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17 giugno 2018 7 17 /06 /giugno /2018 10:50

L'indirizzo critico della filosofia di Kant diventa più comprensibile se si considerano due aspetti: il primo riguarda l' ambiente culturale europeo dell'epoca in cui  egli visse e il secondo aspetto riguarda i suoi interessi che erano rivolti alla  metafisica, alla morale e alle scienze empirio-matematiche. La filosofia di Kant nasce per superare, da una parte, le intemperanze delle posizioni proprie di quei filosofi che affrontavano le questioni metafisiche facendo ricorso a procedimenti formalmente razionali e dall'altra parte lo scetticismo a cui perveniva l'empirismo. La riflessione critica di Kant è prima di tutto la risposta a varie domande che possono essere sintetizzate nello schema che segue:

I punti di partenza della riflessione kantiana

1-  La metafisica è concepibile come scienza?
2 -  Si può dare una definizione ferma della morale sottraendosi alla variabilità delle  determinazioni che sono state date e che vengono date?
3 -  Come è possibile avere una conoscenza delle scienze della natura?
4 - Qual'è il valore del sapere umano?

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

Per quanto riguarda il punto 1 è bene chiarire a che cosa Kant si riferisca quando parla di metafisica,: in un primo momento egli, con questo termine, si riferisce sia alla concezione della realtà soprasensibile sia alla teologia razionale quale dottrina razionale  teorizzata dal filosofo Christian Wolf. Wolf di formazione illuminista e luterana elaborò una dottrina filosofica che trattava l'anima (psicologia razionale), il mondo (cosmologia razionale) e Dio (teologia razionale). Nel periodo in cui Kant incominciò la sua riflessione filosofica la metafisica intesa non solo come dottrina del soprasensibile ma anche come filosofia teoretica avente per oggetto  tutta la realtà (compreso Dio) era terreno di scontro non solo in ambito filosofico ma anche teologico. Bisogna tenere presente poi che la distinzione tra teologia e filosofia al tempo di Kant non era così netta come lo è oggi e le problematiche dell'una si intersecavano con quelle dell'altra.  In un secondo momento Kant quando parla di  metafisica si riferisce alla metafisica dei costumi intendendo con tale espressione la morale (nel 1785 viene pubblicata l'opera Fondazione della metafisica dei costumi). Kant essendo consapevole del fatto che la metafisica era un terreno di scontro senza fine, era altrettanto consapevole del fatto che l'uomo aveva bisogno della metafisica e utilizzando il linguaggio comune si direbbe oggi che l'uomo ha continuamente bisogno di spiritualità. Kant quindi  non voleva combattere quello che riteneva un legittimo bisogno dell'uomo ma la sua deriva ossia il momento in cui quella che era un'esigenza si trasformava in una concezione pervasiva di ogni ambito conoscitivo umano. Questa deriva poi andava a coinvolgere la morale generando dubbi e insicurezza.

Per quanto concerne il punto 2, Kant come abbiamo visto nelle righe precedenti, voleva svincolare la morale dalle dispute metafisiche per pervenire ad una definizione che sottraesse l'uomo da tutte le incertezze legate alle norme di condotta e più in generale al dovere.

Per quanto riguarda il punto 3 si consideri che Kant proveniva da una formazione scientifica, alla filosofia pervenne relativamente tardi; nel periodo che va dal 1746 al 1755 (periodo precritico), i suoi studi erano rivolti alla fisica, alla matematica e all'astronomia, nel 1755 venne pubblicata l'opera intitolata Storia universale della natura e teoria dei cieli dove  Kant espose la nota teoria della nebulosa primitiva da cui si sarebbero formati i mondi. Kant quindi si forma in un ambiente scientifico e razionale in un periodo in cui le scienze della natura fanno dei progressi straordinari, tuttavia  a questo progresso, si opponeva sul versante filosofico, l'empirismo che relegava tutta l'attività conoscitiva dell'uomo al mondo del sensibile. Kant si chiedeva se oltre a dare una spiegazione meccanica della realtà, fosse legittimo chiedersi se esistesse un finalismo nella natura. Una questione non da poco che, i detrattori di Kant hanno visto come un modo per reintrodurre quella visione metafisica della realtà che lui stesso criticava. 

Il punto 4 riguarda il valore del sapere umano, per Kant non era possibile dare delle risposte a tutte le altre problematiche su evidenziate, se non si  fosse esaminato prima il valore del sapere e se non si fosse fornita una giustificazione delle sue possibilità. Il progetto ambizioso di definire le possibilità ei limiti  del sapere umano verranno affrontati da Kant nella Critica della ragion pura speculativa, un'opera meditata  frutto di 11 anni di riflessioni e che, per la sua complessità, è lo specchio della personalità sistematica del filosofo di Koenigsberg.

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Published by Caiomario - in Filosofi: Kant Immanuel
16 giugno 2018 6 16 /06 /giugno /2018 14:51
Locke: il valore del sapere

Se Locke è stato il primo filosofo ad affrontare il problema dell'origine delle idee ammettendo l'esistenza di una realtà esterna a noi, ma con le idee l'uomo cosa conosce? Locke, come è noto, riteneva che la nostra facoltà conoscitiva si innescasse da due sorgenti: la sensazione e la riflessione (Si veda Locke il significato di idea e l'origine delle idee) e che da queste due fonti avesse inizio il processo conoscitivo. Tuttavia le idee non permettono di conoscere la realtà esterna all'uomo ma con l'idea si conosce solo l'idea, problema ideogenetico viene affrontato da Locke in opposizione all'innatismo propugnato da Descartes ma per quanto riguarda il valore dell'idea egli non si distacca dall'atmosfera culturale dell'epoca fortemente impregnata di cartesianismo. Il problema della aderenza di un'idea con la realtà rappresentata venne affrontato da Locke introducendo una distinzione tra conoscenza immediata e conoscenza dimostrativa o in altre parole tra intuizione e dimostrazione, si tratta di due forme di conoscenza che avvengono con processo diverso: nel primo caso l'uomo intuisce immediatamente la validità di una determinata affermazione, ad esempio, se si dice che 3+2=5, mentre nel secondo caso il processo è più complesso in quanto il giudizio finale è il risultato mediato di più idee. La certezza del nostro io è una conoscenza immediata che avviene per intuizione mentre l'esistenza di Dio deve avvenire attraverso una dimostrazione. L'uomo conosce l'io intuitivamente e questa presa di coscienza ci permette di cogliere il complesso delle attività legate all'io; per quanto riguarda l'esistenza di Dio invece utilizza la seguente argomentazione: se esiste una realtà contingente e finita, per la legge della causalità deve esistere una realtà eterna. Analogo ragionamento viene utilizzato per dimostrare l'esistenza della realtà esterna. Le cose, egli teorizza, vengono conosciute attraverso una conoscenza per sensazione e sempre in base legge della causalità si può affermare che le idee non possono esistere di per sé ma necessitano di una sorgente esterna che consenta il nostro atto del conoscere. 

Con la  sensazione noi non siamo in grado di cogliere l'essenza delle cose, cioè cosa siano le cose, ma solo di constatarne l'esistenza. Noi possiamo essere certi di alcune proprietà delle cose come le proprietà primarie (estensione, solidità, forma, numero) mentre altre proprietà (colore, suono, sapore, calore) possono essere colte sul momento per sensazione. Il ragionamento di Locke arriva alla conclusione che l'uomo non può conoscere l'essenza reale delle cose, noi diamo alle cose dei nomi ma questi nomi costituiscono un'apparenza (essenza nominale) che rende inafferrabile  il senso della realtà. All'uomo non rimane quindi che assumere un atteggiamento agnostico ammettendo la propria incapacità a cogliere l'essenza della realtà.

Il ragionamento utilizzato da Locke può lasciare perplessi dal punto di vista logico in quanto il ricorso alla legge della causalità in realtà non spiega nulla, egli vi ricorre senza chiarire il funzionamento di questo principio. Il nesso di causalità tra cose e idee, a suo parere, può essere colto  solo nel momento in cui avviene la conoscenza per sensazioni e non dopo, un ulteriore distinguo che complica ancora di più la comprensione del suo ragionamento. Sulla inconoscibilità dell'essenza del reale egli invece arriva a constatare l'impotenza dell'uomo che può spiegare come le cose avvengono ma non il perché. Non possiamo non constatare che su questo punto Locke ha ragione: le  scienze della natura infatti fanno dei continui progressi dal punto di vista conoscitivo, la somma delle conoscenze progredisce ad una tale velocità che noi siamo in grado di  intervenire su problematiche che per molto tempo apparivano senza soluzione (si pensi solamente ai progressi nel campo della medicina) ma nonostante le conoscenze siano cresciute l'uomo non è in grado e non sarà mai in grado di cogliere l'essenza della realtà. 

Solo Dio, afferma Locke, conosce l'essenza delle cose e solo Dio è in grado di dire cosa sia il pensiero e la materia, sulle questioni di carattere metafisico è meglio quindi sospendere ogni giudizio ed evitare polemiche che non solo non portano da nessuna parte ma sono foriere di divisioni e conflitti. Le facoltà conoscitive devono essere quindi impiegate non per affrontare questioni irrisolvibili come quelle derivanti dalla metafisica ma per risolvere i problemi di natura pratica. La conoscenza in definitiva per Locke deve essere funzionale alla soddisfazione dei bisogni e per risolvere questioni di carattere pratico.

 

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Published by Caiomario - in Filosofi: Locke John
16 giugno 2018 6 16 /06 /giugno /2018 08:49

Nihil est in intellectu quod prius non fuerit in sensu - John Locke -

Saggio sull'intelletto umano

Locke: il significato di idea e l'origine delle  idee

Inquadrare la personalità di Locke significa comprendere le radici del suo pensiero; egli evita qualsiasi speculazione di tipo metafisico che voglia dare una spiegazione esaustiva dell'universo ed è un convinto assertore della necessità di effettuare, prima di ogni costruzione sistematica, un'accurata analisi delle nostre conoscenze.

Il problema gnoseologico: l'esigenza di Locke è  quindi quella di chiarire ciò che avviene nelle vicende umane e di comprendere quale fosse l'origine delle idee e della loro corrispondenza con la realtà; solo in un secondo momento, chiarito questo aspetto che egli ritiene fondamentale, é possibile occuparsi delle questioni etiche, pedagogiche, politiche e religiosi al fine di promuovere una società tollerante e tranquilla. Egli pensa infatti che una delle cause di divisione della società risieda nelle frequenti polemiche metafisiche e di carattere religioso che non solo dividono gli uomini ma sono causa di conflitti e di lotte cruente tra gli individui.  Locke è stato il primo filosofo ad essersi occupato del'origine delle idee, prima di lui nessuno aveva trattato il problema, sotto questo punto di vista la teoria da lui elaborata può definirsi moderna. Cartesio, ad esempio, aveva evitato di affrontare la questione sull'origine delle idee in quanto comprendeva l'anima nel pensiero e tutto il cartesianismo sosteneva la dottrina delle idee innate o congenite. 

Chiarimento sul termine idea: Locke utilizza il termine "idea" intendendo qualsiasi fatto di natura rappresentativa o qualunque rappresentazione della realtà a prescindere da dove si trovi, pertanto  questo termine  vuole dire senza fare distinzioni: concetto, immagine, fantasma, rappresentazione, percezione. Si comprende quindi che con il termine idea Locke è lontano dalla concezione  di Descartes per il quale idea era un concetto universale o da Platone il quale intendeva con questo termine un archetipo esistente in una realtà trascendente o da Agostino di Ippona che aveva concepito l'idea come un modello esistente nell'intelletto di Dio.

La ricerca di Locke richiedeva pertanto una riflessione sul modo in cui avevano origine le idee, è da tenere presente poi che la sua riflessione dal punto di vista espositivo tendeva a semplificare le problematiche proprio per evitare le difficoltà inerenti un settore (quello della conoscenza) che non poteva contare sull'apporto sperimentale ma si basava su intuizioni ed ipotesi. Oggi quando si parla di teoria della conoscenza si fa riferimento all'apprendimento come processo in grado di modificare il comportamento, mentre in  Locke possiamo distinguere due momenti della sua dottrina: il momento psicogenetico vale a dire relativo all'origine delle idee e il momento critico dove viene affrontato il valore del sapere nei confronti della realtà.

L'origine delle idee: all'inizio della sua riflessione Locke afferma con forza che non possono esistere idee congenite, la conoscenza ha quindi origine esclusivamente nell'esperienza, convinto assertore di questo presupposto, riprende e fa suo  principio della scolastica medioevale in base al quale "nihil est in intellectu quod prius non fuerit in sensu". Con il termine intelletto Locke fa riferimento all'atto conoscitivo dell'uomo, qualsiasi tipo di conoscenza deriva dall'esperienza e si attua in due fasi: la prima fase è quella della passività in cui lo spirito umano riceve gli stimoli proveniente dall'esperienza, il secondo momento è quello dell'attività in cui l'uomo elabora questi dati rendendoli sempre più complessi. L'atto conoscitivo si sviluppa partendo dalle idee semplici, elaborandole poi in idee complesse e pervenendo poi alle idee generali.

  1. Idee semplici: sono quelle idee che non possono essere disaggregate in altre idee: idea di nero, di dolce, di amaro, di piacere, di dolore eccetera. Le idee semplici provengono dalla sensazione e dalla riflessione. Dalla sensazione provengono le idee delle cose o dei fatti che sono esterni all'uomo, dalla riflessione provengono invece le idee che si riferiscono a cose o fatti interni a noi. Le idee semplici fanno parte di quel momento in cui l'uomo riceve i dati provenienti dalla realtà esterna o interna, le impressioni ricevute poi vengono elaborate diventando idee complesse o generali. L'uomo in questa fase si trova in una fase di partenza in cui tutto viene recepito come nuovo, si tratta quindi di una fase in cui la conoscenza si forma a seguito di stimoli esterni (la sensazione) o interni (la riflessione.
  2.  Idee complesse:  gli stimoli provenienti dall'ambiente circostante e dalla riflessione vengono modificate ed elaborate attraverso un processo di aggregazione, discriminazione e relazione. Locke introduce la seguente distinzione: a) Idee di sostanze: si tratta di un'idea ricavata attraverso un processo di aggregazione di più idee semplici, ad esempio l'idea di "mare" si ricava attraverso la somma di idee semplici di grandezza (estensione), di colore, di salato,di bagnato eccetera. L'idea complessa di mare nella prospettiva delineata da Locke un sostrato (sub-stantia) che comprende più proprietà: b) idee di modi: si ottengono aggregando più idee semplici con lo scopo di avere non l'idea di una cosa ma un fatto, una forma o un'azione come possono essere, ed esempio, un quadrato, un ringraziamento, la corsa ecc; i modi non sono sostrati perché non si riferiscono a cose; c) idee di relazioni: si ottiene mettendo in relazione due idee semplici senza che questa attività dia origine ad una terza idea così come avviene per le idee di sostanze; sono idee di relazioni  le idee di effetto, causa, di origine, di minore, di maggiore, di eguaglianza eccetera.
  3. Idee generali: il processo di generalizzazione viene scaturito da quello di astrazione, attraverso l'attività di discriminazione l'atto conoscitivo separa le proprietà una dall'altra per arrivare a un'idea generale; idee generali sono, ad esempio, l'idea di estensione o quella di bianchezza. Locke utilizza l'espressione "idee generali" non per indicare delle idee universali ma delle immagini deboli di idee semplici o complesse di sostanza, modo o relazione.

 

Il linguaggio: Le idee vengono rappresentate attraverso il linguaggio, l'uomo dà un nome convenzionale a tutto ciò che vuole pensare e comunicare, il linguaggio è pertanto, secondo Locke, un'attività articolata ma nello stesso tempo arbitraria per cui i nomi vengono dati senza che l'uomo sia in grado di conoscerne l'autore ma nello stesso tempo l'origine dei nomi è esclusivamente umana, è l'uomo che denomina in questo o quel modo questa o quell'idea, viene negata quindi qualsiasi riferimento ad una natura od essenza intelligibile. Il linguaggio si forma per convenzione, in modo arbitrario per esigenze di tipo comunicativo, gli esseri umani chiamano con un nome una molteplicità di cose o fatti per potersi scambiare delle idee, il nome in definitiva è il segno esteriore e tangibile delle idee dalle più semplici alle più complesse.

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Published by Caiomario - in Filosofi: Locke John
16 giugno 2018 6 16 /06 /giugno /2018 04:40

John Locke, nell'ambito della cultura non solo filosofica ma anche scientifica, ha dato un forte impulso alla ricerca su come avvenga il processo di acquisizione delle conoscenze; Egli è sicuramente il primo pensatore che ha sentito l'esigenza di inquadrare la filosofia sotto un angolatura critica, la filosofia diventa con Locke un indagine sulla conoscenza, sulle sue possibilità e sui suoi limiti. Con Descartes il problema del  conoscere umano,  partendo dal dubbio e dall'autocoscienza, era stato risolto nell'idea chiara e distinta, un'idea dogmatica che faceva rientrare la metafisica dalla porta principale di un impianto filosofico che si prefiggeva di spiegare il problema del rapporto tra conoscenza e realtà. Se a Locke va il merito di essere stato il primo ad avere avvertito  la  necessità critica della filosofia, dall'altro lato la sua riflessione non riesce a sganciarsi completamente dal pensiero classico precedente che interpretava il conoscere in senso metafisico. Ed è proprio questo ondeggiare verso la criticità classica che porterà Locke alla convinzione di avere trovato una valida argomentazione per dimostrare l'esistenza di Dio nonostante egli abbia evidenziato i limiti empirici della nostra attività del conoscere.

Locke vuole spiegare il processo del conoscere ma arriva alla conclusione che non è possibile conoscere il reale. In questa sconsolata e sfiduciata verso le possibilità del sapere umano, non è possibile comprendere il significato delle cose. Il processo di conoscenza si risolve in una sorta di funzione anatomica in cui l'intelletto può al massimo cogliere attraverso i sensi un dato prescindendo dagli altri dati. La dottrina di Locke della sostanza nascosta è una teoria in cui egli concepisce la sostanza del reale come un ente che rimane celato dietro a delle proprietà finisce col tradire i propositi proclamati, non solo non viene stabilito il contatto fra conoscere e realtà ma lo stesso reale diventa inconoscibile. Solo Dio conosce l'essenza delle cose e l'uomo deve essere cosciente del fatto che le facoltà cognitive gli sono state date da Dio solo per potersi  muovere con saggezza nella vita.

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Published by Caiomario
15 giugno 2018 5 15 /06 /giugno /2018 15:16
Malebranche -  La dottrina

Non si può dubitare, che Dio non sia di ogni cosa l'autore, che egli non abbia ogni cosa creata per lui medesimo e che egli non tragga verso il cuor dell'uomo per una naturale ed invincibile impressione, che incessantemente si fa sentire - Nicolas Malebranche.

De la recherche de la vérité

Nicolas Malebranche è l'esponente più importante dell'occasionalismo di cui fornì un'ampia e dettagliata argomentazione. Convinto religioso apparteneva alla Congregazione dell'Oratorio, un ordine religioso dove egli viveva immerso in un clima di profonda spiritualità.

La riflessione parte dal dualismo cartesiano: Entrato in contatto con la filosofia cartesiana, cercò di riconsiderarla secondo i dettami del Cristianesimo affrontando quello la questione della riflessione di Descartes: il rapporto tra creatura e creatore. Dinanzi ad un'idea di Infinito assorbente Malebranche si chiedeva come salvare il valore delle creature e quindi come superare il rigido dualismo cartesiano? Egli pensò di trovare la soluzione portando al centro l'azione divina,  pensando così di difendere la religione cristiana dalle insidie non solo del panteismo naturalistico, ma anche dai seguaci del libero pensiero e dai sostenitori della religione naturale che nell'ambiente culturale europeo del '600 si era guadagnato molti sostenitori.

La creatura è un puro fatto occasionale dell'azione divina: per Malebranche è impensabile che una creatura possa influire su di un'altra, tutto ciò che accade in un evento di questa o quella determinata creatura è un'occasione dell'unica causa che è Dio. Dio solo crea l'esistenza, nessun esistente può agire senza la volontà di Dio. L'uomo -secondo il pensatore ginevrino- non può sottrarsi a questa legge: il corpo non può agire sull'anima né accade il contrario, l'unione tra anima e corpo è quindi possibile solo ed esclusivamente con l'assistenza divina.

Intuendo Dio si conoscono le cose: Non riconoscendo un rapporto tra le cose, secondo Malebranche è impossibile conoscere direttamente le cose, il soggetto conoscente non può svolgere quindi la realtà facendo affidamento alla sua iniziativa. Secondo il suo parere, la conoscenza può avvenire esclusivamente con un atto di intuizione e il solo atto di intuizione ammesso è intuire Dio. Solo in Dio si trovano estensione e pensiero, sebbene vada chiarito che l'estensione divina va intesa come estensione intelligibile. Questa intuizione di Dio si verifica con un'attrazione irresistibile verso il sommo bene, il bene infinito e avviene per necessità della  natura stessa dell'uomo. 

Cristo l'unico mediatore: la conoscenza delle cose esterne e l'intuizione di Dio non sono degli atti che possono avvenire per il solo volere dell'uomo. L'uomo non può essere attratto verso il sommo bene "senza la grazia di Gesù Cristo". Oltre alla grazia è però necessaria la fede che si rafforza attraverso la conoscenza delle Sacre Scritture.

Le difficoltà delle argomentazioni di Malebranche: il tentativo di superare il dualismo cartesiano portò Malebranche ad elaborare una teoria che in realtà  lo rafforzava svalutando in maniera totale l'uomo  e tutte le altre creature. L'uomo di Malebranche è una creatura senza alcuna possibilità di iniziativa, pertanto anche l'esistenza del male, secondo questa prospettiva, finirebbe coll'essere paradossalmente imputabile a Dio essendo negato il libero arbitrio. L'azione di potenza infinita di Dio risolve tutta la realtà in una manifestazione di Dio pertanto ogni cosa viene vuotata di responsabilità: l'agire secondo il bene ma anche l'agire seguendo il male. 

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Published by Caiomario - in Filosofi: Malebranche
15 giugno 2018 5 15 /06 /giugno /2018 03:38

Descartes esercitò una forte influenza sulla riflessione filosofica successiva che spesso prese le mosse per superare quelle che erano due caratteristiche del cartesianismo:

  • Il dualismo di res cogitans e res extensa;
  • L'infinito  capace di attirare e assorbire l'uomo.

La riflessione filosofica di Descartes era la risposta ad una delle istanze più diffuse nella cultura europea del tempo: quello di trovare un elemento fondante della filosofia e di definire il punto fondante da cui partire per elaborare concettualmente una dottrina. Descartes rispose a questo bisogno elaborando l'idea di autocoscienza intesa come intuizione di sé capace di ridurre tutta la realtà a pensiero.

Le caratteristiche su menzionate del cartesianismo indussero la speculazione filosofica successiva a tentare di superare le difficoltà derivanti dal dualismo cartesiano e tra le varie dottrine che si svilupparono nell'ambiente culturale europeo del XVII secolo vi fu  l'occasionalismo. Il tentativo di superare il dualismo cartesiano fu in realtà portare alle estreme conseguenze il pensiero di Descartes, mettendo in posizione preminente l'attività di Dio e in ruolo completamente subordinato l'uomo. Per l'occasionalismo tutte le creature sono semplici occasioni di Dio, l'unico attore e principio di causa di ogni evento è Dio. Se da una parte l'occasionalismo cercò di oltrepassare le difficoltà del dualismo cartesiano, dall'altra parte si poneva come obiettivo quello di sottrarsi alle insidie del panteismo naturalistico di Spinoza.

Il pensatore che per primo elaborò la dottrina occasionalistica fu Arnold Geulincx che portò alle estreme conseguenze il dualismo cartesiano di res cogitans e res extensa: non solo non esisteva un netto distacco tra spirito e materia, distacco che negava un rapporto causale fra le due realtà ma non vi era neppure rapporto tra res cogitans e res cogitans e tra res extensa e res extensa. L'anima non può dirigere l'azione del corpo e non vi è nesso di causalità tra l'azione dell'anima e quella del corpo, solo Dio è capace di agire e all'uomo non rimane che prendere coscienza, attraverso la volontà, dell'errore che deriva quando si pone in contrapposizione all'azione divina. Per Geulincx l'azione di tutte le creature è totalmente subordinata all'azione causale di Dio, l'uomo non ha spazio e non è libero di avere alcuna iniziativa, viene negato completamente il libero arbitrio. Nella storia e nella natura gli eventi non accadono in maniera autonoma ma è solo l'azione di Dio che conta, le creature pertanto non sono altro che semplici eventi occasionali di Dio, unica causa di tutto ciò che accade nell'universo. 

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Published by Caiomario - in Geulincx: l'occasionalismo
14 giugno 2018 4 14 /06 /giugno /2018 05:23
Lo spinozismo tra razionalismo dogmatico e accuse di ateismo

La dottrina di Spinoza si presta a diverse definizioni: è al contempo un panteismo naturalistico totalizzante  e un razionalismo dogmatico. Proprio per questa duplice caratteristica, la filosofia di Spinoza presenta non poche contraddizioni, tuttavia vi sono moltissimi aspetti delle sue riflessioni che ancora oggi costituiscono delle autentiche "perle di saggezza" che conservano la loro validità ed utilità sul piano della condotta almeno per quanto riguarda lo stimolo a migliorarsi dal punto di vista comportamentale. 

Nelle società moderne la cultura si è ramificata in settori sempre più specialistici pertanto alcuni dei temi affrontati da Spinoza prestano il fianco alla critica (spesso impietosa) specialmente per quanto riguarda la sua teoria della conoscenza. Come è noto Spinoza costruisce la sua teoria della conoscenza utilizzando un procedimento deduttivo matematico e facendo ricorso ad un massiccio impianto di assiomi e definizioni che sul piano formale costituisce un capolavoro di logica. Dal punto di vista formale il modo di procedere di Spinoza è oggi sconfessato dal metodo scientifico basato sulla dimostrazione e sulla falsicabilità, metodo a cui nessun intellettuale moderno si può sottrarre pena l'accusa di vaneggiamento e di sproloquio fine a se stesso.

Spinoza compie sì un analisi puntuale e metodica ma tutte le argomentazioni utilizzate sono funzionali a giustificare ciò che egli sostiene, per questo vizio la sua filosofia è  dogmatismo razionalistico. Il ricorso sistematico a teoremi, assiomi e sillogismi  inscrive la sua filosofia nel solco della tradizione aristotelica e sotto questo punto di vista Spinoza ne segue i dettami, la sua metafisica poi non rappresenta una novità non essendo altro che una variante, nella sua versione panteistica,del pensiero  di Giordano Bruno. L'aspetto formale prende il sopravvento sulla realtà che diventa una sorta di grande meccano che l'uomo deve accettare in modo passivo e remissivo; l'accettazione dell'ordine naturale non è una novità nella storia del pensiero, i più fermi sostenitori di questa posizione erano gli stoici, ma Spinoza introduce a giustificazione del tutto: Dio. Siccome l'ordine della realtà è così e non può essere cambiato, all'uomo non rimane altro che accettare la natura senza opporvisi. Se da un punto di vista logico Spinoza sembra avere ragione perché l'uomo non può mutare l'ordine naturale, dall'altro lato vi sono tutta una serie di eventi tipicamente umani dove l'azione continua e progressiva della conoscenza è in grado di mutare ciò che sino a qualche secolo fa era visto come ineluttabile. Il problema della libertà dell'uomo è nella filosofia di Spinoza liquidato come un falso problema in quanto l'uomo non è libero nel suo agire. Il Dio spinoziano o se si preferisce la Natura, è onnipresente in ogni aspetto della realtà ed anche qualora l'uomo porti a termine il processo di liberazione dalle passioni raggiungendo uno stato di tranquillità e di indifferenza (apatia), la libertà si risolve in una totale accettazione dell'ordine naturale. L'uomo di Spinoza non solo non è libero ma deve necessariamente partecipare intellettualmente all'unità che è Dio, un Dio con il quale non ci  possono essere rapporti se non quelli del mistico che perdendosi nella visione beatifica della sostanza divina, annulla sé stesso. 

Una delle accuse rivolte a Spinoza è stata quella di ateismo che nell'accezione comune è la presa di posizione consapevole di coloro i quali negano l'esistenza di Dio, se Spinoza per spiegare ogni cosa ricorre a Dio, non si comprende su quali basi si possa fondare questa accusa. Semmai Spinoza poteva essere accusato di "eresia" in quanto era uno strenuo difensore del panteismo naturalistico (Dio è la Natura nella quale perdersi senza riserve) ma l'accusa di eresia poteva valere per un cattolico e non certo poteva essere un deterrente per lui, spirito libero, che proveniva da una famiglia ebrea. Tuttavia non bisogna dimenticare che Spinoza venne profondamente non solo avversato dagli ambienti ortodossi ebraici con la conseguente espulsione dalla Sinagoga ma anche da quelli calvinisti, una beffa per chi come lui, ebbro di Dio, teorizzava di perdersi  proprio in Dio, unica sostanza a cui tutto riconduce.

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Published by Caiomario - in Filosofi: Spinoza
13 giugno 2018 3 13 /06 /giugno /2018 17:03
Spinoza -  La superbia e l'Autosvalutazione di sé

È Superbia il valutare se stessi, per amor proprio, più del giusto. - Baruch Spinoza -

Ethica ordine geometrico demonstrata

 

Spinoza definisce la Superbia come il valutare se stessi più del giusto (1), si tratta di un sentimento negativo che rende l'uomo schiavo e che lo conduce ad una valutazione errata di sé e della realtà circostante. Chi valuta le proprie capacità ed abilità in modo non obiettivo cade nella superbia e non importa che questa valutazione ecceda oltre misura le proprie reali capacità. La Superbia è l'effetto dell'Amor si sé stesso, essendo un effetto, la sua causa è l'egoismo nel senso che chi vi cade è preso dall'amore di sé e non considera gli altri. Si tratta di un sentimento di autocompiacimento elevato all'ennesima potenza e di cui - osserva Spinoza -  non esiste il contrario perché  nessuno stima o valuta se stesso meno del giusto per odio di sé. Tuttavia, chiarisce il filosofo, accade che un uomo possa svalutare se stesso oltre il giusto  cadendo nell'Autosvalutazione di sé; questo sentimento è causato dall'insicurezza delle proprie capacità, dalla propria inadeguatezza nell'affrontare impegni e prove di qualsiasi tipo. Come il superbo è ingiusto, anche l'umile dimostra di essere ingiusto nei confronti di sé stesso perché trascorre il suo tempo nel parlare dei propri vizi e delle virtù degli altri. Chi è remissivo, chi la dà vinta a tutti, chi cammina a capo basso in realtà -osserva Spinoza- nasconde un'invidia smisurata nei confronti degli altri. Ciò che è deprecabile quindi non è colui che ha la consapevolezza dei propri limiti,  ma la falsa modestia di chi cova nei confronti del prossimo invidia e rancore.

(1) L'argomento viene affrontato nel libro terzo dell'Ethica ordine geometrico demonstrata nei punti 28 e 29.

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Published by Caiomario - in Filosofi: Spinoza
13 giugno 2018 3 13 /06 /giugno /2018 03:51
Spinoza - Le relazioni extraconiugali

Negli insegnamenti sulla condotta da tenere, Spinoza affronta il tema delle relazioni extraconiugali, l'argomento viene trattato nell'ambito della vita affettiva dell'uomo nella sezione "Appendice" dell'Ethica al punto 19. Nell'economia del discorso spinoziano, il tema per quanto possa sembrare estraneo alla filosofia, è perfettamente aderente all'esigenza di suggerire e dettare norme di condotta per quanto riguarda la vita affettiva dell'uomo e non c'è dubbio che l'eros sia una componente fondamentale della natura dell'uomo.

Ecco come si pronuncia Spinoza su questo argomento:

" Le relazioni extraconiugali, cioè gli episodi di consuetudine carnale generati preminentemente da motivi dell’ambito somatico, e, in assoluto, tutti gli amori che riconoscono una causa diversa dalla scelta di un animo libero, finiscono facilmente in odio; quando non siano – ciò che è peggio – una specie di follia, nel qual caso è proprio la discordia, più che la concordia, ad esserne alimentata (v. P. III, Prop. 31, Chiarim.)".

Le relazioni extraconiugali vengono definite "episodi di consuetudine carnale generati preminentemente da motivi dell'ambito somatico", questo tipo di relazioni -secondo Spinoza- sono episodi, momenti a cui saltuariamente l'uomo si abbandona  per consuetudine carnale, ciò potrebbe significare che fanno parte del modo ci comportarsi tipico dell'uomo visto nella sua carnalità: ma quali sono i motivi che spingono l'uomo a intessere delle relazioni al di fuori del matrimonio? Spinoza afferma che i motivi che spingono l'uomo a questa condotta sono soprattutto quelli dell'ambito somatico, vale a dire motivi legati all'attrazione fisica. Sotto questo punto di vista l'uomo è catturato dalla passione dei sensi e non è libero nella sua scelta in quanto prevale in lui il momento istintivo a discapito di quello razionale. Il giudizio negativo nei confronti delle relazioni extraconiugali è - secondo Spinoza - dovuto al fatto che finiscono per generare facilmente odio in uno dei coniugi e che questo odio porta inevitabilmente alla discordia, una condizione di profondo disagio che finisce per generare solo sentimenti negativi. Alimentando la discordia l'uomo quindi si dimostra folle perché non si rende conto di scivolare in uno stato di schiavitù e di profonda prostrazione causato dalla passione carnale a discapito dell'equilibrio che deriverebbe da una stabile relazione matrimoniale.

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Published by Caiomario - in Filosofi: Spinoza
13 giugno 2018 3 13 /06 /giugno /2018 02:18
Spinoza: La vita affettiva dell'uomo

La Speranza infatti non è altro che una Letizia
instabile originata dall’immagine di una cosa futura (o anche passata) del cui esito dubitiamo. Il Timore, al contrario,
è una Tristezza, anch’essa instabile, originata dall’immagine di una cosa dall’esito dubbio - Baruch Spinoza -

Ethica ordine geometrico demonstrata

Per Spinoza l'uomo è una "mens" che svolge un'attività penetrativa di conoscenza della realtà, questa attività si esplica in un processo conoscitivo che comporta tre momenti: imaginatio, ratio, intellectus; oltre a questa attività conoscitiva, è presente una vita affettiva in cui l'uomo tende essenzialmente alla propria conservazione, dalla quale dipendono due passioni la tristezza e la gioia; la gioia ha a che fare con tutto ciò che favorisce la conservazione, mentre la tristezza con tutto ciò che crea danno e rappresenta un pericolo per la conservazione. La Passione indipendentemente che si manifesti come tristezza o come gioia dipende sempre da idee inadeguate vale a dire da quelle idee che la Mente patisce, al contrario le idee adeguate possono essere generate solo dall'Azione.

Ma cosa intende Spinoza per conservazione? La conservazione è una tendenza tipica      dell'uomo quando si riferisce alla Mente e al Corpo, tendenza che Spinoza denomina Appetito. La Mente  - spiega Spinoza - "può passare da un cambiamento ad un altro e può pertanto  e passare ora da una certa perfezione ad una perfezione maggiore, e ora da una certa perfezione a una perfezione minore: e proprio queste passioni, o mutazioni della Mente, ci spiegano i sentimenti della Letizia e della Tristezza" .

Tutti i sentimenti derivano da tre sentimenti primari: Letizia, Tristezza e Cupidità, questi tre sentimenti (e quelli che ne derivano) sono connaturati all'essere umano ma se egli invece di dominarli, ne diventa schiavo scivola in uno stato di schiavitù. La vita affettiva essendo dominata dalle passioni è quindi schiavitù dalla quale l'uomo può affrancarsi conseguendo la liberazione attraverso l'azione dell'intelligere. L'attività dell'intelligere è un'attività di liberazione che non significa semplicemente dominare le passioni ma comprenderne la natura e la funzione in quello che è un ordine naturale delle cose, ineluttabile e nei confronti del quale l'essere umano non si può opporre. Il processo di liberazione dalle passioni, analogamente a quanto accade per la vita conoscitiva, avviene in tre tappe:

  1. Passio: è in stretta relazione con l'imaginatio, è una condizione affettiva comune all'essere umano che si trova in uno stato di attesa in vista di una sua regolazione. In questo stadio l'uomo si trova in uno stato di schiavitù.
  2. Apatia: corrisponde alla fase conoscitiva della ratio  ed è l'opposto della passio; è la condizione di imperturbabilità del saggio che consapevole dell'ordine naturale delle cose, rimane imperturbabile davanti agli eventi e non prova alcun turbamento.
  3. Amor Dei intellectualis: è il momento apicale dello stato affettivo dell'uomo e nella vita conoscitiva corrisponde all'intellectus; se nella fase conoscitiva con l'intellectus l'uomo ha la conoscenza intuitiva della realtà nella sua unità assoluta in Dio, nella fase affettiva l'uomo partecipa all'unità in Dio, egli si lascia trasportare abbandonandosi all'amore di Dio, è lo stadio della virtù più elevata costituita da felicità e beatitudine. Nel secondo stadio abbiamo l'atteggiamento di imperturbabilità proprio dello stoico, nel terzo  momento lo slancio partecipativo del mistico.

 

 

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