politica e sembrò che potesse iniziare una nuova stagione letteraria per Conrad ma il 3 agosto 1924, un infarto chiuse per sempre l'esistenza terrena del grande marinaio polacco, i suoi romanzi vivranno per sempre. 

 

A chi volesse avvicinarsi all'opera di Conrad, consigliamo, come prima lettura, il romanzo "Un reietto delle isole" edito da Garzanti nel 2010, un libro non eccessivamente impegnativo che consente però di apprezzare la grande magnificenza dello stile di questo grande autore, il costo del libro è di soli euro 10,00.

 

Dettagli prodotto

 

Per maggiori informazioni si rimanda a:

http://www.ibs.it/code/9788811365273/conrad-joseph/reietto-delle-isole.html 


A chi volesse conoscere tutta l'opera di Conrad si segnala una interessante iniziativa di Ugo Mursia Editore che ha pubblicato l'opera ominia intitolata  "Tutti i racconti e i romanzi brevi", il costo  è di euro 60,00. 

 

Per maggiori informazioni si consulti:

http://www.ibs.it/code/9788842542155/conrad-joseph/tutti-racconti-romanzi.html

 


Articolo dedicato a chi ama viaggi in terre lontane e possa vedere in Conrad la fonte di ispirazione per scrivere intorno ad essi.

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Published by Caiomario - in Libri
27 gennaio 2013 7 27 /01 /gennaio /2013 08:46

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Fonte immagine: http://www.flickr.com/photos/22118036@N00/3474579660 (album di Monica Orellano-Ongpin)

 

Una delle guide più interessanti che trattano in modo sistematico il mondo dei formaggi italiani è "L'Italia dei formaggi" scritto a quattro mani da Luigi Cremona e Francesco Soletti; nella guida sono recensiti 490 tipi di formaggio riconosciuti ufficialmente.

Di particolare interesse è la parte introduttiva dove viene spiegato il significato di alcune definizioni che hanno a che fare con il settore caseario a partire dalla definizione di formaggio, inoltre viene illustrato come si fa il formaggio e vengono spiegati i vari tipi di lavorazione (formaggi a pasta cruda, semicruda, a pasta cotta e semicotta, a pasta filata ecc.).

Completa e utilissima è poi la parte che riporta i valori nutrizionali del formaggio; gli autori hanno poi illustrato il modo migliore per valutare un formaggio che deve comprendere l'esame visivo, l'esame tattile esterno e l'esame olfattivo.

 

 

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Fonte immagine: http://www.flickr.com/photos/81227945@N00/3921777487 (album di Fiore S. Barbato)

Nell'atlante si trovano le schede di tutti i formaggi prodotti nelle varie regioni italiane, per ogni regione è presente una breve introduzione che tratta la realtà casearia dal punto di vista storico.

 

Nella guida sono presenti inoltre i nomi e i recapiti di 360 produttori che vendono direttamente i loro prodotti e di 517 negozi specializzati, ristoranti ed enoteche in cui è possibile degustare i formaggi.

 

"L'Italia dei formaggi" è una delle migliori guide per conoscere tutti i nomi e le caratteristiche di ogni singolo formaggio e per apprendere curiosità, notizie e informazioni pratiche sulla realtà casearia nazionale.

 

SCHEDA DEL LIBRO

  • Autori: Luigi Cremona - Francesco Soletti
  • Titolo: L'Italia dei formaggi;
  • Editore: Touring (collana Guide tematiche);
  • Anno di pubblicazione: 2002;
  • Pagine: 256.
  • ISBN: 8836527272.

 

L' Italia dei formaggi

 

 

Per altre informazioni si segnalano i seguenti link:

  • http://www.deastore.com/libro/l-italia-dei-formaggi-luigi-cremona-francesco-soletti-touring/9788836527274.html;
  • http://www.ibs.it/code/9788836527274/cremona-luigi-soletti-francesco/l-italia-dei-formaggi.html

 

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27 gennaio 2013 7 27 /01 /gennaio /2013 08:07

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GARABOMBO IL TRASPARENTE 

"Allora tutti constatarono che Garabombo era veramente invisibile. Antico, maestoso,interminabile" (Dalla "Storia di Garabombo l'invisibile

Sia apre con queste parole il romanzo di Manuel Scorza pubblicato da Feltrinelli per la prima volta nel 1973 e ristampato nel 2003, un romanzo che ha avuto un grande successo e che continua ad avere un vastissimo pubblico di estimatori che hanno preso Garabombo come l'eroe ispiratore e portafortuna di tante iniziative sia in campo economico che culturale. 
Le ragioni di questa vastissima schiera di ammiratori ha molteplici ragioni perchè questo romanzo del prematuramente scomparso scrittore peruviano Manuel Scorza non è solo un personaggio di un romanzo, ma è la metafora di colui che si rende invisibile al potere. 

È proprio questa la caratteristica principale del personaggio e la scena che si apre nelle prime pagine del romanzo, anticipa il tema della storia: Garabombo che va incontro a venti guardie che si trovano davanti a una caserma facendo le sentinelle attorno ad un tripode di un mitragliatore e che quando passa davanti, è assolutamente invisibile ai loro sguardi. 

Immediatamente il lettore entra in contatto con il personaggio che ha anche una caratteristica, entra senza farsi vedere nelle caserme e dorme con le donne sposate, così come non può essere visto dai bianchi ma solo da quelli del suo sangue. 

Il titolo del libro potrà suonare strano se associato al tema del racconto, penso, anche a persone che sono abituate a leggere favole moderne e l'errore di una lettura che faccia rientrare il romanzo nel genere favolistico è ingenerato anche dal fatto che non c'è stata un'elaborazione del testo che andasse al di là della trama da parte dello stesso autore che era prima di tutto un intellettuale  costretto ad esiliare) che scelse la "fabula" come mezzo per comunicare senza incorrere nella censura del potere politico che risultò più di una volta gabbato dalla favola bella e lieve che permetteva a Scorza di dire tutto contro il potere repressivo, difendendo i diritti dei senza voce, degli umili e dei diseredati. 

È l'intellettuale che parla per gli altri, per gente sospettosa abituata a non fidarsi nei confronti degli estranei e meno che mai delle autorità governative come nell'episodio del funzionario dell'Ufficio agropecuario mandato per combattere le malattie dell'agricoltura; attraverso la favola Scorza ci presenta la cultura dei nativi peruviani che è anche la cultura della medicina popolare e di una cultura soffocata e offesa dalle continue espropriazioni. 
"Anche noi soffriamo da generazioni" dice uno dei membri del villaggio di Chinche quando si confida con Garabombo che è il paladino di tutte le lotte e difensore dei soprusi e delle ingiustizie e quando Garabombo obietta che un padrone non espropria, l'abitante di Chinche precisa che non si tratta di esproprio ma di recupero. 

Amara la riflessione di Scorza narratore quando per bocca di Remigio (un'altra delle figure chiave del romanzo) parla della giustizia rivolgendosi al sergente Cabrera (figura dell'esecutore di ogni ordine che produce sopruso): 

"Perchè non è in prigione il presidente della corte suprema? Ci sono cause in Perù che durano da quattrocento anni. Ci sono comunità che reclamano le loro terre da un secolo a questa parte. Chi vuole chi gli dia retta. 
Perchè non è in prigione il giudice Montenegro? 
Perchè non è in prigione la giustizia? 
E sopratutto, perchè non è in prigione in lei..............." 
(in op.cit. pp. 54-55) 

È un mondo quello descritto da Scorza che pur nella sua specificità della cultura peruviana lo si può ritrovare in tutte le società in cui la sottocultura di potere è altro dal mondo reale, è un mondo di funzionari, di burocrazia, di file interminabili, di faccende di bassa politica, di denunce inascoltate..un "deposito di citrullaggini" come lo definisce lo stesso autore. 


COME LEGGERE L'INVISIBILITA' DI GARABOMBO 

La chiave di lettura di questa invisibilità è ambivalente, da una parte l'invisibilità permette a Garabombo di compiere imprese straordinarie, di entrare nelle caserme, di ascoltare, di sentire, di anticipare così le mosse delle autorità ma nello stesso tempo questa diversità è anche un limite perché quando Garabombo si presenta davanti alle autorità non solo non può essere visto ma non può essere neanche ascoltato. 
Un eroe invisibile che può essere visto solo dalla sua gente, che è paladino di una cultura subalterna ma che è anche inascoltato da un potere che è sempre eguale a se stesso e che è sordo a qualsiasi istanza. 

Leggere il romanzo è anche l'occasione per scoprire lo scrittore Manuel Scorza che in un altro suo racconto intitolato "Rulli di tamburo per Rancas" tratta attraverso il linguaggio del racconto magico e meraviglioso il comune destino delle cultura indigena e anche in questo racconto manca il finale del "vissero felici e contenti", è una fiaba a metà quella di Scorza che non segue lo schema classico del racconto magico dove gli stessi ruoli dei personaggi abbracciano diverse sfere d'azione, ma la fiaba è anche questo, è narrazione crudele e in certo senso immorale. 

IL LINGUAGGIO DI MANUEL SCORZA 

Scorza non si distacca dalla tradizione favolistica europea, vi è un'infinità di opinioni su Cappuccetto Rosso, su Biancaneve, su Cenerentola e quasi tutte, salvo rarissime eccezioni, si riferiscono alle versioni edulcorate create per un pubblico infantile, Charles Perrault o i fratelli Grimm non scrivevano per i bambini come non scriveva per un pubblico infantile La Fontaine, le versioni orginali sono piene di immoralità, crudeltà, hanno finali ben diversi dai racconti rielaborati Disney che fu autore bravissimo e geniale ma raccontò un'altra cosa e così è Manuel Scorza con il suo "Garabombo" che è eroe e antieroe e che difende i membri di una comunità, visti dal potere come invasori, ladri, delinquenti. 
Scorza usa il linguaggio quotidiano, privilegia il dialogo, ogni tanto usa anche qualche parolaccia, la scrittura è facile, colloquiale..come quella di una fiaba. 

Le fiabe nascono tra i racconti popolari e non raccontano altro che l'ingiustizia del mondo...........il gatto degli stivali e Garabombo sono la stessa cosa!!! 



"A che cosa servono le fiabe? 
Se dovessero servire a ispirare 
buoni sentimenti 
morirebbero a ogni 
generazione, ogni volta 
che la gente si fa un'idea 
diversa di quelli che sono 
i <buoni sentimenti>. 
Secondo noi le fiabe servono 
soprattutto alla formazione 
della mente: di una mente 
aperta in tutte le direzioni 
del possibile..........." 

(Gianni Rodari)

 

 

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Published by Caiomario - in Libri
26 gennaio 2013 6 26 /01 /gennaio /2013 20:17

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IL CAPITANO CONRAD, SCRISSE DI VIAGGI, OCEANI, NOSTROMI E AVVENTURE MARINE 


Saremmo poveri spiritualmente se non avessimo avuto degli straordinari narratori che hanno saputo scandagliare l'animo umano e ci hanno permesso di riflettere e di farci viaggiare con la mente; ho letto molto e spero di avere ancora del tempo per poter leggere dei romanzi, amo i romanzi falsi e veri, così come mi piacciono le operette maliziose e leggere, ma se devo restringere il campo tra gli scrittori viaggiatori sono due quelli che senza dubbio prediligo: Emilio Salgàri che non ha mai viaggiato ma aveva l'animo dell'esploratore e del viaggiatore e Joseph Conrad che viaggiatore lo fu davvero, dapprima in qualità di marinaio e poi come primo ufficiale di bordo. 
Il capitano Conrad era un uomo di mare che, oltre a scrivere i diari di bordo delle navi che comandava, sapeva scrivere straordinari racconti in cui ci ha parlato di viaggi, di località esotiche, di oceani, di nostromi e di avventure marine. Ma catalogare Conrad come uno scrittore di romanzi d'avventura sarebbe a mio parere riduttivo, Conrad è scrittore profondo e complesso che stimola il lettore a guardarsi dentro e a riflettere, i suoi romanzi sono intramontabili e hanno passato indenni le mode, ecco perché Joseph Conrad può essere annoverato tra i grandi della letteratura di ogni tempo. 




Quando accadde il tragico naufragio della Costa Concordia mi venne in mente un racconto intitolato "Lord Jim" scritto da Joseph Conrad, lo avevo letto intorno ai vent'anni e lo scrittore polacco mi piaceva moltissimo come mi piacevano altri autori di lingua inglese che raccontavano di viaggi e avventure; l'elenco non è molto lungo e oltre a Conrad, comprende Rudyard Kipling e Robert Louis Stevenson (famoso per "L'isola del tesoro" e "Lo strano caso del Dr. Jekyll e del signor Hyde"); tutti questi autori hanno rappresentato per me il naturale completamento di interessi che attingevano anche dalle letture dei fumetti della Bonelli e dai romanzi di Emilio Salgàri. 

"Lord Jim" è un romanzo in cui si ritrovano tutti i temi che contraddistinguono la narrativa di Conrad: l'avventura, l'eroe rifiutato, l'azione gloriosa, il tradimento, il riscatto, il destino implacabile; la narrativa di Conrad è scevra da qualsiasi dualismo tra reale e ideale, la vita reale è quella che è e ogni essere umano deve fare i conti con un'esistenza che non lascia scampo perché l'esito finale è per tutti eguale. 
Per me un racconto può essere scritto in due modi: insistendo sulla descrizione senza dare la parola ai protagonisti e oppure dando loro la parola; Conrad riesce a fondere entrambe prospettive ecco perché "Lord Jim" può essere diviso in due parti: nella prima il narratore esterna quasi in modo naturalistico ciò che accade, nella seconda parte invece il narratore è Marlow che interpreta i fatti secondo il suo punto di vista. Grazie a questa tecnica narrativa adottata da Conrad il lettore, man mano che scorrono le pagine, si sente coinvolto e finisce per "fraternizzare" con il punto di vista del protagonista. Conrad è il maestro di questa tecnica narrativa, tecnica che contribuisce tuttavia a rendere il romanzo a tratti difficoltoso come può essere la comprensione di una mente complessa che rivela agli altri il proprio pensiero. 

La storia è affascinante: il capitano Marlow comanda la nave Patna a bordo della quale vi sono ottocento pellegrini di fede musulmana, ad un certo punto in seguito ad una collisione, il capitano e i suoi ufficiali tra cui anche Jim decidono di abbandonare la nave. Analogie con il presente? Tante ma udite, udite...Jim viene processato, perde la sua patente di navigazione ma perde la cosa più importante per un marinaio : l'onore. 
Ecco la regola scritta che vale sempre nella marineria di ogni luogo: Jim perde l'onore non quando viene celebrato il processo ma quando decide di saltare in acqua ed è proprio quel gesto che lo renderà un reietto e un vigliacco agli occhi di tutti. Da qui la voglia di riscattarsi. 

MON CAPITAIN DIVENTA TRAFFICANTE INSIEME A LORD JIM 

E bisogna pur vivere mio capitano!!! Marlow segue Jim che diventa trafficante nell'isola malese di Putasan dove sposerà la causa degli indigeni difendendoli dai predoni arabi e dove avrà un'intensa storia d'amore con Jewel, una ragazza indigena che perderà la vita in modo tragico; il vero protagonista del racconto a questo punto diventa proprio Jim ma è Marlow che racconta la storia esprimendo il suo punto di vista. La narrazione diventa imprevedibile e affascinante e per il lettore è un momento di verità e di riflessione. 

IL MESSAGGIO DI LORD JI

Non c'è nessuna sintesi che possa rendere appieno l'idea del romanzo, Conrad è un autore che rappresenta in pieno l'epoca dell'Inghilterra vittoriana ma non cade mai nel moralismo di facciata che invece era una caratteristica di quella società; quel che più ho apprezzato di Lord Jim è il fatto che Conrad va oltre il "tempo della storia", diventando uno stimolo critico per tutti coloro che pensano alla resa e non riescono a fare i conti con il proprio passato. Ma del resto che altro avrebbe potuto fare Lord Jim nel momento in cui aveva perso l'onore? Un reietto che si deve riscattare deve andare oltre il proprio dolore anche se non può andare contro il proprio destino. 
Conrad affronta temi che da sempre fanno parte della letteratura: quelli della colpa e del riscatto, in questo senso può essere annoverato tra gli scrittori "epici"; il suo Lord Jim si conclude con un finale tragico: il riscatto avviene agli occhi del lettore, è postumo; la morte diventa l'unica espiazione possibile, un'espiazione che diventa resa senza ritorno. 


La lettura del libro è vivamente consigliata! 




PILLOLA DI VELENO: Davanti al capitano Conrad faccio io l'inchino e rimango ammirato....invece qualche altro capitano dopo l'inchino, è naufragato!!****

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Published by Caiomario - in Libri
23 gennaio 2013 3 23 /01 /gennaio /2013 07:35

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Fonte immagine:http://www.flickr.com/photos/61511237@N03/5598694146 (album di de-zer)

 

 

 

NON RICEVE ALCUN FINANZIAMENTO PUBBLICO* 


Esiste un quotidiano che non è un organo di partito e che non prende finanziamenti pubblici? La risposta è affermativa e questo giornale è " il Fatto Quotidiano"; personalmente ne condivido appieno la scelta in quanto credo che dare soldi ai giornali significhi buttare letteralmente risorse che potrebbero essere impiegate per finanziare progetti destinati, ad esempio, alla cultura eppure in Italia, con l'unica eccezione de "il Fatto quotidiano" nessuno, alle critiche strumentali sui finanziamenti all'editoria, ha fatto seguire gesti concreti ossia esempi coerenti. Con l'eccezione di Marco Travaglio e colleghi. 
Può apparire ovvio osservare che un quotidiano dovrebbe vivere delle sole vendite in edicola e di quelle provenienti dagli abbonati, ma in Italia non è così, pensate che ci sono addirittura dei giornali che fanno capo a gruppi politici inesistenti creati ad hoc per "drenare" denaro pubblico e se a una critica, dovrebbe sempre seguire un atto coerente, è innegabile che "il Fatto Quotidiano" rappresenti un unicum nel panorama editoriale italiano. 

Detto questo crediamo che tutte le versioni di carta dei quotidiani siano destinate a vendere sempre meno copie tramite edicola, è solo una questione di tempo; le edicole vendono di meno anche perché le informazioni diffuse tramite il web trovano un riscontro sempre più favorevole da parte dei lettori anche se, bisogna riconoscerlo, un quotidiano di carta (quello che si compra in edicola), almeno per ora, è molto più completo rispetto al suo omologo online. 

* La scritta si trova nel riquadro rosso ed è stata collocata con la funzione di sottotitolo, quasi a volere rimarcare la propria specificità. 



LO STRILLONE CON IL MEGAFONO CHE INFASTIDISCE I POTENTI

Se la grafica ha una sua importanza, la scelta di mettere il nome del giornale "il Fatto Quotidiano" entro un bel riquadro rosso fa un certo effetto; intanto non passa inosservato come è impossibile non notare la figura dello "strillone" che tiene in una mano un megafono attraverso cui "grida" al mondo le notizie e nell'altra mano un giornale. E' la classica figura dello "strillone" (molto americano) con tanto di berretto con visiera e salopette, una figura che spesso si vede nei film americani degli anni '30 e che ci riporta indietro all'epoca in cui le notizie si gridavano per strada e i giornali si compravano al volo. 

Abbiamo in mano una copia de "il Fatto Quotidiano" dove campeggia il titolo scritto a caratteri cubitali "Parenti d'Italia", il sottotitolo ad effetto è straordinario: "Il "cognato" di Tulliani è l'ultimo esempio ma i famigliari eccellenti all'assalto di poltrone e prebende sono un esercito Vecchia abitudine diventata regola nell'era di Papi". Sono parole al vetriolo che sintetizzano il contenuto dell'articolo è del bravissimo Giampiero Calapà mentre di lato vi è il pezzo intitolato "la cognatite" scritto da quel "polemista" nato che risponde al nome di Luca Telese. L'articolo si colloca in un preciso "menabò", è un corsivo che contiene un "doppio racconto" allegorico, efficace dove viene commentato un fatto d'attualità come quelle della famosa "casa di Montecarlo". 
Nella prima pagina altre firme illustri: Furio Colombo, Nando Dalla Chiesa, Gianfranco Pasquino...insomma un parterre di penne contro davvero eccellenti use a non mostrare alcun timore reverenziale nei confronti di chicchessia. 

Nella seconda e terza pagina della versione cartacea, vi è solitamente un approfondimento dei temi anticipati sulla prima: è curioso notare che nella copia dell'8 agosto 2011 vengono affrontati dei temi di strettissima attualità che prevedono esattamente gli esiti dei processi nei confronti dell'imputato B. 
Di sicuro effetto il titolo: "Ammazzarli tutti per salvare i suoi: il senso di B. per i processi" e poi l'occhiello: " Da Mediaset a Mills, mannaia ad personam che cancellerà il 50% dei procedimenti: dalla corruzione ai maltrattamenti" (l'occhiello in originale è scritto tutto in maiuscolo grassetto). 

Molti degli articoli contenuti ne "il Fatto Quotidiano" andrebbero conservati e incorniciati a futura memoria come, ad esempio, l'articolo di Giampiero Calapà intitolato "Il Paese dei figli d'arte dalla cricca alla Rai", nel quale si trova un lunghissimo elenco di personaggi illustri (spesso insospettabili) che hanno piazzato i loro figli nei posti che contano (e senza concorso). A quanto pare il posto fisso per via ereditaria piace in Italia e non è affatto fuori moda!!! 


Le vicende di cronaca sono tutte affrontate rispettando l'ordine reale e cronologico degli avvenimenti, molti articoli sono anche dei veri e propri flash back che fanno spesso riferimento a dei fatti di cronaca dimenticati, a misfatti di questa storia tutta italiana di cui vorremo sapere di più. 

Almeno se li conosci li eviti! 

Il taglio e lo stile dipendono sempre dal tipo di giornale, il Fatto Quotidiano ha anche il pregio di aver rivitalizzato la tradizione della satira espressa tramite vignette poste a corredo degli articoli. Una scelta azzeccata che vivacizza il giornale e che "rompe" la sequenza degli articoli scritti. 

 

IL MISFATTO 

È l'inserto satirico de "il Fatto", la scritta che accompagna il titolo è tutta un programma "Organo Ufficiale dei fomentatori d'odio". Si tratta di una dichiarazione chiaramente ironica ma che esprime anche la consapevolezza di chi attraverso le inchieste/denuncia crea subbuglio e dà fastidio, molto fastidio. 

Nel numero di Domenica 8 agosto 2011 alla pagina VII dell'inserto si trova una vignetta dove viene raffigurato un sepolcro dove c'è una Panda di marmo recante l'iscrizione "FIAT Pomigliano d'Arco", nella parte alte della vignetta la scritta "TANTI SALUTI DA FIAT FABBRICA ITALIANA AUTENTICHE TUMULAZIONI. 
". Una vignetta che vale più di qualsiasi testo espositivo-argomentativo quanto a capacità di affondo che fa...male. 

Il giornale è in edicola "6 numeri alla settimana (da martedì alla domenica", il costo in edicola è di euro 1,20. Un numero arretrato costa euro 2,00. 

E' possibile acquistare il Fatto Quotidiano tramite abbonamento. 

* L'abbonamento postale base per l'Italia costa 290,00 euro, in alternativa si può scegliere la versione online in formato PDF, l'abbonamento annuale costa 130,00 euro. 

Per sottoscrivere l'abbonamento bisogna andare sul sito www.ilfattoquotidiano.it e compilare il modulo relativo. 

Il Direttore responsabile de il Fatto Quotidiano è Antonio Padellaro. 

Se ne raccomanda la lettura per sapere i fatti e misfatti di destra, sinistra e centro.....

Conclusione: Italia...tragedia in 4 atti + seguito raccontata ogni giorno da "il Fatto Quotidiano".

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Published by Caiomario - in Libri
21 gennaio 2013 1 21 /01 /gennaio /2013 15:25

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Fonte immagine: http://www.flickr.com/photos/48220291@N04/4705684752 (album di National Library Of Norway)

 

 

Abbiamo qualche dubbio sul fatto che  "La signora del mare" di Henrik Ibsen si possa definire ancora una dramma borghese per lo meno nell'accezione che storicamente si intende con questo termine, prima di tutto perché la società nella quale ha vissuto lo scrittore e drammaturgo norvegese non esiste più e poi anche perché i termini cambiano di significato con il mutare delle condizioni sociali. Non c'è dubbio che oggi rileggere Ibsen significa anche rideterminare la storia entro il nostro immaginario e leggerlo attualizzando una storia come quella de "La signora del mare". In quale misura quindi con l'avvento di una società multimediale che ha cambiato tutto ma non i rapporti tra un uomo e una donna, è possibile riproporre "La signora del mare" dinanzi ad un pubblico di lettori sempre più massificato e sempre più legato e subordinato all'immagine televisiva? 
La domanda merita una risposta articolata perché il "drammone" proposto da Ibsen ci presenta il tempo come eterno presente dove la conflittualità tra uomo e donna all'interno di una coppia è di stretta attualità. Distruggiamo quindi la temporalità storica e non pensiamo a una coppia dell'Ottocento borghese ma ad una coppia odierna e soprattutto disancoriamo la storia del dottor Wangel e di Ellida dalla cittadina sul mare che sorge nella parte occidentale della Norvegia, in questo modo si può avanzare una chiave di lettura della storia "normalizzandola" alla realtà odierna e tenendo ben presenti i mutamenti molto rilevanti e importanti che vi sono stati in 120 anni. 

 

 

 

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Fonte immagine: http://www.flickr.com/photos/48220291@N04/4706077084 (album di National Library of Norway)

La storia de "La signora del mare" non va tuttavia banalizzata nello sforzo di attualizzarne la portata, ma non bisogna neanche frasi prendere dall'impeto dei sentimenti e dell'emotività anche se la questione della rottura di qualsiasi rapporto coniugale tra un uomo e una donna ha delle pesanti ricadute di tipo morale nella vita di una persona. In sostanza Ellida quando decide di non avere più alcun rapporto con Wangel si espone ad un continuo rimbrotto recriminatorio tutto interno ad una coppia. Se pensiamo che molti dei problemi di coppia sono dovuti a problematiche di questo tipo vediamo che il messaggio del sacro e del sublime riguardo alla vita matrimoniale viene neutralizzato completamente dalla rottura del coniugare nel senso sessuale del temine, significato -ricordarlo non è superfluo- da cui deriva il termine coniuge così come viene correntemente usato. 
La seconda questione, peraltro attualissima, riguarda quella di un uomo di una certa età, di condizioni economiche molto buone che ad un certo punto decide di sposare una donna notevolmente più giovane che, a sua volta, accetta la proposta di matrimonio se non altro per uscire da una condizione di vita precaria. Ed è questa la condizione di Ellida. La letteratura e il teatro fingono significati e valori, ma poi è inevitabile che si ritorni alla realtà e il rapporto tra Ellida e il dottor Wangel è molto più vero se si considera un fenomeno che si è diffuso sempre di più nel momento in cui la "disponibilità" delle donne italiane al matrimonio è diminuita e gli uomini benestanti e non si sono rivolti alle donne dell'est, le uniche disposte ad accettare la presenza di uomini che non avrebbero avuto alcuna possibilità di trovare una moglie in Italia. 

In ogni caso la relazione tra i due che all'inizio è lacerante, si ricompone, perché? Perché alla fine Ellida si rende conto che la buona sorte non accade sempre due volte e che il marito, forse non le piace, ma è un brav'uomo e questo basta per riprendere la vita coniugale incompleta. 

Consigliamo pertanto di leggere "La signora del mare" come un'opera aperta, le espressioni quotidiane presenti nel dialogo sono preziose e alla fine della lettura ci si rende conto che i due protagonisti non sono così immaginari come si potrebbe essere indotti a pensare.

 

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Published by Caiomario - in Libri
18 gennaio 2013 5 18 /01 /gennaio /2013 08:33

siti di article marketing

 

 

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"Cancroregina" è un romanzo di Tommaso Landolfi, scrittore e poeta italiano del Novecento che non è molto noto al grande pubblico e che meriterebbe una maggiore attenzione anche dal punto di vista della promozione editoriale se non altro perchè oltre a pregevoli opere, alquanto originali, ha avuto anche le attenzioni di quello scrittore di razza e intellettuale che risponde al nome di Italo Calvino, il quale non era certo tenero per quanto riguarda i giudizi e il rigore nei confronti dei contemporanei della letteratura italiana. 
Anche Carlo Bo si schierò  dalla parte di Landolfi giudicando come meritoria la  sua capacità unica di saper giocare con la varietà terminologica, utilizzando spesso parole desuete e di uso non comune. 

Il tema trattato in "Cancroregina" è quello di una eccentrica e, a tratti alquanto bizzarra, storia di uno scrittore che non ha avuto il successo sperato, pieno di debiti e assillato da problemi di una quotidianità amara e noiosa; lo scrittore si lascia convincere da uno scienziato folle che è scappato da un ospedale psichiatrico ad accompagnarlo in un folle volo verso la luna, a bordo di una navicella spaziale che lui stesso (lo scienziato) ha costruito e che ha chiamato Cancerogina. 

Il viaggio prosegue senza alcun problema, fino a quando lo scienziato incomincia a manifestare dei segni di disagio e di nervosismo che arrivano ad una vera e propria ostilità nei confronti dello scrittore, accusato di ostacolare il normale volo a causa del peso, in seguito a ciò manifesta il folle proposito di farlo uscire dall'astronave 

Lo scrittore fa la sua contromossa, espelle lo scienziato che si aggrappa alla navicella...il racconto ad un certo punto cambia tono uscendo dalla trama del viaggio; lo scrittore incomincia a riflettere sulla vita in genere, il tono delle riflessioni si fa amaro e surreale. 

Bellissima è questa parte dove Landolfi usa l'astronave e il viaggio come metafora di un viaggio mentale che uscendo dalla realtà consenta di vedere il mondo circostante con altri occhi, occhi di scrittore ma anche di uomo che cerca con disperazione una libertà che non riesce mai a trovare, neanche nelle divagazioni mentali. 

La ricerca ai quesiti assillanti della vita non ha alcuna risposta fino al punto che le elucubrazioni fantastiche ridimensionano quest'ansia investigatrice che non ha alcun approdo se non nella desolante solitudine che diventa cosmica come lo scenario cirocstante. 

Ed è proprio il rientrare nella realtà che ridimensiona ogni velleità di comprensione del mondo circostante, il fantastico si scioglie nel reale conferendo al dialogo il colore grigio di una quotidianità anonima e solitaria. 
Il protagonista si dmostra impietoso verso se stesso e verso la vita in genere non riuscendo a sfuggire al desiderio di lasciarsi andare, abbandonandosi all'immensità temporale e spaziale che non lascia speranza. 

Il confine tra follia e consapevolezza appare nel racconto labile fino al punto di assumere i contorni dell'incomprensione terminologica ingenerando nel lettore stesso una confusione che è la stessa del protagonista afflitto da un'inquietudine esistenziale che non riesce a placarsi in alcun modo se non riemmergendosi nella realtà che appare folle con tutte le sue contraddizioni. 

È un tema complesso quello affrontato da Landolfi nell'apparente leggerezza del racconto, il tema della follia che non ha, spesso, confini definiti e che si manifesta improvvisa, senza preavviso dinanzi ad un mondo di sani per convenzione. 

Landolfi non scade mai nella polemica, il tono per quanto eccentrico invita alla lettura di un romanzo che in talune parti assume dei contorni farseschi che sembrano irridere il lettore e la realtà stessa. 

La follia e la solitudine sono, quindi, una condizione esistenziale permanente e l'ultimo dialogo tra la moglie del protagonista, rinchiuso nel frattempo nel manicomio, e il medico diventano emblematici in quanto il manicomio non è più l'edificio in cui sono rinchiusi i pazzi ma tutta la vita, pervasa dalla follia, è un manicomio. 

Un bellissimo libro di un autore che ha scritto molte altre opere di grande spessore letterario.

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Published by Caiomario - in Libri
16 gennaio 2013 3 16 /01 /gennaio /2013 06:07

contatore visite

 

Negli anni Settanta quando si parlava di Antonio Tabucchi, lo si collocava tra i cosiddetti "scrittori della nuova generazione", a distanza di tre decenni si può dire che lo scrittore pisano è stato il più rappresentativo di quel periodo. 
Narratore multiforme ed originale, Tabucchi ha scritto molto trattando diversi generi letterari spaziando dal romanzo storico al giallo; qual'è il miglior Tabucchi? È difficile fare una scelta univoca tra le sue numerose opere perché quando si leggono i suoi romanzi (senza eccezione), si rimane sempre letteralmente presi dalla sua scrittura e dalle tematiche affrontate; eppure anche i più appassionati lettori di Tabucchi possono individuare quei libri che costituiscono i suoi risultati migliori, tra questi va senz'altro annoverato "Piccoli equivoci senza importanza", una gustosissima raccolta di novelle che il lettore potrà trovare stimolante anche in rapporto alle proprie esperienze di vita. 

IL LIBRO 

"Piccoli equivoci senza importanza" è stato pubblicato dall'editore Feltrinelli nel 1985;Tabucchi  era già un autore affermato e apprezzato dal pubblico fin dal 1975 quando apparve nel panorama editoriale con il suo primo romanzo "Piazza d'Italia", un romanzo storico che si può far rientrare nel genere storico-espressionista apprezzabile per la raffinatezza e per alcuni dei temi che saranno poi sviluppati nelle opere successive, primo fra tutti quello della vita come disorientamento. 
Un tema, quello del disorientamento, forse non nuovo e che ritroviamo in alcuni autori della letteratura dell'Ottocento e del Novecento; ma al di là delle affinità letterarie, resta unico il modo in cui Tabucchi ha affrontato l'argomento della vita rilanciandolo secondo una prospettiva postmodernista meno greve anche sotto il profilo dell'esposizione. 

Il libro si compone di 11 novelle brevi dispiegate in 160 pagine; la casa editrice Feltrinelli lo ha pubblicato nella collana "Universale economica", una collana che si caratterizza per il "taglio" essenziale a partire dalla copertina che rientra nella tradizione dei cosiddetti "libri tascabili". Economico è anche il costo, il prezzo pieno di copertina è di euro 6.50. 


LA VITA È APPUNTAMENTO 

Non faremo un riassunto del contenuto del libro che troviamo peraltro alquanto riduttivo, ma ci soffermeremo su uno degli aspetti affrontati nel terzo delle undici novelle di "Piccoli equivoci senza importanza", una novella emblematica la cui trama si sviluppa sull'incontro tra il protagonista e una donna misteriosa, una certa Miriam, a Biarritz, una località balneare francese che si trova sul golfo di Guascogna al confine con la Spagna. 

Ad un certo punto del racconto Tabucchi scrive:

"La vita è un appuntamento, lo so di dire una banalità, Monsieur, solo che noi non sappiamo mai il quando, il chi, il come, il dove. E allora uno pensa: se avessi detto questo invece di quello, o quello invece di questo, se mi fossi alzato tardi invece che presto, o presto invece che tardi, oggi sarei impercettibilmente differente". 

La vita è un appuntamento mancato? La domanda che pone Tabucchi impone una risposta, per tutti -secondo noi- lo è, senza alcuna eccezione, quanto volte crediamo di trovare l'appuntamento giusto per poi scoprire che è solo un'illusione.
Ed è inevitabile che ognuno poi si domandi quale sia il senso della vita che non è mai scontata. Da questa condizione è facile poi passare al disorientamento e la stessa cosa accade per gli incontri con le persone del nostro passato, sono solo fantasmi di cui, spesso, non ricordiamo neppure i nomi. La malinconia è forse l'unica cosa che rimane voltando lo sguardo al passato, uno stato dello spirito non una medicina che aiuta i nostri pensieri a superare i conflitti. 

 

 

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Fonte immagine:http://www.flickr.com/photos/37045530@N05/3464017658 (album di uminuscola)

Tabucchi in "Piccoli equivoci senza importanza" ripropone storie che sembra di aver già visto nel cinema e in altri racconti, ma anche quando appare "manierista" sa riscrivere in modo originale determinati scenari; ritroviamo, ad esempio, Pessoa con il tema dello sdoppiamento, le citazioni poi di altre opere passano in maniera lieve quasi a voler sfiorare in modo discreto quello che altri hanno raccontato cercando di reinterpretarlo in modo non affatto scontato. 

La limpida chiarezza della scrittura di Tabucchi descrive undici storie di passioni, di quotidianità che aiutano a far percepire in modo più distinto il rebus della vita che andrebbe vissuta senza drammaticità, consiglio questo che spesso si riesce dare agli altri ma che siamo incapaci di praticare quando -come scrive Tabucchi- il nostro "tempo ristagna in una pozza di accidia", l'inattività frequentemente ci paralizza impedendoci di reagire e in questa circostanza dobbiamo trovare la forza per cercare un altro appuntamento anche se non sappiamo quale sarà. 


Bel libro da leggere con lo spirito del già visto.

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