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10 luglio 2012 2 10 /07 /luglio /2012 16:20

L-invenzione-della-solitudine---Paul-Auster.jpg

 

 

 

"L'invenzione della solitudine" di Paul Auster è uno di quei libri che segnano profondamente il lettore perchè uscendo fuori dalla logica del racconto di fantasia si addentra nell'esame dell'aspetto sensibile delle cose, di quelle cose che sono appartenute a qualcuno che faceva parte della nostra vita. 
Proprio per questo motivo il libro è toccante perchè ci fa scoprire il lato nascosto che si trova dietro ad ogni persona che ha condiviso con noi una parte dell'esistenza o degli affetti importanti. 

Il racconto prende spunto dalla morte del padre del narratore e dalla successiva visita nella casa di famiglia dove ogni cosa sembra parlare e ricordare un'assenza che si è fatta pesante al punto da provocare un viaggio nella memoria che ripercorre a ritroso i momenti più importanti del rapporto genitore-figlio, un viaggio che avviene nella dimensione della solitudine che è il vero tema di fondo dell'intero racconto-riflessione. 

Trovarsi dinanzi ad oggetti appartenuti ad una persona scomparsa rappresenta un'esperienza che provoca disagio non solo per quanto riguarda il sentimento di aver perso qualcosa, ma anche e soprattutto di non aver conosciuto abbastanza quella persona e di non aver abbastanza vissuto con intensità un rapporto che inevitabilmente è sempre parziale e mai completamente pieno. 

E' come se dietro ad ogni rapporto vi sia qualcosa che non solo non può essere conosciuto ma che rimane insondabile, un lato oscuro e segreto che ciascuno di noi si porta dietro e che non si può trasmettere, lo stesso rapporto con i genitori è fatto di momenti e di parole che rivelano solo una parte della personalità, quella che emerge mentre quella invisibile rimane nascosta nella solitudine di ciascuno. 

Il libro è diviso in due parti: nella prima parte Auster ricostruisce, attraverso la tecnica del flash back letterario la personalità del padre e il suo rapporto con lui; nella seconda parte, la riflessione si incentra sul suo essere padre, del rapporto del figlio e della solitudine che dovrà sopportare nel momento in cui avverrà il distacco con il figlio stesso. 

Nella prima parte, oltre ad una rievocazione della figura del padre, fatta con un affetto che il lettore percepisce fino a farla suo, ci sono numerose riflessioni tra cui quello sul significato delle cose e degli oggetti che di per sè non hanno valore, non parlano se non in relazione alla persona a cui sono appartenuti e in relazione a chi conosce la relazione tra quella cosa e chi la possedeva: prendiamo ad esempio un semplice arnese di lavoro, una zappa che è appartenuta ad un contadino che era anche padre, quella zappa non ha alcun significato per un estraneo, è solo un utensile, un arnese di lavoro, ma se quella zappa, appoggiata ad un angolo di un muro viene presa dal figlio del contadino assume un significato completamente diverso, da strumento inanimato diventa uno strumento capace di evocare momenti, istanti, quotidianità, pezzi di vita, di dolore e di amore.. 

E' particolarmente toccante, l'episodio che Auster racconta quando rinviene nell'armadio della camera da letto del padre centinaia di foto conservate all'interno di buste e accanto a queste, un album inutilizzato che avrebbe dovuto raccoglierle: perchè si chiede Auster quel disordine, perchè la presenza di quell'album mai riempito, chi lo aveva acquistato, forse la madre? 
Ed una volta giunto a casa quelle foto vengono trattate come delle reliquie, gli rivelano particolari mai notati, verità nascoste al punto che la visione diventa un'attività febbrile dove non il protagonista narrante non vuole perdere niente, cercando di farle proprie al punto da esclamare: 
"Volevo che nulla andasse perduto". 


Altrettanto interessante è la riflessione che viene fatta sul significato del corpo di una persona, fino a che una persona è in vita noi identifichiamo il corpo con al personalità di un individuo, quella persona è il suo corpo, ma quando quell'individuo cessa di vivere il cadavere è separato completamente dall'idea che noi abbiamo di quella persona; Auster con grande acutezza osserva che noi non diciamo più "questo è tizio", ma "questo è il corpo di tizio". 

E' una prospettiva tragica quella che emerge nella solitudine della riflessione di una memoria che riscopre pezzi di vita persi per sempre e illusorio appare il tentativo di recuperare brandelli di un'esistenza che non può ritornare se non nel ricordo della solitudine. 

Vi invito a riflettere su questa frase: 

"La vita si fa morte, ed è se come quella morte avesse posseduto questa vita da sempre. Morire senza preavviso. Come dire: la vita si interrompe. E può interrompersi in qualunque momento" (Paul Auster) 

e vi invito anche a riflettere su questo mio pensiero: 

dei grandi artisti rimane un'opera che sopravvive, imperitura alla loro esistenza, ma dei più che rimane? Niente...e questo è desolante. 


Conclusione: Restare soli è il nostro destino

 

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Published by Caiomario - in Libri
10 luglio 2012 2 10 /07 /luglio /2012 16:13

 

perec-georges-la-vita-istruzioni-per-luso.jpg

 

 

"La vita istruzioni per l'uso" è uno di quei romanzi che tra la data di ideazione e quella di composizione ha avuto un lungo periodo di gestazione: ben nove anni, la pubblicazione avvenuta nel 1978 non può lasciare a dubbi ad alcun sospetto circa l'originalità dell'ambientazione. situato in rue Simon 
Il racconto, infatti, si sviluppa nella pianta di un condominio ubicato in rue Simon-Crubellier di cui l'autore descrive con minuzia di particolari, come se i muri fossero trasparenti ( la casa del "Grande Fratello"?), tutti gli interni di ogni singolo appartamento compresi gli occupanti che vi abitano. 
L'autore descrive in maniera particolareggiata tutta la vita dei singoli inquilini, compresi gli abitanti che hanno preceduto quelli che vi abitano e comprese addirittura le cose che hanno popolato negli anni lo stabile. 
Una descrizione talmente certosina che sembra di essere nella posizione privilegiata di un osservatore che guarda dall'alto. 

La figura su cui ruota tutto il racconto è uno strano personaggio, il ricchissimo Percival Bartlebooth che è animato da una sola e stramba ambizione: quella di girare il mondo e di dipingere cinquecento acquerelli. 
Ed è curioso anche che cosa Bartlebooth farà di questi cinquecento acquerelli, li taglierà con la forma delle tessere di un puzzle e dopo avere trascorso quattro lustri per ricomporli, li scioglierà in un acido. 

Perec, con una sapienza non comune, utilizza come mezzo il racconto del puzzle per creare un'inclusione tra le regole del rompicapo e quelle della vita, il puzzle rappresenta una sorta di iperonomia e i fatti dell'esiistenza un sottoinsieme in cui avvengono i giochi e gli incastri della vita. 

E' la metafora, la figura retorica a cui ricorre Perec per attuare quel meccanismo di spostamento semantico per cui il significato originario della descrizione narrata non è più quello originario. 
Per il lettore il gioco della composizione diventa il punto di intersezione tra due campi semantici: quello del gioco e quello del gioco della vita. 

Come la ricostruzione del rompicapo appare vana per quanto con meticolosità uno ci si applichi, così l'esistenza, nel suo gioco continuo di giochi e intersezioni appare altrettanto difficile e inutile: una sorta di fatica di Sisifo nella quale quando si tenta di mettere in ordine le assonanze si deve nuovamente rincominciare. 

E' elaborata questa costruzione del racconto che Perec fa del romanzo che sembra essere costituito da tutta una serie di racconti dove l'autore stesso, tende paradossalmente a dare delle regole: la stessa successione dei capitoli appare sapiente, accattivante e originale. 

Lo stesso Perec ha rivelato che l'idea che ha presieduto la costruzione del romanzo è stata quella di una partita di scacchi dove il giocatore muove le pedine, una dietro l'altra, senza fermarsi più di una volta in una casella, questa sapiente elaborazione riesce a produrre una costruzione narrativa assai elaborata quasi sofisticata dove anche il linguaggio risulta particolarmente accurato. 

Il racconto si sviluppa quindi creando quell'effetto di controdeterminazione per cui il significato di un racconto viene traslato da un referente ad un altro senza che vengano deluse le aspettative del lettore che si trova improvvisamente su due piani quello del gioco del rompicapo e quello del dispiegarsi della vita. 

Siamo noi stessi che leggendo il romanzo di Perec, ricreiamo la realtà, la nostra esistenza e dal piano narrativo ci troviamo spostati nel piano emotivo, Perec in questo si dimostra sapiente e sembra sviluppare il racconto secondo un principio di economcità per cui parlando del gioco, parla dell'esistenza, il gioco è usato in senso denotativo ma nello stesso tempo connotativo è come se invece di dire "prendere in giro" qualcuno dicesse "prendere per il naso", in questo modo l'artificio letterario riesce a rendere agevole la lettura che non risulterebbe tale se si facesse un discordo filosofico. 

Proprio per non lanciarsi nell'iperbole filosofica sull'esistenza, Perec privilegiando il piano letterario, riesce a trasmetterci il concetto che la vita è un meccanismo complesso e a volta anche complicato dove sono necessarie delle istruzioni per l'uso. 
Le persone e le cose vengono catalogate, le situazioni enumerate, i fatti più diversi vengono accostati attraverso una combinazione che sembra essere una sorta di codice che ci permette di comprendere meglio lo scorrere dell'esistenza. 

Un libro bellissimo e affascinante che vale la pena leggere, certamente originale e impegnativo ma che si differenzia dai soliti racconti lasciando una traccia indelebile nel lettore.

 

La vita è un gioco combinatorio, bisogna conoscerne le regole

 

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10 luglio 2012 2 10 /07 /luglio /2012 05:32

 

Perche-leggere-i-classici.jpg

 

 

"Perchè leggere i classici" è una delle opere meno note di Italino Calvino, prima di tutto perchè non è un romanzo dove il racconto si svolge in forma unitaria ma anche e soprattutto perchè non è un'opera che nasce come tale, piuttosto è una raccolta critica a carattere monografico degli scritti di Calvino che vertono tutti su una tematica: cos'è il libro classico e quali sono i motivi per cui è importante leggerlo. 

Vediamo i punti salienti di questa raccolta che si rivela molto utile anche per motivare le proprie scelte di lettura: 

COSA SI INTENDE PER CLASSICO E COSA INTENDE CALVINO 

Per classico si intende nel linguaggio comune quell'opera o quell'autore insigne che si contraddistinguono per particolari qualità, spesso il termine è usato anche nel senso di qualche cosa o qualcuno che fa parte del passato o che non si distingue per delle stavaganze, per cui si dice, per esempio, "è un classico". 

Calvino dà una puntuale e precisa definizione di classico: è classico quel libro che ha valore universale e che costituisce un punto di riferimento nella costruzione della propria scala dei valori. 

E' quindi una definizione che si distacca da quella concepita nel linguaggio comune e che rimanda all'aspetto formativo del singolo che inizia a scuola ma che prosegue per il resto della vita. 

In questi saggi critici, Calvino affronta più volte il tema della funzione della scuola e del suo valore formativo sia a livello individuale che sociale e soprattutto rimarca come la scuola sia l'occasione per lambire i classici, per avvicinarvisi carpendone lo spirito ma non necessariamente per affrontarli con una lettura organica; tale difficoltà dipende non solo dalle ambiguità dei tempi scolastici ma anche dalla giovane età degli studenti che difficilmente hanno un aprroccio critico nei confronti delle letture classiche. 

Questo punto è fondamentale per Calvino: la lettura può essere anche uno scorrere le parole senza avere capito completamente lo spirito di un autore o di un' opera ma in suo valore pedagogico rimane comunque in quanto rimane sempre qualcosa dentro, dei semi che possono svilupparsi e germogliare in età adulta quando la capacità critica si è sviluppata. 
Affrontare quindi una lettura in età adulta significa autoformarsi cogliendo in quello scritto o autore classici il valore universale dell'opera: la lettura dell'Odissea al di fuori degli angusti spazi scolastici fa cogliere, ad esempio, nel lettore adulto il valore universale della figura di Ulisse e la sua assolutizzazione svincola il personaggio Ulisse dall'ambito letterario dell'opera e lo inquadra all'interno di una scala di valori universalmente accettato. 

E' interessante il discorso che Calvino fa sulla conoscenza dei classici spesso condiizionata da un'impostazione critica che ne limita la visione a quello che altri hanno detto sull'autore o sull'opera e che non necessariamente coincide con quello che l'autore è e con quello che l'opera dice: è un aspetto non secondario per chi volesse avere un approccio libero da condizionamenti e per chi volesse fare proprio un classico. 

Perchè leggere i classici è anche un invito a leggere un'opera classica in età adulta, liberandosi da qualsiasi condizionamento, cogliendo quegli elementi che sono rapportabili alla propria scala di valori e che non necessariamente coincidono con lo spirito dell'opera, in questo modo il lettore si fa critico e incorpora lo spirito del libro facendolo proprio. 
Solo con questa modalità d'approccio, la lettura del classico ha un senso perchè solo in questo modo la rilettura del classico in età adulta lascia un'impronta indelebile, altamente formativa, stimolante e cratrice di valori. 

"Il (tuo) classico è quello che non può esserti indifferente e che ti serve per definire te stesso in rapporto o magari in contrasto con lui" (Italo Calvino)

Conclusione: Leggiamo, leggiamo........qualcosa rimarrà


 

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9 luglio 2012 1 09 /07 /luglio /2012 05:57

La-caduta-dell-America---Allen-Ginsberg.JPG

 

 

Troppo avvezzi ad essere ripiegati nella poesia italiana spesso si ignora quella letteratura altrettanto degna di essere magnificata che non può avere angusti confini nazionali ma che spesso trascendendo dalle sue origini etniche diventa patrimonio di tutte le culture unive. 

Questo è particolarmente vero per quella poesia nata negli USA che è poi diventata una poesia universale per contenuti e per la forte influenza che ha avuto non solo nel campo della letteratura ma anche in quello politico, sociale , delle arti figurative e ultimo, ma non meno importante, in quello musicale. 

Non possiamo certamente non considerare che la tradizione americana non è paragonabile a quella europea, ma è pur vero che il processo di marginalizzazione subito dalla poesia nel Novecento è stata anticipata negli USA che hanno evitato il declino inevitabile convertendo la poetica alla canzone e dando origine a una commistione che caratterizza da almeno cinquant'anni, tutta la cultura musicale da quando nacque e si affermò la beat generation. 

Quello che nasce negli USA, negli anni cinquanta e sessanta, è un laboratorio culturale molto inquieto percorso da correnti di pensiero innovative e originali che trova un terreno fertile per svilupparsi e radicarsi: le realtà marginali e periferiche dal punto di vista sociale e politico. 

Tra gli autori che spicca per originalità in questo humus culturale inquieto è senz'altro da mezionare Allen Ginsberg con una delle sue opere migliori che porta il suggestivo titolo di "La caduta dell'America"; un libro che anche oggi non appare datato nonostante il principale oggetto sia la denuncia della guerra del Vietnam, nella quale gli USA furono direttamente coinvolti a partire dal 1965. 

Prima, molto prima di Michael Moore si era sviluppata all'interno della società americana una corrente culturale per niente minoritaria di cui Allen Ginsberg è stato forse il maggior rappresentante. 
In questo libro denuncia Ginsberg ricorre alla finzione quando per esempio fa un elenco lunghissimo di imprese, società, organizzazioni governative, banche al solo fine di evidenziare la molteplicità degli interessi in gioco nella guerra. 
Ecco che quell'elenco è un elenco che vale in ogni tempo perchè gli interessi in gioco sono sempre gli stessi: la critica feroce al mondo militare è la critica di una politica subalterna agli interessi di quei consiglieri militari che spesso sono anche gli stessi a persuadere la classe politica sulla bontà di determinate scelte. 

Possiamo parlare di profetismo a proposito di Ginsberg anche per la forma letteraria che sceglie nella sua opera come nel caso della famosissima "Litania del profitto di guerra" che sembra un invocazione religiosa, in perfetto stile profetico, una lamentela che trascende la forma e che inchioda il contenuto nelle menti delle future generazioni. 

Un libro che suggerisco per cogliere la fertilità creativa di uno degli autori USA che ha sicuramente più influenzato tutte le correnti musicali dalla beat generation in poi. 


La caduta dell'America  di Allen Ginsberg: una poesia tra ribellione e inquietudine.

 

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9 luglio 2012 1 09 /07 /luglio /2012 03:43

maggiani-maurizio-il-coraggio-del-pettirosso.jpg

 

 

 

"Il coraggio del pettirosso" è stato pubblicato per la prima volta nel 1995 a Milano ed è il secondo romanzo dello scrittore spezzino Maurizio Maggiani

Il protagonosta del racconto, Saverio Pascale, nato ad Alessandria d'Egitto è figlio di Italiani costretti  insieme ad un altro gruppo di fuorisuciti, ad andare via dall'Italia per la loro opposizione al fascismo. 
Dopo la morte dei genitori, Saverio Pascale, decide di fare una ricostruzione del suo paese d'origine, Carlomagno e per far questo parte proprio dai racconti del padre, racconti che hanno costituito quella parte di storie tramandate oralmente e che hanno finito per costituire l'identità dello stesso Saverio. 
Il padre di Saverio era una persona semplice, un fornaio di idee anarchiche fervente ammiratore del poeta Giuseppe Ungaretti; quando il padre morirà, Saverio troverà all'interno di un cassetto, un libro di poesie di Giuseppe Ungaretti e la sua reazione sarà un misto di stupore e di imbarazzo perchè, questo fatto non solo gli riporta nella mente il ricordo del padre ma anche perchè gli sembra di violare un lato nascosto e non conosciuto; presto l'imbarazzo si trasforma in ammirazione e Saverio incontrerà proprio Ungaretti, che gli fa avere un documento in carta pergamena che risale al Cinquecento dove è comprovata la morte di un eretico di nome Pascal, mandato al rogo. 

Saverio si trasforma in scrittore: decide di scrivere una storia sul suo paese di origine e nel contempo la storia dell'eretico Pascal, i due piani narrativi si sovrappongono, la storia del paese è anche la storia dell'eretico Pascal quello che è stato, in un certo qual modo, un anticipatore di una forma di opposizione al potere a causa della quale pagò con la propria vita. 

Nel romanzo avvengono tutta una serie di vicissitudini: cercando il "Porto sepolto" di Alessandria d'Egitto incorre in un incidente durante un'immersione subacquea, ricoverato in ospedale incontra il dottor Modrian e si innamora di Fatiha, una giovane combattente di origine palestinese. 

Il romanzo è un romanzo aperto perchè la storia di Saverio sarà fatta propria da tutto il gruppo di anarchici fuoriusciti che vorranno, anche loro, immaginare e riconoscere le proprie origini. 

Il romanzo si sviluppa su due piani narrativi: la storia di Pascal, l'eretico e il suo amore verso Sua che consacra la sua esistenza alla ricostruzione della storia del proprio popolo e la vita di Saverio per Fathia che aiuta lo stesso Saverio a ricostruire le vicende storiche del paese di Carlomagno. 

Le vicende del popolo eretico di Carlomagno sono le stesse del popolo dei fuoriusciti degli esuli anarchici che perseguitati in patri non solo non la rinnegano ma la desiderano con una struggente nostalgia mista all'ansia di libertà. 

Questo mischiare le fonti storiche, rende la lettura del romanzo intrigante e nello stesso tempo il virtuosismo di Maggiani fa sì che il lettore rimanga aggrappato alla trama che si dispiega lungo 316 pagine di rara intensità dove viene risvegliato il senso di appartenenza che non può mai essere sopito anche nelle situazioni più tragiche come quelle dell'esilio forzato. 

Alla fine del romanzo Saverio Pascale dice: 

"La storia che ho finito di raccontare vive con me da parecchi anni...............Ciò che di visibile è sicuramente rimasto, è un uomo: Gian Luigi Pascal(e) il bruciato vivo. E' cominciato tutto da lui; come nel racconto, ogni cosa ha avuto inizio nella nota spese-autentica- del suo rogo. Quel documento io l'ho trovato in un libricino che racconta un'altra storia, distante, ma non poi molto, dalla mia. La vicenda di un predicatore che da Ginevra si spinge fino alle Calabrie, nel bel mezzo del XVI secolo, per predicare la sua fede. La fede dei valdesi. Un uomo molto coraggioso. Gian lugi Pascal(e), un uomo da bruciare" ( p.314 del libro). 

La situazione rappresentata nel libro è quella di una "Lezione" casuale che il protagonista ( lo scrittore in realtà) si trova ad impartire al lettore, un modello che viene trasmesso non seguendo un canovaccio dei buoni sentimenti ma trasmettendo un senso autentico dell'esistenza che non può fare a meno di ricercare le proprie origini. 

Il tempo viene annullato nel suo succedersi cronologico: il tempo diventa un eterno presente e lo spazio un non luogo, la modificazione del senso dello spazio e del tempo, tuttavia vive nel tempo e nei luoghi e dinanzi all'immensità del tempo, l'atteggiamento più giusto che ci consente di sopravvivere rimane quello di essere come...un pettirosso...un pettirosso da combattimento. 


Conclusione: A volte è meglio non essere un rapace ghermitore ma un pettirosso da combattimento


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9 luglio 2012 1 09 /07 /luglio /2012 03:01

 

L-amante---Marguerite-Duras.jpg

 

ROMANZO AUTOBIOGRAFICO O AUTOBIOGRAFIA ROMANZATA? 

Questo bel romanzo della scrittrice francese Marguerite Duras nata a Saigon da genitori francesi riporta il lettore al gusto della lettura per la lettura e già questo fatto mette a proprio agio anche chi non volesse approfondire e riflettere sulle tematiche affrontate che pur meriterebbero una chiave di lettura che vada oltre lo svolgimento della trama. 



La narrrazione prende avvio raccontando l'iniziazione alla sessualità di una quindicenne che abita in quella che era una colonia francese: l'Indocina degli anni Trenta che era costituita dai territori dell'attuale Vietnam, i francesi rimarranno in Indocina fino al 1954, data che ha rappresentato per la Francia una delle pagine più nere e ingloriose come è stata cocente la sconfitta inflitta dal generale Giap forse più umiliante di quella subita durante la guerra d'Algeria, i vietnamiti si erano ben esercitati anticipando tecniche e tattiche che impiegarono, poi, nella guerra di logoramento con gli USA. 

Eppure negli anni Trenta, periodo in cui è ambientato il romanzo, siamo ancora ben lontani da questo rivolgimento, i francesi in Indocina sono pochi e chi detiene il potere economico e finanziario sono i cinesi ( quanti parallelismi con il presente!) e non a caso i protagonisti del romanzo sono una francese e un cinese. 

A cinquant'anni di distanza una donna con il viso solcato dalle rughe, invecchiata e in fase di decadenza fisica, ripensa al periodo vissuto in Indocina durante la prima adolescenza, un'Indocina che è entrata nel suo immaginario al punto da amplificarne nostalgicamente il desiderio per le passioni vissute. 

Il romanzo inizia con un incontro casuale in un aereoporto con un uomo che le dice: 

"La conosco da sempre. Tutti dicono che da giovane lei era bella, sono venuto a dirle che la trovo più bella ora, preferisco il suo volto devastato a quello che aveva da giovane" (p. 9 del libro) 

E' proprio il volto che è l'inizio e la fine, a diciotto anni, racconta l'autrice, il suo volto invecchiò improvvisamente, un viso che definisce lacerato, solcato da delle rughe nette, un viso distrutto. 

Il mezzo a cui la protagonista affida i ricordi è la scrittura, la scrittura diventa il veicolo per fissare parti della propria vita rimossa, per fare dei bilanci e per ricostruire l'ambiente familiare dominato dalla figura del fratello che appare descritto come collerico e soggetto a improvvise crisi di inspiegabile aggressività. 
Eppure non tutti i francesi che abitavano in Indocina se la passavano bene, per molti di loro l'unica salvezza erano i cinesi che detenevano le redini del commercio e proprio con un uomo cinese, un banchiere vestito all'europea la giovane Marguerite inizierà la sua iniziazione d'amore. 

Soffermiamoci su una frase che ho letto nel libro, l'autrice scrive questa riflessione: 

"So che a far bella una donna nè i vestiti, nè le cure di bellezza, nè il prezzo degli unguenti nè la rarità e il valore intrinseco degli ornamenti. 
So che il problema è un altro ma non so quale sia". (p.259 )

Poi dà la sua risposta a questa domanda, ma non ne voglio svelare il contenuto, l'invito è quello di leggere queste belle pagine...... 

Interessante è anche la descrizione che l'autrice fa del suo rapporto con la madre che definisce come colei che "non ha mai conosciuto il piacere", piacere che le aveva severamente proibito e che, a detta sua (dell'autrice) sarebbe la ragione principale delle sue trasgressioni. 

La relazione con il giovane cinese non durerà a lungo a causa dell'opposizione del padre di lui nei confronti delle bianche, una conferma che da decenni la comunità cinese tende a chiudersi entro se stessa rifiutando qualsiasi rapporto stretto con persone diverse dalla propria etnia ( salvo quelli d'affari!). 

Ho notato che ad un certo punto il racconto cambia marcia, l'autrice non parla più in prima persona ma in terza persona, quasi uno sdoppiamento della personalità che tende a rifiutare il proprio passato che all'inizio era caratterizzato da una forte nostalgia: lei stessa parla di se come un'altra definendosi "fanciulla bianca", "prostituta bianca di Sadec". 

Tutto il racconto procede con una rievocazione autobiografica struggente e appassionata della propria giovinezza, delle occasione perdute, dei rapporti finiti e quasi una dichiarazione del proprio consumarsi dentro, lentamente, per il tormento del tempo che sfugge. 

 


 

 

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8 luglio 2012 7 08 /07 /luglio /2012 08:49

wilde-oscar.jpg

 

 

Leggere Oscar Wilde è sempre stimolante, le sue opere arricchiscono la mente e  molte delle frasi che si possono trarre dai suoi scritti sono dei pensieri brevi da conservare con la cura che necessitano tutte le cose di valore.

 


La sua opera teatrale più conosciuta è la commedia  L'importanza di essere onesto o L'importanza di chiamarsi Ernesto, (il titolo originale è The Importance of Being Earnest); la differenza delle varie traduzioni nasce dal doppio senso (fonico) delle due parole "Ernest" (Ernesto) e "earnest" (onesto, probo, sincero, franco) la cui pronuncia è la medesima. (1)

Il protagonista della piéce teatrale è  Jack Worthing, un uomo dalla doppia vita che vive in campagna con il suo vero nome conducendo una vita semplice per essere d'esempio a Cecily Cardew di cui è tutore e a Londra con il nome Ernest dove conduce una vita brillante frequentando ambienti agiati e aristocratci.
Oscar Wilde attraverso l'espdiente dello sdoppiamento della personalità anticipa  un tema che svilupperà  ne Il ritratto di Dorian Gray, dove il contrasto tra ciò che è apparente e ciò che è sostanza rappresenta anche la lotta infinita tra il bene e il male.
Per non destare sospetti nella giovane Cecily le ha fatto credere di avere a Londra un fratello spregiudicato e irresponsabile che si chiama  Ernest.In questo straordinario gioco degli equivoci e dello scambio di ruoli, Jack/Ernest corteggia Gwendolen Fairfaix  cugina di Algernon che a sua volta si presenta nella casa di campagna dell'amico come Ernest il fratello spregiudicato di Jack e dove fa la corte a Cecily che è ben lieta di ricambiare le attenzioni riservatele.


Wilde dimostra di essere un maestro dell'intreccio e dell'equivoco, inducendo lo spettatore o il lettore stesso a cadere nel malinteso. Il paradosso è l'espediente a cui Wilde ricorre per mettere alla berlina la società aristocratica del suo tempo dominata dalla moralismo e dalle apparenze. Lo scrittore inglese dimostra di sapersi divertire quando descrive la società vittoriana con le sue contraddizioni: il rapporto tra i sessi, la funzione del matrimonio, le convenzioni sociali, il ruolo del denaro, l'importanza della classe di appartenenza.

Ma il paradosso può avere anche un effetto curativo perché fa emergere le contraddizioni e toglie il velo; emblematico è l'episodio (citatissimo) ma che vale la pena di ricordare e che riguarda una coppia di coniugi che si rivolge ad uno psicoterapeuta perché litiga continuamente. Lo psicoterapeuta, dopo averli ascoltati arrriva alla conclusione che i due litigano perché si amano, paradossalmente i due quando smettono di bisticciare sentono di stare bene e fanno di tutto per dimostrare allo psicoterapeuta che è arrivato ad una conclusione sbagliata.

Wilde utilizza il paradosso come scorciatoia per non rivelare in modo chiaro quello che pensa, ecco allora che la derisione e il mettere alla berlina sono gli elementi costituitivi del modo di procedere per non rendere immediatamente rilevabile quello che pensa e per aggirare l'attività dei censori sempre pronti a colpire e a tagliare; in questo modo Wilde riesce a provocare il lettore e lo spettatore creando il lui il dubbio smontando qualsiasi resistenza e distruggendo le sue incrollabili certezze.

 



 

NOTE

(1) The Importance of Being Earnest è stato pubblicato in Italia dalle case editrici Mondadori e Rizzoli, si noti che il titolo scelto dai traduttori è differente.


 

ALCUNI AFORISMI TRATTI DALL'OPERA    

  • Odio le discussioni di qualsiasi tipo. Sono sempre volgari e spesso convincenti.
  • Ogni qual volta qualcuno mi parla del tempo, ho la certezza che intenda dire qualcosa d'altro.

 

L-importanza-di-chiamarsi-Ernesto.jpg

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7 luglio 2012 6 07 /07 /luglio /2012 20:11

La-masai-bianca.-Storia-vera-di-una-passione-africana---Cor.jpg
La masai bianca. Storia vera di una passione africana di  Corinne Hofmann è uno di quei libri che non si scorda e di cui rimane traccia indelebile indipendentemente dal fatto che lo si affronti con una lettura ingenua e rapida o con una lettura critica che vada al di là della superficie del testo.
La storia narrata non è romanzata e questo costituisce di per sè un motivo di interesse nei confronti di un libro che è prima di tutto una testimonianza che si presta a molteplici riflessioni a partire dal rapporto esistente tra diversi modi di vivere e differenti valori. Un tema attualissmo che spesso viene affrontato in modo superficiale e che bisognerebbe "trattare" con gli strumenti che ci possono venire in aiuto dall'antropologia culturale. Lo studio delle "culture altre" dalla nostra -quella occidentale- è da tempo pervenuta a delle conclusioni che purtroppo hanno lambito il modo di intendere del senso comune.

Troppo spesso infatti l'approccio verso quelle che, con un'espressione riuscitissima, venivano definite "culture subalterne" è orientata verso un male inteso senso di integrazione che fa più male che bene soprattuttto a chi riserva eccessive attese nei confronti di adulti integrati che vivono la loro vita in modo completamente diverso rispetto a quello delle popolazioni occidentali.

Se infatti è completamente naturale "inglobare" qualsiasi bambino all'interno di una cultura, è quasi impossibile conquistare il cuore di chi adulto vive in una dimensione diversa rispetto al "conquistatore" e la storia raccontata da Corinne Hofman dimostra come ciò sia vero e come questo ostacolo sia insormontobale quando le culture sono lontane quanto a valori condivisi e convissuti. 

UNA STORIA VERA, UNA STORIA DOVE TRIONFA L'AMORE MA NON L'INTEGRAZIONE

Quando Corinne Hofmann decise di intraprendere un viaggio in Kenia con il proprio fidanzato aveva ventisette anni, la coppia era una delle tante che dalla agiata Europa partiva per una destinazione esotica senza la pretesa di emulare i fatti raccontati in Verdi colline d'Africa di Ernest Hemingway: niente battute di caccia cruente, nessuna propensione letteraria nè voglia di fuga dal mondo occidentale; un viaggio semplicemente un viaggio, ma ecco che il viaggio si trasforma in un evento che cambierà per sempre la vita di Corinne Hofman: l'incontro con un autentico guerriero Masai. Corinne viene letteralmente conquistata dalla bellezza fisica del giovane guerriero, non ci sono sentimenti iniziali non sono quelli di amore ma una forte ed incontenibile attrazione per una fisicità così diversa da quella del suo compagno bianco.

Possiamo parlare banalmente di scintilla che schiocca al primo incontro, ma questo è il meccanismo dell'innamoramento che quando è improvviso è soprattutto attrazione fisica; ma la storia non finisce qui, la forza di attrazione era talmente forte che quando Corinne tornò nella benestante Svizzera decise di ritornare in Kenia per incontrare quel giovane uomo che l'aveva fatta fremere.

Il momento della partenza dalla Svizzera è il momento del distacco  definitivo dalle agiatezze e dal modo di vivere all'occidentale per andare incontro a tutta una serie di difficoltà a partire dalla ricerca di un uomo di cui in realtà poco sapeva come poco conosceva del modo di vivere della gente Masai, gente fiera ma poverissima rispetto ai nostri standard. In questa ricerca colpiscono le difficoltà incontrate da Corinne che non trova davanti a sè verdi colline ma un'infinità di ostacoli  burocratici che deve superare ricorrendo all'unica pratica davvero efficace in quelle (e nell nostre) realtà: l'elargizione di denaro.

 

Il sogno però si relaizza, nonostante piccole e grandi difficoltà, Corinne incontra il giovane Masai, lo sposa e va vivere nella su tribù, il cambio di modo di vivere non è indolore ma l'amore sembra farle superare degli ostacoli che appaiono insormontobali a partire dalla mancanza di acqua e dalla presenza di tutta una serie di malattie come la malaria che un tempo opprimevano anche le popolazioni povere di molte aree dell'Europa. Corinne non sembra risucire ad affrontarte questa situazione di grande precarietà, il suo fisico è inadatto ma darvinianamente incomincia ad autoregolarsi e ad adattarsi nonostante più volte sfiori la morte.

L'iniziale convivenza con il giovane Masai viene coronatae dal matrimonio (svolto secondo il rituale Masai) e dalla nascita di una bambina; anche il modo in cui venne portata avanti la gravidanza si presta a molte riflessioni. Era solo la natura e il caso a decidere se la gravidanza sarebbe giunta al termine, il rischio di morte per parto è altissimo tra le donne di quelle popolazioni ed è ancora più alto per un'occidentale benestante fisicamente inadatta a superare quelle diffcoltà. Ma la natura fu propizia e Corinne riuscì a fare nascere una bambina che chiamerà Napirai.

 

LA BAMBINA STRAPPATA ALLA SUA CULTURA, STORIA ALL'INCONTRARIO

 

Le cronache raccontano spesso di storie di bambini strappati alle loro madri europee (accade anche il contrario ma è più raro, ossia madri che rapiscono i loro figli dai padri), ma nella storia vera raccontata da Corinne accade esattamente il contrario: è Corinne che decide di portare via Napirai dall'Africa per portarla in Svizzera e darle quello che non poteva avere tra i Masai.

Ecco il punto di distacco totale che va al di là di ogni considerazione sull'amore, Corinne non può integrarsi con la cultura Masai, non è una Masai e non può capirsi con il marito che è prima di tutto un maschio che deve con orgoglio affrontare il consenso della sua gente.

Le differenze si possono annullare solo con l'amore? È questa una domanda che merita una risposta che non cada nella banalità, intanto dipende cosa si intende per differenze; se per differenze intediamo un insieme di valori inconciliabili la risposta è no, soprattutto quando uno dei due non vuole rinunciare a niente e pretende di imporre il suo modo di vivere all'altro e anche quando non lo dovesse pretendere comunque le due vite non saranno mai in soncronia a meno che uno dei due non rinunci a tutto ma proprio a tutto scegliendo di vivere come l'altro.

Un'altra domanda riguarda il tenore di vita. può un occidentale (anche povero) vivere come vivono i Masai o altre tribù africane (quelle che rimangono e che vivono ancora come vivevano i nostri progenitori che da lì provengono)? La risposta è dipende, siamo inadatti ed incapaci a sopravvivere in quelle condizioni. Il più povero dei poveri può andare a mangiare in una mensa di qualche associazione caritatevole ma non è in grado di procurarsi il cibo in una relatà in cui apparentemente non c'è niente. È destinato a soccombere inevitabilmente, mentre i milgiori dei  Masai sono stati selezionati dalla natura per affrontarla in condizioni estreme.

Può una donna bianca benestante pensare di integrarsi in una cultura fiera dominata dagli uomini come quella Masai pensando di continuare a fare la donna occidentale mantenendo dei comportamenti incomprensibili per la quella cultura? Il medesimo discorso vale per gli uomini e viceversa per un guerriero Masai che vorrebbe fare esattamente quello che faceva tra la sua gente, nel caso in cui dovesse vivere in una città europea. Anche in questo caso la risposta è negativa, a meno che non si rinunci (da una parte e dall'altra) alle proprie abitudini e ad una parte dei valori in cui si crede.

Può una donna bianca benestante accettare la poligamia e pensare di imporre un matrimonio monogamo? Su questo punto non mi soffermo, ma anche qui la risposta è negativa. 

 

Per capire appieno lo spirito del libro merita una riflessione la figura di Lketinga, il guerriero Masai di cui si innamora Corinne; Lketinga è un uomo sinceramente innamorato, il suo amore è puro senza mediazioni e in primo momento attira Corinne, ma quando si manifesta in tutta la sua drammatcità la gelosia ecco che Corinne non è  pronta ad accettare la sottomissione che richiedono le circostanze. Questo è il punto.

In Europa sono numerosissimi i casi di donne uccise per gelosia e nel nostro sentire comune "politcamente corretto" questo sentimento è respinto quando degenera in forma che possono diventare molto pericolose per la donna (in alcuni casi anche per l'uomo), ma in una cultura in cui il ruolo della donna è fondamentale per allevare i figli ogni pericolo che può venire da altri maschi in concorrenza è visto come un pericolo all'esistenza stessa dell'uomo e della sua famiglia. Non lo condividiamo ma dobbiamo comprenderlo, basta leggere la Bibbia per rendersi conto che questo era il modo degli uomini di rapportarsi alle donne sin dall'antichità. Ma la gelosia non era un semplice sentimento era qualcosa di diverso legato alla salvaguardia della famiglia e la donna era con i figli erano intangibili.

Al di là delle riflessioni che questo libro può suscitare, la sua lettura è consigliata, è un bellissimo libro racconta una storia commovente senza finzione che merita rispetto.












 

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Published by Caiomario - in Libri
7 luglio 2012 6 07 /07 /luglio /2012 17:33

 

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Il giovane Holden venne pubblicato a New York nel 1951 con il titolo originale "The catcher in the rye" che letteralmente significa "l'afferratore nella" segale", un'espressione che proviene dalla deformazione di un verso di una canzone di genere popolare, tradotto letteralmente in italiano non significa niente ma bisogna ricordare in italiano il verso sbagliatoche ricorda il protagonista: 

"Se scendi tra i campi di segale e ti prende al volo qualcuno

Si trattta di una scelta deliberata di Salinger che ha voluto incentrare il significato del romanzo tutto sul desiderio di fiducua e di ricevimento nel senso di accolgienza, quindi il catcher è colui che afferra ma anche che abbraccia ma nello stesso tempo rye non solo significa segale in inglese ma anche whisky di segale (rye whisky). 

Potrebbe essere una storia adolescenziale ma è in realtà la storia di un adolescente di sedici anni Holden Caulfield che è stato espulso ripetutamente da varie scuole e prima che gli venga comminata l'ultima punizione, decide di passare per New York, prima di fare rientro a casa. 

La storia di Holden è esattamente quella di un adolescente di oggi che pensa che la vita reale gli possa dare quello che lui ritiene che la scuola gli tolga: Holden si trova immerso in un mondo ostile dove non c'è comunicabilità, il suo scontro con la società è totale...ogni personaggio che incontra diventa un nuovo avversario: un addetto all'ascensore, una prostituta e delle persone che ha conosciuto più grandi di lui. 

Cerca una possibilità di comunicare nel mondo dell'infanzia con la sorellina Phoebe con la quale si confida segretamente durante una conversazione notturna, durante la quale progetta una nuova fuga. 
Purtroppo anche questo proposito decade e Holden cade in preda ad una crisi depressiva ed è in attesa di tornare a scuola. 

La storia è la prima di tutto una storia che riguarda tutti: Holden non riesce a comunicare nè con gli adulti nè con i bambini, l'unica possibilità che ha (come tutti) è di conformarsi alle regole di una società viziata dalla corruzione e nevrotica. 
E' proprio il mondo esterno che appare infetto e travolgente, è un mondo che impone ritmi e regole dove ogni speranza viene fagocitata, certamente il linguaggio che troviamo nel libro è quello gergale dell'America degli anni cinquanta che ben è stata rappresentata anche in tante celebri pellicole ( da "Il selvaggio" a "Il gigante") ma si ritrova il conformismo di maniera di una società (che potrebbe essere quella di ogni epoca) che viene definita come "tirannia degli adulti". 

I disastri, gli errori di Holden sono i disastri dei nostri ragazzi che probabilmente sono peggio dal punto di vista comportamentale di quello che era Holden e se dovessimo proiettare Holden al 2010, oggi sarebbe un anziano signore di 75 anni con dei nipoti a cui, probabilmente rimprovererebbe quello che lui stesso ha fatto, ma spesso sono le vecchie generazioni quelle che hanno preparato il terreno. 
Leggere oggi Il giovane Holden è commovente soprattutto perchè quello che era trasgressivo per un sedicenne del'America degli anni cinquanta appare ingenuo per un giovane cresciuto a videogame e tronisti. 


Holden è stato il mito di una generazione che nel ribellismo trovò una ragione per veicolare la propria ipersensibilità e acutezza, oggi non lo potrebbe più essere, i guai di Holden non appartengono ai sedicenni di oggi. 

Holden combina guai ma ha la speranza, sa sognare, vuole trovare una strada, non si fa del male, per lui c'è una possibilità...quella che non esiste per un sedicenne di oggi, spesso ripiegato in se stesso alla ricerca dello sballo. 

Un libro consigliato per chi predica la prudenza e si è dimenticato la spregiudicatezza.

A sedici anni si deve essere idealisti

 

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Published by Caiomario - in Libri
7 luglio 2012 6 07 /07 /luglio /2012 05:49

 

 

Germinale-1.jpg

 

"Germinale" è il più famoso dei cosiddetti romanzi sociali del naturalismo francese. Venne pubblicato a puntate, come era in uso all'epoca, sul giornale "Gil-Blas". 
Il titolo rievoca un episodio particolarmente rappresentativo accaduto durante la Rivoluzione Francese, quando un'enorme massa di persone invase le strade di Parigi, gridando "pane,pane", questo fatto realmente accaduto avvenne nel periodo tra il marzo e l'aprile del 1795 , periodo questo che nella terminolgia del calendario rivoluzionario si chiama, appunto, Germinale. 

IL SIGNIFICATO DEL TITOLO DEL ROMANZO 

Adottato il 5 ottobre 1793, il calendario rivoluzionario costituì uno dei momenti concreti di scristianizzazione adottati dalla Convenzione. 
L'era della libertà decorreva a partire dal 22 settembre 1792 ( il giorno immediatamente successivo alla data dell'inizio della republica) sostituendosi al conteggio degli anni dell'era cristiana. 
Ognuno dei docici mesi ebbe il nome attingendo dal mondo agricolo e dal succedersi delle stagioni: vendemmaio, brumaio, frimaio,, nevoso, piovoso,ventoso,germinale,pratile, messidoro,termidoro, fruttidoro. 

Ogni mese rivoluzionario prendeva una parte di un mese e una parte di un altro dei nostri mesi per cui il Germinale indica il periodo che va dal 21 marzo al 19 aprile e si riferisce al momento in cui gli alberi e le piante rincominciano a germogliare. 

IL PERIODO STORICO 

L'ambientazione del romanzo non è comunque quella della Parigi del 1795, ma quella di Montsou che è un centro minerario che si trova nel nord della Francia e il periodo storico è spostato al 1870, il periodo del secondo impero,anno in cui le truppe francesi vennero sbaragliate da quelle prussiane e lo stesso Luigi Bonaparte fu fatto prigioniero. 

LA TRAMA 

Il protagonista, Stefano Lantier, lavora a Montsou, nel pozzo del Voreux, si innamora di una ragazza, Caterina, figlia di un altro minatore ma un suo compagno di lavoro, Gran Chaval, gliela porta via e la violenta. 
Profondamente provato da questa vicenda personale, Stefano decide di dedicarsi alla politica cercando di organizzare i minatori contro la Compagnia della miniera. 
Viene organizzato uno sciopero dove i minatori cercano di resistere per due mesi, una volta che hanno terminato tutte le risorse sono costretti a cedere. 
Tra gli operai si distinge la figura di Suvarin, un nichilista russo che spinto da un'ansia di distruzione spropositata è causa di un disastro che finisce per coinvolgere tutti i compagni, in realtà Suvarin non dovrebbe trovarsi nel luogo di lavoro perchè si era licenziato, ma sogna la distruzione completa della società. 
Si tratta ovviamente di un un utopia nichilista che aveva come obiettivo quello di una sorta di palingenesi rigeneratrice che avrebbe dato vita a un uomo completamente rinnovato e libero da tutti i fardelli e le remore che accompagnavano i suoi ex compagni di lavoro. 
Spinto da questo folle disegno, Suvarin, quando vede i compagni ritornare al lavoro, si cala all'interno della miniera, nel pozzo di Voreux e con seghe e martelli toglie le tavole di sostegno della galleria. 
La mattina seguente quando i compagni tornano al lavoro, la volta della galleria cede e l'acqua invade tutti i corridoi all'interno dei quali si trovano Stefano Lantier, Caterina e Gran Chaval insieme ad altri compagni di lavoro. 
E' il dramma, tutti muoiono intrappolati ad esclusione di Stefano che riesce a salvarsi grazie all'intervento dei soccorritori. 
Provato ancora una volta da una terribile vicenda, Stefano ne esce fuori con una coscienza profondamente rinnovata, pronto a riprendere la lotta con maggiore consapevolezza e con più decisione. 

COMMENTO 

Il romanzo ci permette di conoscere le condizioni di vita degli operai che lavoravano in una miniera nell'Ottocento, la ricostruzione che Zola fa non è frutto della fantasia ma il risultato di un'accurata indagine e documentazione che lo stesso Zola fece nelle miniere di Denain, partecipando come spettatore alle vicende di un autentico sciopero organizzato dagli operai di quelle miniere. 
Quando si parla di naturalismo a proposito di Zola si indica una narrazione aderente alla realtà ( in Italia prenderà il nome di realismo e Verga sarà uno dei maggiori rappresentanti): una narrazione dove viene curato minuziosamente ogni aspetto che fa parte di una determinata ambientazione. 
Ecco perchè possiamo parlare di una minuziosa ricostruzione della vita degli operai di un centro minerario dell'Ottocento, in quanto vengono descritte le condizioni di lavoro, le case, come si svolgeva la vita, la miseria ma anche la passione e le speranze. 
Una passione a cui, seppur in modo diverso, sembrano essere completamente succubi i due protagonisti del romanzo. Stefano Lantier e il nichilista Suvarin. 
Entrambi diversi ma nello stesso tempo eguali perchè rappresentano quel tipo di eroe negativo e sociale tanto in voga nell'Ottocento che sognava una soluzione radicale per risolvere definitivamente gli immensi problemi sociali che attanagliavano delle masse senza speranza e ridotte alla miseria più nera. 

Qual'è l'operazione che Zola fa? Zola descrive le condizioni bestiali di questi lavoratori per dimostrare che in tali condizioni non poteva che nascere una violenza altrettanto bestiale e terribile. 
Quando manca il pane, gli operai si gettano nelle strade e gridano "pane, pane" esattamente come era accaduto nel 1795 durante la Rivoluzione Francese ed è questo un momento di fortissime tensioni in cui la paura assale i borghesi che sono terrorizzati da questa accozzaglia di gente urlante che assomiglia a un'orda pronta a distruggere ogni cosa. 

E' particolarmente affascinante la descrizione che Zola fa delle donne che urlano per il pane, si tratta delle mogli degli operai, spesso lavoratrici anch'esse che si trovano nel triplice ruolo di madri, mogli e lavoratrici. 

L'operaio di cui parla Zola è l'operaio ignorante che non conosce i propri diritti e che sa solo protestare ma quando questa protesta viene raccolta da una persona di cultura gli esiti sono ben differenti come nel caso del nichilista Sauvarin. 
Ed è proprio Sauvarin, il nichilista, il personaggio più inquietante del romanzo perchè animato da uno spirito distruttore cosciente e non da una cieca ed irresponsabile violenza. 
La figura di Sauvarin che si inabissa nella notte di Parigi rappresenta la figura di ogni nichilista che scompare dopo aver compiuto la sua missione distruttrice. 

Storicamente non bisogna dimenticare che il Quarantotto in tutta Europa fu un momento in cui ansie di libertà si incontrarono con quelle più rivoluzionarie, un esempio fra tutti fu quello della rivoluzione di febbraio (del 1848) quando Parigi insorse, un'insurrezione che provocò una dura reazione e che causò più di trentamila esecuzioni. 

La strada che invece l'altro protagonista del romanzo sceglierà, sarà quella che oggi potremo definire rifromista, una strada percorsa da una scelta consapevole e che permetterà di far germogliare (GERMINALE) una nuova speranza: i tempi saranno maturi per una nuova stagione fatta di sogni, di illusioni e di delusioni ma anche da gnerose passioni. 

Consiglio questo bellissimo libro di Zola, francese di nascita ma italiano di origine, uno dei più grandi scrittori dell'Ottocento del cui temperamento romantico nell'epoca dei best seller la cultura avrebbe bisogno e si che ne avrebbe bisogno, cari amici miei!!! 


 La soluzione radicale e la speranza che germoglia, questo è lo spirito di tutte le rivoluzioni.


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