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23 marzo 2014 7 23 /03 /marzo /2014 04:20

 

 

 

 

 

 

 

 

7326053414_43c08e1b3a.jpg"Qualunque anfora di vino stipata nelle infami celle affumicate di Marsiglia, qualunque orcio che il fuoco ha fatto invecchiare ci arriva da parte tua, Munna: tu invii per mare e per terra terribili veleni agli sventurati amici. E non costano neanche poco, ma il loro prezzo andrebbe bene per un'anfora di Falerno o di vino di Sezze tenute ben care nelle cantine. Penso che tu abbia questo motivo per non venire a Roma, non bere i tuoi vini".

 

(Marziale)

 

A che pro, Tucca, mescoli al vecchio Falerno il vino degli orci vaticani? Ti han fatto del gran bene i vini pessimi e del gran male quegli ottimi? Non riguarda noi, ma è un delitto assassinare il Falerno, avvelenare crudelmente il vino Campano. Forse i tuoi commensali hanno meritato di morire: certamente non l'ha meritato.

 

(Marziale)

 

Testo latino tradotto dalla Prof. Giuliana Boirivant

 

IL COMMENTO DI CAIOMARIO

 

In questi due epigrammi esemplari di Marziale viene affrontata la tematica del vino adulterato, pratica a quanto pare molto diffusa nell'antica Roma che  non si limitava alla mescita  del vino con l'acqua ma prevedeva l'utilizzo di "terribili veleni" a cui Marziale allude nel primo epigramma in cui viene citato un commerciante di nome Munna, nel secondo tale Tucca,  usi all'imbroglio e alla sofisticazione.

Di contro  veniamo a conoscere alcuni vini di eccellenza diffusi all'epoca: il Falerno e il vino di Sezze; il  Falerno in particolare era un vino campano pregiatissimo i cui vigneti erano coltivati nell'ager Falernicus, un territorio che si estendeva in quella parte della Campania che si trova ubicata nell'attuale provincia di Caserta..

 

Nella Roma antica la viticoltura era molto diffusa, tant'è che ci rimangono numerosi studi e trattati che affrontano la materia sotto diverse angolature che comprendono: la scelta del terreno e dei vitigni, i lavori stagionali, le tecniche di potatura.

 

Se CatoneVarronePlinio il Vecchio, Lucio Moderato Columella si prodigarono per trattare in maniera organica la viticoltura e per migliorare la qualità dei vigneti e dei vini, altri, invece  di cui Munna e Tucca sono l'esempio, avevano un solo obiettivo: quello di guadagnare sesterzi "assassinando" i vini migliori tra i quali spiccava per bontà il Falerno.

 

 

Sull'argomento può interessarti anche:

 

http://www.vinicaserta.it/Sch_Falerno.htm    ( link)

 

http://www.vinicaserta.it/Sch_Falerno.htm  (link)

 

 

 

Fonte immagine: http://www.flickr.com/photos/92249242@N00/7326053414; dall'album di

Álvaro Pérez Vilariño

 

 

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Published by Caiomario - in Letteratura latina e greca
22 marzo 2014 6 22 /03 /marzo /2014 07:21

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3524215927_403b09bf8a.jpg

Fonte immagine: http://www.flickr.com/photos/33083165@N02/3524215927 (album di ReservasCoches.com)

 

 

 

 

"Augusto. Il grande baro" è un libro scritto dal giornalista storico Antonio Spinosa pubblicato per la prima volta nel 1996 nella collana "Le Scie" e successivamente nel 1998 nella collana Oscar per le edizioni Mondadori; il libro è stato poi più volte ristampato ed è facilmente reperibile sia in libreria che online. Anticipando il mio giudizio sull'opera devo dire che mi è piaciuto proprio per i motivi che ho illustrato nella premessa: Spinosa parla del passato ricollegandosi alla nostra storia recente. 
La mia lettura partecipata di questo bel libro di Antonio Spinosa non è però esente da una certa perplessità per il paragone tra la figura di Cesare Augusto e quella di Benito Mussolini; la storia -per quanto possa essere suggestiva la teoria dei corsi e ricorsi di Vico- non si ripete mai nello stesso modo nonostante le forme possano indurre all'errore i meno cauti inclini ai parallelismi tra epoche diverse. 
Che Mussolini volesse continuare l'opera dei Cesari è un fatto noto, ma è meno noto il fatto che già gli oppositori del Fascismo avessero in un certo modo rafforzato le ragioni del capo del Fascismo paragonando la sua presa del potere a quella di Tiberio Augusto. Probabilmente il giudizio dello storico Arnaldo Momigliano (riportato da Spinosa e da lui condiviso) non dispiaceva a Mussolini, paragonare la sua presa del potere con quella di Augusto probabilmente era cosa gradita al duce. 

Per chi oggi si aggira nelle strade di Roma, è facile incontrare le vestigia del passato ed imbattersi in marmi ingrigiti un tempo coloratissimi, così come è facile trovare delle statue più recenti che risalgono al periodo del ventennio mussoliniano. Spinosa nel suo parallelismo ricorda che proprio davanti al Foro, sorge una statua bronzea che venne fatta innalzare da Mussolini in onore ad Augusto nel segno di una continuità con un passato che si voleva riportare in auge. Sappiamo però come le cose sono andate, gli italiani del Ventennio mussoliniano non erano gli antichi Romani e di questo se ne accorse presto lo stesso Mussolini che tentò di cambiare il modo di pensare gli italiani fallendo però nel suo intento. 
Spinosa non sbaglia a mio parere nel dire che il Fascismo ha preso molto dalla Roma di Augusto, del resto questo voleva Mussolini e ciò era la parte fondante del Fascismo, ma le analogie con il passato si fermano alle forme. 

LE ORIGINI DI TIBERIO: ANTENATI PLEBEI CHE PROVENIVANO DA VELLETRI 


Leggendo il libro di Spinosa si apprendono molti particolari poco noti su Ottavio (Augusto) intanto a partire dalle sue origini plebee, il nonno era un fabbricante di cordami e il padre era una sorta di intrallazzatore che procurava voti a questo o quel candidato, quello che però più colpisce era il fatto che i suoi antenati non provenissero da Roma città ma dalla zona di Velletri. Insomma il primo Imperatore di Roma era un provinciale che proveniva dalla campagna romana, i cui progenitori praticavano delle umili professioni e se il padre di Mussolini era un fabbro di Predappio, gli antenati di Tiberio erano mugnai. 

Nella sua gradevole ed interessante esposizione Spinosa con tono discorsivo racconta l'infanzia di Ottavio fino ad arrivare al 15 marzo del 44 a.C., la data fatidica che segnerà il passaggio dalla Roma di Cesare a quella dei Cesari ed Ottavio fu il primo dei Cesari assumendo il nome di: Caio Giulio Cesare Ottaviano Augusto. 

Il racconto di Spinosa è sempre appassionante, la narrazione dei fatti si mantiene sul piano discorsivo e leggendo il libro pare di trovarsi davanti ad una pagina di Svetonio, l'antico storico dei Cesari dal quale apprendiamo molti fatti che poi gli storici successivi hanno ripreso seppur criticandone l'impostazione di parte. 
Spinosa rivisita la figura di Augusto svelando torbidi raggiri del suo modo di agire, ne esce fuori il ritratto di un imperatore spregiudicato che si servì degli intellettuali dell'epoca: da Virgilio ad Orazio passando per Ovidio. 
Niente lasciò al caso il primo imperatore di Roma che a soli vent'anni si fece nominare console e che contrastò con ogni mezzo gli anticesariani in nome di una pax che significò spesso fare tabula rasa di ogni opposizione. A volte la storia si ripete ma da tragedia si può trasformare in farsa. Teniamone conto! 


"Augusto. Il grande baro" di Antonio Spinosa è un bel libro scritto bene con un linguaggio comprensibile che stimola il senso critico del lettore. Ne consiglio pertanto la lettura.

 Augusto un baro che utilizzò ogni mezzo per prendere il potere e per mantenerlo....fu così

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Published by Caiomario - in Storia
22 marzo 2014 6 22 /03 /marzo /2014 05:43

 

4507570734_f5c982d70e.jpg                                              Fonte: http://www.flickr.com/photos/49193974@N04/4507570734

 

 

 

 

 

Viva la Chiocciola,

viva una bestia

che unisce il merito

alla modestia.

Essa all'astronomo

e all'architetto

forse nell'animo

destò il concetto

del cannocchiale

e delle scale:

  viva la Chiocciola

  caro animale.

Contenta ai comodi

che Dio le fece

può dirsi il Diogene della specie.

Per prendere aria

non passa l'uscio

nelle abitudini

del proprio guscio

sta persuasa

e non intasa:

  viva la Chiocciola

  bestia di casa

  Di cibi estranei

acre prurito

svegli uno stomaco

senza appetito:

essa, sentendosi

bene in arnese

ha gusto a rodere

del suo paese

tranquillamente

l'erba nascente:

   viva la Chiocciola

   bestia astinente

   Nessun procedere

sa colle buone,

e più d'un asino

fa da leone;

essa al contrario;

bestia com'è.

tira a proposito

le corna a sè;

non fa l'audace

ma frigge e tace:

   viva la Chiocciola,

   bestia di pace.

   Natura varia

ne' suoi portenti,

la privilegia

sopra i viventi,

perché (carnefici

sentite questa)

le fa rinascere

perfin la testa;

cosa mirabile,

ma indubitabile:

   viva la Chiocciola,

   bestia invidiabile,

   Gufi dottissimi

che predicate

e al vostro simile

nulla insegnate;

e voi girovaghi

ghiotti, scapati,

padroni idrofobi,

servi arrembati;

prego a cantare

l'intercalare:

   viva la Chiocciola,

   bestia esemplare.

 

 

IL COMMENTO DI CAIOMARIO

 

In questo gustosissimo sonetto, Giuseppe Giusti su un fondo di appassionata ammirazione fa assurgere la chiocciola ad emblema di equilibrio e modestia; il paragone tra la chiocciola e Diogene, il filosofo cinico vissuto nel IV secolo a.C. che, secondo la tradizione, viveva in una botte, coglie poi una caratteristica peculiare della spece  riserva e dedita alla vita ritirata proprio per la sua costituzione naturale.

"Per prendere aria/ non passa l'uscio; nelle abitudini/del proprio guscio"....Giusti insiste ancora sulle caratteristiche morfologiche della chiocciola  che pur costretta alla rassegnazione "sta persuasa e non intasa", rassegnazione e felicità quale accettazione della propria condizione sono quindi "virtù morali" che si contrappongono all'arroganza di tutti coloro sforzandosi di apparire leoni sono solo asini.

La chiocciola fa di necessità virtù, freme e fa la schiuma non ribellandosi accettando i suoi limiti ma questa sua caratteristica che potrebbe sembrare una debolezza, la rende "bestia esemplare" e superiore rispetto a quei "Gufi dottissimi"  che usi a predicare al prossimo , nulla insegnano.

 

 

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 Storia di una lumaca che scoprì l'importanza di essere lenta

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Published by Caiomario - in Poesia
21 marzo 2014 5 21 /03 /marzo /2014 17:55

 

 

  Storia di una lumaca che scoprì l'importanza di essere lenta

Luis Sepùlveda

 

 

 

 

 

 

 

 

 

Lo scrittore cileno Luis Sepùlveda con la sua "Storia di una lumaca che scoprì l'importanza di essere lenta" ancora una volta  ci regala una bella fiaba dove protagonista è un animale quasi a voler spronare il lettore a ricordare con la metafora della lentezza uno stile di vita da eleggere in netta contrapposizione a quello di una società sempre lanciata a forte velocità verso obiettivi di cui spesso si fatica a comprendere l'utilità e la concretezza.

 

Se la fiaba e la parabola ci aiutano a fissare nelle memoria una storia non possiamo però non tenerci legati al nostro presente, Pascal spiegò bene che la nostra inclinazione verso l'anticipazione dell'avvenire dipende dal fatto che è come se "volessimo affrettare il suo corso troppo lento; ovvero rievochiamo il passato come per arrestare la sua veloce fuga; a tal segno imprudenti che sempre andiamo errando in un tempo che non ci appartiene e non pensiamo mai a quello che è solo nostro; e così stolti, da tenere fissa di continuo la nostra mente ad un tempo che non esiste, mentre lasciamo che trascorra senza riflettere il solo che esiste davvero".

 

 

Diceva La Rochefoucauld che "La filosofia ha un facile trionfo sui mali passati e futuri, ma quelli presenti trionfano su di lei" ed anche la lentezza, aggiungiamo noi, è per chi se la può permettere a meno che non ci si lasci vivere senza avere alcun senso di responsabilità verso sè stessi e  gli altri.

L'inazione e l'ignavia fanno parte delle società purulente che nell'immobilismo e nella corruzione sono destinate a tramontare. Tuttavia solo creandosi uno spazio quotidiano in cui poter riflettere è possibile apprezzare ciò che ci circonda e preparare un piano d'azione in una vita dove tutto scorre e dove si rischia di essere continuamente travolti.

 

 

 

 

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Published by Caiomario - in Letteratura
21 marzo 2014 5 21 /03 /marzo /2014 12:46

Rumori, clamori, polvere...

...visi e corpi ansanti

inerpicarsi al Colle.

 

Sulla vetta brusio,

bisbigliar sommesso,

battere su chiodi...

...e cigolio

su un palo che si erge.

 

Perché

per vedere la mia angoscia su un volto

una Croce?

...brezza fra i cespugli, la risposta.

 

Nel silenzio

un urlo

uno schianto

piangere dirotto.

Portar mani su occhiaie spente

...e fuggire:

 

fuggire a gruppi,

in pochi sulla piazza

soli sulla strada

uno per ogni porta,

 

.....e rientrare nella casa vuota

e ranicchiarsi in un angolo

al buio

 

...........

 

Laggiù, da lontano, dal Colle

un turbine scende mugolando.

 

si fa vento sulla piazza

soffia sulla via

lambisce gli usci

carezzevolmente....

e accende fiammelle.

 

Risurrezione

 

 

Raffaello Borsetti  (poeta, critico d'arte e pittore)

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Published by Caiomario - in Poesia
21 marzo 2014 5 21 /03 /marzo /2014 12:42

Un ombrellone stinto

è la fine dell'estate.

Volo di gabbiano

in una lampada al meriggio.

Trasparenze.

....e un diario di pagine bianche

sulla spiaggia, a settembre,

racconta....................

......all'onda

        che geme

       accanto

 

Raffaello Borsetti (Poeta e pittore)

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Published by Caiomario - in Poesia
21 marzo 2014 5 21 /03 /marzo /2014 08:51

Di seguito riportiamo una critica scritta da Raffaello Borsetti in occasione di una mostra dei pittori Nereide Pilloni, Francesco Dotti, Giorgio Savona. La mostra venne tenuta presso la Galleria d'Arte il Colore di Ignazio Cabras.

 

 

 

"Nereide Pilloni, Giorgio Savona, Francesco Dotti

si ripresentano al pubblico con una rassegna la quale

per la quantità delle opere da ciascuno esposte, assurge

quasi ad altrettanto personali.

 

I loro lavori sono di genere figurativo e riteniamo

che, essendo la pittura un'arte visiva, sia la forma sia

l'ambiente nei quali essa si esprime, debbano essere

giustamente rappresentati con un certo convenzionalismo

senza che per questo venga sofficata la schietta

ispirazione.

 

 Nelle opere della Pilloni si nota un carattere roman-

tico-metafisico dove la visione del mondo e della vita è

più sognante e poetica che reale e pratica. Il silenzio di

cui sono permetate le rappresentazioni ci fa cogliere

a livello interiore il profondo significato delle forme

espresse.

 

 Nei lavori del Savona si evidenzia una poetica

pacata e suggestiva, ricca di toni equilibrati realizzati

senza alcuna retorica. Il paesaggio, quasi avvolto da una

impalpabile luce di crepuscolo, sembra prima di colloquiare

con sè stesso per rendersi dopo disponibile ad un dialogo

con l'uomo.

 

  Nei quadri del Dotti notiamo una tendenza al sen-

timento romantico; i colori, per la loro vividezza, ci

conducono ad aspetti reali della natura colti con im-

mediatezza. Nell'atmosfera determinata dall'argomento

trattato, le cose vivono una loro intensa spiritualità che

rende l'osservatore partecipe della rappresentazione."

 

Cagliari, Giugno 1985

 

                                                                    Raffaello Borsetti

 

 

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Published by Caiomario - in Poesia
21 marzo 2014 5 21 /03 /marzo /2014 08:42

Cadere e trovare abissi sino al fondo

e vedere ancora abissi.

Precipitare e chiamar dal buio

l'abisso dell'alto....e gridare,

inascoltato nel silenzio:

 

Nasco e muoio solo per me stesso?

E se fragile perché distrutto?

 

Spazi di solitudine

dimensioni di dolore.

Pianto.

Sussulta il Creato:

                                 è l'abisso che invoca l'abisso!

 

Fremito del profondo

nell'intimità della Creazione,

colloquio....

....e il tormento si fa Cielo!

Perdono

 

 

Raffaello Borsetti (poeta, critico d'arte e pittore)

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Published by Caiomario - in Poesia
21 marzo 2014 5 21 /03 /marzo /2014 08:40

Nel cimitero di campagna

tra vialetti smossi

legni sbozzati per la fede.

Fra gli sterpi una fontanella gocciola:

......si rispecchia il cielo;

        sul prato

          pigola un passero

         si libra una farfalla

         scivola un ramarro;

.....sui marmi crisantemi raccontano.....

 

All'imbrunire

dalla pianura

l'eco del Vespro

copre distese,

          scavalca siepi

          scorre sul muro

          lambisce nomi

          accarezza volti.....

..... sosta sulla Croce,

e sull'erba accende un lume.

Attorno fiori di campo pregano.

 

(Raffaello Borsetti - poeta, pittore, critico d'arte)

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Published by Caiomario - in Poesia
21 marzo 2014 5 21 /03 /marzo /2014 07:32

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

Solitudine

nei pini al tramonto

       su panche vuote

       su viali deserti.

Solitudine

in una lampada al crepuscolo

e nel guaire di un cane.

Solitudine

nella nebbia la notte

agli angoli delle strade.

Vivi nel silenzio, essenza di Dio

.....reclinata sull'uomo

     per le grandi prove.

 

                           Raffaello Borsetti (poeta, pittore, critico d'arte)

 

 

 

 

 

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